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Intenzioni (2006-2012)
Intenzioni (2006-2012)
Intenzioni (2006-2012)
E-book81 pagine49 minuti

Intenzioni (2006-2012)

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Info su questo ebook

Intenzioni (2012) raccoglie alcune composizioni in versi scritte tra il 2006 e il 2012, brevi poemetti narrativi o monologhi drammatici nella tradizione di Leopardi, Browning, Tennyson, Pascoli.
La raccolta include il poema esotico Erakles, di argomento mitico e forme indiane, già incluso nel romanzo Daimon.
LinguaItaliano
Data di uscita5 giu 2012
ISBN9788863698657
Intenzioni (2006-2012)

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    Intenzioni (2006-2012) - Luca Valerio Borghi

    LUCA VALERIO BORGHI

    INTENZIONI

    (2006-2012)

    L’immagine di copertina è una rielaborazione creata dal fotografo Massimo Beltrami (massimobelt@alice.it).

    Spezzando ogni cuore

    Giuseppe Mantovani

    Narcissus - Self Publishing made serious

    Edizione digitale: maggio 2012

    ISBN: 9788863698657


    Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl


    A Jack Leopardi & Roberto Browning

    Arida modo pumice expolitum

    ANGHIARI

    (2012)

    Adesso è solo un campo di tabacco.

    La geometria della Statale taglia

    Il campo, che è un trapezio verde tra le

    Prode dei colli. Tutto è disegnato,

    O pare, dal maestro matematico

    Che nacque qui vicino, a San Sepolcro.

    Fu qui? Ma adesso è niente. Mi connetto

    A Wikipedia. «Il 29 giugno

    Si combatté ad Anghiari tra Milano

    E la coalizione di Firenze,

    Venezia e il Papa...» È qui. Su queste mura,

    Dove passeggia una coppia di Ancona

    (Me l’hanno detto loro, mi hanno detto:

    Bello, eh? Sì, molto Sì, peccato il tempo

    Da noi si fa già il bagno Ancona. E lei?)

    Qui avresti visto, sopra ai tetti rossi,

    Fumare l’avanzata milanese

    E Attendolo condurre i Veneziani

    Sul ponte che suonò cupo di assalto

    Mentre, pieni di ferro e orrore e gioia,

    I fanti fiorentini con le mani

    Non troppo ingombre di alabarde e picche

    Toglievano il terreno ai milanesi

    Mietendo spighe bionde nella strage,

    Finché la notte, arbitra di pace,

    Finì le sorti, e sotto al cielo, cavo

    Come una mano che non tiene il vento

    Si vide che la zuffa era fasulla,

    Che non un morto, non un morto aveva

    Lasciato sulle zolle imperturbate

    La grandiosa battaglia di Anghiari,

    Quasi che due schiere di fantasmi

    Si fossero contese una visione,

    L’ombra di luce della sera in vetro,

    E fossero svanite come il soffio.

    Ma Piero, che era nato qui vicino,

    Pensò di disegnarla e cominciò

    Tracciando il campo, un gran trapezio isoscele,

    E lo secò tracciando obliquamente

    La retta del canale. Lì era il ponte:

    Attendolo e Manfredi e i cavalieri

    E la zuffa, e nell’acqua del canale

    Sangue e cadaveri. Ma Piero non

    Vide più il ponte e la battaglia: solo

    Rette, angoli e figure, e il campo tetro

    Era l’astratto piano euclideo,

    Il piano esatto in cui la prospettiva

    E il metodo geometrico bastavano

    Senza figure di uomini e di vita.

    E allora ritornò fra le sue carte

    A San Sepolcro, con la testa curva

    Sopra alla diagonale che verifica

    La geometria prospettica. Le carte

    Che il suo Luca Pacioli gli rubò

    Spiegando a proprio nome che il quadrato

    Si adegua al cerchio e come, e costruendo

    Con la formula infallibile il solido

    Platonico di 20 facce uguali.

    Le carte e Luca vennero a Firenze

    E gli si imbatté un giorno Leonardo,

    Quando, fra le sue cose, lavorava

    A un progetto fantastico e nuovo.

    Così Luca lo vide: tra i cartoni

    Di cavalieri arrampicati in sella,

    Di lance, nelle mani, attorte come

    Serpi mai visti, e copricapi in testa

    (Eppure in questi pensò Luca "Piero

    Era pur bravo e stravagante ma

    Leonardo li fa meglio e sembran vivi")

    E due, tre, quattro, sei, (quanti?) cavalli

    Impressi e avviluppati come un nodo

    Di muscoli, di forza e di bellezza,

    E i volti, ancora, dei soldati: aperte

    Le bocche, gli occhi spalancati e fermi

    Nell’attimo immutabile e verissimo.

    «Cos’è, Messer Leonardo?» chiese. E quando

    Quello gli disse «Anghiari. La battaglia.

    Cartoni per una pittura da

    Fare in Palazzo Vecchio. La vittoria

    Contro Milano» Luca non rispose

    «Piero, anche, provò a farla in fresco, e smise.»

    Leonardo continuò: «Nero, mio caro.

    Ho tanto nero dopo quel ritratto,

    La Lisa di Giocondo (sai che mentre

    La dipingevo, la tenevo allegra,

    Perché facesse quel sorriso curvo,

    Quell’arco di mistero tra ombra e luce,

    Con Gaddo e Lorenzino che suonavano

    Dietro di me che le facevo motti

    E indovinelli, come questo: Se

    Meno ne prendi, più ne avrai, se più

    Ne prendi, ne avrai meno. Cosa sono?

    Luca, che sono?) Be’ dicevo: nero.

    Ne ho tanto che lo voglio usare in questa

    Battaglia. E però è tempera da legno,

    E Soderini, nel Palazzo, vuole

    Un grande

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