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E-book306 pagine4 ore

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Info su questo ebook

Nell' ultimo anno, nella cittadina di Rivorvora, sono avvenuti quattro omicidi, tutti con la stessa modalità e lo stesso tipo di vittime: ragazze dai sedici ai vent' anni accoltellate quand' erano faccia a faccia con l' aggressore. La polizia indaga, ma l'identità del killer è ancora ignota.

Dopo l' ultima aggressione, Leonardo Scacchi, giornalista ventottenne del Rivo News, curioso, ostinato, egoista ed egocentrico, inizierà ad indagare sul caso con l' obiettivo di fare lo scoop che lo farà diventare famoso.

Tra dubbi, colpi di scena ed errori, Scacchi si troverà in un caso complicato, e il suo ficcare il naso in affari non di sua competenza, lo porteranno ad un passo dalla verità.
LinguaItaliano
Data di uscita28 mar 2017
ISBN9788892656307
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    Anteprima del libro

    Non mi fermerai - Daniele Lapenna

    Indice

    Sinossi

    Dedica

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    7

    8

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    26

    27

    Copyright e diritti

    Copyright e diritti

    Titolo | Non mi fermerai

    Autore | Daniele Lapenna

    ISBN | 9788892656307

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta

    senza il preventivo assenso dell’Autore.

    Youcanprint Self-Publishing

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    Lapenna Daniele

    Non mi fermerai

    NON

    MI

    FERMERAI

    Lapenna Daniele

    Sinossi

    Nell' ultimo anno, nella cittadina di Rivorvora, sono avvenuti quattro omicidi, tutti con la stessa modalità e lo stesso tipo di vittime: ragazze dai sedici ai vent' anni accoltellate quand' erano faccia a faccia con l' aggressore. La polizia indaga, ma l' identità del killer è ancora ignota.

    Dopo l' ultima aggressione, Leonardo Scacchi, giornalista ventottenne del Rivo News, curioso, ostinato, egoista ed egocentrico, inizierà ad indagare sul caso con l' obiettivo di fare lo scoop che lo farà diventare famoso.

    Tra dubbi, colpi di scena ed errori, Scacchi si troverà in un caso complicato, e il suo ficcare il naso in affari non di sua competenza, lo porteranno ad un passo dalla verità.

    I nomi dei personaggi e dei luoghi sono frutto della fantasia dell’ autore. Qualsiasi omonimia o riferimento a cose e persone è del tutto casuale e non voluto.

    Altri libri dell’ autore pubblicati sempre con l’ editore Youcanprint

    Omicidio su quattro ruote [ebook e cartaceo]

    Il  Cavaliere di Ghiaccio [ebook e cartaceo]

    Le  Pietre degli Dei [ebook e cartaceo

    La  felicità è nelle tue mani [ebook e cartaceo]

    info al blog

    http://lapennadaniele.blogspot.it

    Dedica

    A chi mi ha convinto a scrivere un giallo

    1

    Sabato, 8 Giugno 2017

    La sveglia suonò puntuale, alle 6:30. I suoi genitori le comprarono una elettronica, ponendola in cucina: idea geniale perché la mattina si sarebbe dovuta alzare dal letto per poterla spegnere.

    « Maledetti genitori! » mugugnò, scendendo, scalza, dal letto, barcollando come un ubriaco. Spense la sveglia con una manata. Lanciò un’ imprecazione e si sedette sulla sedia, col gomito destro sul tavolo e la testa poggiata sul palmo della mano.

    « Dai, Rufi, il mese prossimo sarai diplomata e maggiorenne. Non sei contenta? ». Contenta di cosa? si domandò fra sé, la ragazza.

    Il nome era già un peso che portava dalla sua nascita dacché nome raro, e anche un po’ buffo: Rufina.

    Nacque il 10 luglio 1999, ma sino a quel giorno, per problemi causati dalla gravidanza, i due neo genitori non pensarono al nome da dare alla piccolina. L’ unica volta che ne parlarono, il giorno in cui scoprirono che avrebbero avuto un bambino, non erano sulla stessa linea. In realtà non erano d’ accordo quasi su niente, erano il mare e la montagna, il sole e la pioggia, il bianco e il nero, eppure si amarono, si sposarono, e misero al mondo una figlia sana, anche se un po’ pazza.

