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quattro racconti antichi
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E-book117 pagine1 ora

quattro racconti antichi

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Info su questo ebook

Tradizionalmente i libri di storia, o di racconti storici, si interessano dei personaggi principali e noti, relegando in secondo piano i comprimari per accennare a loro solo quando interferiscono con il personaggio principale.
In questi quattro racconti, invece, viene dato maggiore rilievo al personaggio secondario e solo incidentalmente si citano quelli che per i libri sono gli autori degli eventi.
Nell’appendice ai racconti, chiamata Paralipomeni, si dà una maggiore spiegazione di questa impostazione
LinguaItaliano
Data di uscita8 mag 2013
ISBN9788867559060
quattro racconti antichi

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    Anteprima del libro

    quattro racconti antichi - Giampietro Favero

    9788867559084

    Le Porte Scee

    I

    La freccia viaggiava silenziosa dall'interno della città verso quella sagoma che si stagliava contro il chiarore della notte sulle mura, ed andò a conficcarsi nel collo di Democoonte trapassandogli le corde vocali.

    Il figlio del re, quella notte di sentinella, non cadde subito ma si accorse che non poteva dare l'allarme con la voce. E ciò gli costò più che non il dolore della ferita.

    Eppure la notte era cominciata bene.

    Dopo quasi dieci giorni di pioggia, il mattino era stato sereno e silenzioso. Da dentro le mura della città non si sentiva più il brusio che, in lontananza, aveva fatto, fino ad allora, l'esercito acheo. Quando le prime scolte del mattino si erano affacciate all'alto delle mura in effetti la moltitudine di tende che erano abituati a vedere da una decina d'anni, non c'era più. Il terreno, calpestato per tanto tempo dai due eserciti, non aveva più un filo d'erba, era brullo e sassoso e sabbioso come non lo era mai stato e non aveva più nulla della distesa di verde nella quale una volta scorreva il fiume, da un'ansa all'altra, lentamente fino a sfociare in mare. Lo Scamandro non fluiva più azzurro e lucido, ma polveroso e giallastro per tutta la terra che ormai trasportava, circondato da pozzanghere che il bel tempo del giorno non aveva ancora asciugato.

    Dapprima timidamente poi sempre con maggiore confidenza i cittadini erano usciti dalle Porte Scee e si erano cominciati a riversare lungo la discesa che terminava in mare.

    Nessuno poteva credere che gli achei, dopo dieci anni di guerra, senza che niente lo facesse prevedere, avessero abbandonato il campo.

    È vero che avevano lasciato un grosso cavallo di legno sull'arenile quasi fosse un omaggio a Poseidone che, con un colpo di tridente, aveva fatto scaturire un cavallo dal terreno nella gara fra gli dei quando Atena, vincendo, insegnò agli ateniesi la coltura dell'ulivo.

    Dopo la prima sorpresa, i cittadini si avvicinarono timidamente al cavallo, mentre si accendeva la disputa se bisognasse vedere in esso un omaggio agli dei e quindi scortarlo all'interno della città ovvero una trappola lasciata lì dagli achei chissà a quale scopo.

    A qualcuno, in specie a Laocoonte, sacerdote di Apollo, venne il sospetto che non tutto fosse chiaro e che qualcuno si nascondesse all'interno, e fu proprio Laocoonte che presa una lancia la scagliò contro la pancia del cavallo che però risuonò a vuoto; anche, Cassandra, che era profetessa e figlia di Priamo, era uscita dalla città e, piangendo, supplicava che non si portasse il cavallo all'interno delle mura, ma sembrava che ella fosse destinata a non essere ascoltata; per cui fra i cittadini si fece sempre più salda l'idea che il cavallo fosse un omaggio al dio e che occorresse portarlo all'interno della città.

    Anzi l'intervento di Laocoonte fu seguito da un fatto straordinario, due animali marini, uscirono dal mare e, raggiunti i figli del sacerdote li avvolsero in spire e lo stesso Laocoonte che tentava di liberarli fu assalito e ucciso da quei mostri.

    Questo fenomeno fu attribuito da tutti al dio che evidentemente voleva che l'omaggio venisse portato in città.

    E così fu fatto anche se si impiegò quasi l'intera giornata per il trasporto.

    Democoonte, religioso e timoroso degli dei, fu d'accordo con tale decisione ed uno di quelli che si misero alle funi per tirare il cavallo.

    Qualcuno in effetti era restato a scrutare il mare per vedere se si vedesse qualche nave achea, ma il mare era sgombro di navi. In effetti a nessuno venne in mente di mettere in mare una barca e superare l'isola di Tenedo per constatare che non si nascondesse dietro di lei una intera flotta, ma l'ipotesi non sembrò plausibile e nessuno si mosse.

