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Li vuoi tutti morti
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E-book242 pagine3 ore

Li vuoi tutti morti

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Info su questo ebook

“…e poi, in fondo... i protagonisti e tutti i morti di questo schifo sono dei vinti. Peggio, reduci. Nulla è più triste e noioso dei reduci. Letteratura, folclore. Pupi in mano a un puparo privo di sentimenti, la Storia, con le sue leggi, il suo percorso segnato…”
Le morti violente di alcuni personaggi famosi terrorizzano il mondo televisivo. Oltre agli inquirenti, un giornalista, Carlo Messina, indaga sul caso. Tutto serve per mettere insieme i tasselli di una storia drammatica ricostruita sul filo della memoria.
Delitti commessi per sabotare le produzioni dei concorrenti?
Vendette private a causa di un banale tradimento amoroso?
Regolamenti di conti maturati all’epoca di una trascorsa militanza politica?
La soluzione si presenterà a Carlo come esperienza di un orrore quasi ineluttabile, in grado di mettere in crisi una sensuale e già precaria relazione amorosa.
Raccontata in prima persona dal protagonista, la vicenda tocca alcuni temi che, dagli anni settanta fino ai giorni nostri, hanno lacerato l’Italia. Sullo sfondo Milano, metropoli affascinante ma violenta e Genova, città dove il protagonista immagina di potersi sottrarre al male.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2015
ISBN9788869430299
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    Anteprima del libro

    Li vuoi tutti morti - Bruno Pampaloni

    I

    Ecco, è finita. La testa su un lato, il braccio destro accanto al corpo, lo sguardo senza tempo, il buco... il buco e l’intestino che avvolge la mano sinistra. Orrore? Paura? Rimorso?

    "E così siamo giunti alla quinta puntata di Tutti i comici del presidente... durissima requisitoria del magistrato contro il leader serbo-bosniaco accusato di essere il responsabile del massacro di duemila civi’... ‘uto bomba contro una pizzeria nel pieno centro di Tel Aviv... fissa sul tre a zero il punteggio in favore dei bianco’... ‘ndazione comunista ha più volte sottolineato che la Nato è uno strumento superato e che occorre ritornare alle Nazioni Unite come un... molte le associazioni che parteciperanno al corteo per la pace... io ci tengo alla mia linea, per questo uso... e per domani un fronte d’alta pressione... noi pensiamo sia possibile ridere in un momento così difficile per il mondo".

    II

    – Sventrato in casa sua. Niente impronte. La polizia non parla perché non sa che dire. Te ne occupi tu.

    – Chi è il morto?

    – Sandro Ferrara, regista. Senza nemici, dicono.

    – Sospettati?

    – Nessuno.

    – Quanto?

    – Quanto cosa?

    – Quanto ci guadagno?

    – Ti ho già dato un anticipo. Mica faccio beneficenza.

    – Neanche io.

    – Vuoi trovarti un altro lavoro?

    – Sai benissimo che senza di me chiudi la baracca.

    – Datti da fare!

    Discussione terminata. Si allontana. Non ho mai toccato il tasto dei soldi, ma ora è giunto il momento di farlo. Idea del cazzo! Che posso aspettarmi da questo giornale di provincia? Se la tirano da New York Times, ma poi si accontentano di corna di prima mano. Il corridoio separa le due fila di colleghi seduti davanti ai computer.

    – Ehi! – Ho urtato Licia.

    Raccoglie i documenti che le sono cascati per terra.

    – Scusa Licia. Non ti avevo vista.

    L’aiuto a radunare i fogli sparsi.

    – Questa volta mi deve pagare bene.

    – Parli del direttore?

    – Quando mi capiterà di nuovo un morto ammazzato? In un anno che sono qui è la prima volta. Se vuole che me ne occupi...

    – Occhio a non tirare troppo la corda, Carlo.

    – Se no mi ci impicco. Lo so.

    – Ti sto dando fastidio?

    – Parli come i libri che leggi – Perché me la prendo con lei?

    – È così che mi guadagno da vivere – Si è offesa?

