Il Regno delle sette isole
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Info su questo ebook
La trama del romanzo è semplice e complessa al contempo: la tranquilla routine di un regno incantevole è sconvolta dall’arrivo di uno straniero di nome Mizar. In piena guerra galattica, il capitano Mizar, infatti, si è trovato ad azionare il salto spazio-temporale alla guida della sua astronave oramai senza scampo, compiendo simultaneamente un salto al di là dalla sua prima vita di guerriero, e assumendo, dopo l’incontro con l’ammaliante Aura, la nuova identità di Aftòs, l’estroso, mercuriale consigliere della Principessa… Affamato di destino, amore e conoscenza, il giovane dal doppio nome si immergerà a capofitto nella sua nuova vita fatta di studi profondi e di incontri capitali, come quello col saggio bibliotecario Pallante e gli altri mitici personaggi che lo condurranno, attraverso il susseguirsi di azioni sempre più serrate e travolgenti, a diventare l’eroe capace di salvare la Principessa dal potere oscuro che tramava contro di lei e contro il suo popolo.
Storia d’amore e di amicizie, di liberazione a tanti livelli, fantasy a tutto tondo e oltre, il lettore è condotto con leggerezza e maestria a quando bambino ascoltava rapito le fiabe, e a quando poi, da ragazzo, si interrogava sui perché delle cose… E siamo sicuri che, chiusa l’ultima pagina col suo sorprendente finale, ci sarà di che meravigliarsi e meditare ancora a lungo su ciò che il libro in fondo in fondo è riuscito a dire anche di noi e della realtà attuale in cui viviamo.
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Anteprima del libro
Il Regno delle sette isole - marcello lugli
Marcello Lugli
IL REGNO DELLE SETTE ISOLE
A Roberta:
Mia Sposa
Musa ispiratrice
Splendida compagna di vita
Indice
Antefatto
CAPITOLO I
Al di là della battaglia
CAPITOLO II
L’incontro
CAPITOLO III
L’incarico
CAPITOLO IV
Il travestimento
CAPITOLO V
Pallante
CAPITOLO VI
La Grande Madre
CAPITOLO VII
Karpos
CAPITOLO VIII
La riunione
CAPITOLO IX
La caduta
CAPITOLO X
Estia
CAPITOLO XI
Il perdono
CAPITOLO XII
La proposta
CAPITOLO XIII
La visita
CAPITOLO XIV
Il ritorno
CAPITOLO XV
Deimos
CAPITOLO XVI
L’addestramento
CAPITOLO XVII
L’arresto
CAPITOLO XVIII
La partenza
CAPITOLO XIX
Lo scontro finale
CAPITOLO XX
La scelta
CAPITOLO XXI
Il destino
Antefatto
In uno dei pianeti più lontani della nostra galassia, di nome Merak, prosperava un regno di pace ed armonia.
Dopo lunghe lotte, re Algor, grazie all’abnegazione dei suoi guerrieri al comando del fidato generale Ares, era riuscito a sconfiggere le orde al servizio del potente stregone Marmur, imprigionando lui e i suoi in una grotta sotterranea.
Il re governava con saggezza e giustizia e il popolo viveva in concordia. Ma il malefico Marmur non si era rassegnato alla sconfitta e tentava in tutti i modi di riconquistare il potere, già suo nei tempi passati.
Grazie alle oscure arti magiche di cui era maestro, distillò una pozione magica in grado di manipolare le menti di chiunque ne avesse assaggiato un sorso, facendogli credere di essere diventato invincibile e immortale.
Ovviamente, ciò non era vero! L’intruglio, infatti, avrebbe condotto a morte certa chiunque lo avesse assunto; ma non subito: solo dopo che lo sventurato avesse realizzato i piani dello stregone: allora la carica euforica si esauriva e la morte giungeva sotto i più strazianti effetti di quella magica bevanda che in realtà era un veleno.
Proprio i servitori concessi dal re allo stregone, furono i primi a cedere al fascino della pozione, e a diffonderla a poco a poco fra il popolo, secondo il piano dello stregone.
