Dieci piccoli enigmi
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Info su questo ebook
- Un uomo strano, deriso da tutti, che si nasconde in una grande villa e una giovane giornalista coraggiosa che, penna alla mano, si avventura in un’oscura storia dai contorni evanescenti, perché quello che è, raramente è quello che sembra.
- Un messaggio nella notte, lasciato scivolare sotto la porta di una stanza d’albergo. Ma la stanza è quella sbagliata. Troppo tardi per rimediare all’errore e chi non c’entrava nulla viene trascinato dentro un vortice d’eventi di difficile gestione. Alla fine però la Giustizia trionferà.
- Un segreto antico e inconfessabile che potrebbe cambiare la storia della letteratura. Troppo grande per essere custodito da una sola persona, troppo inquietante per essere rivelato.
- La paura, la paura può impedirti di vivere... e quando viene da qualcosa che hai visto è ancora peggio… cosa spaventa tanto la giovane Angelica? Per scoprirlo una coraggiosa psichiatra si troverà coinvolta in un’oscura storia di ladri e contrabbandieri.
- Una simpatica e svampita vecchietta occupa il suo tempo a guardare il mondo dai vetri della sua finestra… guarda, guarda si imbatte in qualcosa di davvero strano.
- Si può sul serio dimenticare tutto di se stessi? Forse sì, forse no. E se poi hai 500.000 euro nella tua valigia e non ne conosci la provenienza il mistero s’infittisce.
- Una festa, una villa e una nota stonata a rovinare l’atmosfera. Parte tutto da qui o no? Quando c’è di mezzo un suicidio ma il corpo non si trova le possibili soluzioni sono tante, troppe…
- Un antico diadema che porta sfortuna. La regina di quadri: c’è chi sarebbe disposto a tutto pur di averla.
- Uccidere un gatto è reato? Sì, lo è e il Maresciallo Lo Giudice apre una vera e propria indagine per aiutare la signora Maria e i suoi amici a quattro zampe.
- Una base dell’Aeronautica Militare e un diario ritrovato dopo tanto tempo. Un diario che cela un’inconfessabile segreto. Ha senso indagare dopo tanti anni? A chi gioverebbe, cui prodest?
Tante storie, tutte con un risvolto psicologico, tutte con la speranza di andare oltre l’apparenza, di scoprire non tanto chi ha commesso il reato, ma la ragione che l’ha spinto a farlo, non il come, ma il perché.
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Anteprima del libro
Dieci piccoli enigmi - Raffaella Ferrari
Raffaella Ferrari
Dieci piccoli enigmi
Dedicato a chi guarda la luna e non il dito,
chi cerca il perché e non il come...
… per Manuela che è lo specchio
di tutti i miei progetti.
Dieci piccoli enigmi
Raffaella Ferrari © 2013
IO E IL VAMPIRO
Il Vampiro. Tutti in paese lo chiamavano così. Su di lui avevo sentito voci agghiaccianti. Nessuno l’aveva mai visto in volto da quando si era trasferito nella grande villa immersa nel verde, tenebrosa e silenziosa. Usciva solo di notte, si diceva, per andare a ballare con le streghe nei boschi o per realizzare incontri carnali con vergini che rapiva a quel fine.
Eppure io ero curiosa, curiosa da morire e… per niente spaventata. Separare i fatti dalle dicerie, mi avevano insegnato al corso di giornalismo che avevo frequentato all’Università. E, allora, un fatto era che il Vampiro si chiamava in realtà Diego Valpi e si era trasferito in paese cinque anni prima. Un altro fatto era che effettivamente non si era mai visto in giro: non andava neanche a fare la spesa… e questa, sì, era una cosa strana. Ogni giorno ordinava per telefono all’unico negozio di alimentari quel che gli serviva e se lo faceva lasciare davanti al portone della villa con il conto della spesa dentro. A fine mese, regolare come un orologio svizzero, pagava con bonifico ciò che doveva.
Su Google non avevo trovato nulla che riguardasse un tale di nome Diego Valpi, almeno niente di particolare. La casa dove viveva aveva anch’essa una storia sinistra. Era appartenuta a una bella famiglia londinese che ci veniva a trascorrere le estati. Madre, padre e due gemelline bionde e belle di sei anni. Nell’agosto del 1982, e questo era un fatto, perché ricordavo d’averlo letto nei giornali d’allora, anche se all’epoca avevo solo dieci anni, le gemelline giocavano nel solaio della grande villa. Non si seppe mai come, una delle due, scivolò dentro a una botola che immetteva in un vano dimenticato, una sorta di ripostiglio. La sorellina nel tentativo di aiutarla, scivolò pure lei. Nessuno sapeva della botola e le bimbe vennero cercate a lungo senza che a nessuno venisse in mente di controllare la soffitta. Le trovarono dopo giorni. Morte entrambe. I genitori, sconvolti, chiusero la villa e non vi tornarono mai più. La casa rimase lì, abbandonata per molto tempo. Poi, una decina di anni dopo, venne messa in vendita, ma nessuno voleva comprare la villa dell’orrore. Nessuno, tranne Diego Valpi. O meglio, un avvocato di Milano, che l’aveva acquistata, mi ero informata, per procura in nome del signor Valpi.