    Lavora part time alla pagina culturale: libri letti, analizzati, cercati in rete per confrontare, studiare, decifrare. E fa un po’ di tutto, lavori di segreteria, e a volte mi sostituisce. Qualche extra non lo rifiuta mai. Una con il suo talento è sprecata per questo giornale.

    – Sei preziosa per noi.

    La bacio sulla guancia. Raggiungo Luigi. Soffice, accartocciato sulla poltrona, lo sguardo torvo e una sigaretta in bilico sulle labbra, le bretelle slacciate sui fianchi e le gambe sulla scrivania.

    – Marlowe o Spade? – Un’altra citazione letteraria.

    – Non sono disposto a tirare sul prezzo.

    – Sai bene che non si guadagna un granché con i cornuti.

    – Non rompermi le balle, Carlo.

    – Gli italiani sono incapaci di tradire per bene. A loro piace essere scoperti. Diventano prevedibili. Così impiego poco tempo a beccarli. Scrivo un pezzo o due, al massimo, e tu risparmi.

    – Lascia stare.

    – Ma si tratta d’omicidio!

    – Appunto. Che ne so io se ci sai fare? Beccare un marito con eccesso di testosterone al cervello è altra cosa da incastrare un assassino vero. Investiamo tutti quanti in questa cosa, io per primo.

    – Potrebbe volerci parecchio tempo per venirne a capo. Sarò costretto a scrivere molto.

    – Non fare il furbo! – Ora s’incazza per davvero.

    – Sì, ma le spese...

    – Vaffanculo!

    – Luigi, dove lo trovi un giornalista che ti fa cronaca politica, nera, rosa, pezzi di colore, recensioni e pure il fondo quando il direttore è a letto con l’amante?

    – Non ricattarmi, non ti permetto!

    – Sovente in rigoroso anonimato e il tutto solo per un forfait di centoventi euro ad articolo, spese comprese?

    – Quanto vuoi a pezzo?

    – Centonovanta. Spese a parte.

    – Stai scherzando? Non posso permettermi più di centosessanta, tutto compreso.

    – Sei uno strozzino, Luigi.

    – E tu un giornalista arrogante. Andata?

    – Domani mi metto in caccia.

    III

    Avrà quaranta o quarantacinque anni al massimo. Massiccio. A militare, quelli come lui li chiamano così, massicci. Il funzionario fuma distrattamente e rovista nel disordine dei fogli sulla scrivania. Ostenta indifferenza nei miei confronti, forse perché sono venuto a rompergli le scatole sull’uomo sbudellato ieri sera. Si muove con lentezza; quando socchiude gli occhi, la cicatrice, che divide il sopracciglio sinistro in due metà, scivola verso il basso assottigliandosi fino sopra la palpebra. Sembra un disegno di guerra, primitivo. Capelli scuri, pelle scura. Un giocatore di rugby, mi ricorda un giocatore di rugby maori della Nuova Zelanda. Solleva la testa e mi mostra la fotografia del morto.

    – Ecco quanto sappiamo della vittima: Sandro Ferrara, anni quarantanove, regista televisivo. Divorziato, senza figli, risposato con Gisela Cruz, una cubana mulatta alla quale aveva pagato il viaggio e il mantenimento in Italia. Per un po’ i due hanno vissuto insieme, poi la cubana si è trasferita a Milano a fare la ballerina, sembra... Capisce, una bella donna così non campa solo ballando. Ma Ferrara e Gisela continuavano a vedersi, anche se Ferrara il trasferimento di Gisela non l’aveva preso per niente bene – Distaccato e professionale.

    – Tutto qui?

    – Strano, vero? Pulita, immacolata. Sono stupito anch’io.

    – Un delitto di questo tipo in una cittadina noiosa come la nostra. Non le pare curioso?

    – La sua è una domanda idiota. Non se la prenda.

    Ha modi spicci e poco tempo da perdere.

    – Non me la prenderò – Poco tempo da perdere?

    Un poliziotto ha sempre poco tempo da perdere.

    – Le assicuro che, per quanto si possa stare attenti a non pestarla, la merda alla fine te la trovi sotto le scarpe.

    Uno così deve averne piene le tasche.

    – Un’immagine poetica. Rende bene il concetto.

    – Che mi dice dell’arma del delitto? – Disagio.

