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Le nove spine
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E-book63 pagine50 minuti

Le nove spine

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Info su questo ebook

Un'antologia al femminile nella quale tutte le protagoniste sono colte in una dimensione di tendenziale incomprensione rispetto alla collettività, o ai loro affetti più vicini. Storie tese a mettere in dubbio la veridicità, l'indissolubilità dei paradigmi degli “altri”: ma “gli altri”, in questi racconti, sono sempre la maggioranza, sono il cosiddetto senso comune: le persone perbene. Le protagoniste dei racconti, incomprese nelle loro essenze ma forti nelle loro identità, agiscono e pensano nel difficile sforzo di voler essere coerenti a sé stesse; e sono loro a pungere le nostre convinzioni.

Alessandro Conforti, parmense, si è laureato in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Parma ed è funzionario amministrativo; ha vinto il premio nazionale Giovanna Melegari 2015 per la miglior tesi di laurea in discipline costituzionali. Si è inoltre aggiudicato i premi letterari "Francesco Scaramuzza" e "Scrivere arcobaleni". Ha pubblicato racconti in antologie con Damster e Historica Edizioni.
LinguaItaliano
Data di uscita6 feb 2024
ISBN9791223004333
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    Le nove spine - Alessandro Conforti

    Collana

    Le fenici

    Alessandro Conforti

    LE NOVE SPINE

    Racconti al femminile

    MONTAG

    Edizioni Montag

    Prima edizione maggio 2023

    Le nove spine, racconti al femminile

    © 2023 di Montag

    Collana Le Fenici

    ISBN: 9788868927004

    Copertina: L. Guzman, Unsplash.com

    Quest’opera è esclusivamente frutto della fantasia dell’autore. Ogni riferimento a persone esistite, esistenti o a fatti accaduti è

    puramente casuale.

    LE NOVE SPINE

    Prologo

    Era un maggio freddo e piovoso, imperversavano dall’Est feroci venti di guerra. Un ragazzo altissimo e pallido, gli occhi vitrei e un contorno di bocca segnato, si accoccolò esausto a fianco di un ingarbugliato arbusto di rovi: troppe angosce e preoccupazioni lo avevano invecchiato anzitempo.

    Poco prima di chiudere gli occhi per riposare, s’accorse che una rosa, gialla e timida, affacciava verso di lui una giovane corolla; ammirato, incrociò le gambe e si mise a osservare il fiore. Bastò questo, per un po’, a sollevarlo dai suoi pensieri mesti; ma giunse infine la noia, a fargli rendere conto che non si trattava che di una piccola rosa: bella senz’altro, ma destinata a sfiorire.

    Stava per richiudere gli occhi, sconfitto; prima, però, gettò un’occhiata al resto del fiore, che non si esauriva nella corolla. Uno stelo snello e breve affondava le sue radici dentro al verde; e piccole spine triangolari, aguzze e scure, sporgevano all’aria.

    Una, due, tre… ne contò nove. Gli bastò sfiorarne una, una sola: la goccia di sangue caldo sgorgò dal dito, scese lungo la mano; si fermò per un attimo in un avvallamento sul polso e infine colò a terra.

    Il dolore breve e intenso della puntura ebbe un effetto: quel ragazzo non ebbe più sonno, e si rimise in piedi per proseguire nel viaggio.

    Figli e mariti (riflessioni al parco)

    Guardò il suo piccolo Guglielmo avvicinarsi dondolando al laghetto del parco; e una malinconica dolcezza la pervase. Da chi aveva ereditato quell’incedere leggero, ancora per poco nascosto dalla goffaggine della tenera età? Non da lei, di certo: era sempre stata una spilungona impacciata. Si sarebbe detto neanche dal padre, a vederlo oggi: un uomo elegante, ma soprattutto sicuro e deciso nella falcata. Forse, però, non era il suo modo naturale; anni di civili esercitazioni nel mondo obbligato degli uomini duri, tutti d’un pezzo, ne avevano probabilmente modificato e sacrificato l’originaria levità, sintomo pericoloso d’una dolcezza di carattere che doveva essere occultata e sepolta; ma che resuscitava, poi, nell’intimo della vita privata, nel fuoco domestico delle carezze coniugali.

    Sospirò, alla luce rosata di un pomeriggio che incontrava la sera, dentro quel tiepido settembre. Chissà se anche il piccolo Guglielmo avrebbe dovuto imporre, più maturo, una cesura crudele a se stesso; chissà quali compromessi avrebbe dovuto sopportare, per piegare la sua vita in modo che il vento del mondo non la troncasse spietato.

    Quanto aveva dovuto tollerare, lei stessa, prima di approdare alla sua oasi di serenità! Non che, a guardarsi dentro, non avesse saputo fin da bambina di essere più incline alle domestiche abitudini e alle città di provincia, piuttosto che ai frenetici affari delle metropoli nell’occhio del ciclone. Ma, in un verso o nell’altro, per una donna è sempre impossibile scegliere. Non avevano potuto scegliere sua madre e le sue nonne, come chiuse a chiave nelle stanze muliebri e scolorate di vite destinate al silenzio; non aveva potuto scegliere lei, perché intanto lo Spirito del Mondo era cambiato. Per il suo carattere, per la sua condizione, era chiamata ad altro; ma né l’uno, né l’altra dipendevano dalla sua volontà, e la sua volontà venne travolta, soffocata la sua voce in un clangore d’altre voci fintamente paterne, di grida scomposte di una famiglia insieme sorda e strepitante nei confronti d’un giovane cuore: è difficile anche per una donna matura, ascoltarsi; impossibile, per una ragazza di diciannove anni. Sarebbe possibile, a dire il vero, se l’attitudine all’autoascolto venisse promossa, incentivata; e invece viene soppressa dai devi delle persone più care, dai te ne pentiresti di chi manipola per amore; così si fanno le scelte più sbagliate, così si abbraccia il fallimento. E solo se c’è tempo si potrà rappezzare lo sbrago.

    Così lei, tra le altre cose, aveva sposato l’uomo sbagliato. Non il papà sensibile e premuroso di Guglielmo, no. Il suo primo marito, quell’ometto tronfio e ambizioso

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