Accidenti alla mia maledetta curiosità! Che ci facevo ora davanti al cancello della villa del Vampiro? Sì, è vero, il professore di giornalismo dell’Università diceva sempre che la curiosità è la prima virtù di un buon giornalista… ma… non ricordavo avesse mai detto nulla dei numerosissimi pasticci nei quali può ficcarti una dose eccessiva di curiosità. Guai, grossi guai. Perché non solo stavo lì davanti ma avevo pure suonato al campanello. E ora l’enorme cancello cigolava sinistramente, aprendosi lentamente. Il Vampiro, senza domandare neppure chi fossi, mi lasciava entrare nella sua oscura dimora.
Traversato il breve vialetto alberato arrivai al portone. Mi guardai intorno. Il giardino era trascuratissimo: erbacce ovunque. L’ingresso era accostato. Entrai. Un grande salone polveroso e buio. Pesanti tende di velluto schermavano la luce che filtrava fioca, fioca dalle finestre. Ai Vampiri, si sa, da fastidio il sole… Lui non c’era. Feci alcuni passi che risultarono ovattati sul tappeto color amaranto. C’è nessuno?
dissi Mi scusi… mi chiamo Cristina Milo e volevo…
Buongiorno signorina Milo.
una voce calda, dai toni bassi, quasi roca.
Sussultai e mi voltai.
Il Vampiro stava in piedi sotto un arco. Era vestito di scuro. Ne intravvedevo la sagoma e nient’altro avvolto com’era nella penombra. Vicino a lui ringhiava piano un grosso cane nero.
Ecco io…
balbettai e feci per avvicinarmi.
Stia ferma dov’è!
ordinò lui e il cane ringhiò più forte.
Ecco io sono una giornalista e…
dissi cercando di simulare una calma che davvero non avevo.
Sì, sì, già sentita. Che fa? Vuole intervistare un vampiro? Beh, almeno lei non si è portata dietro un paletto di frassino come l’ultimo imbecille che è stato qui. E nemmeno teste d’aglio come fanno i ragazzini che vengono a disturbarmi lanciandole oltre il cancello nei loro pigri pomeriggi di noia.
Certo che no! Non mi permetterei mai e poi.. ecco io non credo a certe sciocchezze…
Bene allora se non ci crede, può smettere di tremare e tornarsene da dove è venuta.
Il tono non ammetteva repliche. Ma io, da buon giornalista, avevo addentato la preda e non volevo lasciarla.
Il cane abbaiò.
Zitto
fece lui gelido e l’animale obbedì accucciandosi.
Non posso farle neanche una domanda? Del resto mi ha fatto entrare…
Mi capitava sempre così. Ogni volta che avevo paura mi veniva spontaneo aggredire a mia volta.
Ma certo
fece lui ironico Un’intera intervista, se lo vorrà. Ma sono sicuro che non vorrà. Scommettiamo?
e fece alcuni passi avanti uscendo così dal cono d’ombra.
E io lo vidi. Vidi un uomo senza volto. Qualcosa, forse un’esplosione, gli aveva portato via il naso del quale restavano solo due orridi buchi scuri, le narici. La bocca non aveva labbra e lasciava vedere i denti. Un occhio era completamente bianco, ma l’altro, scuro come la notte, mi fissava con un’espressione che era un miscuglio di sentimenti. Rabbia? Dolore? Persino un qualcosa di molto simile al desiderio di rivalsa, ci vidi dentro. Mio malgrado ne fui terrorizzata. Il cane ringhiò di nuovo.
Scusi… s… scusi…
balbettai. E iniziai a correre. Corsi fuori dalla villa, giù per il vialetto a perdifiato, fino a varcare il cancello. E poi ancora, corsi ancora per l’antica via romana di ciottoli sconnessi, inciampando, graffiandomi le caviglie nude con le erbacce che crescevano tra un sasso e l’altro. Corsi tra le case del paese. Corsi fino a che avevo fiato e poi mi lasciai andare esausta nel verde prato dall’erba alta e profumata, nel quale, non sapevo come, ero arrivata.
