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Caldo Acciaio
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E-book354 pagine7 ore

Caldo Acciaio

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Info su questo ebook

Due giovani adolescenti appartenenti a due mondi diversi, lei ottima e precisa studentessa, lui un musicista dai capelli ingovernabili, l'incontro e la loro trasformazione. Sullo sfondo la città dell’acciaio di Terni, la scuola e la banalità del quotidiano si intrecciano ai problemi degli adolescenti di oggi, alla scuola, alla musica, alle sfide di un mondo a volte troppo veloce.
LinguaItaliano
Data di uscita27 feb 2015
ISBN9786050360769
Caldo Acciaio

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    Anteprima del libro

    Caldo Acciaio - Giovanni Crispino

    sempre.

    Prologo

    Faceva proprio caldo. L’aria era bassa e la frescura del tardo pomeriggio sembrava non arrivare mai. Pedalavo alla cieca inforcando la mia inseparabile mountain bike cercando di farmi piacere questa nuova città. Non c’era il mare, l’arsura del sole non lasciava scampo ma almeno potevo camminare in bicicletta senza essere investito. Non so dire di preciso se sia accaduto allora o sia accaduto poco a poco ma sono convinto che nella vita le cose accadano più in fretta di quello che tutti noi vorremmo. Il cavalcavia deviava leggermente a sinistra e non sapevo se dovevo continuare lungo la pista ciclabile o passare al fresco della breve galleria. Mi alzai sui pedali e giù per la breve discesa, il vento sembrava regalare una piccola illusione di freschezza, a tutta velocità mi lanciai lungo la pista. Papà aveva avuto un nuovo posto di lavoro e ci dovemmo trasferire a Terni. Casa troppo piccola per i miei gusti, non c’era niente di meglio che una bella avventura prima di disfare le enormi scatole preparate da mamma. Fu questione di un attimo, uno di quelli che crea un bivio nel percorso della vita. Un riflesso negli occhi fra le foglie spostate da un forte colpo di vento e proprio là su quella pista una brutta buca a un passo dalla mia gomma. Con un rocambolesco quanto elegante movimento la scansai evitando il peggio. A terra un foulard. Lo raccolsi.

    «Bello spavento! Vero?».

    Su una graziella nera c’era una ragazza con due occhi nocciola che illuminati dal sole mi ha fatto ricordare Lady Marian nel cartone della Disney.

    «Sei nuovo di queste parti? Non lo sai che qui tutto va preso più con calma?».

    E questa chi è? Sembra venuta fuori da un film. Un vestito panna occhiali anni ’60 e una parlata senza accento alla quale non ero abituato «È tuo questo?».

    «Sì, ma tu stai più attento a dove vai! Altrimenti la prossima volta andrai a fare compagnia al mio foulard!» aggiunse con un mezzo sorriso mentre girava la bicicletta.

    «Non lo rivuoi?»

    «Un regalo di benvenuto al nostro straniero»

    «Ehi non te ne andare, come ti chiami?»

    «Non parlo con gli sconosciuti» disse ridendo fra una pedalata e l’altra.

    Sì, mi lasciò proprio così con il mio sguardo da ebete e un foulard in mano. In fin dei conti questa città nonostante il caldo poteva comunque essere interessante.

    Tutto iniziò quell’estate del ’97 credo.

    Mattia

    «Ciao ma’, sono a casa».

    La casa era sottosopra, Maya in mezzo alle scatole mi guardava in cagnesco «Mamma, Mattia è rientrato, ci degna anche della sua presenza».

    Il suo sorriso non annuncia nulla di buono, di disfare valige e scatole non ho certo voglia, ci sono già Maya e Sabrina, mamma e un cane. Casa quattro metri quadrati per cinque più Bruce, io sono di troppo.

    «Senti Mattia, qui bisogna darsi da fare, papà torna per le sei e mezza stasera e io non so nemmeno dove prendere una padella, quindi non mettere il broncio e trovami pentole e posate o stasera non si mangia. Sabrina prendi le scatole con la scritta APRIMI e tu Maya smettila di stuzzicarlo o qui stasera vi metto tutti e tre a stirare, sempre se trovo il ferro da stiro».