    Ogni volta che sotto gli occhi della ragazza finiva un calendario, s’ inalberava, e capitava che lo stracciasse con le sue mani. Un giorno strappò il calendario di un ufficio pubblico: il personale la prese per psicopatica e chiamò persino i carabinieri. Non era certo una tipa quieta.

    Il 10 luglio, non avendo deciso il nome, il neo papà Giulio Sesti invitò la moglie ad affidarsi alla sorte: presero un quotidiano cattolico che avevano acquistato giorni addietro, aprirono una pagina a caso, e uscì quella dedicata al santo del giorno: Santa Rufina. Da perfetti religiosi, non potevano che accettare il segno divino.

    « Dammi venti euro, oggi mi sa torno tardi perché devo ripassare matematica da Eleonora »

    « Va bene, ma fammi uno squillo quando .. »

    « .. esco da scuola, quando arrivo a casa di Eleonora, quando andrò in bagno, quando ancora nessuno mi avrà rapita .. »

    « Smettila di fare la stupida! Lo sai che con tutti gli immigrati che girano non è più sicuro camminare per strada! »

    « Certo » rispose lei, alzandosi dalla sedia e mostrando disinteresse nella conversazione « ai tuoi tempi c’ erano solo le brigate rosse ... sai che sicurezza ...  ».  Senza neanche ascoltare la risposta della madre, entrò in bagno e chiuse la porta a chiave. 

    Uscì dalla porta di casa in ciabatte. Percorse il piccolo viale pavimentato che tagliava in due il suo giardino e arrivò al cancello. Lo aprì, prese il secchio della frazione organica e sentì improvvisamente un urlo scimmiesco: alzò lo sguardo e dei ragazzini gettarono verso di lui delle uova. Si coprì in tempo facendosi colpire sull’ avambraccio

    « Pezzi di merda! Se vi prendo, vi faccio sulla brace come un maiale! ».

    Quei giovani conoscevano le abitudini dell’ uomo, un sessantaquattrenne, alto quasi un metro e novanta, dalla corporatura massiccia e, alla vista, un sudicio e rozzo.

    Rientrò in giardino sbattendo il cancello, mugugnando parole incomprensibili, incurvando la sua schiena affetta da una vistosa cifosi. Nonostante incutesse un po’ di paura, i ragazzini che passavano di lì lo prendevano sempre in giro. Lo chiamavano Orso, sia per la stazza, sia perché di nome faceva Bruno e sia perché era analfabeta, parlava male e scriveva peggio. Viveva di una modesta pensione, e solo i residenti del quartiere più datati conoscevano il suo passato.

    Si grattò il capo infilando le sue dita nei suoi capelli arruffati e molto sporchi.  Posò il secchio fuori l’ ingresso dell’ abitazione, e rientrò. 

    « Ma perché vuoi bruciare le tappe? »

    « Ce l’ hai con le nane? » rispose, sorridendo e aumentando il passo.

    « Idiota, non fare lo stupido » ribatté l’ altro, accelerando l’ andatura.

    « Ah, io sono serissimo »

    « Come no! »

    « Ti ho detto che farò lo scoop del secolo, e lo farò! »

    « Ti caccerai nei ... guai ... Insomma la finisci di correre? »

    « Sono in ritardo. È appena successo un incidente spettacolare »

    « Sei una iena » commentò, inciampando, ma mantenendo l’ equilibrio, evitando di cadere « Accidenti ».

    « Sbrigati, altrimenti arriveremo in ritardo ».

    Leonardo voleva trovare lo scoop del secolo per diventare il più famoso giornalista del mondo. Aveva scommesso con i suoi amici che lo sarebbe diventato entro i trenta: aveva due anni a disposizione per riuscirci. Il suo terrore era morire da sconosciuto e miserabile: seguiva ogni giorno qualsiasi caso che potesse portarlo sui media nazionali, inseguiva i peggiori reietti della società, s’ intrufolava nei posti più pericolosi e non esitava ad indagare neanche sui politici più potenti.

