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Storia della linguistica e della glottologia: Dagli albori ai giorni nostri
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E-book321 pagine4 ore

Storia della linguistica e della glottologia: Dagli albori ai giorni nostri

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L’obiettivo del libro è quello di far conoscere gli studiosi di linguistica esistiti ed esistenti, più conosciuti e non, che hanno a modo loro cambiato la storia di tale scienza. Per la realizzazione di questo volume, ho fatto riferimento alle mie conoscenze sulla linguistica apprese nei cinque anni universitari, includendo triennale e magistrale, dove ho svolto e superato sette esami linguistici, ovvero due esami di linguistica generale, uno di sociolinguistica, due esami di glottologia, con anche nozioni di dialettologia, uno di linguistica applicata e uno di linguistica italiana. Inoltre, ho attinto dai tanti volumi che possiedo e ho fatto delle ricerche per approfondire alcuni concetti che ho giudicato importanti e degni di nota.
Alessio Severo

Alessio Severo, laureato nel novembre 2018 alla triennale in Mediazione Linguistica e Comunicazione Interculturale all’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara, e nel febbraio 2021 alla magistrale in Linguistica e Traduzione all’Università di Pisa.
Ha svolto tirocini tra il 2017 e il 2020 in traduzione di testi dall’inglese e dallo spagnolo all’italiano presso l’Università di Pescara e ha tradotto il sito del Parco Regionale delle Alpi Apuane dall’italiano all’inglese. Tra il febbraio e l'aprile 2021 ha lavorato come articolista per InstaNews e Altranotizia. Attualmente, traduce testi e libri per diversi enti: MACTE Museo di Arte Contemporanea di Termoli; Parco Regionale delle Alpi Apuane; AVSI; VJ Edizioni, Forevera Books e collabora come redattore per Tuttocampo.it e Televisionando. Ha collaborato anche con LaNostraTV e Tv per tutti.
LinguaItaliano
EditorePasserino
Data di uscita30 mag 2024
ISBN9791223044988
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    Anteprima del libro

    Storia della linguistica e della glottologia - Alessio Severo

    Breve autobiografia dell’autore

    Alessio Severo nasce il 16 agosto 1996 a Barletta, in provincia di Barletta-Andria-Trani, e ha i parenti materni a Barletta, così che approfitta delle festività per andarli a trovare di tanto in tanto, ma vive i suoi primi 22 anni a Termoli (CB) in Molise, dove frequenta le scuole di tutti i gradi e raggiunge la maturità all’Istituto tecnico commerciale G. Boccardi nell’estate del 2015 con votazione 84/100.

    Incomincia nell’ottobre di quell’anno la triennale all’Università G. D’Annunzio di Chieti-Pescara in Mediazione Linguistica e Comunicazione Interculturale, dove si laurea in corso il 20 novembre 2018 con voto 97/110. Ancora prima di laurearsi si trasferisce a Pisa e inizia il percorso magistrale in Linguistica e Traduzione, curriculum traduttivo, alla rinomata Università di Pisa, dove si laurea in corso il 22 febbraio 2021 con votazione 103/110.

    È proprio il soggiorno pisano (durato un anno e mezzo a causa del Coronavirus che lo obbliga a tornare a Termoli il 22 marzo 2020 e a terminare gli ultimi esami e la tesi a distanza, non tornando più a Pisa) che aumenta la sua passione di diventare traduttore, giornalista e scrittore e si appassiona di traduzione, linguistica e letteratura. E in lui nasce un forte desiderio di approfondire la storia della linguistica e della glottologia, di fare molte ricerche e di scrivere un libro su tale tema, con lo scopo di sapere ancora di più sugli autori e linguisti che hanno rivoluzionato nel corso degli anni la linguistica. E così decide di scrivere un libro completo sui pionieri di tale disciplina per soddisfare la sua voglia personale e anche con l’auspicio che questo lavoro possa essere in futuro pubblicato da qualche editore e preso come manuale di riferimento nelle università di lingue o lettere per aiutare i giovani ad avvicinarsi a questo mondo. Inoltre, si cresima alla chiesa Santa Caterina di Pisa il 1° giugno 2019 seguendo un corso per universitari.

    Dopo i tirocini fatti presso l’Università di Chieti-Pescara nel 2017 e l’Università di Pisa, con anche la traduzione del sito del Parco Regionale delle Alpi Apuane dall’italiano all’inglese tra il settembre e l’ottobre 2020, nel 2021 traduce testi dall’italiano all’inglese per il MACTE - Museo di Arte Contemporanea di Termoli.

