Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

La maledizione delle anime innocenti
La maledizione delle anime innocenti
La maledizione delle anime innocenti
E-book281 pagine3 ore

La maledizione delle anime innocenti

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il romanzo, un po’ fantasy, un po’ thriller, è ambientato in una Livorno moderna, che il lettore imparerà quasi a conoscere, attraverso piccoli flash opportunamente selezionati.
È stato il gran caldo e la passione per il modernariato che hanno portato Teo, il protagonista, in quella Chiesa in ri-strutturazione, ed è lì che diventerà inconsapevole vittima di un gruppo di ricercatori.
Chiuso in quel budello nero, cambieranno le dimensioni del mondo, e l’ irreale diven-terà reale, e il cervello comincerà a rallentare, a ragionare per conto suo, fino a che si metterà a parlare con l’ unico essere vivente che gli fa compagnia.Un topo.
lo stile narrativo lucido e veloce fa provare al lettore le stesse emozioni del protagonista.
LinguaItaliano
Data di uscita28 apr 2014
ISBN9786050302240
La maledizione delle anime innocenti

Correlato a La maledizione delle anime innocenti

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su La maledizione delle anime innocenti

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    La maledizione delle anime innocenti - Romano Lenzi

    casuale.

    1

    Ebbene sì! Teodorico é il mio nome. Certo, lo so che non é proprio il massimo, ma che posso farci, mica me lo son messo da solo. In compenso però ha un significato importante che tutto sommato potrebbe anche andarmi bene: Signore del popolo. Ma immaginate un po’ quando porgo la mano per presentarmi: Molto lieto Teodorico. Teodochè? E’ inevitabile che provochi ilarità. Le donne in genere si trattengono di più, ma è la piega che va a formarsi ai lati delle loro labbra a tradirle. Prima mi guardano un po’ stupite, poi si fanno serie e sfociano in una risata cristallina. In genere a questo punto mi prendono sotto braccio e con fare a presa di bavero mi sussurrano: " Certo che non ti chiami Beppe eh?" intendendo con quel Beppe il nome più comune della città. E così dai oggi e dai domani, tutti hanno cominciato a chiamarmi Beppe e io mi sono abituato.

    Il mio hobby preferito è l’antiquariato, ma visto che le sostanze non mi permettono di sostenere certi investimenti, mi accontento di qualcosa di meno pregiato come il modernariato. E che diamine, anche se meno nobile ha pur sempre un buon mercato, no? Sono comunque affascinato da tutto ciò che è antico. A volte mi reco anche nei Musei per ammirare i quadri d’autore, altre nei negozi di antichità, dandomi delle arie da grande intenditore. Non che sia un esperto, intendiamoci, mi piace così semplicemente; perché mi piace immaginare il loro vissuto. Hanno un che di misterioso. Spesso con la fantasia cerco di ricostruirne il periodo; far rivivere il personaggio. Come? Beh, ad esempio, davanti ad una damina allo specchio mi immobilizzo, e cerco di scoprire cosa stesse pensando nell’attimo immortalato dal pittore. Immagino di entrare nel quadro, sedermi dietro di lei per lisciarle i lunghi capelli ed ascoltare i suoi pensieri. Certo che ne ho di fantasia eh?

    Una volta, davanti ad un campo di battaglia di Fattori, m’ immaginai di salire in groppa ad un cavallo, dietro al cavaliere, e partecipai alla battaglia. Ascoltai il suo ansimare, condivisi le sue paure - perché era impossibile che in quegli attimi non avesse paura - ascoltai le grida di dolore, gli incitamenti, vidi le scintille provocate dall’urto fra spade e persi la cognizione del tempo al punto che il guardiano del museo dovette scrollarmi per farmi tornare alla realtà.