    Il suo miglior amico, Arrigo, lo conosceva bene, lo ammirava, a volte provava anche un po’ di sana invidia per la sua intraprendenza e coraggio, e quando glielo diceva, Leonardo lo sfidava a chi sarebbe diventato famoso prima dell’ altro. Si conoscevano da quando andavano alle medie e si frequentarono anche dopo che si persero di vista per qualche anno per via del trasloco di Arrigo. Rimasero sempre in contatto, in qualsiasi situazione.

    Balzarono sulla piccola utilitaria dell’ irriverente giornalista il quale, dopo un ghigno che gli fece mostrare la sua dentatura non perfetta, partì di colpo poco prima che Arrigo chiudesse la portiera

    « Maledetto! Avvisa la prossima volta che parti così in fretta ». L’ altro non rispose « Comunque chi te l’ ha data la notizia? »

    « Il solito informatore » rispose Leonardo, con uno sguardo soddisfatto.

    « Donna? »

    « Fa differenza? »

    « Ma ... » il giovane allargò le braccia, incredulo « .. di nuovo?Illudi le ragazze per fini personali. Neanche fossi un divo di Hollywood »

    « Non lo sono? » Leonardo si sporse tentando di baciare l’ amico, fingendo di poterselo arruffianare così come faceva con i suoi informatori donna.

    « Smettila, idiota! Mi fa anche schifo che un uomo mi si avvicini così »

    « Zitto e controlla che lo smartphone sia carico ». Il ragazzo accelerò e sorpassò un autobus che procedeva, lento, davanti a lui: nella direzione opposta stava arrivando un suv, ma lui fu lesto e ritornò nella sua corsia dopo aver superato il lungo mezzo il quale suono il clacson più volte.

    « Sei un folle! Altro che famoso a trent’ anni, tu morirai entro i trenta! ». 

    Il paesino di Rivorvora contava meno di ventimila abitanti, ed era a dieci chilometri dalla grande metropoli. Il bello di questo paese era che dietro di sé aveva un grande bosco, a ridosso di qualche collina, dove pareva di esser lontanissimi dalle grandi città. Campi coltivati in periferia, tanti negozi al centro e tanta vita notturna, soprattutto dopo l’ apertura, negli ultimi dieci anni, di tre grandi locali in cui i giovani si ritrovavano la sera, specie di sabato. Uno di questi era il Renoir, luogo di ritrovo di tanti ragazzi sui vent’ anni.

    « Ma a che serve andare a scuola gli ultimi giorni? » si chiese, retoricamente, Rufina. La ragazza si sistemò nervosamente i suoi lunghi capelli castano chiaro, tirò fuori dalla borsetta un piccolo specchietto che portava sempre con sé, controllò che il trucco fosse a posto. Chiuse il portone di casa e attraversò la strada assieme alla sua amica Eleonora, la quale ricordò

    « Non dobbiamo fare assenze inutili. E dobbiamo anche lavorarci i prof. Tutti stanno tentando di arruffianarsi quelli delle materie dove hanno i voti più bassi »

    « Non sono una pecora » ribatté stizzita, Rufina « non faccio quel che fanno gli altri »

    « E allora scordati l’ esame e il diploma »

    « Col cazzo! Io voglio quel maledetto diploma! ».

    L’ istituto tecnico non era semplice, ma Rufina aveva l’ attitudine alle lingue straniere, e scelse l’ indirizzo turismo per poter trovare un lavoro nella grande città vicina visto che lì, d’ estate, arrivavano tanti turisti, e conoscere le lingue era un punto importante per trovare un impiego.

    Le ragazze non avevano che un quaderno e una penna: negli ultimi giorni ormai i giochi erano fatti: si facevano giusto le simulazioni d’ esame, si chiacchierava con i prof, e qualche studente riusciva anche a farsi interrogare per l’ ultima spinta verso la sufficienza. Le due si aggregarono al gruppo delle amiche che incrociarono sulla via che portava a scuola

    « Dai ragazze, stasera ci sballiamo al Renoir! » urlò una del gruppo. 

    « Un autotreno ha sbandato sfondando la barriera spartitraffico » parlò, con la sua solita parlantina veloce, il giovane giornalista.

    « Leo, smettila di correre ». Consigliarli di esser meno cinico, era inutile.

    Il camion aveva sfondato la barriera che divideva le corsie e il rimorchio si era messo di traverso, facendo impattare due veicoli. Per fortuna non c’ erano stati morti.