    «Ok mamma, ok. Ero solo curioso di guardarmi un po’ in giro, Sabry vuoi una mano?»

    «Sì, prendi dal furgone tutte le scatole e portale nel box di sotto, poi prendi queste che sono mezze vuote e portale sotto. Metti l’acqua a Bruce e trova il carica batterie del cellulare di mamma prima che le viene una crisi di nervi».

    Meglio che mi stampo un bel sorriso e vado avanti perché se me ne vengo fuori con una delle mie uscite mi mettono agli arresti domiciliari per una settimana. Fra dieci giorni ho scuola e non mi va di essere recluso. Scesi di sotto e aprii il furgone. La mole delle scatole era enorme. Certo che le donne si sono date un bel da fare. Maya e Sabrina avevano quattordici anni, in piena tempesta ormonale, erano gemelle, ma Maya è nata prima di una decina di giorni. Più ci penso e più mi fa strano, gemelle ma sono il giorno e la notte. La prima bionda e disordinata estrosa e diretta, la seconda nera come la notte ordinata e silenziosa. La mamma era una tipa proprio forte, sembrava una di noi, giovane e bellissima, attenta a ognuno, non ci ha mai fatto mancare nulla e, se qualcosa non andava, era la prima a capirlo. Papà un imbranato sbadato cronico, negli ultimi anni aveva messo un po’ di pancetta ma era uno tutto d’un pezzo, forse parlava un po’ troppo ma aveva un’energia e una intelligenza seconda a nessuno; se avevi un problema, piccolo o grande che sia, lui era l’uomo giusto per te. Dritto e affilato come un coltello ha messo su una bella squadra. In panchina Bruce, un cane talmente pigro che mi stupisce anche il fatto di trovarlo sveglio di giorno, di notte invece tutt’altro sembrava Cerbero[1]. Gli ultimi vicini non erano infatti contenti di noi, ma su Bruce potevi sempre contare, fino all’ultima salsiccia era veramente implacabile. Fra una scatola ed una valigia, una valigia ed una scatola si fecero le sette e la fame cresceva.

    Arrivò mio padre e disse:«Ciao Mattia, come va? Hai bisogno di aiuto?»

    «Ciao pa’! Tutto ok al lavoro? Com’è? Qui tutto ok, a parte il megafono di mia sorella».

    Una grassa risata si levò da papà in quel momento. «Mattia mi fai morire, attento prima che Maya uno di questi giorni te la taglia la tua linguetta biforcuta. Al lavoro tutto bene, il treno è divertente ma il caldo non ci è mancato, Trenitalia ringrazia per aver viaggiato sui suoi carri bestiame» «Mamma di che umore è?»

    «Risposta ufficiale o ufficiosa?» chiesi con un sorriso ironico.

    Papà capendo già ciò che avrei detto disse:«Ufficiale figliolo, ricorda che con le donne ci vuole chiarezza e gentile autorità, mamma me lo ricorda sempre ma in quasi diciotto anni di matrimonio mica l’ho capito bene sai?»

    «Mamma stanca ma ancora non ha capito se gli piace questo posto, le manca il mare e lo spazio».

    Papà si rabbuiò un poco e rispose:«Per quello sto cercando di rimediare, per il mare mi sto attrezzando, un bel poster e un po’ di sabbia in casa faranno il resto».

    Mi lasciò così sotto il peso della televisione mentre si chinava per terra a raccogliere alcune margherite dall’aiuola sotto casa. Papà era un inguaribile romantico. Mi chiedo sempre come fanno a venirgli certe idee, non manca mai di provare a fare breccia nel caratterino di mamma, donna tosta quella, sempre in tempesta.

