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La Cittadella Splendente: Cronache de La Luce dopo la Tempesta, #2
La Cittadella Splendente: Cronache de La Luce dopo la Tempesta, #2
La Cittadella Splendente: Cronache de La Luce dopo la Tempesta, #2
E-book640 pagine9 ore

La Cittadella Splendente: Cronache de La Luce dopo la Tempesta, #2

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Info su questo ebook

Chi domina in questo gioco di intrighi, dove la magia è proibita e gli elfi sono schiavi? Un viaggio in cui le credenze vengono infrante come vetro, la verità non è accettata e i mostri dei tempi antichi abbondando: condividete l'amore e la vendetta, la magia e la passione, i guadagni dell'avidità in un mondo di oscura fantasia.

(VM 18)

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita7 lug 2022
ISBN9781071574447
La Cittadella Splendente: Cronache de La Luce dopo la Tempesta, #2

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    Anteprima del libro

    La Cittadella Splendente - A L Butcher

    LA CITTADELLA SPLENDENTE

    CRONACHE DELLA LUCE DOPO LA TEMPESTA

    LIBRO II

    Di A. L. Butcher

    Prima edizione pubblicata nel 2013

    Seconda edizione 2016 V2 27122016

    Copyright © A. L. Butcher 2013, 2016

    Tutti i diritti riservati

    Il diritto di A. L. Butcher ad essere identificata come l’autrice di quest’opera è stato sancito dalla Sezione 77 della Legge sul Copyright del 1988.

    Il mondo di Erana e i personaggi al suo interno sono proprietà dell’autore. Ogni somiglianza a persone realmente esistenti è puramente casuale.

    Dedicato a Carolyn, mia madre, 1944-2012. Era una donna talentuosa e notevole in molti modi discreti.

    Grazie ad Oxana Mazur per la copertina e alla mia amica Diana per avermi aiutata in un altro viaggio.

    Prologo

    Il comandante Hendrick dell’Ordine dei Cacciatori di Streghe era solo, avendo congedato i suoi compagni tranne le sfortunate vittime della sua ira e della sua cupidigia. Un’elfa dai capelli biondi era inginocchiata ai suoi piedi e la maga, la sua gemella, incatenata al muro, gemeva di dolore. Il sangue macchiava il pavimento di pietra di cremisi, cadendo dalla frusta arrotolata al suo fianco.

    Allora, studiosa, ci porterai alla cittadella splendente di cui i tuoi defunti compagni erano così inclini a parlare. Tutte quelle ricchezze perdute degli Elfi, disse. Afferrandole i capelli, avvicinò l’elfa, la bocca al suo orecchio. Come sei carina, vero? Sia tu che tua sorella. Ora, se fai la brava, lei potrebbe conservare il suo bell’aspetto. I Ceppi di Cristallo Maledetto non lasceranno delle cicatrici così brutte. Potrebbe vivere per vedere il sole che sorge sulla vostra Foresta Splendente.

    Trascinando malamente l’elfa, in modo che potesse vedere la gemella piangente e insanguinata, il Cacciatore di Streghe continuò, con una voce che le fece gelare il sangue, Vedi a cosa hai acconsentito? Che lei viva. È abbastanza semplice, elfa.

    Th’alia ricacciò indietro le lacrime, la vergogna e l’umiliazione le facevano pizzicare gli occhi e le bruciavano dentro, in modo molto più forte del dolore fisico, tuttavia riuscì a racimolare il coraggio e l’orgoglio per sussurrare, Ho un nome, mia sorella ha un nome. Mi chiamo Th’alia Er’lis. Non siamo merce. Cercherò la Cittadella, ma per lei, non per te, Cacciatore di Streghe.

    Hendrick scrutò l’elfa e, lasciandole andare i capelli, rise della sua audacia. È questo, quello che credi? È una maga, e un’elfa strega, e quindi appartiene a noi, a me. Tuttavia, potrei convincermi a chiudere un occhio. Porta il Signore-Mago Archos di Tremellic e quella sgualdrina che divide il letto con lui a questa Cittadella, lascia che eseguano il rituale richiesto per entrare, e potrei ignorare l’esistenza di tua sorella.

    Facendo un cenno verso M’alia, si tolse la frusta dalla cintura, lasciando che gli pesasse in mano, per sottolineare il punto, perché lei ne aveva sentito il morso ed entrambe le elfe sapevano che non avrebbe esitato ad usarla ancora una volta.

    Farò in modo che tu abbia una scorta e gli incartamenti necessari, perché non puoi muoverti per le terre degli umani da sola. Nota bene, però, sarai tenuta d’occhio. Se succede qualcosa alla tua scorta, se gli sfuggi, se fallisci o lo inganni, la donna incatenata laggiù morirà. Poi informerò i trafficanti di schiavi della merce che risiede nel tuo insediamento, perché se ne vengono prodotte altre carine come te i trafficanti pagheranno molto bene le informazioni. In un modo o nell’altro, avrò il mio oro. Di certo è una scelta facile, le vite di estranei per quelle di tua sorella e della tua città.

    La guardò negli occhi, e vide obbedienza, se non consenso, la realizzazione che la scelta non era un lusso che poteva permettersi. Th’alia annuì lentamente, e con un sogghigno spiacevole e il pensiero di tesori elfici che gli brillava negli occhi, Hendrick disse, Brava ragazza. Tua sorella non sarà ferita o molestata. Sarà al sicuro. Hai la mia parola.

    Th’alia voltò gli occhi castani pieni di lacrime verso di lui e rispose sottovoce, Che vale, per me, la parola di un Cacciatore di Streghe?

    Hendrick guardò la maga in catene. Passandosi la frusta fra le dita ancora una volta, rispose, È la parola di un uomo che ha potere sulla vita e sulla morte. Ascoltala con attenzione.

    Con quello, Hendrick liberò la maga e, invece di farla cadere, la avvolse nel proprio mantello e diede ordine che fosse guarita e portata via dalla cella. Gettando un ultimo sguardo a Th’alia, uscì, chiudendo a chiave la porta finché i suoi piani non fossero stati in moto.

    Capitolo 1

    Th’alia arrivò cavalcando a Valle Tremellic mentre il sole dorato iniziava a tramontare sulle colline verdi e gli alberi autunnali, sollevata dall’essere finalmente arrivata dopo le sue recenti traversie. Ripensò ai giorni che sembravano così lontani e sospirò con tristezza. Sembrava essere passata una vita, da quando aveva lasciato la sua città, onorata ed eccitata per essere stata scelta per trovare la Signora Dii’Athella, e le informazioni che avrebbero riportato agli elfi così tanto di quello che era stato perso, un popolo soggiogato e distrutto. Ora sentiva solo vergogna e disperazione, per non menzionare una grande paura. Pensando a sua sorella M’alia, le mancò il respiro, sperando che la sua scelta non fosse stata fatta invano.