La promessa dell’immortalità cominciò presto a far breccia fra le persone comuni che cadevano preda dell’illusione di poter essere simili a dèi e superiori a tutti gli altri uomini.
Così, il numero di chi desiderava sorbire il magico liquido aumentò di giorno in giorno.
Ma l’obiettivo dello stregone non era il popolo, anche se ciò assecondava la sua bramosia di potere su tutto e su tutti.
Marmur voleva corrompere i guerrieri che formavano la potente Armata di Fuoco
, così chiamata orgogliosamente dal re. Non fu facile come aggirare il popolo.
Per il suo scopo, utilizzò un sottile stratagemma psicologico, facendo leva sulla possibilità di conseguire velocemente posizioni di potere ed essere iniziati a segreti appannaggio di pochi.
Re Algor cominciò a notare che sempre più guerrieri manifestavano segni di insofferenza verso i suoi ordini ed in alcuni casi osavano mettere apertamente in discussione la sua autorità.
Voci insistenti riferivano che lo stregone si stava organizzando per riprendere il potere ed era riuscito già a corrompere una cospicua fetta dei suoi fedelissimi.
Senza indugiare oltre, si confidò con il suo generale ed insieme decisero di convocare immediatamente tutti i guerrieri del regno.
Come temuto, all’appuntamento si presentò solo una parte del suo esercito, sicché il re ed il generale capirono che ormai lo scontro con lo stregone sarebbe stato imminente, ed in decisa inferiorità numerica.
Il re confidò ai presenti tutte le sue preoccupazioni per lo scontro.
Aggiunse che avrebbe tollerato chi non avesse voluto partecipare: infatti lo scontro avrebbe coinvolto uomini dello stesso popolo, che fino a pochi giorni prima erano stati amici e compagni d’arme.
Tutti i partecipanti, all’unisono, rinnovarono la loro fedeltà al re.
CAPITOLO I
Al di là della battaglia
Tra i convenuti, si trova anche un giovane capitano, di nome Mizar, figlio e nipote di guerrieri che hanno servito il re con dedizione e lealtà.
Re Algor visibilmente commosso, si congeda con poche emozionanti parole:
— Non ho mai dubitato della vostra lealtà, ma la battaglia si presenta alquanto ardua. Eseguite gli ordini che il vostro generale vi impartirà, anche se sembreranno assurdi ai vostri occhi. —
Quindi lascia la parola al generale, il quale ordina a tutti di prendere possesso della propria navicella da combattimento. Anche Mizar si reca nell’astroporto.
La notte trascorre lenta nell’attesa della battaglia. Ogni guerriero ripassa mentalmente tutte le procedure tecniche e controlla di persona i vari sistemi d’arma di cui ogni navicella è provvista.
Ancor prima dell’alba, il generale, via radio ordina di alzarsi in volo e portarsi sopra il grande deserto rosso che si trova alle spalle della città, in modo da ridurre al minimo i danni alle abitazioni.
Sa di avere a disposizione la metà delle forze di Marmur, e divide le proprie in tre gruppi: affida il lato sinistro e destro dello schieramento ai due più valenti ufficiali di cui conosce le capacità e ammira il coraggio; mentre al centro si posiziona lui, con lo stormo delle navicelle più potenti.
La luce dell’alba rischiara a giorno il teatro di guerra.
All’orizzonte, come un nugolo di cavallette, si avvicinano minacciose le astronavi dello stregone. Si presentano in unico blocco compatto, apparentemente impenetrabile. La visione è impressionante. L’astronave dello stregone Marmur, ben visibile dalle insegne, è posizionata al centro dello schieramento.
Il generale non indugia oltre: punta con il suo gruppo al cuore della formazione nemica, dove si trova l’astronave dello stregone ben protetta dalle prime linee. Ordina poi alle due ali di mettersi in coda in modo da formare una micidiale freccia che, come cuneo, si conficchi nello schieramento avversario: sbaragliandolo.
