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Virtual Games
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E-book176 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Entrare nello spazio virtuale attraverso lo sconfinato universo interiore di Eleonora, una donna che ha il coraggio di vivere intensamente mille vite in una, è come intraprendere un viaggio, nel quale, solo i battiti accelerati del cuore scandiscono il tempo.
E’ un’avventura in un mondo complesso e multiforme dove razionalità e irrazionalità, odio e amore, follia e saggezza, teatro e vita, sfumano l’uno nell’altro in un’alternanza di turbamenti ed emozioni vorticosi e trascinanti.
Ed è in questo viaggio che il reale e il virtuale, il sogno e il fascino della magia, l’eterna fanciullezza e l’esuberante maturità di una donna, si confondono e si mescolano creando i mille volti di una vita che esplode.
LinguaItaliano
Data di uscita26 nov 2012
ISBN9788867554010
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    Anteprima del libro

    Virtual Games - Viliana Cancellieri

    97888675554010

    Capitolo I

    «Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che ciò accade e mi tortura» declamò a gran voce Eleonora. Poi, rivolgendosi all’amica, continuò: «Lo scrissi qui, su questa foto… non ricordi? Erano i tempi del liceo e studiavamo Catullo. Avevamo… sedici anni…».

    Eva sollevò il capo incuriosita e, come in un vecchio film, cominciarono a scorrere, dinanzi agli occhi della donna, immagini della lontana adolescenza.

    Eva ed Eleonora: una coppia indivisibile e vincente, due splendide fanciulle esuberanti, ribelli, imprevedibili e sorprendenti che tutti amavano definire Le Streghe Selvagge.

    «Che impunita però!» disse Eva. «Guarda: mi imbrattasti la foto più bella! I tuoi scritti me li ritrovavo ovunque a quell’epoca. Sulla parete della mia cameretta scrivesti in rosso W le streghe e mia madre, pensando che fossi stata io, mi tolse la paghetta per tre mesi. Quei soldi serviranno per tinteggiare la parete mi disse. Ahh! Ti odiai quella volta!».

    Come se non avesse ascoltato, Eleonora ricominciò a declamare con voce sognante:

    «Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior» disse chiudendo gli occhi e assaporando con avidità l’emozione che quei versi riuscivano a trasmetterle. Poi, fissando il vuoto ed estraniandosi completamente dalla realtà, si ritrovò a sussurrare: «…gioia e tormento, dissidio eterno di sentimenti che ritemprano e logorano l’animo umano…»

    Queste ultime parole dovettero suonare come un lamento tanto che Eva, scuotendo l’amica, le disse:

    «Ehi, ci sei?»

    Riportata alla realtà, Eleonora esplose in uno dei suoi improvvisi picchi di ritrovata allegria e disse a gran voce:

    «Grande Catullo! Mi ha sempre fatto… impazzireeeee!».

    La donna urlò quest’ultima parola mentre gettava all’aria le foto che aveva precedentemente sparso sulla scrivania. Poi iniziò a volteggiare su se stessa.

    «Finiscila» brontolò Eva «e ora raccogli tutto e rimetti le foto negli album precisamente come stavano prima, chiaro? In ordine cronologico! E non capisco, poi, perché tu le abbia staccate dal loro posto! O meglio, conoscendoti come ti conosco, lo capisco benissimo il perché: guardare non ti basta! Nooo! Hai la necessità di smontare, toccare, carezzare, palpare e poi, quando il tuo interesse e la tua curiosità sono appagati, getti tutto via! Non perderai mai questo brutto vizio! Credi che io non ricordi la fine che facevano le mie povere bambole se, malauguratamente, capitavano tra le tue mani? Tutte senza capelli perché glieli tagliavi! Dopo averle svestite, naturalmente! Erano orrende così! Strega!».

    Il volto di Eleonora apparve ora come quello di una bambina imbronciata e dispettosa che medita la sua innocente vendetta.

    «Ufff! Hai rovinato tutta la poesia catulliana che era entrata in me! Ecco! Dimostri di essere insensibile… di non compenetrarti nei miei stati d’animo e… e per quanto riguarda la storia delle bambole, sappi che no, guardare non basta perché per gustare al massimo le emozioni bisogna avere un contatto più pieno con le cose. Sì, bisogna studiarle, sfiorarle e poi palparle, e girarle e rigirarle e riguardarle e modificarle e toccarle ancora… Ah! Il tatto! È uno dei cinque sensi che amo di più. E tu? Quale preferisci? Ci hai mai pensato?».

    «A cosa? Ai cinque sensi?!» rispose Eva guardando l’amica con aria di sufficienza. «Uhhh! È il dilemma della mia vita! Ma lo capisci che non li ricordo neanche più i cinque sensi?! Li ho persi! Con tutto quel che ho da pensare!…».

    «Non sei per niente simpatica! Anzi, sei noiosa! Noiosa e piatta fino alla nausea!!».