    « Zumma, Rig! Zumma! » parlava Leonardo, invitando l’ amico a riprendere da vicino le immagini più tragiche possibili e, se ci riusciva, anche qualche automobilista con un bel po’ di sangue addosso. La polizia stradale stava facendo i rilevamenti; il camionista era seduto sulla banchina, ed era visibilmente scosso. Forse era ubriaco, o assonnato. L’ ambulanza era appena arrivata e stava prestando soccorso ai feriti.

    « Stavolta sei arrivato dopo l’ ambulanza, Scacchi » disse un uomo in divisa, andando in contro ai due giovani.

    « Quello lì è il tizio che guidava l’ autotreno? » chiese Leonardo, indicando con il dito.

    « Sì è lui, è un romeno che ha avuto un colpo di sonno »

    « Perché devi sempre specificare la nazionalità, commissario Fittipaldi? »

    « Non sono commissario! »

    « Ma faresti bene a diventarlo » rise il giovane « Andiamo Rig, corri! Corri prima che arrivino i nostri nemici a soffiarci l’ esclusiva ».

    I due corsero verso l’ uomo, ancora scosso per l’ incidente, seduto sul guard rail laterale della strada.

    « Buongiorno, è lei che ha creato questo casino? »

    « Uh? »

    « Su Rig, riprendi, avvicinati che non ti mozzica mica »

    « Eh Leo, fammi prendere l’ inquadratura migliore »

    « La rifacciamo » il ragazzo si schiarì la voce con un finto colpo di tosse e chiese di nuovo « Lei è il camionista che ha provocato questo incidente? Cosa è successo? »

    « Io no parlare con giornali. Voi andare via! »

    « Nessuno parla con i giornali amico mio, al massimo c’ è stato Gesù che parlava con lo Spirito Santo »

    « Tu andare via! Via! » urlò l’ uomo, robusto e alto molto meno di un metro e ottanta, alzandosi e allontanandosi, ancora visibilmente frastornato.

    « Aveva bevuto? Ha chiamato già il suo avvocato? » insistette il ragazzo. Allorché l’ uomo, furibondo, si voltò di scatto e tentò di colpirlo: Leonardo si scansò evitando il pugno. Quei due anni di karate fatti a quattordici anni gli avevano insegnato qualcosa.

    « Dai, Leo » lo tirò via l’ amico.

    « Via! Via! » continuò ad urlare l’ uomo, quando intervennero due agenti.

    « Per favore, andate via » invitò uno dei due.

    « Dai Leo, utilizzeremo gli spezzoni che ho girato del luogo dell’ incidente per il video da pubblicare sul sito della redazione »

    « Maledetti .. quegli sbirri intervengono sempre al momento sbagliato! »

    « Finiscila, idiota. Loro fanno un lavoro del cazzo »

    « Come quello nostro? Ah » finse una risata ironica il giovane « Noi siamo precari costanti, quelli lì hanno il posto e lo stipendio fisso assicurato sino alla pensione! »

    « Però rischiano la vita »

    « Nessuno li ha costretti a scegliere quel lavoro, e poi » Leonardo si passò le mani nei capelli, dandosi una veloce grattata sul capo « anche noi rischiamo la vita. Soprattutto quando non riusciamo a guadagnare abbastanza per vivere » .

    I ragazzi fecero altre riprese del luogo, e dopo aver intervistato gli agenti che erano intervenuti sul posto, risalirono in auto e si diressero alla redazione.

    Lavoravano per il Rivo News, una testata giornalistica aperta negli anni ’ 40. Rischiò il fallimento verso la metà degli anni ’90: fu grazie ad un finanziatore esterno, un certo Francesco Laudi, un imprenditore molto famoso in quegli anni, se il giornale evitò di chiudere. La sua azienda era una delle più grandi nella nazione e fu tra le prime produttrici di elettrodomestici negli anni ’ 60. Fu Luigi Laudi, padre di Francesco, un uomo caparbio e intelligente, classe 1908, a circondarsi di ottimi tecnici inventando dispositivi che alleggerissero o premiassero il lavoro delle casalinghe, ad esempio con l’ invenzione di moderni forni per casa.

