Capelli biondi, occhi azzurri: Il prequel di "Quelle belle ragazze"
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Info su questo ebook
"Capelli biondi, occhi azzurri…" Julia Carroll non riesce a togliersi dalla testa queste parole inquietanti. Una diciannovenne bella, intelligente e piena di talento dovrebbe essere allegra e spensierata. Invece lei ha paura. Di recente, in città, sono scomparse due ragazze. Entrambe sono bionde con gli occhi azzurri. Proprio come lei. Entrambe sembrano svanite nel nulla. E se la prossima fosse lei?
Ai vertici delle classifiche internazionali con oltre 35 milioni di copie vendute in tutto il mondo, Karin Slaughter è stata definita da Michael Connelly "un'autrice senza rivali nel panorama thriller contemporaneo".
Scoprite perché leggendo Capelli biondi, occhi azzurri, l’avvincente prequel di Quelle belle ragazze.
Questo ebook contiene un estratto di La ragazza dimenticata, il nuovo romanzo di Karin Slaughter.
Karin Slaughter
Autrice regolarmente ai primi posti nelle classifiche di tutto il mondo, è considerata una delle regine del crime internazionale. I suoi quindici romanzi, che sono stati tradotti in trentatré lingue e hanno venduto più di 30 milioni di copie, comprendono la fortunata serie che per protagonista Wil Trent, L'orlo del baratro, che ha ricevuto una nomination al prestigioso Edgar Award, e Quelle belle ragazze, il suo primo thriller psicologico. Nata in Georgia, attualmente vive ad Atalanta.
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Anteprima del libro
Capelli biondi, occhi azzurri - Karin Slaughter
KARIN SLAUGHTER
CAPELLI BIONDI, OCCHI AZZURRI
traduzione di Anna Ricci
Titolo originale dell'edizione in lingua inglese:
Blonde Hair, Blue Eyes
Witness Impulse
An Imprint of HarperCollins Publishers
© 2015 Karin Slaughter
Traduzione di Anna Ricci
Questa edizione è pubblicata per accordo con
HarperCollins Publishers, LLC
Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
© 2016 HarperCollins Italia S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5895-166-8
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1
Lunedì 4 marzo 1991
Ore 7.26 – North Lumpkin Street, Athens, Georgia
La nebbia del mattino ammantava le vie del centro formando minuscole e fitte spire tra i sacchi a pelo allineati lungo il marciapiede di fronte al Georgia Theater. Le porte non si sarebbero aperte prima di altre dodici ore, ma i fan più devoti dei Phish erano disposti a tutto per un posto in prima fila. Due ragazzotti tarchiati occupavano delle sedie di plastica da giardino accanto alla porta d'ingresso, chiusa con una catena; ai loro piedi erano disseminati mozziconi di sigarette e un sacchetto di carta che probabilmente conteneva un bel po' d'erba.
Fissavano Julia Carroll che camminava lungo la strada e lei si sentiva quegli sguardi appiccicati addosso come la nebbia. Continuò a guardare davanti a sé, la schiena dritta, poi si domandò se non avesse un aspetto glaciale, arrogante, e un attimo dopo si chiese con un certo fastidio perché le importasse l'impressione che faceva a degli sconosciuti.
Non era mai stata così paranoica.
La città di Athens ruotava intorno all'Università della Georgia, che occupava quasi trecentocinquanta ettari di terreno edificabile e dava lavoro a più di metà della contea.
Julia era cresciuta lì. Studiava giornalismo ed era una reporter del giornale del campus. Suo padre era docente nella facoltà di Veterinaria. A diciannove anni Julia sapeva già che l'alcol e le giuste circostanze potevano trasformare dei ragazzi dall'aria innocua in persone che non si vorrebbero mai incontrare alle sette e mezza di un lunedì mattina.
Forse però stava esagerando. Forse era come quella volta in cui una sera, camminando davanti all'Old College, aveva udito dei passi alle proprie spalle, mentre un'ombra si allungava sempre più rapida e il cuore aveva preso a batterle all'impazzata; stava per mettersi a correre quando si era sentita chiamare per nome e aveva scoperto che l'ombra era soltanto Ezekiel Mann, un compagno del corso di biologia.
Le aveva parlato della nuova auto di suo fratello, poi aveva iniziato a citare le battute dei Monty Python, e lei aveva affrettato il passo al punto che avevano raggiunto il suo dormitorio quasi di corsa. Ezekiel aveva premuto la mano contro la porta a vetri chiusa mentre Julia entrava nell'edificio.
«Ti chiamo!» le aveva quasi gridato.
Lei gli aveva sorriso, pensando: Dio, ti prego, fa' che non ferisca i suoi sentimenti, e si era diretta verso le scale.
Julia era bellissima. Ne era consapevole fin da quando era bambina, ma aveva sempre vissuto quel dono come un fardello. La gente era piena di pregiudizi sulle belle ragazze e i ragazzi le consideravano un trofeo che desideravano in maniera astratta. Tutti prendevano la sua timidezza per distacco, la sua leggera ansia per disapprovazione, ed erano state proprio quelle opinioni a farla arrivare a diciannove anni vergine e quasi senza amici. A parte le sue due sorelle minori, nessuno pareva farci caso.
All'università sarebbe dovuto cambiare tutto, in teoria. Il suo dormitorio era a meno di cinquecento metri da casa sua, ma Julia aveva finalmente la possibilità di rimettersi in gioco, di essere la persona che aveva sempre voluto: forte, sicura di sé, felice, appagata − non più vergine. Aveva messo da parte la propensione a rinchiudersi a leggere in camera lasciando il mondo fuori dalla porta. Si era iscritta al club di tennis, a quello di atletica e a quello di osservazione della fauna. Non aveva scelto una cerchia ristretta di persone: parlava con tutti, sorrideva agli sconosciuti, usciva con ragazzi gentili o perlomeno molto interessanti, i cui baci disperati le richiamavano alla mente l'immagine di una lampreda che affonda la bocca nel fianco di una trota di lago.