    Ha tradotto (anche come parte della tesi magistrale) l’autobiografia inglese di Wayne Rooney, ovvero My Decade in the Premier League in italiano, il libro Typology and Universals di Croft durante gli anni universitari a titolo personale e Death into Life di Olaf Stapledon. Ha tradotto il volume Ponti in pietra delle Alpi Apuane dall’italiano all’inglese, finito di stampare nel febbraio 2022. Ha tradotto anche il celebre Animal Farm di George Orwell per VJ Edizioni, pubblicato il 20 dicembre 2022, e Matilda per Gilgamesh Edizione, in uscita nel 2024.

    Ha il livello C1+ in inglese e spagnolo e l’A2 in francese, ha ottenuto il PET in inglese nel 2014 e la licenza di SDL TRADOS STUDIO 2019 for Translators – Getting started, valid from 28 May 2019.

    Un’altra sua aspirazione nata soprattutto durante gli ultimi mesi del percorso magistrale è quella di diventare giornalista in ambito sportivo e di gossip e mondo della televisione, e a tal proposito scrive quotidianamente dal 2021 e collabora per alcuni mesi con LaNostraTV, tvpertutti.it e Televisionando, prima di cominciare a scrivere per AnticipazioniTV dal settembre 2023. Inoltre, dal novembre 2021 scrive articoli sul calcio dilettantistico molisano per Tuttocampo.

    INTRODUZIONE

    Per iniziare, c’è da dire una cosa che per molti studiosi di linguistica e glottologia può sembrare ovvia, ma per chi è agli inizi degli studi o alle prime armi con questa scienza non è poi così scontata: la linguistica e la glottologia sono due campi di studi e materie collegate da diversi punti di vista, ma differenti e indipendenti.

    Possiamo definire la linguistica come la disciplina che si occupa dello studio scientifico delle lingue e del linguaggio, e quindi è l’analisi delle lingue nella loro storia, nelle loro strutture e nei loro rapporti e confronti, focalizzando l’attenzione su cosa sono e come funzionano. È un campo di studio molto ampio, in cui possiamo includere, in base al punto di vista in cui il linguaggio viene studiato, diverse sotto discipline: la linguistica storica, la geolinguistica o linguistica areale, la linguistica generale, la linguistica descrittiva, la sociolinguistica, la linguistica italiana, la dialettologia, l’etnolinguistica, la linguistica comparata, la linguistica applicata, la linguistica computazionale, la neurolinguistica e la psicolinguistica. Di questi tanti sottotipi, in questo volume ci occuperemo soprattutto di linguistica storica, linguistica generale e sociolinguistica, ma fornendo avvenimenti storici anche di alcune delle altre materie nominate.

    La linguistica storica è il settore della linguistica che si occupa del mutamento, che avviene in modo e con intensità diversa, e quindi non uniformemente, in tutti i livelli della lingua, e per la maggior parte a livello fonetico-fonologico. Può osservarsi di solito sul piano sincronico.

    La glottologia è la scienza che si occupa del mutamento linguistico, cioè della storia e dei rapporti fra le lingue naturali. Equivale alla linguistica storica comparativa. Il termine fu coniato dallo studioso Graziadio Isaia Ascoli. Il mutamento linguistico non nasce dall’interno (ossia con la trasmissione della lingua di generazione in generazione), ma dal contatto fra lingue diverse (influenze esterne).

    Nella linguistica, nello studio dei fatti linguistici, possiamo distinguere due prospettive differenti: la linguistica sincronica , che prende in considerazione le lingue e le strutture linguistiche in un preciso momento nel tempo, senza tener conto della loro evoluzione; la linguistica diacronica , invece, studia le lingue e i fenomeni linguistici tenendo conto delle loro evoluzioni nel corso del tempo (distinzione saussuriana).

    Esistono tre tipi diversi di variazione linguistica: variazione diacronica , interlinguistica e intralinguistica . La prima riguarda il tempo ed è osservabile soprattutto attraverso le testimonianze scritte, anche se con le dovute cautele, dato che si riscontrano difficoltà di decifrazione e interpretazione di lingue antiche e mancanza di corrispondenza tra grafia e pronuncia. La seconda fa riferimento allo spazio, ovvero alle variazioni che avvengono tra due o più lingue diverse. Invece, la terza si riferisce a variazioni che avvengono all’interno di una lingua, ovvero la dimensione sociale, a cui sono collegate variazioni della lingua in diversi livelli, ovvero variazione diatopica (geografica, in base al luogo), diastratica (classi sociali), diafasica (situazioni comunicative) e diamesica (mezzo).