    – Un coltellone preso in cucina. Lo ha proprio scannato quel poveretto. Come se… – Sorpreso dalla mia fretta?

    – Come se…? – Non mollo.

    – Come se fosse inferocito. Con furia, con rabbia ma anche senza perizia. Gli ha sfilato l’intestino dalla pancia. Il coltello è rimasto dentro le viscere, imprigionato con la punta. Ha strappato finché non è venuto via tutto. Un professionista non si comporta così. Mi spiego? Voglio dire che un professionista sa sempre dove colpire per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo. In questo delitto mi ha impressionato l’assoluta mancanza d’economia omicida, se mi passa il termine... – Glielo passo.

    – Capisco. La ringrazio.

    Mi alzo e porgo la mano al maori.

    – Riccio, commissario Domenico Riccio – Mi osserva – Un’ultima cosa dottor Messina. Mi sono ricordato che qualcosa abbiamo. Non che sia importante, almeno per ora. Ferrara aveva fatto a cazzotti per una discussione politica, tanto tempo fa. Una rissa tra ragazzi. La cosa aveva suscitato un certo scandalo in città. Sa com’è, denunce ai carabinieri, genitori coinvolti, poi tutto risolto perché ai papà dei figli di papà non piacciono gli scandali.

    – Grazie, commissario.

    – Dovere.

    Lascio la questura. Non ho ancora fatto colazione. Le nove e mezzo e il corso è pieno di gente. Come al solito. Le persone compiono gli stessi gesti di sempre. In questa cittadina incontreranno qualcuno in grado di cambiare i loro destini, un giorno. Una noia che porta ad uccidere? I tifosi del primo sole primaverile occupano i caffè affacciati davanti ai palazzi medievali. Ha fatto freddo quest’inverno. Il ponte sul Ticino. Un bel locale. Mi fermo. Avambracci che si agitano, teste che ciondolano, mascelle che ruminano. Chiacchiere. Il campionato di calcio è in pieno svolgimento. Ordino caffè e cornetto. Non penso a nulla. Il viso al sole. Assaggio un pezzo del croissant. Segue subito il caffè. Gusto il sapore del liquido caldo che impregna il dolce. È un rito quotidiano al quale non saprei rinunciare. Due minuti di completa assenza dal mondo. Chissà che fa Anna adesso? Questo cellulare si mangia le batterie, devo cambiarlo...

    Ke fai stasera?

    Baci

    C.

    Certo che, per fargli un buco come quello nella pancia, dovevano proprio odiarlo Ferrara. Non gli hanno rubato nulla. Tutto è stato lasciato in ordine, a parte la televisione accesa. Nessun segno di lotta. Forse conosceva l’assassino e, forse, fino ad un secondo prima erano seduti uno vicino all’altro per vedere la televisione. Quale programma? Che domanda stupida...

    – Pronto, commissario Riccio? Sono Carlo Messina, il giornalista. Mi scusi se la disturbo ancora

    – Ah, lei – Non sembra sorpreso.

    – Mi è venuta in mente una cosa, una vera sciocchezza.

    – Che vuole sapere? – Ruvido e sbrigativo il maori.

    – Ferrara aveva la televisione accesa ed è stato fatto fuori alle ventitré circa. Non è così?

    – Allora?

    – Su quale canale era sintonizzata? – Che idea del cazzo!

    – Secondo canale.

    – Ne è sicuro? – Ora mi manda a cagare.

    – Eccome! Sono quei comici che piacciono tanto a mio figlio.

    – Il programma condotto dalla Martini in teatro, Tutti i comici del presidente? – Non ho più alcun ritegno.

    – Sì, quello. Che pensa di ricavarci? Un collegamento tra i gusti televisivi di Ferrara e l’assassino?

    – Non lo ritiene probabile?

    – Un’idea stupida. L’assassino potrebbe avere acceso la televisione dopo l’omicidio, così, per passare il tempo, senza una ragione. Non esiste sempre una spiegazione per ciò che resta attorno ai delitti. Scarti di realtà. Sull’osso rimane sempre qualche pezzettino di carne, ma la bistecca è terminata.

    – Non la seguo.