Poi c'era stata Beatrice Oliver.
Julia aveva seguito la storia via telex al Red & Black, il giornale del campus. Diciannove anni, proprio come lei. Capelli biondi, occhi azzurri, come lei.
Studentessa universitaria, come lei.
Bellissima.
Cinque settimane prima, Beatrice Oliver era uscita da casa dei suoi genitori intorno alle dieci di sera. Era a piedi, diretta a un negozio a pochi isolati per prendere del gelato per suo padre che aveva mal di denti. Julia non sapeva perché quel dettaglio l'avesse colpita tanto. Le sembrava strano: perché mettere qualcosa di freddo su un dente dolorante? Eppure entrambi i genitori avevano fatto la stessa dichiarazione alla polizia e il particolare era finito nella storia.
E la storia era passata sul telex perché Beatrice Oliver non era mai rientrata a casa.
Julia era ossessionata dalla scomparsa di quella ragazza. Cercava di convincersi che il motivo fosse il desiderio di scriverci un pezzo per il Red & Black, ma in realtà la terrorizzava l'idea che qualcuno, non una persona qualsiasi ma una ragazza della sua stessa età, potesse uscire di casa e non farvi più ritorno. Voleva conoscere tutti i dettagli, parlare con i genitori di Beatrice.
Voleva intervistare i suoi amici, un cugino, un vicino di casa, un compagno di università, un fidanzato o un ex fidanzato, chiunque potesse darle una spiegazione alternativa che non si limitasse al dato che una diciannovenne con tutta la vita davanti era sparita nel nulla.
«Abbiamo a che fare con un probabile caso di rapimento» affermò un detective secondo un primo resoconto. Erano stati controllati tutti gli oggetti che appartenevano a Beatrice, compresa la borsa, i contanti che teneva nel cassetto dei calzini e la macchina, ancora parcheggiata nel vialetto davanti casa.
La dichiarazione più agghiacciante l'aveva rilasciata la madre: «Il motivo per cui mia figlia non è tornata a casa è che qualcuno la tiene prigioniera».
La tiene prigioniera.
Julia rabbrividì all'idea che qualcuno potesse portarla via dalla sua famiglia. Nei libri che aveva letto da bambina il cattivo era sempre un personaggio trasandato, oscuro, minaccioso, un lupo travestito da pecora ma pur sempre un lupo, riconoscibile a chi l'avesse guardato con attenzione. Sapeva che la vita reale non era come quella delle favole: difficile riconoscere l'Uomo Nero dietro i baffi e la barba che ne nascondevano i lineamenti.
Il rapitore di Beatrice Oliver poteva essere un amico, un compagno di università, un vicino di casa o un fidanzato. Persone che Julia aveva deciso di intervistare. Da sola. Armata solo di un block notes e di una penna, di fronte a un uomo che, mentre parlava con lei, teneva Beatrice Oliver nascosta in chissà quale luogo terrificante.
Julia si portò una mano sullo stomaco per placarne i movimenti. Controllò alle sue spalle, a destra e sinistra, facendo guizzare lo sguardo in ogni direzione.
Cercò di combattere l'angoscia con la razionalità: forse non aveva motivo di agitarsi in quel modo. Magari non sarebbe nemmeno arrivata a quelle interviste, perché prima doveva riuscire a ottenere il pezzo: un giornalista di cronaca ha il diritto di fare domande, mentre chi scrive servizi speciali (la sezione di Julia) è solo un ficcanaso. L'ostacolo maggiore sarebbe stato Greg Gianakos, lo studente con il ruolo di caporedattore che credeva di essere il nuovo Walter Cronkite e che le faceva sempre venire in mente un detto di suo padre a proposito dei beagle: amano sentire il suono della loro voce.
Se fosse riuscita a convincere Greg, nemmeno Lionel Vance, il suo schiavetto, l'avrebbe osteggiata, pur avendocela ancora con lei per un appuntamento rifiutato. L'ultimo ostacolo sarebbe stato il signor Hannah, il tutor di facoltà, un uomo molto gentile che però adorava quando le riunioni di redazione per l'assegnazione degli articoli assomigliavano alle gare di tuffi messicane trasmesse da Wide World of Sports.
In silenzio, Julia si esercitò nella sua presentazione mentre svoltava per una via deserta.
Beatrice Oliver, diciannovenne che viveva con i genitori...
No, tutti avrebbero cominciato a russare prima che arrivasse in fondo alla frase.
Una ragazza scomparsa!
No. Le ragazze sparivano di continuo, e di solito riapparivano senza conseguenze qualche giorno dopo.
Una sera, a tarda ora, una ragazza stava andando a comprare del gelato, quando all'improvviso...
Julia si voltò di scatto. Aveva sentito un suono dietro di sé, come di scarpe che strusciano sul terreno. Esaminò i dintorni, notando frammenti di vetro, bottiglie di birra vuote e giornali gettati a terra, nient'altro. Almeno, niente di cui preoccuparsi.
Muovendosi con lentezza, circospetta, riprese a camminare, senza smettere di controllare ogni porta, ogni vicolo, attraversando la strada per non essere costretta a passare accanto a un'enorme catasta di immondizia.
Paranoica.
I giornalisti dovrebbero osservare gli eventi con distacco, ma da quando aveva letto la storia di Beatrice Oliver, i pensieri di Julia si erano riempiti di dettagli che non provenivano dai fatti ma dalla sua immaginazione sfrenata. Beatrice camminava per la strada, immersa nell'oscurità di una sera