    Beh, lo so anch’io di essere sciocco, ma a me piace, é un diversivo che affascina e che per qualche minuto mi fa dimenticare quanto sia piatta la mia vita. La tecnica me la insegnò alcuni anni fa una vecchia fiamma, a cui l’aveva insegnata suo padre, famoso antiquario fiorentino. Ci divertivamo con i quadri del ‘700, periodo notoriamente libertino. Entrando nel negozio di suo padre nelle ore di chiusura, e immaginavamo di inserirci nel dipinto di una coppia per rivivere i loro giochi sessuali. Beh, ovviamente era tutta una scusa per inventarci nuove posizioni che sperimentavamo sul posto. Una volta però ci dimenticammo di togliere un congegno di allarme suppletivo e si scatenò l’inferno. Naturalmente suo padre s’incazzò di brutto e la nostra storia finì lì. Da quel periodo, quando la giornata stenta a decollare, o i due cocomeri della segretaria non riescono più a rimanere chiusi dentro la loro cesta, mi alzo e trascorro un po’ di tempo, passeggiando per i borghi della città. Osservo i vecchi palazzi di Via Borra, zeppa di magazzini di cianfrusaglie accatastate alla rinfusa o le splendide ville stile Liberty del Viale Italia.

    Oggi é proprio una giornata di quelle. In ufficio faceva un caldo boia e la maglietta della segretaria era così appiccicata che i cocomeri sembravano scoppiare; alla fine mi sono alzato, le ho detto di essermi dimenticato che avevo un appuntamento urgente, ho finto di non vedere il suo ghigno beffardo e sono uscito a passeggiare.

    «Manda avanti tu la baracca…tanto torno presto». Le ho detto

    «Sì capo…certo capo…va bene capo… come se non lo facessi sempre», ha aggiunto con una nota sarcastica».

    La Baracca è l’ Agenzia P.F.S. (Prestiti Facili Subito). L’ ho aperta da un paio d’anni e tutti, si fa per dire, i miei clienti, appartengono al ceto medio - basso, con una spiccata prevalenza di famiglie che stentano ad arrivare alla fine del mese. In questi due anni é diventata una sorta di banco dei pegni tanto che il prestito medio è di cinquecento Euro da rimborsarsi nell’arco di un anno. In genere i clienti arrivano alla fine del mese, o all’inizio della stagione, e chiedono il prestito per saldare il debito verso il negozio di generi alimentari, per trascorrere una settimana di ferie, o riparare l’auto e lasciano a garanzia un anello, un ricordo di valore, o, comunque un oggetto d’oro. Beh, il tasso di interesse è leggermente più alto rispetto a quello praticato dagli Istituti bancari, ma c’è da considerare che il rischio é sensibilmente maggiore. Oddio, proprio tanto rischio non c’é perché i clienti sono sempre i soliti e hanno tutto l’interesse di dimostrarmi la loro puntualità. Insomma, mi sono chiuso la porta alle spalle, tirato un lungo sospiro e sono uscito accolto da una folata di caldo.

    Amo passeggiare così, senza una meta. Le mani dietro la schiena e lo sguardo che spazia senza sosta, dal lato B delle splendide donne, al cornicione affrescato di qualche vecchio palazzo.

    Fa caldo, sono le quattro, di un torrido pomeriggio, di un altrettanto torrido mese di Luglio.

    Indosso una maglietta leggera, jeans scoloriti, un paio di scarpe comode e un berretto con visiera, omaggio dell’Accademia navale. Cerco di passare da qualunque punto in cui vi sia un minimo d’ombra. In questo momento, ad esempio, sto attraversando il Ponte di Venezia e lì purtroppo di ombra non ce n’è proprio. Mi appoggio al parapetto, guardo gli antichi palazzi riflessi nell’acqua dei fossi Medicei e penso che non tanti anni fa, i ragazzi ci facevano il bagno. Sorrido.

    Un piccolo fuoribordo passa silenzioso lasciando una scia che si allarga verso le due rive e da un’auto partono due tocchi di clacson a mo’ di saluto; probabilmente qualcuno che mi conosce. Tiro fuori un fazzolettino profumato, imbevuto di chissà che e mi tergo il sudore. Meglio cercare un po’ d’ombra.