    – L’assassino potrebbe essere capitato su quel programma per caso, dopo un po’ di zapping, o, forse, la televisione è sempre stata accesa. Che ne sappiamo?

    – Ha ragione commissario. Era un’idea stupida.

    Ma ha già terminato la conversazione. Chiamo il cameriere e ordino anche un bicchiere d’acqua.

    – Frizzante, mi raccomando.

    Un’occhiata ai giornali. Solo una breve notizia sull’omicidio: Ferrara è stato ucciso quando l’ultima edizione era quasi in macchina. Vediamo come ha titolato Luigi...

    Squartato come un vitello!. Con un bel punto esclamativo. Nientemeno. Mi sembra di essere tornato a fare il praticante per il giornale pomeridiano di Genova. Tante belle marchette su viabilità, funerali, microcriminalità, arrivi in porto... Mai stato un Montanelli. Solo uno dei tanti nessuno che affollano questa professione. È il momento delle confessioni, signori. E ‘fanculo gli ideali! Ma m’importa di Anna. Farei anche il tipografo per lei. È la persona che mi è più cara al mondo, la sola di cui mi preoccupi veramente. Non è mai facile trovare l’accordo con Luigi, anche perché gli faccio metà del giornale. Ma che voglio? Ho mantenuto le collaborazioni con Il Secolo XIX. Pagano bene i miei pezzi da corrispondente e la trasmissione per una televisione locale mi permette di tornare a Genova una volta la settimana. Non male, dopo tutto, anche se Anna ora si è trasferita a Milano. Venticinque minuti di treno. Uno come me non ci sa stare troppo legato. Per questo non ho voluto vivere con Anna, ognuno a casa sua. Meglio. Non soffoco io e non soffoca lei.

    Compongo il suo numero.

    – Ciao.

    – Ciao.

    – Perché non rispondi al mio sms?

    – Ho acceso solo adesso il telefono.

    – Che fai?

    – Che vuoi che faccia?

    – Posso venire da te stasera?

    – No, stasera no, ho gente a cena.

    – Vengo dopo.

    – Non so a che ora finisco. Viene Roversi con la Solmi.

    – Roversi?

    – Mi vuole in un programma.

    – Che fanno? Ti prendono nella rete?

    – Carlo, lo sai che se entri con Roversi…

    – Lavorerai con loro?

    – Carlo, non lo so. Fammi capire cosa mi offrono.

    – Ci vediamo domani?

    – Domani potrebbe andare bene… meglio.

    – Devi guardare sull’agenda per fare l’amore con me?

    – Non dire scemate Carlo.

    – Non dico scemate. Dammi una risposta.

    – Ci sentiamo domani e ci mettiamo d’accordo, va bene? Ora devo andare.

    – Mi ami Anna?

    – A domani, scemo.

    Anna. Ho sempre pensato che fosse speciale. Era stato a Genova la prima volta. Lei recitava al Teatro della Corte, in trasferta con la sua compagnia. Io dovevo intervistarla. Quel giorno, nella hall dell’albergo, pensai che mi sarebbe piaciuto portarla a letto. Mi avevano eccitato i suoi seni, piccoli ma sodi, costretti dal golfino color avorio e anche il sedere, scolpito in rilievo da una mano amica; ma soprattutto mi avevano attratto gli occhi, lievemente sporgenti, dello stesso colore scuro dei capelli tagliati a caschetto, giacché quella piccola imperfezione costringeva Anna a qualcosa di fragile, d’incerto. La osservavo mentre parlava ad un mio collega. Non facevo caso alla marmellata che colava dal croissant e m’impiastricciava la mano.

    Anna, fregandosene del collega, mi aveva abbordato.

    – Lo finisco io così, poi, riuscirai a parlarmi.