    In questo libro prenderemo in esame i maggiori studiosi, linguisti, glottologi e teorici della linguistica e della glottologia, cercando di fornire nel modo più preciso e approfondito possibile le loro teorie e i lavori che sono stati fondamentali per la nascita e lo sviluppo di queste discipline, oggi studiate nelle università di lingue in Italia e negli altri paesi del mondo. Si andrà indietro di tanti secoli, per arrivare agli studiosi attuali del XXI secolo, di alcuni studiosi in vita che collaborano tuttora con diverse università nel mondo.

    L’obiettivo del libro è quello di far conoscere gli studiosi di linguistica esistiti ed esistenti, più conosciuti e non, che hanno a modo loro cambiato la storia di tale scienza. Per la realizzazione di questo volume, ho fatto riferimento alle mie conoscenze sulla linguistica apprese nei cinque anni universitari, includendo triennale e magistrale, dove ho svolto e superato sette esami linguistici, ovvero due esami di linguistica generale, uno di sociolinguistica, due esami di glottologia, con anche nozioni di dialettologia, uno di linguistica applicata e uno di linguistica italiana. Inoltre, ho attinto dai tanti volumi che possiedo e ho fatto delle ricerche per approfondire alcuni concetti che ho giudicato importanti e degni di nota.

    PRIMO CAPITOLO

    Le diverse classificazioni delle lingue antiche e moderne

    Tra le molte classificazioni delle lingue, due sono da considerarsi come le più significative dal punto di vista scientifico: la classificazione genealogica e la classificazione tipologica . La prima si propone di stabilire se determinate lingue appartengono a un unico ceppo, sono cioè la filiazione di un antecedente comune, vicino o lontano nel tempo.

    Per quanto riguarda la comparazione genealogica e le famiglie linguistiche, oggetto chiave della linguistica, possiamo affermare che due o più lingue sono geneticamente imparentate quando derivano dalla stessa lingua originaria o lingua madre. Il caso più semplice è quello delle lingue romanze perché qui, addirittura, abbiamo la lingua madre in carne e ossa, cioè il latino, da cui poter attingere per fare confronti e supposizioni con la dovuta attenzione. Ma sono più frequenti, purtroppo, i casi in cui non possediamo la lingua madre e non siamo sicuri che questa sia davvero esistita: è questo il caso del germanico, slavo, celtico e italico comune, anche se tutti a gradi diversi di intensità e uniformità. Ancora più labili sono i contorni dell’indoeuropeo, dell’ugro-finnico o del semitico comuni, che pure devono essere esistiti. C’è poi un’incertezza maggiore nei casi di quelle lingue che da alcuni studiosi sono raggruppate con altre lingue, mentre da altri sono considerate isolate (per esempio il giapponese e il coreano).

    Abbiamo diciassette famiglie linguistiche nelle quali si raggruppano le circa 4000 o 5000 lingue presenti e parlate in tutto il mondo.

    Di seguito sono elencati i continenti con le rispettive lingue parlate in quella zona.

    Oceania : Australiano – Indo – Pacifico (Nuova Guinea – Melanesia – Tasmania);

    America : Eskimo – Aleutino (Alaska – Russia nord-orientale – Canada settentrionale – Groenlandia); Na-Dene (Alaska – Canada centrale – Messico); Amerindo (dal Canada centrale a tutta l’America meridionale);

    Asia : Chukchi – Kamchaktiano (Siberia orientale); Altaico (dalla Mongolia e dalla Cina occidentale fino alla Turchia e alla Russia orientale); Sino – Tibetani (Cina – Tibet – Nepal - India settentrionale e orientale – Birmania – Thailandia – Laos - India centrale); Austrico (Cina – Vietnam – Laos – India centrale); Austro-Tai (Cina meridionale – Asia sud-orientale – Madagascar – Indonesia – Filippine – Cambogia); Elamo - Dravidico (India meridionale Pakistan);

    Europa : Indoeuropeo;

    Uralico (dalla Siberia settentrionale al Mar Bianco, fino in Lapponia, Estonia, Finlandia, Svezia e Norvegia settentrionali, Ungheria); Ibero - Caucasico (con il basco e il georgiano);

    Africa : Afrasiano (già denominato Camito - Semitico) che comprende l’arabo, l’ebraico, il berbero, il ciadico e l’egiziano antico;

    Nilo - Sahariano; Kordofoniano; Khoisanico.