Mizar si trova nelle retrovie. Per lui si tratta del battesimo del fuoco. Durante le esercitazioni sembrava tutto facile, ma la vista dell’imponenza della vera battaglia, fa vacillare il suo coraggio.
L’attacco repentino e deciso del generale squarcia la compattezza del nemico. La formazione aerea si frantuma in più punti, che come schegge si disperdono nel cielo, allontanandosi dal cuore dello scontro.
Alla vista dello scompiglio, Mizar esce dallo schieramento ed insegue alcune navicelle nemiche allo sbando. Le riesce ad abbattere.
Ma non si accorge che, rimasto solo, sta diventando facile preda degli avversari. Infatti, due caccia nemici lo stanno inseguendo e si avvicinano sempre più minacciosi e, come squali, si avventano su di lui per farne un boccone.
Per la prima volta in vita sua, sente la paura farsi soffocante fino a togliergli il fiato. Ansima. Capisce che non riuscirà a sfuggire alle grinfie degli inseguitori. Sta per lasciare i comandi della navicella, abbandonandosi all’ineluttabile... quando, in quel preciso istante, si accende nella mente un ricordo: il nonno gli aveva raccontato di un viaggio, intrapreso quando era lui un giovane ufficiale temerario.
Si trattava di una delle tante missioni esplorative, effettuate con lo scopo di conoscere e mappare la galassia.
In una zona della Via Lattea alquanto periferica, l’equipaggio di cui il nonno di Mizar faceva parte si era imbattuto in un sistema solare formatosi recentemente, che si muoveva con la sua corte di pianeti. Uno di questi aveva attirato l’attenzione degli esploratori per il suo colore: un azzurro intenso. Scesero a bassa quota, scoprendo che buona parte della superficie era coperta da oceani e mari, mentre sulle terre emerse facevano bella mostra di sé boschi e foreste in gran quantità, nonché montagne diffuse intervallate da ampie pianure.
Incuriositi, cercarono uno spiazzo per atterrare. L’atmosfera era simile a quella del loro pianeta Merak, ma la quantità di piante, fiori ed animali era tale che al confronto la loro amata terra appariva un deserto.
Prelevarono reperti su reperti, scattarono un’infinità di fotografie e riprese video. Rilevarono le coordinate celesti per proporre al re la creazione di una colonia, ma, al ritorno a casa, tutte le energie dovettero essere messe a disposizione nella lotta contro lo stregone e il sogno di una nuova terra abitabile cadde nell’oblio.
Una bordata degli inseguitori sconquassa la navicella riportando Mizar alla dura realtà: la paura. Lo scudo di protezione della sua navicella spaziale, attivato in precedenza, ha egregiamente adempiuto al suo compito. Ma non c’è tempo da perdere.
Mizar rintraccia nel computer di bordo le coordinate del pianeta azzurro scoperto dal nonno. Inserisce la modalità iperspazio: e all’istante è in altro quadrante della galassia, fuori dalla guerra.
Guarda dietro, attorno a sé: degli inseguitori non vi è più traccia.
Non si sente alcun clangore della battaglia. Tutto è silenzio.
Trascorre un tempo indefinito, prima che il giovane capitano inizi a capire dove possa trovarsi. Fruga con gli occhi nel buio circostante ed intravede una luce che brilla fioca in lontananza.
Forse si tratta del sole a cui appartiene il pianeta azzurro.
Pensa tra sé. Realizza solo in quell’istante che la navicella sta procedendo nello spazio come se fosse attivo il pilota automatico. Controlla negli strumenti di bordo ma non c’è alcuna indicazione di tale inserimento. Tenta di riprendere i comandi manuali: inutilmente. La navicella procede come se un’energia sconosciuta ne avesse preso il controllo.
Sente un brivido lungo la schiena, mentre un flash improvviso balena nella mente con il ricordo della cerimonia della promozione a capitano. Il re ed il generale erano di fronte al gruppo dei guerrieri che, superato il corso, attendevano di essere insigniti dell’ambito grado, mentre parenti, amici e compagni assistevano all’evento.