    In giro c’é silenzio; un silenzio innaturale. Solo un motorino è passato accidenti a lui, con la marmitta sfondata e si é meritato uno splendido vaffanculo. Per il resto, come si dice, non muove foglia. Sto pensando di aver fatto una gran cazzata ad uscire a quest’ora, quando vedo l’ingresso della chiesa di S. Caterina. Non è che io sia particolarmente bacchettone, anzi, non lo sono affatto; se vado indietro con la memoria, a parte qualche visita obbligata, della serie facciamoci male, come il matrimonio di un parente a ferragosto, o la scomparsa di qualche conoscente, in chiesa ci vado veramente poco. I preti poi, non sono davvero le persone con cui andrei in vacanza. A parte Don Alberto naturalmente, che ha preferito andarsene in Africa ad aiutare qualche poveraccio, piuttosto che starsene in curia a far la bella vita.

    Dicevamo che ho visto l’ingresso della Chiesa. Non ne sono attirato, ma ho letto da qualche parte che stanno restaurando un famoso dipinto e che sono visibili alcune opere d’arte, per cui decido di entrare. 

    2

    Il viaggio è stato veramente lungo ma ora che sono giunti a destinazione deve ammettere che ne é valsa la pena. E poi suo nipote Alrich si è dimostrato un ottimo autista. E’ un tipo di poche parole, ma deve tenerlo a freno perché è troppo impulsivo.

    Man mano che si avvicinano alla città, riconosce alcuni particolari e gli viene spontaneo collegarli a certi ricordi. Se ricorda bene anche quel giorno era un mercoledì e, come allora, anche oggi, il cielo gronda sudore. Forse gli é sfuggito ma non ricorda di aver mai più visto dei mercoledì come questi: strana coincidenza! Ci sono voluti oltre cinquant’anni perché riuscisse a rimettere piede in Italia; non perché qualcuno glielo avesse impedito, gli è solo mancato il coraggio. Raggiunto il nuovo secolo, ci ha pensato ancora, poi si è guardato allo specchio e si è convinto che la sua struttura fisica é così cambiata che più nessuno ormai potrà riconoscerlo. Del resto ora o mai più, perché la fine del viaggio si fa sempre più vicina. Ha convinto suo nipote ad accompagnarlo e messe a punto tutte le strategie, é tornato in Italia alla ricerca di qualcosa, che non sa cosa sia, ma che certamente esiste.

    In tutti questi anni ha sempre pensato che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato ed è per questo che ha letto continuamente riviste e seguito i programmi televisivi italiani. Per non dimenticare la lingua.

    Hanno percorso centinaia di chilometri e attraversato molte delle strade su cui era transitato col suo sidecar; ha rivissuto scene di combattimenti, deportazioni, fucilazioni, ha anche pianto di nascosto per la fine ingloriosa dei suoi ideali, ma alla fine finalmente sono arrivati. Montenero! Piccola frazione del Comune di Livorno, anche allora famosa per il suo Santuario.

    Si guarda intorno, non più macerie, filo spinato e cingolati, ma strade asfaltate e bellissimi palazzi e giardini curati. Quanti ricordi, paure, delusioni!

    Hanno parcheggiato nei pressi del Santuario ma, nel momento di mettere i piedi a terra, ha riavvertito quel senso di paura che l’ha accompagnato per tutta la vita. Ha atteso un attimo, tirato un lungo respiro poi si è sollevato. Intorno a loro la gente cammina senza degnarli di uno sguardo, un Pastore si muove leggendo un breviario, e più in avanti un gruppo di Pellegrini ascolta in silenzio le parole della Guida. Non sono italiani per questo fa cenno al nipote di mischiarsi a loro. La prudenza non è mai troppa.

    La Guida illustra il panorama e lui si guarda intorno fingendo interesse. In realtà sta cercando di individuare qualche piccolo particolare che possa condurlo a quello che fu il loro Quartier Generale .

    Il caldo è afoso. Di certo l’umidità sarà superiore al 90 per cento, avverte il sudore colargli lungo la schiena e la camicia gli si sta appiccicando alla pelle. Il sole e la calura gli impediscono una buona visuale ma lui non si abbatte, sicuramente quando gli capiterà saprà riconoscerla.