    Esistono poi lingue che non sono presenti in nessuna classificazione come il burusciaschi (Caracoroum meridionale) e, secondo alcuni, il basco, il giapponese e il coreano.

    Infine, esistono ma non sono ovviamente classificabili le lingue pidgin e creole , nate dal contatto tra popolazioni africane, amerindiane e asiatiche e coloni europei, caratterizzate da un’estrema semplificazione morfologica, dando maggiore importanza al lessico.

    Molte delle singole lingue indoeuropee attestate si raggruppano a loro volta in famiglie (iranica, anatolica, germanica, celtica, italica, romanza, slava, baltica), alcune delle quali sono estinte (anatolico), o anche solo le singole lingue facenti parte di tali famiglie (come il latino o il gotico) o che risultano isolate già all’epoca della loro prima attestazione (come l’indiano o il sanscrito, l’armeno, l’albanese, il neogreco e il tocario).

    Cominciando da oriente abbiamo dunque il tocario , lingua parlata nel Turkestan cinese ancora fino al VII sec. D.C., suddivisa nei due dialetti tocario A e tocario B. I testi tocari sono canoni buddistici rinvenuti, a partire dalla fine del sec. XIX, in manoscritti del V-VIII sec. d.C. conservati in monasteri dell’Asia centrale.

    L’antico indiano è rappresentato innanzitutto dal vedico (secoli X-VI a.C. circa), la lingua del Veda (raccolte di inni e prescrizioni religiose che compongono i testi sacri della religione brahmanica) e della letteratura a questa collegata. A una fase più recente appartiene il sanscrito , la lingua della tradizione culturale e letteraria dell’India antica. Le lingue della fase media sono dette pracriti: tra loro ha un posto di rilievo il pali, lingua di alcune parti del canone buddista. Filiazione dei pracriti sono le moderne lingue indoarie. Il sanscrito era parlato in India fin dal 1200 a.C. ed è una lingua letterario-religiosa la cui versione più antica è costituita dal vedico, e che è solo in parte continuato da alcuni dialetti, detti appunto pracriti. Dal sanscrito derivano molte lingue moderne dell’India.

    L’ iranico era la lingua degli antichi persiani (la cui variante religiosa più antica è detta avestico), attestato dall’VIII secolo a.C. e diffuso in una regione amplissima che va dal Caucaso all’Afghanistan, e continuato ancora oggi da alcuni dialetti come l’ossetico e il curdo. È anche rappresentato dall’antico persiano, la lingua del vasto impero governato dalla dinastia Achemenide. Filiazione dell’antico persiano attraverso il medio persiano è il persiano moderno, lingua ufficiale della repubblica dell’Iran, profondamente influenzato dall’arabo. Nella famiglia iranica si hanno numerose varietà, tra cui il pashto, la lingua ufficiale dell’Afghanistan.

    In Asia Minore erano parlate lingue appartenenti al gruppo detto anatolico e identificate con l’ittita, il palaico, il luvio, il lidio, tutti estinti così come il frigio, il trace e il dacio. La più conosciuta è senza dubbio l’ ittita , lingua del potente impero che sottomise una vasta regione dell’Anatolia e del Medio Oriente, e che conobbe il suo periodo di massima potenza attorno al 1500 a.C. Alla decifrazione della lingua si dedicarono diversi studiosi nei primi decenni del XX, in particolare il linguista e archeologo ceco B. Hrozny (1879-1952), primo a decifrare la lingua ittita e a riconoscerla come lingua indoeuropea. Imparentate con l’ittita, ma attestate in modo molto più frammentario, sono altre lingue come i già citati luvio, licio e lidio, con numerosi elementi non indoeuropei.

    Lingue isolate sono l’ armeno e l’ albanese con le due varietà del ghego a nord e del tosco, con quest’ultimo che è alla base della lingua albanese standard attuale, attestate a partire dal XVII secolo: contiene molti elementi di provenienza latina o straniera, ma il suo fondo più antico potrebbe risalire all’illirico, la lingua degli antichi Illiri (popolazione stanziata sulla riva orientale dell’Adriatico). Collegato con l’illirico è forse anche il messapico, parlato da una popolazione dell’Italia antica che abitava nella penisola salentina, e conosciuto attraverso numerose ma brevi iscrizioni.