    Quella sera Maya preparò panini e verdure cotte, non mancò un bel gelato fresco. Ci voleva proprio. Mangiammo sopra le scatole e dal terrazzino di casa entrava finalmente un lieve venticello fresco. Papà recitò la preghiera per il cibo e non mancò di fare il farfallone con mamma. Quei due sono un continuo beccarsi come due uccellini e poi di tanto in tanto li trovi a tubare come due piccioni, valli a capire i genitori.

    «Allora Mattia come sono i dintorni?» chiese papà mentre si faceva gocciolare mezzo gelato sulla maglietta verde.

    «C’è una pista ciclabile sai? E vicino ci sono delle montagne, forse si può fare un bel giro con Bruce e tutti gli altri, poi vicino abbiamo le Marmore[2], non ho mai visto una cascata mi piacerebbe farlo presto!»

    «Per quelle dobbiamo aspettare la residenza, altrimenti in cinque ci costa uno stipendio, per le montagne amore? Attività del sabato mattina?».

    Mamma molto pragmaticamente sentenziò:«Ma quale amore o broru ciceri[3], sabato mattina tutti centro commerciale, ci serve dall’acqua al sale e mi devi attaccare le tende!»

    «Ok, venerdì pomeriggio acquisti e sabato mattina prima abbiamo la sistemazione casa e poi una bella passeggiata» concluse papà.

    Alla fine mamma detta legge, ma papà la ammorbidisce; una bella scampagnata ci sta, altrimenti poi inizia la scuola e la depressione è assicurata.

    «Papà hai fatto l’iscrizione a scuola?» disse Sabrina. «Si tutto fatto, fax, copia dei documenti e bollettini di iscrizione, Mattia, domani andrà in segreteria e li porterà, ricordati di prendere la ricevuta. Poi ritira i programmi che domani sera li vediamo con mamma e si fa un bel consiglio di famiglia: vediamo dove andare a parare»

    Nooooo, consiglio di famiglia significava un’ora sicura a parlare di altre migliaia di cose da fare per me. Mamma accennò un sorriso mi ha beccato, riusciva sempre a leggere nei miei pensieri e Sabrina idem Streghe maledette, papà mi ricorda sempre di non guardarle negli occhi mentre pensiamo, lui sì che è furbo. Maya, invece è di tutt’altra pasta, avrei voluto essere come lei, peli sulla lingua zero e dritta all’obiettivo. Collegamento cervello lingua senza freno con conseguenze annesse e connesse.

    Alla fine papà concluse dicendo:«Amore grazie per tutto ciò che stai facendo, ma limitati all’essenziale. Entro un paio di settimane vorrei essere già nella casa nuova, quindi niente tende», mamma lo guardò sbigottita e rispose:«Vero? Niente tende per questa? Ce l’hai fatta con il notaio? Che felicità sei il mio eroe!».

    Sabrina:«Dirlo prima no? Due giorni che mi spacco la schiena!».

    «Bimba stai calma» la fulminò papà «Non mi piace la tensione fra noi. Mi scuso se ti ho fatto lavorare a vuoto ma quando vedrai la tua stanza sono certo che mi salterai al collo e mi riempirai dei tuoi baci».

    Papà sa essere duro e gentile allo stesso tempo e sui rapporti familiari, guai a chi non si sostiene l’un l’altro. «Vero papà? E quando la vediamo? Solo tu e la mamma l’avete vista e siamo curiosi» replicai alla novità.

    Papà sorrise:«Domani andiamo; anzi Mattia, domani carica il furgone delle cose non urgenti e trasportiamo tutto di là. Ore 19 puntuale mi raccomando!».

    Eccoci qua, facchinaggio gratis arrivo. Scesi con Bruce sotto casa per i suoi bisogni, mamma e papà sotto braccio a poca distanza, Sabrina e Maya subito dietro che confabulavano come loro solito. Bruce diede il meglio di sé e fece una cacca enorme e puzzolente, poi con fare soddisfatto iniziò a zampettare vicino all’albero. Mentre cercavo in tasca guanti e busta per sollevare il prezioso tesoro toccai quella soffice superficie di seta. Mi ritornò in mente il pomeriggio, il profumo di pesca mi venne al naso mentre guardavo il foulard. Lo feci sparire subito prima che qualcuno si facesse gli affari miei. Quella sera quando andai a dormire sentii nuovamente quel profumo. Lo avevo custodito nella mia scatola di legno con la macchinina intagliata con tutti i miei tesori e mi addormentai stanco, con le braccia gonfie per gli sforzi fatti.