    Aveva sorriso. Forse, se lei non lo avesse fatto, togliendomi da ogni imbarazzo, quella volta non avrei tentato di sedurla. Non sono timido. Neanche un po’. Non si era trattato di timidezza allora. Semplicemente, avevo temuto di restare deluso. Di solito le donne sono l’oggetto del mio non è possibile, la speranza di un’inarrivabile felicità, la seduzione del mio ego, e così, è la norma, quando terminava il rapporto sessuale moriva l’interesse per la mia compagna. Invece, con Anna non esiste nulla di prevedibile. Anna è affascinante come tutti i mondi sconosciuti. Con lei tutte le certezze, i luoghi comuni, le consuetudini vanno a farsi benedire. È di sicuro la migliore per viverci insieme. Forse tutta una vita, o forse solo fino a quando non diventeremo prevedibili. Anna ha imparato a rispettarmi ed è perfettamente attrezzata per restare indipendente.

    IV

    – Ottima cena Anna, davvero – Enzo Roversio forse una buona cena, Anna… insomma.

    – Dovrò proprio sdebitarmi una di queste sere – La Solmi.

    – Il concept del programma non è male dottor Roversi.

    – Sì, lo credo anch’io, Anna, e vorrei proprio che la trasmissione la conducesse Bozzo. Anche se dovrò lottare per farlo rinunciare agli impegni che si è preso. E, per condurre le esterne insieme con te, vedo bene un belloccio.

    – E un po’ scemo, magari. Chi ci mettiamo? – Ha domandato la Solmi e Roversi potrebbe avere allargato le braccia come a dire ancora non lo so.

    – A parte qualche suggerimento, dobbiamo lasciare carta bianca a Bozzo... Se no, mica riesco a portarlo da noi.

    – Posso dire qualcosa anch’io? – Li ha interrotti così?

    – Ti abbiamo esclusa, Anna… – Si è scusata, la Solmi?

    – Dottor Roversi, la ringrazio della proposta e nel caso il programma si dovesse fare…

    – Si farà, si farà. Devo solo convincere Bozzo a firmare e partiamo presto con la produzione.

    – In fatto di audience la rete non è un granché. Ma se il programma funziona andiamo a far visita ai grandi. Fascia oraria da trenta per cento. Basterebbe solo limitare gli attacchi a questo governo – Ha aggiunto la Solmi. O qualcosa del genere.

    – Mi piacerebbe che fossimo d’accordo su alcuni punti per me fondamentali – Ha detto così Anna, fondamentali.

    – Sarebbero?

    – Niente cloni di programmi già fatti. E soprattutto con la satira niente zone franche.

    – Dai, Anna! Lo sai che agli italiani dovrebbero togliere il diritto al voto. Con questa destra, se non ci facciamo sentire noi... – Se non ci facciamo sentire noi!

    – Ma per favore!

    – Anna, paura di perdere il posto?

    – No, paura della banalità.

    – Sarà, ma a me sembra che tu te la faccia sotto.

    – Continua a non capire, dottor Roversi.

    – Enzo, chiamami Enzo.

    – Bene Enzo, vede, vedi, il difetto di questo tipo di programmi, quelli confezionati da Bozzo intendo, è la mancanza di rigore. Come gli succede spesso. E poi che ti devo dire? Per me la televisione è sicuramente un’occasione, ma non per tirate demagogiche.

    – Così saremmo tutti dei demagoghi, io, Bozzo...

    – È molto bravo, lo riconosco, ma non può dare lezioni di politica a nessuno. Non lui.

    – Bene. E allora? Io voglio Bozzo per questo programma.

    – Possiamo trovare un punto d’incontro, non credete? – La Solmi invece vuole Anna nella sua scuderia – Anna, stiamo parlando di televisione. È solo televisione.

    – Ecco vede? Anche per lei è difficile capire.

    – Anna, io comprendo le tue perplessità, davvero. Parlerò con Bozzo. È molto più disponibile di quanto pensi.

    – Sempre che riesca a convincerlo a rinunciare agli impegni, dottor Roversi.

    – Enzo, Anna, Enzo.

    – Sempre che tu riesca a convincerlo, Enzo.

    – Ci riuscirò, vedrai.

    – Non devi gettare al vento pure quest’occasione. A quante hai già detto di no? Lo sai che se funzioni in un programma con Bozzo svolti veramente? – La Solmi, sempre conciliante?

    – Prima deve tornare a farla, la televisione.

    – Lascia che ci pensi io. Ti fidi di me Anna?

    – Ma sì... – Roversi non era convinto della sua risposta. Anna ha insistito

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