    Invece, per quanto riguarda l’armeno, il primo documento dell’armeno classico è la traduzione della Bibbia (V sec. d.C.), a cui fa seguito una ricca e importante letteratura. Nella fase moderna si distingue tra un armeno occidentale (la lingua delle comunità armene insediatesi in Occidente) e un armeno orientale (lingua ufficiale della Repubblica di Armenia).

    Il greco è la lingua indoeuropea di più lunga tradizione e ha le sue prime attestazioni a partire dal XIV sec. a.C. con le sue tavolette micenee degli archivi dei palazzi imperiali di Cnosso, Pilo e Micene, più antiche di circa cinque secoli della prima redazione dell’Iliade e dell’Odissea. Esse sono scritte in una lingua mista di ionico ed eolico, due dialetti che insieme al dorico e all’attico costituiscono il quadro dialettale più articolato e complesso. Il greco del primo millennio (scritto in alfabeto fonetico di derivazione fenicia) è caratterizzato da un’ampia frammentazione dialettale che, come detto, può essere classificato sostanzialmente in quattro gruppi: ionico-attico, arcadico-ciprio, eolico e dorico. L’attico, il dialetto di Atene, diviene dal VI sec. a.C. la lingua della letteratura e due secoli dopo la lingua comune di tutta la grecità detta koinè, che è alla base del greco bizantino e poi del neogreco, pur essendo questo composto da elementi slavi, latini e turchi.

    Nell’Italia antica si parlavano, prima che il latino si imponesse come lingua egemone, tanto lingue non indoeuropee (etrusco, retico, fenicio) quanto indoeuropee come il gallico, il ligure, il venetico, l’osco-umbro, il siculo e il messapico (forse l’antenato dell’albanese).

    L’ osco-umbro forma con il latino la famiglia delle lingue italiche testimoniate dalle tavole di Gubbio e da molte iscrizioni dell’Italia centro-meridionale. È un termine sintetico con cui si designano le lingue di diverse antiche popolazioni dell’Italia centrale (umbro, noto soprattutto attraverso le Tabulae Iguvinae, lunga e minuziosa descrizione di un rituale religioso) e meridionale (osco, la lingua dei Sanniti e di altri popoli del Sud d’Italia); tra le due varietà fanno da cerniera i cosiddetti dialetti sabellici (volsco, peligno, marsico, equo, marrucino) e il sud-piceno. Le lingue di questo gruppo sono spesso indicate col nome generico (e scientificamente ambiguo per la diversità di contenuto che viene ad assumere nelle trattazioni) di lingue italiche .

    La diffusione del latino (antenato comune) in tutto l’impero e la sua dissoluzione porta alla nascita delle lingue romanze o neolatine (sardo, italiano, francese, franco-provenzale, castigliano, catalano, portoghese, rumeno, ladino e l’estinto dalmatico), tutte centum perché conservano la velare occlusiva sorda (k), contrapposte alle lingue satem, che hanno invece mutato in sibilante tale consonante.

    Per quanto riguarda il latino , i primi documenti risalgono al VII-VI sec. a.C. Tra le diverse varietà emerge per importanza quella parlata nella città di Roma, che finisce per diventare il latino per eccellenza, lingua ufficiale dell’Impero romano. Continuazione del latino parlato sono, appunto, le lingue romanze. Accanto al latino, e per molti tratti collegato con questo, è il falisco. Connessa con questo gruppo, anche se in modo speciale, potrebbe essere nonostante le molte diversità un’altra lingua dell’Italia antica, il venetico, conosciuto attraverso numerose ma brevi iscrizioni rinvenute nel Veneto.

    La porzione più orientale dell’Europa indoeuropea è occupata dalle lingue slave , il cui antenato comune è lo slavo comune (lingua satem). Le lingue slave moderne si dividono in tre gruppi: orientale (russo, bielorusso, ucraino, tutte e tre con alfabeto cirillico), occidentale (ceco, slovacco, polacco e sorabo, quest’ultimo dell’est della Germania, tutte con alfabeto latino, polabo e slovinzio, estinti) e meridionale (bulgaro, macedone e serbo che utilizzano l’alfabeto cirillico, mentre sloveno e croato fanno uso di quello latino). La prima lingua slava documentata, con la traduzione dei Vangeli di Cirillo e Metodio, è l’antico slavo ecclesiastico o antico bulgaro, con il bulgaro che fu appunto la prima a essere messa per iscritto. Le lingue slave occidentali, a esclusione del polacco, sono poco diverse tra loro; infatti, fino al ‘900 si usavano denominazioni come cecoslovacco e serbocroato.