Guardavo fuori dalla finestra la campagna. Silenziosa eppure viva. Ricordavo un sacco di storie sugli abitanti fantastici dei boschi. Un sacco di leggende. Sentite dalle vecchie del paese. Fate, folletti, streghe e vampiri, appunto. Ma di uomini senza volto, neanche una. Cosa poteva averlo ridotto così? Deturpato com’era non c’era da stupirsi che non volesse avere contatti con la gente. La gente sa essere molto cattiva. E lo era stata, infatti. Tutte quelle storie su di lui: che rapiva le vergini e ballava con le streghe… oddio, con quel volto! No, lui il suo inferno privato già lo aveva. Perché ero fuggita? Orrore, paura… certo, chiunque sarebbe stato preso alla sprovvista dal suo aspetto, ma non era una scusa buona. Non per come volevo essere io: l’uomo lo fa il cuore, non certo l’aspetto. Aveva un cuore cattivo Diego Valpi? Aveva un cuore cattivo il Vampiro?
Gentil Signor Valpi, volevo scusarmi per il modo brusco col quale l’ho lasciata qualche giorno fa. Le garantisco che non è da me. Se è sempre dell’idea di rilasciarmi un’intervista sarò felice di ascoltarla. Mi dica dove e quando.
Accompagnai questo biglietto col mio numero di cellulare e lo infilai io stessa nella buca delle lettere del Vampiro.
Aspettai. Aspettai rassegnata a non avere risposte e invece arrivò un messaggio proprio quando ormai non ci speravo più. Domani 14.30 a casa mia. Diego
Che ci facevo seduta lì? Cosa ci facevo accovacciata nella poltrona di pelle nera nel polveroso salotto del Vampiro che odorava di chiuso e di vecchio? Il Vampiro mi guardava, presumevo, perché non riuscivo a vederlo bene. Stava in fondo alla stanza, seduto pure lui. Mascherava la sua deformità rifugiandosi dietro una sciarpa di seta alta fin sopra il naso. Sentivo lo sguardo dell’occhio sano su di me, mentre l’altro era, per l’occasione, coperto da una benda, come quella dei pirati. Paura? Avevo paura? No. Non era quello il sentimento che provavo. Ero terribilmente incuriosita e, senza una vera ragione, ero dispiaciuta per quell’uomo.
Beh, non mi fa domande, signorina Milo?
Ecco… non saprei da dove cominciare…
fui sincera.
L’aiuto io. Mi domandi cosa mi ha ridotto così: è questo ciò che vuole sapere, vero? È questa la ragione per la quale è tornata qua vincendo l’orrore che prova guardandomi?
Sì, cioè no… ecco io… sì… insomma, mi racconti la sua storia…
che razza di figura stavo facendo. Professionale, proprio professionale. Complimenti, signorina Milo! E dire che nei miei sogni segreti speravo di vincere un giorno il Premio Pulitzer! Il principale problema non era neppure il suo aspetto. Erano le dicerie sul suo conto. Era la faccia di mia sorella quando le avevo detto che avrei intervistato il Vampiro. Era il fatto che tutti davano per scontato che fosse cattivo, che mi avrebbe fatto del male. E avrebbe potuto. Sola nella sua casa, avrebbe potuto aggredirmi quando voleva. Invece rispose pacato Mi sorprende che abbia avuto il coraggio di venire a casa mia, signorina. Complimenti. Farà strada.
Nonostante tutto arrossii… ma lui non se ne avvide e continuò.
Dieci anni fa ero un altro uomo.
io accesi il registratore Mi perdonerà la presunzione ma ero un bell’uomo. Avevo tutto. Una moglie affascinante e innamorata, un paio d’amanti occasionali, un lavoro importante come chimico in una multinazionale di fama mondiale. E poi auto sportive, feste, viaggi nei posti più belli del mondo. Tutto ciò che si poteva desiderare era mio. L’avevo e non me ne accorgevo. Oppure lo davo per scontato. Quanti anni ha, signorina?
Santo Cielo! Ora era lui che faceva le domande a me!
Trenta
risposi, da brava scolaretta. Il Vampiro rise. Una risata sussurrata, agghiacciante per certi versi.
Quanto è giovane, beata lei!
e io lo immaginai mentre tentava di mordermi il collo per dissetarsi col sangue di una giovane donna. Mi agitai sulla poltrona. Rise di nuovo.
Non tema. Noi Vampiri non aggrediamo mai le nostre vittime prima del tramonto. Può stare tranquilla ancora qualche ora…
questa volta fui io a sorridere. Lui riprese.
Ha mai pensato che un solo attimo può cambiarti la vita? Una distrazione di un momento e… paff è tutto finito. A me è capitato così. Maneggiavo un nuovo tipo di esplosivo. Micidiale e delicato ad un tempo. Mi distrassi e quello esplose. Il risultato è quello che vede. L’incidente si portò via anche la moglie e le amanti. Sia sincera, lei starebbe accanto a un uomo come me? Avrebbe il coraggio di essere la mia donna? Loro non l’ebbero.
ero basita dalla sua schiettezza e certo non potevo contestarlo. Capivo. E più capivo, peggio mi sentivo.