    Il limitare della Foresta Splendente si avvicinava, mentre proseguivano lungo la Strada della Valle. Gli alberi, anche se non così fitti come nella parte della foresta che le era familiare, erano ancora abbondanti, e l’elfa trovò la cosa di un certo conforto. Non vista dal suo compagno, aveva pianto alcune lacrime e, una volta o due, con gli occhi chiusi si era immaginata al sicuro nell’abbraccio legnoso della madre foresta. La giovane elfa sapeva che non poteva scappare. Marden poteva cavalcare più veloce di lei, e Th’alia sapeva che questo avrebbe portato certamente non solo la sua morte, ma anche quella di sua sorella. Marden tirò le redini del suo cavallo, facendolo fermare, e, indicando la taverna, scese di sella, facendole cenno di fare altrettanto.

    Questo sarà un buon posto in cui fare domande, Th’alia. E inoltre, tu hai bisogno di riposo e io di birra, sperando che sia molto meglio dell’ultimo posto in cui ci siamo fermati.

    Annuendo e felice di scendere dal cavallo, Th’alia scivolò giù, sfregandosi il sedere indolenzito. Per un attimo, guardò male la bestia, ricordandosi perché aveva scelto di essere una studiosa. I cavalli erano rari, nella sua parte di Foresta Splendente, e la giovane donna non era una cavallerizza. Le ci erano volute settimane di viaggio, lungo strade e sentieri poco familiari e piuttosto terrificanti, per arrivare al punto in cui lei e il cavallo erano arrivati ad un accordo. Lei avrebbe cercato di non cadere, e il cavallo non avrebbe avuto un’aria soddisfatta quando lei atterrava sul sedere nel terreno.

    Distrattamente, si sfregò il braccio, una ferita recente dovuta alla bestia infernale. Marden aveva commentato che riteneva gli elfi generalmente bravi con le bestie. Lei aveva risposto che era una studiosa, non una cacciatrice, non aveva una fattoria né un gregge. Nella rabbia e nel dolore, credeva che tutti gli umani fossero prepotenti e maleducati. Th’alia capiva libri e storie, erano facili, semplici da trattare, e non mordevano, scalciavano o gettavano nessuno dei cespugli.

    Marden aveva ghignato, provocandola, chiedendosi in cosa si era andato a cacciare scortando quell’elfa. Poi le chiese se non stesse cercando di uccidersi, ricordandole il patto che aveva fatto. Marden avrebbe potuto costringerla ad andare avanti, ma riposarono per qualche giorno e le legò il braccio per sistemare l’osso, cosa che la sorprese. Quest’uomo non la trattava in modo sgarbato, come Th’alia aveva temuto, e per lo meno la proteggeva per strada. Quando avevano incontrato le autorità e altre minacce, Marden se ne era semplicemente occupato. C’era stato un incontro spiacevole con uno zotico in una taverna ai bordi della strada, da cui lui aveva tirato fuori Th’alia indenne.

    La ferita le faceva ancora male, ma sperò che nessuno le chiedesse qualcosa al riguardo e la costringesse a mentire. Le maniche lunghe coprivano le cicatrici, e sperò non fossero permanenti. Marden le fece cenno di entrare e, mentre sedeva ad un tavolo, Th’alia armeggiò con il ciondolo d’argento che indossava, e aspettò mentre lui faceva domande. Seduta da sola al tavolo, rimase sorpresa dal notare che riceveva solo qualche occhiata di sfuggita, del tipo che di solito ricevono gli stranieri, ma nessuno la fissava o faceva commenti, com’era successo lungo la strada. Th’alia sapeva che nessun elfo era libero. Tendevano ad attirare commenti, persino odio, e, dato che un elfo non aveva diritti per legge, spesso diventavano preda di individui senza scrupoli, o peggio, ignoranti, come aveva scoperto a caro prezzo. Persino gli elfi relativamente liberi della Foresta Splendente vivevano una vita precaria, con il rischio di essere attaccati dai trafficanti o dall’Ordine dei Cacciatori di Streghe, che faceva ben poco per fermare il commercio di carne e che aveva da tempo decretato che gli elfi fossero poco più che una proprietà.

    La giovane elfa fu sorpresa di vedere un certo numero di elfe sedute a tavola, che si mescolavano liberamente agli umani. Quelle elfe non si comportavano come serve o persino prostitute. Facevano conversazione come pari, ed erano trattate con rispetto, né più né meno delle donne umane nella taverna. C’era, poi, un’elfa a servire a tavola, ma non sembrava meno a suo agio della giovane umana che portava il cibo dalle cucine. La taverna era affollata, sembrava che la fatica della giornata fosse finita e quella taverna fosse un posto popolare in cui incontrarsi e intrattenersi, e gli umani e gli elfi erano a loro agio nella rispettiva compagnia. Th’alia non aveva mai visto niente del genere. Non aveva incontrato molti umani, e quelli non avevano trattato con gentilezza gli elfi.

    Marden si guardò intorno, sorpreso dal numero di elfi. Pensò che quello fosse sicuramente il posto giusto. Si chiese quante tangenti fossero state pagate per assicurare tali libertà a quegli elfi. Non era in effetti illegale che gli elfi vivessero tra gli umani in quel modo, finché i documenti necessari erano in ordine, ma era molto inusuale. Gli elfi non erano cittadini, e suppose che quelli appartenessero a qualcuno, probabilmente a Lord Archos, almeno nominalmente. Non tutti i piccoli centri abitati avevano un Enclave, il ghetto in cui vivevano gli elfi e quelli molto poveri nelle cittadine e nelle grandi città di Erana. Sapeva di uomini che prendevano elfe come amanti o concubine, o ‘Custodite’, ma anche elfi del genere tendevano ad essere mantenuti secondo i capricci di coloro il cui patrocinio poteva essere rimosso in qualsiasi momento. Marden era consapevole del fatto che Tremellic fosse lasciata per lo più a se stessa, essendo piuttosto lontana dalle pianure e dalle terre di Erana, ed essendo circondata da foresta, fiume, colline o montagne.

    Guardandosi alle spalle, Marden vide Th’alia che giocherellava nervosamente con il ciondolo. Sperò che sarebbe stata all’altezza del compito che li attendeva, per il suo bene oltre che per quello di lei. Marden sapeva di non piacerle molto, e non gliene faceva una colpa. Tuttavia, lei era obbediente, per lo meno la maggior parte del tempo, e trovava i lampi di sfida piuttosto intriganti. Era molto più ragionevole di quanto sarebbe stato lui al suo posto. No, pensò, non era lui a non piacerle, era la situazione. Ma, alle volte, lei gli sorrideva persino, e sopportava la sua presenza, se non volentieri, almeno con una certa risoluzione. Dividevano il letto. Era parte degli accordi, all’inizio con un certo risentimento da parte di lei, e un po’ di imbarazzo iniziale da parte di lui. Ma, dopo che entrambi ebbero deciso di godersi quegli incontri per quel che erano, era passato, almeno per lui. Era quasi come se in quei momenti fossero due persone diverse.

    Cerco il signore di queste terre, oste, disse Marden, riportando l’attenzione sul suo compito e ordinando due boccali di birra e un piatto di pane e formaggio.