    Cassandra rientrò nella reggia e si recò presso l'altare del tempio. La visione che aveva avuto era stata terribile: gli achei nascosti nel ventre del cavallo, di notte aprono le porte della città e consentono l'ingresso agli altri achei che avevano effettivamente nascosto le navi dietro Tenedo in ciò facilitati da una nebbiolina fuori stagione sussistente almeno finché il sole al tramonto aveva impedito la vista di ogni cosa fosse in mare. E la città invasa da quei barbari urlanti, il re ucciso presso l'altare assieme a qualcuno dei figli, Lei stessa stuprata e trascinata per i capelli per diventare schiava di un vincitore. La città data alle fiamme. Solo qualcuno si sarebbe salvato fuggendo alla luce dell'incendio fidando sul fatto che gli achei intenti alla strage ed al saccheggio non lo avrebbero notato.

    Tutto questo vide e ne pianse da sola, non avrebbe trovato credito presso nessuno. Dall'altare il dio rimaneva muto.

    Democoonte non aveva di queste preoccupazioni, per lui ormai la guerra, che era durata dieci anni e che era cominciata quando egli era ancora bambino, doveva considerarsi finita, per cui fu con animo leggero che iniziò il suo turno di guardia notturna sulle mura.

    Non faceva freddo.

    Era proprio una bella serata degna chiusura di una bella giornata, la prima dopo tanta pioggia.

    La luna stava sorgendo dalla parte opposta del mare e non riusciva ad illuminarlo pure si rifletteva sul suo scudo che la sera aveva così ben lucidato.

    Odisseo, che era stato il primo a fuoriuscire dal cavallo, vide il riflesso e temette che un allarme, dato in quel momento quando ancora la maggior parte degli achei era alle prese con l'uscita dal ventre del cavallo, avrebbe impedito la riuscita dell'operazione, incoccò la freccia e la scagliò colpendo Democoonte proprio in gola. Poi accelerò l'uscita dei suoi che corsero subito alle porte Scee per far entrare l'esercito amico.

    Nessuno in città se ne era accorto, salvo Democoonte che non poté lanciare l'allarme.

    Democoonte morì prima che gli achei gli dessero il colpo di grazia.

    II

    Eumelo fu colpito proditoriamente alle spalle. La lama penetrò proprio dietro la schiena ed egli si accorse che non riusciva più a muovere le gambe. Prima di cadere riuscì, con sforzo, a vedere chi lo aveva colpito: era ancora un ragazzo senza un filo di barba che ora stava correndo a grande velocità lungo la riva del mare per portarsi più lontano possibile dalla torma degli achei che stava tornando sulle navi.

    Tutto il bottino che aveva razziato all'interno della città e che si era caricato sulle spalle, racchiuso in una tunica, ora gli impediva i movimenti. Cadde bocconi, presso la riva del mare, con il bottino che in parte era fuoriuscito dal fagotto che si era fatto, e la parte pesante gli rovinò sulle spalle, mentre qualche oggetto più leggero, rotolò lì vicino.

    Qualcuno degli achei che passava accanto, essendo Eumelo seminudo come tutti quelli che erano stati la notte avanti nel cavallo, non riconoscendolo si chinò a prendere quelle due armille d'oro che erano fuoriuscite dal fagotto senza preoccuparsi del corpo che giaceva vicino.

    Eumelo tentò di chiamarlo e chiedere aiuto, ma l'uomo, o che non avesse sentito, o che ritenesse più conveniente tenersi i due pezzi d'oro trovati senza sforzo, continuò il suo cammino verso la nave.

    Eumelo non voleva credere che una semplice pugnalata alla schiena gli impedisse a tal punto i movimenti, e continuò inutilmente a chiedere aiuto a coloro che passavano senza che se ne dessero per intesi.

    La notte era trascorsa abbastanza bene all'interno del cavallo, attendendo che si facesse giorno. Epeo era stato un buon costruttore e lui stesso aveva preso posto all'interno perché sapeva come aprire il marchingegno che chiudeva la botola posta sotto la pancia e ben dissimulata dalla corrispondenza delle travi.

    Ciascuno dei quaranta eroi achei aveva un sedile su cui sedere e, dappresso, una specie di mensola dove poggiare lo scudo e le armi. Tutti erano quasi nudi, vestiti solo da un perizoma, perché durante il giorno che dovevano passare all'interno, avrebbe fatto molto caldo. È vero che Epeo

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