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Antonio Uccise Luis Nella Cucina Con Un’Ascia Perché Gli Doveva Dei Soldi
Antonio Uccise Luis Nella Cucina Con Un’Ascia Perché Gli Doveva Dei Soldi
Antonio Uccise Luis Nella Cucina Con Un’Ascia Perché Gli Doveva Dei Soldi
E-book97 pagine1 ora

Antonio Uccise Luis Nella Cucina Con Un’Ascia Perché Gli Doveva Dei Soldi

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Info su questo ebook

Il poliziotto Pepe Gomez non immaginava la quantità di problemi in cui si stava andando a cacciare quando gli assegnarono l'indagine sull'assassionio di Luis. all'inizio sembrava molto semplice, ma, poi, l'intelligente, ehm, investigatore si addentra nel curioso mondo di Twitter e indagando, esce allo scoperto una cospirazione internazionale. Psicopatici con molte personalità, presentatori tv dipendenti da terapie alternative, hackers belle e sexy e moltissimi personaggi variopinti formano l'universo dell'autore di questa storia, Roberto López-Herrero, colui che, per dimostrare il suo sano stato mentale, debutta con una trama di intrighi e di passione emulando la stessa Agatha Christie. O che so io.
LinguaItaliano
Data di uscita26 gen 2015
ISBN9781507100967
Antonio Uccise Luis Nella Cucina Con Un’Ascia Perché Gli Doveva Dei Soldi
Autore

Roberto López-Herrero

Scrittore spagnolo. Autore di "Antonio mató a Luis en la cocina con un hacha porque le debía dinero", "Una conspiración mundial secuestró a mi perro..." (entrambi bestseller spagnoli Amazon nella sezione Humor), "El Escritor" e "Normal".

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    Anteprima del libro

    Antonio Uccise Luis Nella Cucina Con Un’Ascia Perché Gli Doveva Dei Soldi - Roberto López-Herrero

    30

    A @LaFeaDelBaile,

    Per le sue risate.

    Nota: I nomi utente di Twitter che appaiono in questo romanzo sono stati cambiati per proteggere le loro famiglie da imbarazzo pubblico.

    Giorno 1

    Antonio uccise Luis nella cucina con un’ascia perché gli doveva dei soldi. Sembrava chiaro, sembrava un caso facile e ovvio. Lì c’era Antonio ancora con l’ascia gocciolante sangue nella sua mano destra e affermava che Luis gli doveva dei soldi. C’era un movente, c’era una confessione.

    E c’era qualcosa che non mi quadrava...

    Sono poliziotto da tutta la vita, di quelli che sono diventati poliziotti perché Starsky e Hutch erano gli unici che c’erano in televisione. Be’, c’erano anche Kojak, Colombo, Banacek, gli uomini di Harrelson e credo che perfino nella Casa nella Prateria ci fosse un poliziotto.

    Però non avevo mai notato ciò che chiamano istinto poliziesco fino a oggi. Con Antonio, l’ascia, in quella cucina con il cadavere di Luis...

    E poi c’erano i giornalisti maledetti, era un buon momento per lasciare annichilita tutta la Spagna. Così chiesi.

    —  Scusi, Antonio. Si chiama Antonio?

    Non fu la domanda che Antonio si aspettava. Questo lo confonderà, pensai. E la sua risposta fu tagliente.

    —  Antonio Céspedes Ledesma, contabile, 42 anni, celibe. E tifo Ponferradina[1].

    Era il sospettato perfetto, cantava come un colibrì. Cantano i colibrì? Il plurale di colibrì è colibrì? La mia mente andava veloce, però continuai la mia indagine.

    —  E che relazione aveva con Luis, la vittima?

    —  Eravamo amici fin dall’infanzia, nel paese.

    —  Se eravate amici perché l’ha ucciso?

    —  Mi doveva dei soldi. Cinquemila delle vecchie pesetas.

    Cinquemila pesetas... Trenta euro. Come movente per uccidere qualcuno mi sembrava una merda, però la mente degli assassini è complessa. Continuai.

    —  Già... Lo ha ucciso per trenta euro.

    —  Trenta euro e tre centesimi. Così sì che sono cinquemila delle vecchie pesetas.