Il nonno fu il primo a congratularsi, sussurrandogli nell’orecchio:
— Sei destinato a grandi compiti, non venir mai meno al tuo giuramento, anche se dovesse costarti la perdita di tutto ciò che hai o avrai in futuro. E comunque sappi che io sarò sempre al tuo fianco, anche se non mi vedrai. — Forse lo spirito del nonno è con me come promesso. Forse mi ha aiutato a fuggire dalla morte imminente, conducendomi ad una nuova realtà
, così pensa. La navicella procede spedita incontrando sul suo cammino un pianeta alquanto singolare: è circondato da una serie di anelli. Quello successivo è veramente imponente da sembrare una piccola stella.
Nel frattempo, si comincia ad intravedere un piccolo puntino dal colore azzurro.
Finalmente
, mormora Mizar tra sé e sé.
Il disco del pianeta azzurro diventa sempre più grande; le sagome delle terre emerse si stagliano contro il blu dei mari e brillano di un verde intenso grazie al manto di foreste.
Improvvisamente, il computer di bordo si spegne. La navicella inizia a sbandare. Si accendono le luci d’emergenza. Mizar si precipita sui comandi della plancia nel tentativo di prenderne il controllo. Gli attimi concitati sono superati quando tutte le luci del pannello di controllo si riaccendono, compreso lo schermo, che evidenzia ciò che si incrocia lungo la rotta.
L’astronave sembra tornata di nuovo in suo possesso.
Mizar si siede sulla poltrona e cerca di rilassarsi. Si incolla allo schermo, affascinato e sbalordito da ciò che vede, compiendo una serie di giri intorno al pianeta per assaporarne la bellezza.
Al suo paese non esiste nulla di simile ed inizia a comprendere l’entusiasmo con il quale il nonno gli raccontava la scoperta di questo pianeta.
Mentre sta portando la navicella ad una quota sempre più bassa, l’attenzione viene catturata da un gruppo di isole emergenti su un oceano situato poco sopra la linea dell’equatore. L’arcipelago è alquanto singolare, composto da una grande isola centrale attorniata da sei isole più piccole di dimensioni simili, così armoniosamente vicine una all’altra e equidistanti dall’isola madre, da ricordare i petali di un fiore che circondano la sua corolla centrale.
Decide quindi di atterrare sull’isola principale ed esplorare quelle terre intriganti.
La navicella scende lentamente, mostrando il paesaggio rigoglioso.
Un fiume scorre placido in mezzo ad un’ampia pianura ricca di fiori colorati e alberi delle più svariate fogge.
Ad un tratto, il fiume si stringe e convoglia in una piccola cascatella che a sua volta genera un luminoso e trasparente laghetto. Mizar fa atterrare la navicella ai bordi dello spiazzo antistante in modo da mimetizzarsi fra gli alberi. Scende la scaletta e si aggira stupefatto nei dintorni. La bellezza del luogo, le emozioni della battaglia, la stanchezza accumulata hanno il sopravvento e il capitano si sdraia a terra per crogiolarsi al tepore dei caldi raggi solari, scivolando in un sonno profondo.
Il sole tramonta, scende la notte, ma Hypnos continua a tenere tra le sue braccia il guerriero... Solo quando le tenebre stanno per lasciare il palcoscenico all’incipiente nuovo giorno giunge Eos che, con un soffio delicato, sfiora le labbra di Mizar. Cullato in quella dolce sensazione, apre leggermente le palpebre alla ricerca di qualcosa o qualcuno.
Stupito di non veder nulla intorno a sé, ipotizza uno scherzo di Morfeo… Si alza e si stiracchia, dirigendosi verso il laghetto. Sorseggia le fresche acque.
Fruga tra i ricordi per capire come mai si trovi in quel luogo. Si sente confuso. Chiude gli occhi. Quando li riapre si accorge della navicella ma stenta a capire cosa sia. Il cuore batte forte.
