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Le Supplici
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Le Supplici
E-book117 pagine45 minuti

Le Supplici

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Info su questo ebook

Il testo in italiano tradotto da Ettore Romagnoli e la versione originale in greco della tragedia di Eschilo che rappresenta la fuga, a seguito di un infausto presagio, delle figlie di Danao dalla terra del padre verso Argo ove chiedono asilo; tale gesto scatenerà le ire di Egitto, il fratello di Danao.
LinguaItaliano
EditoreKitabu
Data di uscita17 ott 2013
ISBN9788867442027
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    Le Supplici - Eschilo

    LE SUPPLICI

    Αἰσχύλος, Ικετιδεσ

    Originally published in Greek

    ISBN 978-88-674-4202-7

    Collana: AD ALTIORA

    © 2014 KITABU S.r.l.s.

    Via Cesare Cesariano 7 - 20154 Milano

    Ti ringraziamo per aver scelto di leggere un libro Kitabu.

    Ti auguriamo una buona lettura.

    Progetto e realizzazione grafica: Rino Ruscio

    LE SUPPLICI

    PERSONAGGI:

    DÀNAO (fratello di Egitto)

    PELÀSGO (re di Argo)

    ARALDO EGIZIANO

    ANCELLE DELLE DANÀIDI

    GUARDIE

    CORO DI DANÀIDI

    POPOLO

    AMBIENTAZIONE:

    In fondo alla scena si vede un poggio, e su questo gli altari dei Numi che proteggono la città.

    (Guidate dal vecchio padre Dànao, entrano le Danàidi, in vesti egizie, reggendo ciascuna nella sinistra un ramoscello d'ulivo avvolto di bianche lane - il segno dei supplici - e percorrono l'orchestra, sopra un lentissimo ritmo di marcia, cantando il brano seguente)

    CORO:

    Protettore dei supplici, Giove,

    volgi l'occhio benevolo a questa

    nostra schiera, che giunge per mare

    dalle foci e le sabbie del Nilo.

    La divina contrada finitima

    della Siria fuggiamo; né bando

    contro noi per delitto di sangue

    decretava la nostra città.

    Ma spontanee fuggiamo da sposi

    consanguinei, schiviam l'abominio

    d'empie nozze coi figli d'Egitto.

    Consiglier della fuga fu Dànao

    nostro padre: esso, il tutto librando,

    questo farmaco ai mali rinvenne:

    che sui flutti del mar c'involassimo,

    che alla terra approdassimo d'Argo,

    d'onde vien nostra stirpe, che vanta

    la giovenca sospinta dall'estro

    alla brama ed al tocco di Giove.

    A qual terra potremmo approdare

    piú di questa benigna, e protenderle

    rami e bende con supplici palme?

    Questa terra, ed i suoi cittadini,

    e le candide linfe, ed i Superi,

    e gl'Inferni implacabili Numi

    guardïani dei tumuli, e Giove

    salvatore per terzo, che i tetti

    custodisce degli uomini pii,

    diano asilo a la schiera fuggiasca

    delle femmine; e spiri dall'animo

    degli Argivi favore; e lo sciame

    dei figliuoli d'Egitto protervo,

    pria che posino il pie' su le arene

    della spiaggia, e il lor legno veloce

    respingete nel pelago; e qui,

    tra cozzare d'avverse procelle,

    tra le folgori, i tuoni, le raffiche,

    e la piova, sul mare selvaggio

    spersi vadano, avanti che ascendano

    i giacigli da cui li respinge

    la Giustizia, e al legame paterno

    faccian forza e a la mia volontà.

    (Dànao ascende l'altura. Le fanciulle son disposte attorno all'altare di Diòniso, in mezzo all'orchestra. E intorno all'altare compiono lente evoluzioni danzate, cantando le strofe che seguono.)

    CORO:

    Strofe prima

    Il rampollo divino

    ora s'invochi, il vindice

    torello oltremarino,

    concetto al tocco e all'alito

    di Giove, sopra i floridi

    paschi, dalla giovenca progenitrice nostra:

    ché giunse il dí scritto nei fati, ed Èpafo

    die' a luce: il nome suo l'origin mostra.

    Antistrofe prima

    In questi erbosi lochi,

    ove pascea nostra avola,

    il suo nome or s'invochi,

    si dia certo segnacolo

    della nostra progenie,

    rammemorando l'esito

    di quell'antico affanno:

    ché, quando a lungo le sporrò, veridiche

    le incredibili cose anche parranno.

    Strofe seconda

    Se ascolti questo mio lagno flebile

    alcun degli àuguri di questo suolo,

    penserà certo d'udir la misera

    rosignoletta, sposa di Tèreo,

    dallo sparviero cacciata a volo,

    Antistrofe seconda

    che dalle prische sue terre profuga,

    leva, a rimpiangerle, nuovo lamento,

    e insieme il fato piange del figlio

    che dalla barbara materna furia

    colpito cadde, di sua man spento.

    Strofe terza

    Vaga di gemiti, anch'io

    levo le ioniche note,

    dilanio le tenere gote

    che il vampo del Nilo imbruní:

    il cuore inesperto di lagrime

    dilanio, mietendo lamenti,

    ignara se alcun dei parenti

    vorrà dare asilo alla misera

    che il bruno paese fuggí.

    Antistrofe terza

    Numi dei padri, ascoltatemi

    voi cui diletta è giustizia:

    non rida la sorte propizia

    all'uomo che ingiusto operò.

    Punite l'iniquo connubio,

    punite la rea tracotanza:

    l'altare e la santa osservanza

    dei Numi, tutelano il supplice

    che stanco alla pugna scampò.

    Strofe quarta

    Deh!, fosse pur vero

    ch'io sono di

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