    Erick mise due birre sul bancone e indicò un uomo seduto ad un tavolo, che conversava con un’elfa. Era una bella elfa, e sembrava a suo agio con lui e con l’ambiente circostante. Il piccolo infante mezz’elfo che aveva tra le braccia dormiva, e ogni tanto l’una o l’altro lo guardava e sorrideva con affetto. Quello è Simon, Amministratore di queste terre. Agisce in nome del signore, e sarà l’uomo con cui volete avere a che fare.

    Marden annuì un ringraziamento, e, sistemandosi accanto a Th’alia con cibo e bevande, ripeté, "Sembrerebbe che dobbiamo avere a che fare con l’Amministratore, o così ha suggerito l’oste. Sembra che quello che ci è stato detto sia vero, ci sono molti elfi qui. Forse questo Lord Archos sarà amichevole verso la nostra causa.

    Hai bisogno di mangiare, sei magra e hai l’aria ammalata. Non voglio che muori mentre sei con me. Sarebbe imbarazzante per entrambi. E poi, mi importa del tuo benessere. Ecco, per favore, mangia, Th’alia, mentre vado a parlare con questo Amministratore. Un breve sguardo preoccupato gli attraversò il viso, mentre spingeva il piatto di cibo verso di lei.

    Th’alia lo guardò male, Non ho fame. Dobbiamo parlare con il nobiluomo umano. L’Amministratore non ci aiuterà.

    Th’alia, questo non è un compito facile per nessuno di noi due. Tu devi mangiare e riposare, per il suo bene e il mio. So che dobbiamo parlare con il signore, ma se l’Amministratore agisce in suo nome, potrebbe non acconsentire a vederci, altrimenti. Conosco il modo di fare degli umani meglio di te. È una cosa comune, per un nobile di provincia, avere un Amministratore che si occupa di tutto. Si guardò intorno. Nessuno sembrava prestare loro molta attenzione, ma non voleva domande imbarazzanti, se poteva evitarle. Piano, continuò, Indipendentemente da quello che pensi di me, non voglio vederti soffrire. Dobbiamo almeno dare l’apparenza di essere insieme. Sai che possiamo andare d’accordo, ma so che sei malata e spaventata, e non posso fartene una colpa. Mangia e riposati, ti sentirai meglio e quello spirito intelligente e vivace che so che è lì dentro potrebbe tornare in superficie.

    La lasciò a mangiare con riluttanza, e andò dall’uomo che gli era stato indicato. Voi siete l’Amministratore, da queste parti? Sono Marden Harlsen. Lì c’è la mia donna, Th’alia. Vorremmo un’udienza privata con Lord Archos.

    Simon guardò il nuovo arrivato dall’alto in basso, e lo riconobbe come un guerriero. Guardando verso il tavolo, vide un’elfa magra che mangiava lentamente. Aveva i capelli del colore del miele, i vestiti non erano belli ma piuttosto raffazzonati, e, mentre mangiava, giocherellava distrattamente con un ciondolo appeso ad una catenina.

    Davvero, e per quale motivo? Il mio signore è un uomo molto riservato, e non vuole essere disturbato per sciocchezze.

    Marden incrociò le braccia, piuttosto infastidito dal congedo. Sono questioni private.

    Simon ghignò. È così? Be’, lui non vi accorderà udienza senza una mia richiesta, e anche in quel caso non è una cosa garantita. Quindi, a meno che le vostre questioni private non vengano rivelate, potrei decidere di non disturbare sua signoria. Potreste provare ad andare per conto vostro al maniero, ma non concederà udienza ad un estraneo non annunciato.

    L’Amministratore era divertito, più che offeso dai modi di quest’uomo, che si aspettava udienza con il suo signore senza divulgare la sua natura o altre informazioni. Simon non era uno sciocco, né voleva spiacere ad Archos, ma era certo della sua posizione e conosceva i capricci del suo padrone.

    Gis’Ellah avvolse il bambino nello scialle e, lasciando gli uomini ai loro affari, esitò superando l’elfa nervosa. Parlando in Elfico, la moglie dell’Amministratore offrì un po’ di conforto. Mia cara, non aver paura qui. Non verrai maltrattata.

    Th’alia trovò strano vedere un’elfa a proprio agio in quel posto umano. Trovò rassicurante il suono della propria lingua natia, e la donna sembrava sincera. Grazie. È stato un viaggio difficile. Non sono una cavallerizza, e sono certa che il mio cavallo mi odi. Non sono abituata a così tanti umani.

    La matrona rise, Oh, sì, capisco. Simon ha comprato un cavallo per me e mia figlia. Ho passato molte settimane a cadere, e col didietro indolenzito. Ma ora sono una cavallerizza competente e assolutamente sicura. Come molte abilità, necessita di allenamento. La chiave è non aver paura della bestia. I cavalli lo sanno, o così mi dice Simon. Cavalchiamo tra le colline ogni sera, adesso, solo noi due. Guardiamo il sole che tramonta dietro le montagne. Non tutti gli umani trattano male gli elfi, sai. La mia casa è stata distrutta, ma abbiamo trovato rifugio e gentilezza qui. Questa è brava gente. Siamo stati i benvenuti. Spero che trovi quel che cerchi.

    Ascoltando per metà lo scambio tra le donne, Marden era curioso di sapere cosa si stessero dicendo. Quando lei parlò in Elfico, rimase turbato, per un attimo sospettò che rivelasse i loro veri scopi, cercasse aiuto, e tutto sarebbe finito. Quando nessuno rispose e la donna più anziana se ne andò, Marden si rilassò. Rendendosi conto che non sarebbe arrivato da nessuna parte senza concedere un po’ di fiducia a quell’uomo, Marden rispose, Le mie scuse, signore. La mia donna non sta bene e abbiamo fatto un lungo viaggio. Abbiamo bisogno di assistenza.

    Assistenza? Simon indicò la sedia vuota. Che tipo di assistenza? Soldi, lavoro, rifugio?

    Marden scosse la testa. No, niente del genere. Ho dei soldi, o per lo meno abbastanza da non dover chiedere l’elemosina, e me la cavo con la spada. Ho lavorato come mercenario. Non abbiamo bisogno di rifugio, e ho i documenti per lei. Tutto quello che voglio è parlare con Lord Archos. Lei, entrambi, in realtà, cerchiamo un oggetto elfico di un certo valore – un cimelio di famiglia. Ci è stato fatto intendere che lui sia gentile con gli elfi e conosca i manufatti elfici, disse Marden, sperando che gli credesse.

    Gli parlerò in vostro favore, ma è un uomo impegnato e si è appena sposato. Sono in molti, a chiedergli udienza. La taverna ha delle camere, se volete, e sono sicuro che l’oste vi accoglierà volentieri. La vostra donna sarà al sicuro, qui. Non ha bisogno di avere paura, in queste terre.

    Con questo, Simon se ne andò a cercare udienza, e Marden tornò al tavolo. Be’, l’Amministratore andrà da sua Signoria, più di questo non so. L’oggetto che cerchi, sei sicura di dove si trovi?