Sale i gradini della scaletta, entra all’interno, e rivede la scena dei combattimenti in cielo, la fuga e l’arrivo sul pianeta azzurro. Si siede davanti al grande schermo, le sue dita scorrono i vari pulsanti che punteggiano il cruscotto di comando.
I ricordi dell’amato Re, del prode Generale e l’affetto dei suoi compagni dell’Armata di Fuoco hanno il sopravvento. Un’onda di nostalgia pervade tutto il suo essere: lacrime copiose scorrono sul viso in un pianto dirotto. Poi, il ricordo nitido della sua vita appare distante e si sfuma come fosse un sogno irreale.
Istintivamente, sta per premere il tasto che attiva i motori della navicella, ma una forza invisibile tiene bloccata la mano mentre una voce rassicurante risuona dentro di lui: Ormai trascorrerai il tuo tempo su questo pianeta, scendi dalla navicella e vai incontro alla vita
. Per la seconda volta, capisce che è la voce del nonno a parlargli. Ancora più confuso, Mizar scende veloce la scaletta della navicella e si immerge in quella natura rigogliosa e nuova.
CAPITOLO II
L’incontro
Mizar scorge, poco distante, un gruppetto di animali dalle lunghe e imponenti corna che stanno brucando l’erba del prato: si avvicina con delicatezza ma gli animali si ritraggono. Si blocca, ammira la maestosità di alcuni esemplari e la delicatezza di altri, più piccoli, che hanno il dorso bruno punteggiato da macchie bianche.
Uno di questi si avvicina e gli strofina il musetto; istintivamente, Mizar lo accarezza e l’animale si lascia coccolare. La nostalgia e la paura sembrano dileguate.
D’un tratto, l’animale alza la testa nervosamente, annusa l’aria come a presagire un pericolo e tutto il piccolo branco si allontana velocemente con grande disappunto di Mizar, che aveva cominciato a gradire la loro compagnia.
Si volta indietro, e scopre il motivo del turbamento che ha fatto scappare gli animali: un gruppo di persone si sta dirigendo verso il laghetto.
Scruta con attenzione e nota che è composto da sole giovani donne: alla vista della figura maschile cercano di guadagnare la sicurezza del bosco.
Sola una di esse rimane sul posto ed osserva. Alta e slanciata, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle, avanza sicura nella sua veste che la ricopre fino ai piedi. Si ferma e continua a fissare il giovane che ha di fronte.
Mizar è perplesso, non sa spiegarsi quello sguardo fisso: mai nessuno aveva considerato la sua divisa di ufficiale del regno con così tanta perplessità. Vorrebbe ribattere risentito, ma rinuncia. È il mio primo contatto con gli abitanti dell’isola, meglio non dir niente
, pensa tra sé.
— Cosa ci fai sulla mia isola, chi sei, da dove vieni? — domanda con voce autorevole la fanciulla.
Irritato dal tono inquisitorio delle domande, Mizar sta per reagire, ma, con uno sforzo che a lui sembra titanico, mantiene una calma apparente, e come uno scolaretto che risponde alle domande della sua maestra, dice quasi intimorito:
— Vengo da molto lontano, sono qui… sono arrivato qui… per esplorare l’isola… Il mio nome è… è… io mi chiamo... — E si blocca. Nessuna parola riesce più a venir fuori dalle sue labbra. La mente di Mizar pare improvvisamente svuotata, senza più ricordi.
Vedendo il disagio del giovane, la fanciulla ammorbidisce il tono ribattendo:
— Il tuo nome me lo dirai un'altra volta. Che vieni da lontano è chiaro, eppure sembri capire e parlare la nostra lingua. —
Mizar non può far altro che constatare anche quest’altro fatto inspiegabile, restando senza parole.