    Anna

    Una doccia fresca di prima mattina è un buon modo di iniziare la giornata. Frittelle, succo d’uva scuro a temperatura blocco intestinale erano il massimo in una giornata di fine estate. Ancora in accappatoio rosso ero seduta al tavolo in veranda. Raoul faceva fusa come un trattore in attesa della sua ciotola di crocchette. Guardavo la settimana enigmistica mentre mi cambiavo di abiti e cercavo di scoprire come potesse qualcuno scrivere certi rebus, non avevo mai nemmeno capito come funzionassero. Finii tutto e aspettai mamma che si alzasse dal letto prima di andare a fare una bella corsa prima del caldo asfissiante. Ero già in tenuta ginnica, le mie adidas bianche ben allacciate mi rendevano veramente fiera. Erano già le otto e mezza e di mamma solo traccia di sbadigli lontani. Francesca sarà qui tra poco e io non posso uscire se non vedo mamma, deve fare ancora l’iscrizione a scuola e non mi va di andare fin laggiù oggi, ho ben altri progetti per la fine di quest’estate che perdere tempo dietro a queste scartoffie. Raoul scattò verso il corridoio mamma è sveglia. I sensi da gatto sono una delle cose che desidererei avere, pochi minuti dopo si affacciò mamma con il fido felino in braccio. sembra di buon umore vediamo quanto sono brava. «Buongiorno mamma, dormito bene?»

    «Sì cara, papà povero si è alzato presto per un colloquio da fare a Roma ed è stato bravissimo; non ho sentito nulla, conoscendolo temevo il peggio»

    «Già con questo caldo giacca e cravatta e treno non sono ottimi compagni di giochi». Mi butto «Senti mamma ho fatto le frittelle stamattina e là c’è marmellata della mamma di Francesca, prelibata!»

    «Tanto cara quella signora, cogli qualche fiore da portarle per ringraziare, più tardi le scrivo un biglietto»

    «Mamma oggi vai a fare iscrizione?»

    «Si papà ha preparato tutto; in mattinata ho dentista e poi passo o viceversa, mi sa che le tue frittelle dovranno aspettare, altrimenti il dentista mi fulmina»

    «Scusa mamma ma a lui che importa cosa mangi, dovrai pur mangiare qualcosa?!?»

    «Cara sono abbastanza grande e poi sai che mi vergogno di farmi trovare in disordine; è da ieri sera che mi lavo i denti di continuo, tu piuttosto corsetta questa mattina?»

    «Si a momenti arriva Francy»

    «Va bene, ma mi raccomando a casa per l’una e mezza che si mangia, alle quattro arriva tua sorella in aeroporto e dobbiamo essere in macchina per le due e mezza massimo, la andiamo a prendere a Roma Termini»

    «Forte mamma, non vedo l’ora, una vita che non vedo Martina».

    In quel momento il trillo del campanello fece sobbalzare Raoul. povero non lo ha mai sopportato quel rumore «Mamma scendo sarà Francy»

    «A dopo amore, prendi le chiavi!»

    Mi buttai giù per le scale a due a due e fuori il portone c’era Francesca che esordì: «Forza Anna! Ho poco tempo che ho da fare; per le undici voglio passare dalla cartolibreria per i libri»

    «Arrivo arrivo! Da quando tutta questa fretta se poi rimani sempre indietro?».