    Qualcosa non quadrava... Era come la M di MTV, la O del PSOE, o quelli che fanno i casting per i bambini del Cola Cao. Notai qualcosa che avevo trascurato. La mano destra di Antonio, con la quale reggeva l’ascia, aveva solo tre dita.

    —  Come ha perso le dita della mano, Antonio?

    —  Sono del paese che ispirò a Gila[2] il monologo degli scherzi pesanti, quello del farmacista e delle riserve di lupo. Lo conosce?

    —  Ce l’ho in BluRay. Non mi devii dal tema.

    —  L’ha chiesto lei.

    —  Sí, perché mi risulta molto strano che esista un contabile con otto dita in Spagna. Come fa il suo lavoro?

    Antonio rimase a guardarmi con una strana espressione, come quella di qualcuno che guarda un imbecille. Decisi che era già sufficiente. Inoltre erano arrivati quelli della Scientifica e avevo sempre problemi con loro a causa della mia abitudine di far scherzi mettendo i morti in posizioni divertenti. Una volta, dopo una rissa per droga, misi i due cadaveri come se ballassero e con il sangue scrissi sulla parete Ballare appiccicati non è ballare.

    Ci misero sei mesi ad arrestare Eros Cynar. Nessuno mi ringraziò.

    Sto deviando dalla storia. Questa volta non potevo fare scherzi perché era un brutto caso e perché Antonio, il contabile con otto dita, continuava a essere vivo. Se no, avrei montato una scena con i corpi che avrebbe potuto essere uscita dal paese del vescovo di Cuenca... Alla fine arrivarono i furboni della Scientifica e me ne andai discretamente. Approfittai per dare un morso a un prosciutto di Guijuelo che c’era nella cucina mezzo iniziato e dissi ad Antonio, il contabile, che meditasse su ciò che era accaduto e sulle possibilità reali della Ponferradina di vincere qualche volta qualche torneo di calcio importante. Vi lascio lì, a piangere come bambini.  Fu la frase con la quale passai il testimone ai miei compagni intelligentoni. Però non sarebbe stato così facile. Questo sarebbe stato l’ultimo caso della mia carriera da poliziotto.

    Mi chiamo Pepe Gómez, mi sarebbe piaciuto chiamarmi con qualche nome di classe come Flanagan McPhee, però essendo figlio di un gaditano e di una valenzana sarei finito per essere il Flanet per mia madre e mio padre mi avrebbe imposto il cognome Marfì.

    E sono un poliziotto.

    Giorno 2

    I postumi mi stavano uccidendo. Ed era curioso perchè non avevo bevuto la notte prima. Però un buon poliziotto si sveglia con i postumi che abbia bevuto oppure no.

    Continuavo a essere incuriosito dallo strano assassinio della notte prima. Per mille duri? Chi ucciderebbe qualcuno per mille duri[3]? E per di più essendo contabile, hai un buon impiego in qualunque comune e queste sono inezie. Inezie... Che parola. Non sapevo nemmeno che la conoscessi. E non ho nemmeno idea di che cazzo significhi. Starò diventando finocchio? Lascerò da parte la menta per un po’, non si sa mai.

    Mi diressi al commissariato a continuare la mia investigazione. Altra parola di quelle rare. Presi la  metro e pensai che si fosse verificato un altro omicidio. Ah, no. Era un ambulante che probabilmente non era molto amico dello spazzolino da denti. Gli lanciai il peggior sguardo di rimprovero e senza dire nemmeno mezza parola, non gli comprai nessun biglietto della lotteria.

    A volte mi ispiro a Charles Bronson, lo ammetto.

    Arrivai alla mia scrivania e cominciai a documentarmi. Merda, mi avevano già rubato il Marca. Uscii per un caffè e sfogliai un giornale nazionale famoso per pubblicare le notizie senza modificarle, però molto appariscenti, e stava lì, in copertina Uccide il suo amico per un debito di 30 euro. Guardai gli altri quotidiani e ugualmente: Crudele assassinio a causa di denaro, Erano amici però il denaro ha avuto la meglio, Come Gesù Cristo, vittima per trenta monete e Il presidente è il più bello del mondo. Be’, quest’ultimo titolo era de La Razón e

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