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catarsi apotropaica
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E-book75 pagine57 minuti

catarsi apotropaica

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Info su questo ebook

Racconto lungo a due voci in prosimetro (alternanza di proda e versi): un bilancio autobiografico intermedio con tante digressioni letterarie ed etiche.
LinguaItaliano
Data di uscita10 set 2014
ISBN9786050321180
catarsi apotropaica

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    Anteprima del libro

    catarsi apotropaica - Daniele Rossi

    Farm

    ​IL RITROVAMENTO

    'Basta, ho bisogno di staccare, di liberare la mente da tutti questi freddi ed ossessivi nomi di sindromi e relativi farmaci' bisbigliò fra sé mentre chiudeva dolcemente, attenta a non disturbare i parenti già coricati, il tomo universitario che stava scandendo tutte quelle torride giornate estive.

    Infilate in un baleno le scarpe più leggere che possedeva, Aléna inforcò l’inseparabile bicicletta, la quale, come dotata d’un pilota automatico preimpostato, prese la direzione del moletto.

    Tutti, fin da piccoli, cerchiamo, istintivamente, di ricreare la rassicurante condizione fetale in un ambiente chiuso e confortevole; per molti adolescenti la scelta cade sulla propria stanza da letto, sentita come un mondo a parte di loro esclusivo dominio e, nondimeno, un rifugio sicuro dalle insidie delle delusioni esterne; ma neppure gli adulti riescono a fare a meno di quel locusamoenus che consenta loro di riflettere in santa pace e, allo stesso tempo, di ricaricare le batterie fisiche e mentali: c’è chi s’assopisce sulla prora di un’imbarcazione all'ancora, chi accarezza i genuini doni d’un colorato orticello, chi ancora ricalca i sentieri segnati da anni di transumanza ovina, e così via...

    Anche lei, la giovane laureanda, pur essendo di carattere socievole ed estroverso, si era cercata, già da qualche anno, il suo cantuccio privato, cui aveva assegnato affettuosamente il suddetto diminutivo-vezzeggiativo.

    Posto assiduamente frequentato durante le ore più calde di luce, dal tramonto in poi diventava un tranquillo angolino appartato, da cui, col tempo sereno, era possibile ammirare i riflessi della volta stellata sulle stanche acque del letto fluviale del Tagliamento, pronto, di lì a pochi metri, a sfociare, adagiandosi entro il caldo mantello dell’Adriatico.

    Mentre le sue atletiche gambe pigiavano ritmicamente i pedali, con la leggerezza delle dita di Chopin sul piano, una flebile brezza marina, sibilando fra le fronde dei verdeggianti pini, faceva da orchestra a quella leggiadra marcia.

    Giunta a ridosso degli invasi, solidi giacigli per sonnacchiosi natanti tirati a riva, posò il suo destriero, facendone scattare il cavalletto di sostegno, quasi ad interrompere il monotono tintinnio delle sartie.

    Sedutasi sul bordo irregolare del porticciolo, distese le membra in un gesto armonioso e tutte le giunture di quel fiorente corpo diedero il loro corale contributo alla melodia naturale circostante; poi lasciò che le palpebre seguissero la loro spontanea flessione, permettendo, in tal modo, alle pupille d’imprigionare i riflessi dei palpitanti astri.

    Quel braccio d’acqua, spesso conteso tra coraggiosi nuotatori, vecchi pescatori e timonieri di imbarcazioni a vela o a motore, costituiva anche un agevole collegamento fra due regioni dell’Italia nord-orientale: qualcuno lo definiva confine geografico, utilizzando un’espressione che la coscienza umana avverte istintivamente come linea di divisione fra realtà diverse; forse, invece, sarebbe stato più opportuno parlare di frontiera naturale, che lo scultore del mondo, di chiunque si tratti, ha realizzato al solo fine di unire due parti di un unicum:

    - Proprio come te -, sussurrò Aléna sfiorando con deboli colpi di bacino l’azzurra cintura, che interrompeva solo cromaticamente il suo tubino verde pastello.

    Per dare sollievo anche alle vertebre, annodate dalla prolungata postura diurna, inarcò la spina dorsale, disegnando una rosea parabola sospesa sull’aereo foglio e, tendendo contemporaneamente le falangi delle sue dita affusolate, intercettò con il palmo mancino qualcosa di solido, rigido e morbidamente appuntito.

    Dapprima, credendo di avere involontariamente afferrato uno di quei sacchetti di plastica, che il consumismo capitalista produce e poi irresponsabilmente abbandona, ritirò l’inumidita mano disprezzante; un attimo dopo, tuttavia, risentì nella mente l’ostacolo che aveva incontrato il suo indice e, vinta la cutanea ritrosia, riprese ad ispezionare l’involucro, dopo averlo portato sotto la luce d’uno dei lampioni: si trattava di una di quelle buste trasparenti, sigillate sotto vuoto, destinate precipuamente a contenere indumenti, per salvaguardarne l’integrità dall’azione dell’umidità.

    Seppur fradicio e circondato da friabili detriti legnosi, tale sacco non presentava, secondo l’analitica conclusione di quell’occhio clinico femminile, la benché minima abrasione.

    Aléna diede una tanto rapida quanto meccanica occhiata all’esile polso ed il piccolo quadrante, che lo avvolgeva, la informò ticchettando che erano le 23.15: si trovava lì da solo un quarto d’ora, dopo un’intensa giornata di lavoro ed in una qualsiasi altra serata se ne sarebbe tornata a casa malvolentieri; ma in quel momento, con un tal peso capitatole casualmente fra le mani, sentì la stessa energia che matura dopo un lungo riposo e, contemporaneamente, un’irrefrenabile curiosità a svelarne il contenuto.

    Le mani si sarebbero attivate immediatamente in quel senso, ma il cervello le inviò prontamente la raccomandazione che era solita sentire a lezione: - Un buon medico, anche nelle emergenze, dovrebbe operare con paziente lucidità, perché spesso le soluzioni più efficaci non arrivano per prime nella mente scossa da eventi traumatici ! -.

    'Beh, a maggior ragione in un caso come questo, in cui non

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