    Francesca aveva 14 anni era più piccola di me ci siamo incontrate l’anno scorso mentre ero in biblioteca, lei lavorava al banco come attività extra scolastica e mi faceva sempre un sacco di favori quando ero in ritardo con le consegne. Poi un giorno, da cosa nasce cosa, abbiamo iniziato a frequentarci. Prima mi vedevo sempre con Silvia, ma lei ha fatto gli esami l’anno scorso e quest’anno va a studiare a Londra e si è trasferita il mese scorso. Forse mi sono lanciata a pesce su di lei ma è stata l’unica a capire la mia tristezza e le devo un grande favore. L’unica che mi ha capito veramente, Silvia alla fine mi ha impartito una dura lezione, pensavo fosse mia amica e invece non si è rivelata tale. Poi la mamma di Francesca lavorava come segretaria in centro, troppo simpatica anche lei.

    Iniziammo a correre lungo la pista ciclabile, passo leggero e ben ritmato, questo mi diceva papà. Lungo lento per 40 minuti per la circolazione, poi passo sostenuto per altri venti come allenamento, dieci al termine per tirare fiato e poi allungamenti. Correre mi faceva sentire bene, mi sentivo agile come una gazzella e poi era divertente vedere le persone che correvano. Si può capire molto di una persona mentre corre dice sempre papà.

    «Anna, che effetto ti fa entrare nel quinto anno di liceo?»

    «Come stare nel quarto, solo che gli esami si avvicinano e tutto andrà peggio. Risparmia il fiato per correre o poi mi tocca trasportarti con la barella fino a casa».

    «Sai Anna, ho tanta paura che tu andrai via e mi lascerai tutta sola»

    Povera Francesca, ha avuto una vita difficile, una famiglia a pezzi, amici che vanno e vengono e si è attaccata molto a me, o forse è il contrario, non so «Ma che dici Francy, sei la mia sorellina e io non ti lascio tranquilla, piuttosto tu vedi di non piantarmi in asso» Non voglio che ci accada nulla, non di certo alla nostra amicizia.

    «Basta è tardissimo devo passare in cartolibreria o mamma mi piega in quattro. Come stai messa con i libri An?»

    «Presi tutti, mi manca in verità quello di mate, ma userò quello di mia sorella, tanto la matematica purtroppo non cambia mai!» Ecco a cosa non volevo pensare alla matematica «Francy mannaggia a te, mi hai fatto ricordare la matematica, nooooooo».

    In quel momento fra il fiato corto e il caldo Francesca si mette a canticchiare un rap assurdo «La matematica che ci sbatteva fuori esami a settembre estate fottuta lezioni su lezioni senza averla mai capita e noi e noi e noi cena muta a cancellare un'equazione mai riuscita sporchi di gesso alla lavagna con quella faccia di chi sembra che si impegna»

    «Ma che è sta roba? Il caldo ti ha dato al cervello?»

    «Certo che di musica sei proprio una schiappa! Hai presente gli 883[4]? Si chiama Non ci Spezziamo[5], roba della vecchia scuola quella, poi ti passo la cassetta!»

    «Grande novità Francy, mamma mi ha fatto un regalo di fine estate, uno stereo tutto nuovo con un bellissimo lettore Cd. Troppo forte ma sai i Cd costano un pacco di soldi quindi penso che mi duplico la tua cassetta molto volentieri. I Cd che io sappia non si possono mica copiare!»

    «Vero, sono una fregatura, ci manca solo che fanno i film sui cd e siamo fregati di brutto!»

    «Vedrai prima o poi ci arriveranno» Tornammo sotto casa mia madide di sudore Raoul era sopra il muretto di casa che mi aspettava, mi ricordai al volo dei fiori e del biglietto di mamma, poi salutai Francy e mi tuffai in una doccia fredda.

    Francesca

    Che tardi, devo andare in libreria prima che mamma rientra dal lavoro e devo preparare il pranzo. Musica ecco cosa mi ci vuole. Alla faccia della depressione giù di Non ci Spezziamo, andrà benissimo. Accesi lo stereo intanto che l’acqua della doccia si iniziava a scaldare. Mentre lanciavo vestiti sporchi nel cestone mi accorsi che avevo almeno cinque minuti per riprendermi.