    Th’alia annuì. Oh sì. Ora ne sono sicura. Se potessi viaggiare senza scorta, non credi che lo farei? Questo anello è importante, sia per me che per la mia gente. Che succede, se lui ci rifiuta? Che succede, Marden?

    Marden si sporse in avanti e rispose piano, ma con un velo di minaccia nella voce, Speriamo che non lo faccia. Non preoccuparti, Th’alia, va bene ad entrambi portare a termine questo compito. Sono qui per proteggerti, non dimenticarlo. Ci sono molti, peggio di me. Vorresti tornare alla prigione, o essere mandata all’Enclave? Addolcendo un po’ il tono, continuò, Forse possiamo anche farti guarire. La Str... la sua donna, non è una maga?

    Th’alia voltò su di lui gli occhi castani e sussurrò, Protezione? Che scelta ho? Speriamo che questo signore ci incontri e ci assista.

    * * *

    Simon rifletté sui nuovi arrivati mentre cavalcava verso il maniero. La donna sembrava magra e malata, e il tizio piuttosto imbronciato. La loro richiesta era piuttosto strana, ma Simon aveva acconsentito a riferire la loro richiesta di udienza, e lo avrebbe fatto. Tutt’al più avrebbe potuto chiedere un po’ di guarigione magica. Il paese era disseminato di antiche rovine risalenti a prima dell’Epidemia. Molte contenevano vecchi oggetti magici, per non menzionare quelli più facilmente scambiabili per gli intraprendenti. Archos possedeva un’impressionante collezione di manufatti e oggettini, ed era sempre pronto ad aumentare il numero di oggetti di Potere, l’essenza della magia, che poteva acquisire. Forse quello slancio poteva essere utile ai visitatori, quando Simon avrebbe informato il suo signore dell’oggetto elfico mancante.

    Olek, ufficialmente il valletto di Archos, salutò Simon con calore, e lo informò che Archos era nella sua bottega, a studiare con sua moglie, l’elfa stregona Dii’Athella. Facendo aspettare l’Amministratore nel salotto finemente decorato, Olek lo lasciò alle cure della governante Marrissa, che era apparsa con un vassoio contenente una caraffa di sidro speziato e le sue quasi leggendarie focaccine al miele. Simon e Olek erano buoni amici. Archos si fidava implicitamente di Olek, ed era molto affezionato al mezz’elfo, che spesso appariva alla mano e di indole buona, me era un assassino spietato e un ladro di talento.

    Tua moglie e tuo figlio stanno bene, Simon? Ora, a cosa devo il piacere di questa visita inaspettata? chiese Archos, indicando una sedia.

    Simon si inchinò, sistemandosi nella sedia che gli era stata offerta. Sì, mio signore, Gis’Ellah e il piccolo Marthis stanno bene. Il bambino cresce sempre di più ogni giorno, e mangia bene. Non ho mai visto niente di simile. Questa, però, non è una visita di cortesia. Ci sono dei visitatori che vengono da al di là della valle, e sono appena arrivati ad Harkenen. Un uomo che dice di essere, o essere stato, un mercenario, e un’elfa. Lei sembra malata e piuttosto nervosa. Sono qui e chiedono udienza, qualcosa su un manufatto elfico perduto, o così dice il tizio.

    Un manufatto? Archos prese un lento sorso del brandy che preferiva. Non hai altri dettagli? Mi chiedo che oggetto sia. Se hanno viaggiato così tanto per parlarmene, sembrerebbe che siano seri. Li incontrerò.

    Certo, mio signore. La vostra signora sta bene? chiese Simon, sapendo che Dii’Athella era quasi morta, nelle mani dei Cacciatori di Streghe. L’elfa dolce e gentile gli piaceva, e sapeva che Archos le era devoto. Molte cose erano cambiate, da quando era arrivata, e Simon credeva che tutta Tremellic ci avesse guadagnato, dall’arrivo degli elfi, e Dii nello specifico.

    Archos sorrise calorosamente. La mia Dii cresce in bellezza e Potere ogni giorno di più. Ora dovrei tornare da lei e al nostro lavoro. Porta quest’elfa e il mercenario al maniero domattina.

    * * *

    L’elfa cacciatrice ed esploratrice Ozena rifletté sulle informazioni limitate su questa nuova elfa e il suo compagno. Nella sua opinione, ogni oggetto elfico doveva essere restituito agli elfi. Aveva accettato di fare visita ai suoi amici e al bambino di Gis’Ellah mentre Olek faceva le sue commissioni. Essendosi portata l’arco, aveva anche pianificato di allenarsi con quelli che avevano iniziato a mostrare attitudine all’arma. Tra di loro, c’era la giovane figliastra dell’Amministratore e figlia di Gis’Ellah. Kaia si stava dimostrando una giovane donna formidabile e piena di spirito, come aveva dimostrato la sua coraggiosa fuga dai trafficanti qualche mese prima. Ad Ozena, l’esuberante Kaia piaceva, ed era impaziente di allenarsi e condividere ricordi felici di Amena, la sorella morta di Ozena, e di Szendro, la loro casa ormai in rovina. Olek fece trottare i cavalli fino al recinto dietro la piazza del mercato e, mentre smontava, Ozena gli soffiò un bacio, prima di sparire nello stormo di donne nella piazza del mercato.

    Olek entrò nella taverna per lo più in silenzio e non visto. Scivolando fra le ombre, guardò per un po’, osservando l’elfa, che in effetti non sembrava stare bene, e l’umano che sedeva con lei. Notò la spada alla cintura dell’uomo, l’elsa ricoperta di tessuto per poterla afferrare meglio. Il fodero e l’armatura sembravano di buona qualità e ben tenuti. Se era davvero un mercenario, Olek pensò che fosse uno scrupoloso. Entrambi erano vestiti decentemente, almeno meglio di quelli che scappavano dall’Enclave o dai Cacciatori di Streghe. Non sembravano essere particolarmente intimi. Anche se l’umano era attento all’elfa, c’era un po’ di tensione. Era magra, e Olek notò che il tizio si assicurasse che lei mangiasse e stesse al caldo. Anche se non erano specialmente intimi, decise che tra loro sembrava esserci un rapporto che andava al di là dell’essere semplicemente la scorta e l’elfa.

    Uscendo dall’ombra, sedette al tavolo. Ho sentito che chiedete udienza al signore di questa terra? Sono il suo uomo, Olek. Se volete, vi scorterò da lui al maniero. È piuttosto difficile trovarlo, per coloro a cui la strada non è familiare. Avete cavalli? Altrimenti possiamo camminare. Il mio tornerà da solo a tempo debito.

    Marden guardò il mezz’elfo, che era sia sicuro che ben armato. L’uomo non si comportava come molti altri servi elfi che Marden aveva già incontrato. Il Cacciatore di Streghe aveva notato gli sguardi di rispetto e i cenni familiari che Olek aveva ricevuto, quando era apparso. Marden pensò che apparso fosse il termine giusto; non aveva né sentito né visto l’uomo entrare. L’elfo aveva un’aria vigile, come un gatto o un lupo, e i suoi movimenti fluivano come acqua. La parola che balzò alla mente di Marden era ladro. Per un attimo, i suoi occhi andarono ai foderi gemelli che portava il mezz’elfo, e si chiese cosa facesse esattamente quell’uomo per il suo padrone.