    La varietà più interessante del baltico è rappresentata dal lituano che, nonostante l’età molto bassa delle prime documentazioni (XVI sec.), presenta tutti tratti arcaici straordinari. Affine a questo è il lettone. Una terza lingua baltica oggi estinta, l’antico prussiano, è conosciuta attraverso testi del XVI-XVII di carattere religioso (protestante).

    Di grande diffusione e importanza sono, ovviamente, le lingue germaniche . Il germanico comune è un concetto linguistico ricavato da alcuni tratti comuni di queste lingue. Infatti, mentre per le lingue romanze avevamo concretamente documentata la fase unitaria a cui risalivano, nel caso delle lingue germaniche questa fase unitaria precedente deve essere presupposta, ma non ne abbiamo nessuna documentazione né l’assoluta certezza. In questo caso dobbiamo sopperire alla carenza delle testimonianze mediante la ricostruzione. Scopo della ricostruzione è quello di ricondurre la diversità attuale a una forma originaria comune che sia in grado di spiegare in modo convincente come si è passati da una fase unitaria precedente alla varietà successiva. Secondo una prassi universalmente accettata, si usa far precedere le forme ricostruite da un asterisco. Questo lavoro ci permette di risalire a ordini di parentela ancora superiore. Se con la comparazione delle lingue romanze eravamo arrivati al latino, e la comparazione delle lingue germaniche ci aveva condotto a presupporre l’esistenza di una fase germanica comune, mettendo a confronto le attestazioni di queste lingue e confrontandole con le attestazioni di altre lingue antiche, arriviamo a ipotizzare la loro appartenenza a una famiglia ancora più remota.

    Quando si procede a un lavoro di questo genere, non basta la rilevanza di una somiglianza superficiale, ma occorre anche verificare che i fonemi delle lingue in questione si presentino nello stesso ordine e che vi siano corrispondenze fonetiche regolari, confermate da altre comparazioni.

    Le lingue germaniche sono raggruppate dalla maggioranza degli studiosi in tre tipi. C’è innanzitutto un gruppo orientale , di cui fanno parte il gotico, il burgundo e il vandalico, tutti e tre estinti. Il gotico è di vitale importanza per il linguista ed è documentato soprattutto dalla traduzione della Bibbia predisposta nel sec. IV dal vescovo ariano Wulfila, la quale ci è giunta ai giorni nostri in modo frammentario.

    Il ramo settentrionale è costituito dal protonordico o antico nordico (la lingua del poema epico Edda e di altri testi poetici e prosastici, mentre testi più antichi, ma brevi e frammentari, sono le iscrizioni runiche, con le più antiche che risalgono al III sec. d.C.), dal norreno e poi dallo svedese, danese, norvegese, islandese e feringio.

    Infine, al ramo occidentale appartengono tutte le altre lingue germaniche estinte e viventi che si ripartiscono a loro volta in due gruppi, tedesco e anglo-frisone. Del primo fanno parte il basso e l’alto tedesco, che deriva dall’antico alto tedesco, di cui facevano parte anche il francone, l’alemanno e il longobardo, e che costituisce la base del tedesco standard. Del secondo fanno parte il frisone (Olanda e Germania, intermedio fra l’inglese e il tedesco, parlato in alcune isole che si trovano di fronte alle coste olandesi e tedesche del mare del Nord), l’olandese, il fiammingo e l’inglese derivato dall’anglo sassone, ovvero il progenitore dell’olandese attuale. Una variante dell’olandese è l’afrikaans, portato in Sudafrica dai Boeri, mentre lo Yiddish è la lingua degli Ebrei emigrati in Germania, a base fondamentalmente medio alto tedesca. Per quanto riguarda la lingua inglese, abbiamo l’antico inglese, documentato dall’VIII secolo, e proseguito nell’inglese medio e poi nell’inglese moderno.

    Le lingue zingariche sono delle lingue satem provenienti dall’India prive di standardizzazione e di tipo indoario. Solo il 20% degli zingari conserva la propria lingua d’origine.

    L’ultima sottofamiglia è quella delle lingue celtiche divise in continentali e tutte estinte, come il gallico, il leponzio, il celtiberico e il galatico, e insulari, con i due sottogruppi di gaelico (irlandese, scozzese, mannese)

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