    L’ azienda Ld Corporation – nome dato dal padre utilizzando le consonanti del proprio cognome – era rimasta una grande azienda, e infatti era passata, col boom tecnologico, a costruire moderni televisori e, recentemente, con l’ acquisizione di un’ azienda di telefonia, anche smartphone e tablet.

    Proprio nel 1994, causa una sfida con un amico, Francesco Laudi acquistò il quotidiano Rivo News comunicando pubblicamente che l’ avrebbe fatto diventare uno dei più importanti organi d’ informazione della nazione. In effetti, il giornale diventò famoso a livello nazionale ed aprì delle sedi distaccate in altre regioni. Ampliò la sede e, nel primo decennio degli anni duemila, mise sua figlia a capo della redazione del giornale di Rivorvora.

    Katiusha Yelena Laudi era una bionda trentaduenne, figlia di Francesco, nata da una relazione extra coniugale con l’ assistente ucraina che spesse volte seguiva il futuro proprietario del Rivo News nelle trasferte fuori città per conto della Ld Corporation. Sua moglie lo sospettava, ma fece finta di nulla dacché egli era, a trentadue anni, già un uomo molto ricco. Divorziarsi equivaleva ad abbandonare una vita di agi e lussi.

    Leonardo e Arrigo entrarono nella sede, salutando i colleghi. Il primo si fermò davanti alla macchinetta automatica, inserì due monete e premette il tasto per avere un caffé espresso. Selezionò una tacca di zucchero

    « Amaro? » chiese il giornalista Scacchi.

    « No, grazie, almeno una dolcezza nella vita la voglio »

    « Ah già, non sei un tipo tosto come me » sghignazzò Leonardo, spinto dall’ amico che accennò un finto schiaffo sulla testa.

    « Raga, venite dal Renoir? » intervenne un ragazzo dai capelli molto corti e ricci color rame, dalla pelle così bianca che sembrava sotto influenza.

    « Renoir? » domandò Arrigo « Che è successo? L’ ennesima rissa dei ragazzini ripieni di vodka e rum? »

    « Ah, no ... » rispose Amedeo.

    « Roba pesante? » chiese Leonardo, voltandosi verso il collega e mostrando una curiosità morbosa tipica dei sadici.

    « Molto pesante » il ventiseienne dai capelli rossi allungò la mano e prese il bicchiere di caffé dalla macchinetta « Omicidio » e sorseggiò. Poco dopo fece una smorfia disgustata

    « Che schifo! Hai dimenticato di metterci lo zucchero? ». Gli altri due scoppiarono a ridere

    « Te la sei cercata, Fiammifero! » rise Leonardo, dandogli una pacca sulla spalla, per poi allontanarsi. Quel nomignolo glielo aveva dato lui stesso il primo giorno che lo vide in redazione. Amedeo, poco più giovane dei due, lavorava già lì quando Leonardo entrò per la prima volta: dopo una breve presentazione, lo sfacciato giornalista esordì con un ammonimento

    « Non provate a reagire con rabbia ai soprannomi che vi darò: non ricordo mai i nomi delle persone, quindi vi ribattezzerò man mano che capiterete sotto i miei occhi ».

    I due ragazzi si guardarono l’ un l’ altro

    « Ci vediamo dopo.  Nella macchinetta c’ è moneta per un altro caffé » disse Arrigo « Leo! Aspetta » chiamò lui, rincorrendo l’ amico per il lungo corridoio.  Amedeo, ancora disgustato, gettò il bicchiere di plastica nella pattumiera lì vicino e selezionò un nuovo caffé.  Stavolta, con cinque tacche di zucchero. 

    2

    La sala dove lavoravano i giornalisti era molto grande e le postazioni erano divise da pannelli in plastica trasparente.  Era una disposizione che creò Francesco Laudi e che i direttori successivi non modificarono.  Katiusha decise di rimodernare gli strumenti tecnologici e il mobilio: aveva un ottimo gusto per l’ arredamento, e spesso sembrava sprecata a gestire un quotidiano.  Alta qualche centimetro più di un metro e ottanta, amava, come tantissime donne, camminare sui tacchi, soprattutto per elevarsi fisicamente ancor di più facendo intimidire i suoi sottoposti.  Femminista, testarda, egocentrica e vanitosa, sapeva che la sua bellezza metteva molti giornalisti uomini in imbarazzo, mentre altri li faceva distrarre con l’ illusione di una notte di sesso sfrenato con lei.