    Sono Marden Harlsen, e questa è la mia signora, Th’alia. Chiediamo udienza al vostro padrone. Temevo che l’Amministratore si fosse dimenticato di noi. Abbiamo viaggiato molto per avere questo incontro.

    Olek fece un cenno verso Th’alia, un’occhiata breve ma osservò molto. Aveva gli occhi marrone scuro, come il terreno di quelle parti, e i capelli color miele erano semplicemente tirati dietro le spalle. Sembrava nervosa, ma poteva essere dovuto al trovarsi in un territorio non familiare, e giocherellava con un ciondolo d’argento. Dalla borsa accanto a lei spuntava un libro. Non tutti gli elfi sapevano leggere. Di certo non era un’abilità comune tra gli elfi dell’Enclave. Inoltre, i libri erano costosi, e chi si trovava nell’Enclave non aveva molti soldi. Per cui questa donna aveva almeno abbastanza soldi per avere un protettore e comprare libri. Ma Olek non era in grado di dire come si guadagnasse quei soldi.

    Sembra che non stiate bene, signorina. Forse possiamo trovarvi un guaritore? La mia padrona è una guaritrice, disse Olek in Elfico, pensando che la ragazza spaventata potesse trarne conforto.

    Oh, no, è una vecchia ferita, è solo lenta a guarire e sono stanca per il viaggio. Sono sicura che starò abbastanza bene in un paio di giorni, rispose Th’alia, con cautela, mentre lo osservava guardarla con attenzione.

    Olek mantenne il suo sguardo leggermente troppo a lungo, poi alzò le spalle. La donna poteva fare le sue scelte. Girando i tacchi, il mezz’elfo li esortò, Venite, allora, Lord Archos vi aspetta.

    Capitolo 2

    Th’alia sedeva imbarazzata nel salotto del maniero, perché non era abituata a tale lusso. Anche se di nascita nobile, persino in un insediamento abbastanza grande come Ilthendra, abitazioni di quelle dimensioni non le erano familiari. Anche se a molti elfi piacevano le belle cose, molti non avevano né il tempo né il denaro per collezionare oggetti del genere. Quelli che esistevano, erano cimeli di famiglia, come la Chiave della Conoscenza che lei stessa cercava, passata di generazione in generazione da un tempo in cui gli elfi avevano sia la ricchezza che il potere, oppure oggetti presi dalle rovine di templi elfici o città. Guardandosi intorno, Th’alia vide che c’erano molti oggetti belli, inclusi quelli elfici, umani e alcuni che suppose provenire dai troll. Oggetti che sapeva che valevano tanto, per chi poteva permetterseli, ma Th’alia sapeva che molti umani li collezionavano per avere il dominio sugli elfi, traendo piacere dalla civiltà caduta. Ma, alla studiosa, quello non sembrava il caso. Sembrava che quell’uomo apprezzasse gli oggetti di valore e rari, indipendentemente dalla loro origine.

    Fu sopraffatta dalla curiosità. Alzandosi, iniziò ad esaminare i ninnoli, le statue e i libri appoggiati su una serie di mensole ornate, ricavate da un legno rosso scuro. Sentendo un brivido di piacere, come le capitava spesso con i libri, Th’alia ne aprì uno, scoprendo che era scritto in Elfico. Senza pensarci, accarezzò la copertina con reverenza. Era un vecchio libro di miti e leggende da un tempo lontano, ma aveva l’apparenza di essere stato ben conservato e letto spesso. Alle pareti c’erano cupole di vetro colorato, giallo tenue e arancio caldo, in cui si trovavano sfere luminose, ora affievolite nella luce che entrava dalle grandi finestre a rombi. Sul tavolo, c’era un vaso di diaspro nero pieno di boccioli di astro blu e viola, provenienti dai giardini che Th’alia poteva vedere dalla finestra.

    Th’alia vide il Signore-Mago di cui le avevano parlato mentre entrava, rilassato, sicuro, e sapendo di essere il padrone. Pensò che quel tizio fosse bello, per essere un umano. I capelli lunghi biondi spruzzati di grigio erano intrecciati dietro la testa, scoprendo le orecchie tonde con una leggera punta, e forate da diversi anelli d’argento e giaietto. Sapeva che, da qualche parte, nel suo albero genealogico, doveva esserci del sangue di elfo, perché tutti i maghi umani erano Passanti con abbastanza sangue elfico da garantire la magia, ma sembravano più umani che elfi. Tuttavia, era sorpresa da quanto sembrasse umano. Il pizzetto ben curato si increspò quando le fece un sorriso, quasi ridendo, pieno di mistero. Occhi di un profondo, strano grigio argento la guardavano, occhi che vedevano molto più di altri e avevano molto Potere.

    Sono Lord Archos. Benvenuti nelle mie terre e nella mia casa. Il mio Amministratore mi ha informato che avete chiesto udienza riguardo un manufatto elfico perduto, disse, notando il libro che Th’alia aveva tra le mani, e che cercò di rimettere frettolosamente a posto.

    L’Arcimago si sedette su una poltrona comoda piena di cuscini, su cui era stato gettato un copriletto di lana tessuto a mano. Un oggetto appariscente e femminile, decise Th’alia, con le strisce colorate rosse e gialle. Fece loro cenno di sedersi sulla bella mobilia dalle imbottiture cremisi.

    Marden la guardò e rispose, per entrambi, Sono Marden Harlsen, mio signore. Lei è la mia donna, Th’alia. È lei che cerca l’oggetto, io mi limito a farle da scorta e supporto in queste terre. Sono certo che conoscete i rischi che corre un elfo, soprattutto una donna, che si muove senza scorta.

    La padrona di casa, Dii’Athella, o Dii, come veniva generalmente chiamata, entrò, reggendo un vassoio con cibo e bevande. Desiderando vedere gli ospiti, aveva scelto di portare una caraffa di limonata e un piatto di formaggio e frutta presa dal frutteto. Th’alia la guardò, era quella che cercava, con l’Anello della Luce che brillava fioco appeso ad una catenina che portava al collo.

    Dii guardò Th’alia, curiosa e intrigata dal fatto che qualcuno potesse venire da così lontano per chiedere udienza. Con attenzione, dispose cibo e bevande, gli occhi blu che incontravano quelli di Th’alia e, sorridendo, disse, Prego, servitevi pure. La limonata è fatta con i limoni delle serre appena spremuti, ed è molto rinfrescante.

    Archos si alzò, mentre lei appoggiava il vassoio. Vi presento mia moglie, Dii’Athella, Signora di Tremellic. Aspettò che lei si sistemasse prima di sedersi di nuovo, mentre gli altri facevano lo stesso. Per un attimo, la studiosa rimase confusa, ma si riprese in fretta, sperando che nessuno se ne fosse accorto. Archos alzò un sopracciglio, ma non disse niente, pensando forse che la giovane non fosse abituata al fatto che gli elfi potessero avere titoli del genere. Th’alia era di nuovo piuttosto nervosa, ma, cercando di valutare la giovane donna seduta davanti a loro, prese un calice della bevanda che le era stata offerta e bevve con gratitudine.