Poi, con voce alquanto decisa, la fanciulla si presenta allo straniero: — Io sono Aura, Principessa delle Sette Isole o del Regno delle Acque, come anche sono conosciute. —
E dopo un attimo di silenzio in cui i due si guardano negli occhi, aggiunge: — Sarà bene tornare a palazzo, così potrai ristorarti dal viaggio che ti ha condotto fin qui. Poi, me ne spiegherai i motivi… —
Mizar si guarda attorno, smarrito: gli avvenimenti si susseguono con rapidità. Aura chiama una delle sue ancelle, che, timorose, erano rimaste nel bosco ad osservare la scena, e l’incarica di prendersi cura dello straniero che avrebbe dovuto far alloggiare in una camera normalmente riservata ai dignitari degli altri paesi in visita diplomatica all’isola.
— E cerchiamo delle nuove vesti!... — aggiunge perentoria.
Il piccolo corteo, con in testa Aura, si incammina lungo una stradina che si snoda in mezzo ai prati, con Meti, l’ancella preferita dalla Principessa, incaricata della cura dello straniero, subito dietro, ed a seguire, chi con teli, chi con ceste, il resto delle giovani fanciulle al servizio della principessa.
Dopo lungo camminare la stradina si allarga e si intravedono le prime case della città che si snocciolano lungo una strada pavimentata con inserti di mosaici sparsi qua e là raffiguranti animali, piante e oggetti enigmatici. La strada si allarga ancora e si apre alla vista di una grande piazza di forma quadrata attorniata da statue colorate, mentre un palazzo costruito con numerose colonne sorge su uno dei lati. Tutto intorno si trovano prati, cespugli ed un folto boschetto di alberi secolari. Nella zona non si vedono altre costruzioni. Sembra un luogo in aperta campagna.
All’arrivo della Principessa e del suo seguito, guardie armate aprono l’alto e pesante portone dell’ingresso principale mentre dall’interno accorrono i servitori di palazzo.
Da qui, si accede ad una grande sala di forma circolare, sormontata da una cupola da cui filtra la luce solare che inonda tutto l’ambiente. Il pavimento è lastricato di marmi dai colori variopinti.
L’incanto viene spezzato da una vocina di cui non si riesce a capire la provenienza. All’improvviso, appare una bimba che corre verso i presenti. — Principessa, Principessa, ho raccolto questi fiori per te!... — dice con voce squillante.
Aura si gira in direzione della voce e prende per mano la bimba: entusiasta, le porge l’omaggio floreale. Mizar, segue con attenzione gli avvenimenti, osserva il viso raggiante della Principessa mentre parla e gioca con la bambina: gli occhi sembrano brillare. Quella stessa fanciulla che con voce perentoria l’aveva apostrofato vicino al laghetto, ora si mostra in una versione molto diversa.
Una strana sensazione si impossessa del suo essere e non riesce a distogliere lo sguardo dalla Principessa. Sembra ipnotizzato. Poi chiude gli occhi e resta immobile nella sala.
Solo il richiamo di Meti lo ridesta:
— Cosa fai lì tutto solo, forza vieni con noi! —
Si guarda intorno spaesato: effettivamente, non c’è più nessuno; l’ancella, com’è nel suo compito, si è accorta della sua mancanza ed è tornata indietro a cercarlo… Con passo spedito, Meti accompagna Mizar al suo alloggio, poco distante dal palazzo. I due escono, percorrono una stradina che attraversa il boschetto, al termine del quale si staglia una piccola costruzione a due piani. Fatte le ripide scale interne, Meti fa accomodare lo straniero in un’ampia stanza con vista sul giardino sottostante.
— Rimani qui, tornerò presto… — gli dice Meti ridiscendendo le scale di fretta.
Dopo non molto tempo, ecco Meti ricomparire accompagnata da altre due ancelle. Una di queste, porta in mano un cesto con frutta e dei vegetali, mentre l’altra porge a Mizar le sue nuove vesti.
— Ho pensato che potresti aver fame ed in questa cesta troverai ciò che potrà saziarti. Questi vestiti invece li dovrai indossare domani in occasione della visita di alcuni ambasciatori stranieri alla nostra isola. È desiderio della Principessa che anche tu assista all’incontro… Domattina verrò a prenderti per accompagnarti nella sala delle udienze. — Detto questo, Meti e le altre due ancelle si