    Quella mattina vestiva con un tubino color rosso porpora con le spalline larghe, la lunghezza sino poco sopra le ginocchia e una scollatura che faceva fantasticare coloro che non rimanevano insensibili alla sua bellezza. I capelli legati a coda di cavallo, e trucco leggero che metteva in risalto i suoi occhi azzurri.

    « Datemi info sull’ omicidio! » esordì Leonardo, appena fu sull’ ingresso della sala. Molti risero, alcuni scossero la testa.

    « Idiota, pensa invece a combinare qualcosa di buono » esclamò un tizio dalle retrovie della stanza, senza staccare gli occhi dal computer, continuando a scrivere con una velocità impressionante.

    « Il solito invidioso del cazzo » commentò Leonardo, accennando una risatina diabolica, dirigendosi verso la sua postazione.

    « Sta’ zitto, pulce » ribatté l’ altro, Antonio Chiostro, trent’ anni, detto Tony Black dacché si occupava esclusivamente di cronaca nera. Giornalista professionista, tentava in tutti i modi di mettere i bastoni tra le ruote al suo giovane collega, specialmente quando si occupava di generi di notizie che erano di sua competenza.

    Scacchi si fermò vicino alla postazione di Paola Torre, una ventiquattrenne entrata nella redazione da gennaio, che aspirava a diventare giornalista professionista. Era stata affiancata proprio a lui, sia perché aveva l’ indole giusta, sia perché la direttrice Laudi sapeva che aveva un debole per le donne, belle o meno belle che fossero, e che una distrazione del genere poteva metterlo in difficoltà e quindi, finalmente, dargli la lezione che meritava per la propria troppa sicurezza. Era troppo impertinente ed egocentrico. Come lei. Non era però un opposto che l’ attraeva, visto che aveva storie di breve durata con uomini più grandi e più ricchi. La casta sociale non voleva certo varcarla verso il basso.

    « Buondì, Brufolina » salutò il ragazzo, passando dietro la giovane, sedendosi sull’ altra sedia che era lì, sottraendole il mouse dalle mani « Mi fai fare una ricerca col tuo computer? »

    « Ma .. »

    « Grazie, sei davvero gentilissima! » sorrise lui, ad occhi chiusi, dopo averle sottratto anche la tastiera, iniziando a scrivere in maniera frenetica.

    « Che devi cercare stavolta, Leo? »

    « Stanotte ... omicidio ... Renoir »

    « Ah sì, hanno ucciso una ragazzina »

    « Cos ... ? » si fermò, basito, il giornalista.

    « Eh già, ... forse è lo stesso bastardo che ha commesso gli altri delitti da un anno a questa parte »

    « Uhm ... »

    « Qualcuno deve fermarlo »

    « E che non sia io a farlo ... » rise lui.

    « Tu? »

    « Non dopo aver fatto lo scoop del secolo! ». La ragazza lo spinse con la mano, con un’ espressione disgustata

    « Sei il solito cinico! »

    « Che ci fai lì? » sbucò dal nulla, Arrigo.

    « Zitto, che sto facendo una ricerca » rispose l’ altro, pigiando i tasti, visibilmente esagitato.

    « Ma perché non sul tuo computer? » chiese Paola, spostandosi il ciuffo che le cadeva sul viso, causa la nuova pettinatura adottata da poco.

    « Perché ho beccato dei virus, e quando mi connetto, si impalla tutto » spiegò il ragazzo.

    « Oh cavolo! E quando è successo? »

    « Eccola! Una sedicenne, A. F., è stata trovata senza vita dietro un albero del parcheggio del noto pub Renoir. Questo è il quarto omicidio di una minorenne che accade a Rivorvora. Le indagini sono in corso, ma è stato confermato che si tratta di ... »

    « Di ... ? » domandò Arrigo.

    « ... omicidio! Evvai! Carne al fuoco per mister Scacchi ».

    Il ragazzo si alzò di scatto dalla sedia, come se stesse esultando per un goal della sua squadra preferita.

    « Devo fare una capatina al Renoir per indagare »

    « Adesso? Ma dobbiamo montare il servizio di stamane sull’ incidente ... »

    « Fallo tu. Tanto sei bravo a montare

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