    Marden si ritrovò a guardare la donna che era appena entrata. Era incantevole, con i capelli di un rosso accesso appena domati dai nastri che allontanavano i ricci dal viso inquietantemente bello. Il vecchio tatuaggio rosso risaltava in modo impressionante sul pallore alabastrino della sua pelle, e un altro tatuaggio nero e rosso usciva in modo provocante dalla camicetta color crema, che lasciava le spalle scoperte, accennando alla promessa che ci fosse altro sotto i vestiti. Quella donna era molto attraente e misteriosa, e si ritrovò preso dal suo fascino. L’uomo in lui scavalcava il Cacciatore di Streghe, nel pensare che Lord Archos fosse un uomo molto fortunato.

    Th’alia fu riempita da un senso di sollievo. L’Anello della Luce era più che un mito. Aveva reagito a quella giovane maga, l’erede che lei aveva penato tanto per trovare. Anche se, guardandosi intorno, davanti a tutto quel lusso e felicità, Th’alia temeva che la giovane maga non desiderasse andarsene, perché sospettava che lei non fosse a conoscenza del suo lignaggio. Tuttavia, era certamente suo dovere assistere la sua gente. L’avrebbe capito. La studiosa sentì la pugnalata, dentro di lei, del compito che doveva svolgere, ma poi ricordò la scelta che aveva fatto, e perché. Chiudendo gli occhi per un attimo, nervosa, insicura, si preparò, e si ripeté nella mente quello che doveva dire, mentre le dita giocavano distrattamente con il ciondolo d’argento.

    Prendendo il coraggio a due mani, la giovane studiosa parlò, Io... il mio nome è Th’alia Er’lis. Vengo a implorare aiuto per trovare un oggetto perduto della mia famiglia. Sono una studiosa, una Custode della Storia nella comunità della foresta di Ilthendra, come lo erano mia madre e mio nonno. Cerco un manufatto, un vecchio anello chiamato la Chiave della Conoscenza.

    Una Chiave della Conoscenza? Ora avete tutto il mio interesse. Quest’oggetto vi è stato rubato? chiese Archos, intenzionato a scoprirne di più.

    Oh no, non è stato rubato, signore, ma perso, o meglio, dimenticato. Mio nonno era un vecchio, e viveva, tempo fa, in un piccolo villaggio nelle Paludi di Esherly, come le chiamate voi, lontano a nordest. Molti elfi sono fuggiti lì, dopo l’Epidemia.

    Esitò, non sapendo quanto rivelare, ma continuò. "Il villaggio subì una serie di sventure, vi si abbatté una malattia e i sopravvissuti furono costretti ad andarsene. Mio nonno era vecchio, l’età e la malattia gli rubarono la vista, e, nella fretta di andar via, quest’oggetto e molti altri, alcune pergamene, una mappa e un diario della sua vita, furono dimenticati. Mi piacerebbe avere il diario, perché racconta la sua vita e le sue tradizioni, anche se molte le conservava in testa. Nelle sue carte dovrebbero esserci molte informazioni, se le si riesce a trovare, o almeno spero.

    La Chiave della Conoscenza era un anello, ma appeso ad un cordoncino che poteva essere portato al collo, simile a come la vostra signora indossa il suo, dato che le sue dita erano piegate dall’età. Forse, nella fretta della partenza, il cordoncino si è rotto. L’anello è, credo, ancora nel villaggio, e ho promesso ad un vecchio cieco morente che lo avrei cercato e riportato alla nostra famiglia e alla nostra comunità. Era antico quando è morto, forse l’ultimo sopravvissuto di quel tempo. Non si è mai perdonato per averlo lasciato indietro. Era il suo onore e orgoglio.

    Archos poggiò la schiena alla sedia. Le Paludi di Esherly sono molto lontane da qui. In effetti, sono molti giorni di viaggio, e sono popolate da molte creature spiacevoli. Capisco perché abbiate bisogno di aiuto.

    Th’alia lo guardò seria. Mio signore, mi è stato detto che siete gentile con gli elfi e un rinomato studioso per quel che riguarda gli artefatti e dove trovarli. Gli umani che sono comprensivi con gli elfi sono noti fra la mia gente, ma sono rari. Ho viaggiato molto per chiedervi aiuto. Non sono una guerriera, né ho l’esperienza necessaria a trovare oggetti del genere. Anche se Marden mi protegge, non sappiamo cosa ci aspetta. Non vorreste che un oggetto di tale influenza e fama ritorni alla mia gente, la gente di vostra moglie?

    Possiamo aiutarla? Forse, dopo, possiamo viaggiare, come hai suggerito? Forse potremo anche trovare altri oggetti per la tua ricerca, sussurrò Dii, gentile e generosa come sempre.

    Certamente, farò in modo che venga restituito! Sono oggetti leggendari, le chiavi per le Grandi Biblioteche nelle Cittadelle degli Elfi. Molta di quella conoscenza è andata perduta, quando gli elfi sono caduti, disse Archos.

    Th’alia sorrise e, per un attimo, arrossì, gli occhi marroni che brillavano di orgoglio, I miei antenati facevano parte dei Custodi della Conoscenza in una delle Cittadelle, signore, generazioni fa, servivano le famiglie che governavano.

    Partiremo nel giro di una settimana. Questo dovrebbe darci abbastanza tempo per i preparativi e per raccogliere provviste. Sospetto non ci siano molte taverne o posti in cui trovare alloggio nelle Paludi di Esherly e nei dintorni. Archos si portò la mano di Dii alle labbra e la baciò, sentendo la sua eccitazione. Voltandosi verso Marden, continuò, Che interesse avete, voi, in tutto questo? Perché sembra un viaggio piuttosto lungo, per un oggetto del genere.

    Be’, signore, la cosa è abbastanza semplice. Th’alia non poteva viaggiare da sola attraverso questi territori, e io avevo bisogno di monete e divertimento. Quando è arrivata, sola, in una taverna, le ho semplicemente offerto i miei servigi. Da allora, mi sono affezionato molto a lei. Inoltre, potrebbero esserci altri oggetti interessanti da scambiare o vendere. Sono un mercenario, ma lavoro del genere è difficile da trovare. Mi guadagno monete dove posso. Non si può essere schizzinosi, su chi paga i conti, nel mio mestiere. Lei ha i documenti necessari, anche se, ovviamente, continuerebbe a non poter viaggiare liberamente.

    Archos annuì appena, conoscendo i rischi che una giovane elfa avrebbe potuto affrontare viaggiando da sola, e sentendo che questo cimelio di famiglia doveva essere di grande valore, per portarla a rischiare così tanto.

    Dii sorrise a Th’alia, Mi è stato detto che sei ferita. Conosco le erbe e la guarigione, mi renderebbe felice offrirti un po’ di conforto.