    Ora i pellegrini camminano in ordine sparso. Qualcuno come al solito cerca di allontanarsi ma il fischio della Guida è pronto a richiamarli. Non sono per niente disciplinati, pensa, mentre gli viene la tentazione di metterli in riga per quattro. Il gruppo prende a camminare lungo una strada in salita e il chiacchiericcio lascia il posto all’ ansimare. Anche il vecchio Franz Krüger comincia ad arrancare ma guai a farsene accorgere da Alrich; sarebbe capace di fargli una scenata davanti a tutti

    Dopo un po’ la ragazza si ferma all’ ombra di un grosso pino ed accende il microfono a batteria. Da lassù si può vedere il porto con il mare piatto come una tavola e solo il luccichio delle onde fa capire la sua mobilità .

    Mentre la guida illustra le bellezze del luogo, Franz si guarda intorno. Riconosce il profilo delle colline, i contorni di un’ isola di cui non ricorda il nome e mentre i suoi occhi ruotano come una telecamera si immobilizza. La vena che conduce il sangue attraverso la tempia inizia a pulsare ed il ritmo cardiaco aumenta furiosamente, ha riconosciuto la vecchia costruzione e deve fermarsi perché la testa ha preso a girare vorticosamente. Più che sorreggerlo Alrich lo strattona in silenzio e lui gli fa cenno col capo per indicargli la casa.

    Il gruppo riprende il cammino verso la direzione opposta. Per raggiungerla non avranno più la copertura dei pellegrini ma continua a ripetersi che nessuno potrà riconoscerlo. Fingendo di riposare rimangono in fondo al gruppo e pian piano si distaccano. Sono soli e lentamente si incamminano verso la casa. Che emozione! C’ è ancora l’ albero sotto al quale di tanto in tanto trascorreva i pochi minuti di riposo. Allora bastava un po’ di pioggia per far diventare la strada un pantano ma ora é asfaltata. Il tronco dell’ albero ha ceduto nella direzione dei vènti e i rami sono caduchi. Hanno raggiunto la villa e inconsciamente volta la testa verso il piccolo spiazzo dove teneva il sidecar. In lui si agitano sensazioni contrastanti, di felicità e paura, gioia e tristezza. Amore e odio. Diciassette anni aveva, e la testa piena di ideali inculcatigli da colui che ora è pericoloso anche rammentare. Sono giunti nella città di Galeazzo Ciano, genero di Mussolini. Sorride ricordando che fu proprio Mussolini a farlo fucilare. Ha letto che da queste parti c’ è ancora quello che doveva diventare il Monumento a Ciano. Gli piacerebbe andarlo a visitare ma forse non è il caso. I traditori non gli sono mai piaciuti.

    3

    Dalla porta d’ingresso della Chiesa intravedo l’interno e tanta ombra. Forse é stata proprio questa a convincermi, chissà; fatto sta che mi ritrovo dentro senza neanche essermene reso conto, deciso ad unire l’utile al dilettevole.

    La prima cosa che apprezzo é la frescura. Aria leggera, simile alla brezza marina di prima mattina, poi rumori soffusi che provocano un eco altrettanto soffuso e la camicia che inizia a distaccarsi dalla pelle. Inizio a guardarmi intorno. Una vecchia signora é seduta in preghiera al centro della navata. Ha i capelli candidi, e la luce tremula delle candele che vi si riflette, provoca un curioso fenomeno simile ad un aureola.

    Per un attimo i nostri occhi s’incrociano ed avverto un senso di disagio. Forse dipende dall’atmosfera mistica che si respira, ma devo ammettere che quella donna m’incute suggestione. Abbasso lo sguardo poi lo ruoto intorno.