    Certo che Anna è proprio carina, ha un fisico da spettacolo, il mio è ancora giovane, certo lei ha 16 anni mi consolai così. E la casa? Ne vogliamo parlare? La famiglia? La mia è uno schifo, non di casa certo, ma quel depravato di mio padre? Verme schifoso. Ecco mi è venuto in mente e mi viene il pessimo umore, perché mai ci ho pensato? Meglio che mi muovo.

    In un batter d’occhio mi ritrovai in strada. "Meno male che non è distante la libreria da qua. Ma cos’è questo profumino? Maledetta Fittuccia[6], sai si sapor di fragole oggi e pensare che sono andata a correre. Meglio che mi faccio passare queste strane idee, sono anche senza un soldo".

    Passai vicino all’ottico quando vicino a Vitaloni[7] un secondo attacco alla mia flebile volontà investì le mie narici. Zero tempo e zero soldi, via di corsa.

    Non feci in tempo ad evitarlo, travolsi all’angolo un cane Labrador credo o meticcio. Caddi rovinosamente a terra gambe all’aria.

    «Ti sei fatta male?» una ragazza con gli occhiali mi rivolse la domanda mentre ancora mi massaggiavo il dolente posteriore.

    «No tranquilla ero sovrappensiero, colpa dell’odore di pizza calda» Risi tirando fuori la lingua.

    «Nooo mi fai sentire in colpa, Bruce nemmeno guarda dove mette le zampe».

    Ancora a terra mi misi ad accarezzare questo cagnolone che mi faceva una gran simpatia, lui ricambiava con lunghe leccate alle mie scarpe.

    «Bruce smettila!» ordinò perentoria la ragazza «Scusalo è molto affettuoso».

    Mi tirai su e guardai l’orologio, le undici e mezzo Oh no, è tardissimo! «Ciao scusa devo scappare, bel cane comunque! E poi Bruce è uno dei miei cantanti preferiti!».

    Salutai di fretta mentre ripresi a correre, stavolta più guardinga. Raggiunsi la libreria, la solita fila di fine estate. Vacci a capire perché ci sono così tante persone ogni santa volta! Fortunata Anna che ha quelli della sorella.

    Le librerie sono posti noiosi, meglio stare all’aria aperta. Presi il numero e in capo a una quarantina di minuti sbrigai tutto. Ritornai a casa seguendo la stessa strada e mi ritrovai in casa a cucinare mentre mamma infilava la chiave nella toppa della porta. Povera mamma, avrà pochissimo tempo e il pomeriggio deve tornare al lavoro. Da quando quella specie di uomo l’aveva lasciata non si era fatto più vivo per fortuna; il problema è che non si fece vedere neppure un aiuto economico da parte sua. Mamma era una tosta per fortuna e si era trovata lavoro come segretaria in uno studio medico dentistico dopo aver dovuto dare via il pub che aveva aperto. Non mi ha mai fatto mancare nulla, nel fiore dei suoi quaranta mi piacerebbe incontrasse un altro uomo, ma lei non vuole fregature e mi ripete sempre che non ne vuole sapere più.

    «Ciao Checchina! Vado di frettissima rientro per le due oggi, come è andata la mattinata?»

    «Mamma ti prego ho quattordici anni! Checchina va bene a sei, magari a otto!»

    «Checchina non fare l’impertinente, so da dove sei uscita perché ti ci ho fatto passare io e se ti voglio chiamare Checchina lo faccio!» replicò con un sorriso al quale non si poteva dire di no. Aggiunse anche un piccolo buffetto sulla testa.

    Le perdonerei tutto, la amo troppo la mia mamma «Tutto ok, libri a posto tranne Mate che non ce l’ha ancora nessuno. Senti, la mamma di Anna ti ringrazia e ti ha mandato dei fiori e un biglietto»

    «Che cara che è quella signora, questi fiori sono meravigliosi»

    «Come il loro giardino!» continuai io.