    No, mia signora, non è niente. Non sono una brava cavallerizza, la mia cavalcatura ha scalciato e sono caduta. Credo di essermi rotta il braccio. È stato steccato, ma sta guarendo. Sfregandosi il braccio, Th’alia si sentì in imbarazzo a tutte quelle attenzioni, piuttosto nervosa alla gentilezza che le veniva mostrata. Sono solo piuttosto affaticata dal viaggio, spostarsi tra le terre degli umani, mi capite. Marden ha fatto quello che poteva, ma non potevamo perdere molto tempo a riposare. Non mi piace fare storie.

    Dii la guardò preoccupata, Un braccio rotto non è una cosa da niente. È una ferita seria. Se non è guarito nel modo giusto, potrebbe restare permanentemente dolorante e debole. Non c’è niente di cui vergognarsi, gli incidenti capitano. Ti prego, lascia che ti aiuti. Inoltre, se dobbiamo viaggiare, abbiamo tutti bisogno di essere in forma. Iniziare un viaggio così lungo e potenzialmente rischioso in questo stato è da incoscienti.

    Notando l’apprensione, Dii continuò piano, Ho un buon balsamo, in deposito, che potrebbe aiutarti. Almeno lascia che ti faccia una fasciatura e ti dia un po’ di conforto.

    Th’alia annuì, per non essere maleducata, e, dato che il braccio le faceva ancora male, era grata, anche se imbarazzata, dall’attenzione. Dii la condusse con gentilezza verso la cucina e il forte odore di erbe appese alle travi e alle pareti riempì l’aria. La stanza era calda, per via del grande fuoco in un focolare molto usato. Grandi pentole e tegami di rame erano appesi sia sul focolare che su un grande lavello di pietra, dotato di una runa che forniva acqua corrente. Marrissa, l’anziana governante, chinò la testa per rispetto e andò ad aiutare Dii, quando le spiegò cosa le serviva.

    Facendo sedere Th’alia accanto al fuoco, Dii le arrotolò la manica lunga e srotolò le bende. Sotto, vi era una ferita profonda, che guariva lentamente ma mostrava segni di infezione. Dii poteva vedere che qualcuno con una conoscenza basica della guarigione vi aveva applicato una specie di impiastro, e l’osso era stato sistemato, anche se non era ben risaldato. La ferita doveva averle fatto molto male, e la giovane doveva essere davvero determinata a trovare quel cimelio, alla luce di tale dolore. Ferite come quella potevano causare davvero una disabilità duratura, se non trattate nel modo giusto. Mentre Th’alia faceva una smorfia, gli occhi di Dii videro le cicatrici sottili e intrecciate, che somigliavano tanto alle sue. Interrogandosi su di esse, Dii decise di non farne menzione all’elfa nervosa. Il suo tocco era tenero, mentre puliva la ferita, e applicava un impiastro dall’odore forte. L’intruglio riscaldò e calmò, e Dii manipolò il braccio con gentilezza, facendo scorrere con discrezione la magia di guarigione dalle dita, mischiandola alle erbe e dando loro più potere. Chiacchierando con la giovane studiosa, chiedendole della sua città e della famiglia, Dii fornì conforto e contemporaneamente distolse l’attenzione dalla luce blu della sua magia. Dii sorrise, anche se prendeva il dolore nel proprio braccio, sentendo quanto fosse acuta la ferita e meravigliandosi ancora di come l’elfa avesse fatto ad andare così lontano.

    Th’alia cercò di indovinare cosa ci fosse nel balsamo dall’odore pungente, ma non era un’erborista. Sapeva, ovviamente, che Dii era una maga, ma, essendo educata e non volendo spaventare la giovane, non fece menzione della magia di guarigione, perché sapevano entrambe che la magia era illegale. Il calore pungente strisciò lungo la ferita, facendo diminuire il dolore, e Th’alia era molto sollevata, quando Dii le bendò di nuovo il braccio con attenzione.

    Non va meglio? Hai viaggiato con questa ferita per un po’, e c’è un po’ di infezione. Sei fortunata che non fosse molto peggio, ma vedo che hai fatto quel che potevi. L’osso è guarito male. Quello che ho fatto dovrebbe farti stare un po’ meglio, ma cerca di riposare e tienilo fermo mentre l’osso si sistema. Guardando sulle mensole e aprendo scatole chiuse fino a trovare quello che le serviva, Dii le porse una bottiglia verdastra. Qui c’è un tonico, da prendere con il tè o acqua bollente. Dovrebbe aiutare il sistema immunitario. Una ferita del genere potrebbe essere uno choc per le tue difese.

    Grazie, mia signora. Non merito la vostra gentilezza. Il braccio mi dava fastidio da un po’ di tempo, a dire la verità, confessò Th’alia.

    Dii le diede una pacca sulla spalla. Prego. Ne preparerò dell’altro per il viaggio. Immagino che una palude non sia il posto più salutare, ed è meglio essere preparati. Non sei d’accordo?

    Archos sorrise, quando le donne tornarono a sedersi, felice di vedere che la giovane studiosa aveva un aspetto leggermente migliore. Sarete, ovviamente, nostri ospiti, mentre facciamo i preparativi?

    Marden apparve sorpreso, Signore, è davvero molto generoso. Abbiamo ancora degli oggetti alla taverna che dovranno essere recuperati. Mentre siamo qui, vorrei vedere che zona attraverseremo, se è possibile. Quella regione non mi è familiare.

    Il Signore-Mago si limitò a rispondere, Be’, dato che viaggeremo insieme, mi sembra ragionevole, no? In questo periodo dell’anno, serviranno degli abiti adatti. Nel giro di un paio di giorni ci sarà il mercato. Dovremmo riuscire a trovare quello che ci serve. Olek vi accompagnerà. Il sentiero può essere difficile, per chi non lo conosce.

    * * *

    Olek li scortò al limitare del villaggio, per poi andare a prendere Ozena dalla sessione di allenamento di tiro con l’arco. La sua autostima era cresciuta, e adesso era più sicura di sé nella sua posizione all’interno della comunità, così rimase a guardare con un sorriso la piccola elfa che dava ordini e istruzioni ad abitanti del villaggio più grossi di lei. Non riuscì a trattenere le risa, quando vide Ozena muoversi per mostrare al fabbro, Stefan, l’arte del tiro con l’arco; l’uomo, grosso e forte con un arco alto quasi quanto Ozena, che veniva sgridato in modo benevolo per i suoi errori. Olek, con un paio di altri, si occupavano dell’addestramento con le spade, suggerendo ad Archos che un villaggio in cui gli abitanti sapevano difendersi da soli era la sua difesa migliore.