    Davanti ad una delle cappelle laterali un’ altra donna col fazzoletto in testa è intenta ad accendere una candela, mentre nella penombra poco più in là, un uomo sembra in contemplazione. Si sta proprio bene qui, getto un’ altra occhiata in giro, e decido di sedermi. Una rondine, entrata chissà come, sta svolazzando impazzita in cerca di una via d’uscita. La seguo finché non sparisce dietro ad un tendaggio. Mi appoggio allo schienale della panca e mi concentro sulle, poche, cognizioni storiche che ho della Chiesa. Viene chiamata dei Domenicani, perché nel ‘700 le fu affiancato un convento di frati. Subito mi viene da sorridere perché quando Pietro Leopoldo soppresse l’ordine dei Frati domenicani, il convento fu trasformato in carcere, davanti al quale venivano messi alla berlina i malfattori. Con un bel cartello al collo e l’indicazione del delitto. Ricordo di aver visto la foto di uno dei cartelli che veniva appeso al collo dei politici corrotti: Perché nell’esercizio del suo mandato, rubava i soldi destinati al servizio sanitario ed aggiungeva: Osservate bene le sue mani. Devo essermi messo a ridere perché la signora che aveva acceso la candela, si é voltata di scatto col dito indice appoggiato al naso. Chissà quanti cartelli occorrerebbero ai tempi nostri. Intorno ci sono alcuni avvisi che illustrano le opere d’arte. Decido di leggerne qualcuno così mi alzo. Credo di averlo già detto che mi piace ficcare il naso da per tutto. La cupola é stata affrescata nella metà del XIX secolo da Cesare Maffei e rappresenta sulle otto vele i quattro evangelisti, San Domenico che riceve il rosario da Maria Vergine e le storie di Maria. Sollevo lo sguardo e cerco di individuare i dati descritti. Intanto l’uomo seduto in contemplazione si è alzato quasi all’improvviso ed ha fatto cadere la sedia che ha provocato un casino del diavolo. Beh il diavolo nella casa del Signore forse è un po’ azzardato e allora diciamo semplicemente che ha fatto un gran casino e che il rumore é rimbalzato da un lato all’altro della chiesa.

    Un prete attraversa la navata, senza soffermarsi a fare il consueto inchino, finché sparisce dietro una porta. Strano.

    C’è un’atmosfera che non so decifrare, forse a causa di quelle impalcature ancora presenti qua e là, o forse perché non so apprezzare il misticismo. Mi volto, avverto una sorta di presenza dietro di me, come se qualcuno mi stesse osservando ma c’è solo la rondine che riapparsa, ha ripreso a volteggiare impazzita.

    Dietro l’ altare maggiore, appena sarà restaurata, verrà collocata la splendida tela del Vasari che rappresenta l’ incoronazione della Vergine.

    La camicia mi si è completamente staccata dal corpo, segno che il sudore ha cominciato a regredire. Tiro un sospiro di sollievo e continuo a bighellonare senza un percorso preciso.

    In fondo, dietro l’altare centrale, c’è ancora un telone che copre parte dell’ impalcatura e sulla sedia alcuni opuscoli. L’ uomo che ha fatto tutto quel casino sta discutendo con qualcuno che mi volta le spalle.

    «Stai solo perdendo tempo...»

    Ebbene sì, lo confesso. Fra i miei, tanti, difetti c’è anche quello di ascoltare i discorsi degli altri. Mi piace, perché si può sempre incappare in qualcosa d’interessante, come bisticciate represse perché dette a fior di labbra, chiacchiericci, gossip, problemi finanziari. Una volta scoprii che la moglie di un mio cliente faceva il mestiere più antico del mondo, un’altra volta la soffiata sull’ordine d’ arrivo di una corsa di cavalli. Mi viene da sorridere perché ci puntai sopra cinquanta Euro senza vincere niente. Va beh. Mi fermo e ascolto fingendo di leggere un opuscolo.

    «Parla piano»

    «Va bene ma ora i tempi cominciano a farsi stretti.»

    Il brusio cessa e mi rendo conto che i due uomini hanno smesso di battibeccare. Senza guardarli, per non fare la figura dell’impiccione, mi sposto dietro l’altare principale. Gli operai non lavorano più ed i due devono essersene andati. Anche la donna che era seduta al centro della chiesa probabilmente è uscita.

    Ancora quella sensazione. Mi volto ma non c’ è nessuno che mi sta osservando eppoi sono rimasto solo.

    La cosa che più mi piace di quest’ ambiente è la frescura. Mi viene da pensare che sarebbe il luogo adatto per gli anziani. Altro che andare al supermercato.

    La Cappella della Madonna del Rosario. Mi fermo ad osservare. All’interno ci sono due affreschi, una nicchia con un presepe scolpito in legno e un altare. Non é un capolavoro ma é l’atmosfera che emana ad attirare la mia attenzione. Mi avvicino e come mi capita sempre più spesso entro nel quadro.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1