    «Mi chiedo sempre come faranno mai certe persone a incastrare tutto. Lei lavora al suo locale, il marito sempre fuori eppure quel giardino è sempre curato, misteri della vita»

    «Mamma cinque minuti ed è pronto!»

    «Che hai cucinato?»

    «Tributo alla Sicilia mamma, oggi norma»

    «L’opera lirica?»

    «Certo, ma con le melanzane»

    «Sei meravigliosa Checchina, sei la mia scialuppa di salvataggio».

    Mangiammo di fretta perché mamma era sempre di fretta, lei finiva di mangiare mentre io ero ancora a metà piatto e lei era fuori prima che io finissi qualsiasi pranzo. Diverso era la sera dove come due vecchie amiche ci mettevamo a parlare delle nostre giornate. Ultimamente però la cosa non mi piaceva più, iniziava a farmi sempre più domande sulle mie questioni amorose. Vuoi vedere che stasera mi incastra di nuovo? Sono stufa, sarà pure mia madre ma mica si chiama Anna, nella vita ci sono i ruoli e quello di mia madre è quello della madre, Anna quello dell’amica. Inoltre quali questione amorose? I ragazzi che conosco sono scarpe vecchie, sono noiosi, infantili e incredibilmente stupidi. Il mio ragazzo ideale mi deve far battere il cuore e deve sapermi apprezzare. Se avessi qualcuno dei vestiti di Anna probabilmente sarebbero anche molti di più i pretendenti, mamma si ostina a trattarmi come una bambina; mamma a quattordici anni si è donne fatte da un pezzo, ma se lo dicessi a mia madre mi rimanderebbe all’asilo.

    Nel bel mezzo di questi pensieri il rumore della porta che si chiudeva decretava la fine della pausa di mamma. Presi un cestello di gelato dal freezer. Non c’è nulla di meglio del gelato per schiarire le idee, stracciatella pure meglio, con quei pezzettini di cioccolato è in grado di risolvere la qualsiasi. Facevo zapping con il televisore e presi il telefono in mano, pochi giorni all’inizio della scuola e volevo organizzare qualcosa con Anna. Anna non rispondeva quasi mai subito al telefono, non era grande amica del telefono, la maggior parte delle volte lei si limitava ad ascoltare le mie chilometriche chiacchiere, ma alla fine mi sentivo sollevata e adoravo parlare con lei.

    «Casa Proietti»

    «Anna sono Francesca»

    «Ciao, pranzato già? Io aspetto papà che arriva per le tre» io assentii:«Si noi siamo a orari stabiliti lo sai, come mai alle tre torna?»

    «Perché il treno arriva poco prima, quindi mamma ci tiene particolarmente a mangiare tutti insieme»

    Che invidia una famiglia unita «Bello, no?»

    «Si anche perché parlano spesso di partenza per il lavoro ma stanno rinviando di continuo perché non si fidano a lasciarmi sola a casa»

    «Forte, per quanto?»

    Anna abbassando il tono della voce disse:«boh mesi credo, loro mi vorrebbero con loro ma vanno in posti freddi ed io non ne ho la minima voglia credimi, comunque preferisco non parlarne»

    Strano Anna mi parla di tutto ma ogni volta che tocco questo argomento lei ci gira intorno, chissà magari un gelato sul corso le potrebbe far cambiare umore «Senti sono di fronte a un cestello di stracciatella, ma gustarmi un bel cono in giro per il corso a guardare i vestiti, non sarebbe meglio? Che mi dici?»

    «Dovevo andare a prendere mia sorella in aeroporto ma con tutti quei bagagli mando solo mamma e papà, altrimenti non ci si entra. Ci vediamo di fronte chiesa di S.Antonio alle cinque e dieci?»

    «D’accordo, ora mi vado a sistemare i capelli che sono un disastro, consigli?»

    «Non lo so ci facciamo un salto sui cataloghi del centro e vediamo cosa fare per i tuoi capelli prima dell’inizio della scuola, ok?»

    È proprio una grande «Sei un’amica, tu hai dei capelli fantastici ma come fai con i capelli lunghi d’estate lo sai solo

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