    Dopo l’attacco al vicino villaggio elfico di Szendro – che era stato distrutto da trafficanti di schiavi e dal duro e corrotto Ordine dei Cacciatori di Streghe – e tenuto conto degli altri uomini influenti a cui avevano recentemente pestato i piedi nel loro tentativo di salvare gli elfi rapiti, Archos aveva deciso di aumentare le difese. Sapeva che i trafficanti, di tanto in tanto, prendevano anche umani, oltre agli elfi, riempiendo i mercati di schiavi di Erana e non solo, e i Cacciatori di Streghe causavano molti fastidi con le loro rare visite, anche se, ovviamente, c’era la reale possibilità che queste visite diventassero meno rare. Olek conosceva il livello di mazzette che Archos pagava, l’influenza che aveva, che significava che i Cacciatori di Streghe spesso li ignoravano, almeno finché non arrivava il momento in cui a loro conveniva voltarsi dalla loro parte. Sapevano entrambi che i Cacciatori di Streghe non avrebbero ignorato Valle Tremellic per sempre, per cui era comparsa una barriera perimetrale, almeno intorno ad Harkenen, e i banditi sorvegliavano le strade. Ma tali difese e l’addestramento richiedevano tempo, e i residenti erano per lo più contadini, commercianti e artigiani, non arcieri e guerrieri esperti, anche se alcuni erano promettenti.

    Marden scrisse un semplice biglietto, dicendo solo che doveva partire nel giro di pochi giorni, e che stava bene. La taverna a cui era indirizzato non aveva legami né con i Cacciatori di Streghe né con i loro nemici, e il galoppino del punto di sosta che l’avrebbe presa l’avrebbe solo passata ad un contatto. Nella possibilità che venisse intercettata, sembrava abbastanza innocua.

    Portando Th’alia al piano di sopra, disse piano, Sei stata brava, studiosa. Sono felice che tu sia stata guarita. Non sono una persona così terribile, da trarre piacere dal vederti soffrire. Ora riposa, mangia e recupera le forze. Il piano avanza come vogliamo.

    Io... non posso farlo! Sono gentili, come puoi sopportare di farlo?, Th’alia rispose, disperata.

    Afferrandole il braccio, lui sbottò, Ricorda il motivo, ragazza – la vita di tua sorella. Non piace nemmeno a me. Se i nostri piani vengono scoperti, pensi che a me verrà concesso di vivere? Se ritorno senza successo, credi che non mi puniranno? L’Ordine non accetta fallimenti. Ricorda quello che sono, Th’alia!

    Vedendo la sua paura e la vergogna, Marden si addolcì appena. Sei una donna forte, Th’alia, e intelligente. Devi esserlo, per essere sopravvissuta alle prigione, aver fatto questa scelta. Guarda, è una brutta situazione per entrambi, cerchiamo di trarne il meglio.

    Th’alia si allontanò da lui, liberandosi dalla sua stretta. Prese le sue poche cose, rispondendo con voce calma, So quello che devo fare. Credimi, Marden, lo so.

    Capitolo 3

    Distrattamente, Th’alia si ritorse il ciondolo intorno al collo, pensando alla sua gemella, pregando gli dèi degli elfi che si prendessero cura di sua sorella e le dessero la forza di fare quel che doveva. Il ciondolo d’argento le diede conforto, essendo l’unico collegamento che ora aveva con M’alia e con la sua casa. Sperò che M’alia fosse ancora viva e fosse stata davvero spostata in un posto migliore, ma, ogni volta che chiudeva gli occhi, vedeva la sua gemella in catene e insanguinata, lo sguardo supplichevole nei suoi occhi. Le balzò in mente un pensiero, che implorò Th’alia di non accettare il suo compito, di lasciar morire M’alia, lasciare che morissero entrambe piuttosto che tradire se stessa, la sua gente, e i suoi nuovi amici. Un’altra voce lo allontanò. Questa voce le disse, Puoi salvarla, la tua gemella, la tua altra metà, o almeno farle guadagnare tempo. Forse puoi pensare ad un piano.

    Distesa sul grande letto lussuoso, si sfregò il braccio, pensando che la ferita stava davvero molto meglio. Era grata, sapeva che ferite del genere potevano causare un’invalidità permanente. La giovane studiosa sapeva perché aveva acconsentito, no, quello non era il termine giusto, perché era stata costretta ad accettare di condurre la Signora della Luce e suo marito umano alla Cittadella, supponendo ovviamente che fossero in grado di trovare la Chiave della Conoscenza. Sperò di riuscire a convincerli a proseguire il viaggio una volta che avrebbero avuto ulteriori informazioni.

    Suo nonno le aveva raccontato molte storie, sulla Cittadella e sulla Grande Biblioteca, e persino ora, quando pensava a tutta la conoscenza che c’era lì, Th’alia aveva una sensazione calda, un piccolo fremito di eccitazione. Improvvisamente, si chiese se esistesse ancora, e se sarebbero stati in grado di trovarla, e il fremito nel suo ventre divenne paura. Se l’anello che conteneva la Chiave della Conoscenza era andato perduto, era già stato rubato, o era semplicemente un mito, avrebbe fallito. Th’alia non voleva pensare a cosa sarebbe successo, se avesse fallito.

    Th’alia lasciò che le lacrime scorressero, e poi, rimettendosi in sesto, cercò di distrarsi dalle sue preoccupazioni. Decise che aveva bisogno di parlare con il suo ospite, per discutere dei piani che bisognava fare. Cercava aiuto, e non avrebbe lasciato tutto a lui. Nonostante tutto, Th’alia era fiera delle sue abilità e della sua occupazione. Avrebbe fatto in modo di offrire loro quanta conoscenza aveva, quando sarebbe arrivato il momento di compiere il suo dovere, per quello che poteva essere. Pensò in modo cupo che avrebbe dovuto trarre il maggior vantaggio possibile dalla situazione, e, con una smorfia, si rese conto che era quello che aveva detto Marden. Alzandosi, andò a cercare Lady Dii’Athella, in cerca della sua saggezza e compagnia, desiderando improvvisamente non essere sola con i suoi pensieri nella casa sconosciuta.

    Mia signora, Lord Archos mi ha dato il permesso di usare la biblioteca. Mi piacerebbe molto vederla, ma non so dove si trova. Vorrei anche ringraziarvi per avermi guarita. Non volevo sembrare ingrata. Ero piuttosto stanca e lontana da casa, capite. Non è stato un viaggio facile, nelle terre degli umani.

    Sì, sì, capisco. Può essere molto spaventoso, essere un elfo che viaggia in queste terre, ma almeno hai una scorta. Sei stata malata. Qualche giorno di riposo dovrebbe farti molto bene, e la biblioteca è meravigliosa, rispose Dii, comprensiva e gentile.

    Prendendole la mano, Dii condusse Th’alia alla biblioteca e, aprendo la porta della stanza grande, ben fornita e impressionante, Th’alia rimase a bocca aperta, piena di meraviglia. È davvero meravigliosa, e voi siete così fortunata! C’è così tanta conoscenza!

    Ho reagito così anche io, la prima volta che l’ho vista. Non avevo mai visto niente del genere. A mio marito piacciono i libri e la conoscenza, e gli piace collezionarli e custodirli, come puoi vedere. Passo molto tempo in questo posto, lo adoro. Non penso che imparerò mai tutto quello che c’è qui, nemmeno se vivessi mille anni, Dii rise, gli occhi che brillavano per la gioia.

    Guidando un’incantata Th’alia lungo le mensole, indicò la parte posteriore. "Ci sono libri in lingua Elfica, Troll e persino in lingue che non ho

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