    «Ciò non toglie che non te ne andrai da qui se prima non avrai rimesso tutto in ordine!».

    «Va bene, va bene! Petulante! Ecco, vedi? Lo sto facendo! Non ci vuole proprio niente! Che palla però che sei!».

    Eleonora raccolse le foto sparse sul pavimento e, disponendole in ordine cronologico, cominciò a sistemarle negli album. Poi, seguendo i suoi pensieri, continuò:

    «Ehi Eva, ma tu pensi che il grande amore sia eterno?».

    «Il grande amore?».

    «Aspetta, prima che tu mi dia una risposta voglio precisare: per grande amore intendo… quello tenero e passionale, quello ti prende tutta e ti riempie il cuore e l’anima e ti fa fremere il corpo e le membra e ti dà quei vuoti allo stomaco come… insomma… ecco: come quando vai sulle montagne russe. Hai presente? Ci andavamo sempre da ragazze, ricordi? Dimmi: lo provi ancora quel vuoto allo stomaco?».

    «No. Non vado più sulle montagne russe da un pezzo!».

    «Oh Eva! Non importa se non ci vai più» replicò Eleonora scuotendo la testa in segno di disappunto. «Non vorresti provarlo ancora quel vuoto allo stomaco, che so… per un’emozione esaltante, per esempio, che ti fa urlare di gioia e di paura al tempo stesso e che ti lascia senza respiro, attonita e stordita?! Non vorresti provarlo quel vuoto?!».

    «Vuoi proprio saperlo? Io, quei vuoti, li provo continuamente! Ah, il mio Luca…».

    Questa battuta fu accompagnata da un sorrisino malizioso e da uno sguardo che lasciava intendere grandi momenti di passione nella vita di Eva.

    «Vuoi saperlo? Io no, non la provo più questa sensazione: ne conservo solo il ricordo!» disse con tristezza Eleonora.

    «Prova ad andare sulle montagne russe!» rispose Eva ridendo.

    Eleonora si sentì piccata ma continuò con più grinta e rabbia, quasi a voler ferire la sua amica così come Eva stava facendo con lei:

    «Eh già! Io dovrei andare sulle montagne russe mentre tu, povera illusa, non ne hai bisogno! Tu continui a provare sensazioni folli, vero? Con Luca?! Ah ah ah! Ma non farmi ridere! Credi che non mi sia accorta che il tuo matrimonio sta traballando? Come il mio, d’altra parte. Anzi, il mio è precipitato da un pezzo. Ma tu non vuoi ammetterlo neanche a te stessa. Eva, lo sai bene che le forti emozioni si provano solo all’inizio di una vera storia. Adesso… te le puoi scordare, mia cara! Eh già, perché si dà il caso che ogni storia vera, prima o poi, finisca. Alt! La mia saggia amica sta per dire: E che storia vera è se poi finisce?. Tutto finisce… con poche eccezioni che confermano la regola, logicamente. Tutto è vero solo nel momento in cui ci credi. Poi… tu cambi… ti evolvi… e potresti non crederci più. Guarda me con mio marito: oh, un grande amore! E che notti di passione! E ora? Lui sempre in giro per il mondo preso solo dal suo lavoro e, forse… da non so chi altra… e io? Indifferente. Eh sì, è proprio così: col passare del tempo ogni grande passione è destinata ad attenuarsi, a svanire inesorabilmente! Evapora negli spazi dell’etere per… perdersi! Può restare l’amore pacato e poi la stima (e non è il mio caso, sia ben inteso!), può restare l’affetto… sì, altrettanto importanti ma… non è più passione, quella che ti dà sempre nuove e forti scintille di vita. Non sono più quelle esplosioni che schizzano da te e intorno a te stordendoti in un rapimento totale! Non ti sembra Eva?».

    «Brava Eleonora. Vedi? Hai detto tutto. Ogni volta che mi fai una domanda sei tu stessa a rispondere per tutt’e due, prima ancora che io abbia espresso il mio parere! Non me ne dai il tempo! E allora non chiedermi nulla. Ohhh! Sei un fiume in piena non c’è che dire! E selvaggiamente vuoi sempre andare fuori dagli argini e sommergere ciò che ti sta intorno».

    «Già… un fiume in piena… anche tu lo sei. O forse… lo eri. Comunque, parla pure. Starò silenziosa ad ascoltare. Promesso».

    Eleonora continuò a conversare con Eva mentre riponevano le foto che le avevano viste protagoniste di tante stagioni teatrali.

    Amiche da sempre, avevano intrapreso insieme gli studi accademici di arte drammatica per la passione che le accomunava. Oggi, in un momento di pausa, ripercorrevano, guardando vecchie foto, le tappe più importanti della loro vita.

    Eleonora si definiva una donna realizzata ma… non del tutto felice. C’era un ma al quale non riusciva a rispondere e che martellava sempre più prepotentemente nella sua testa quasi a voler trovare il suo perché tra la folla di dubbi e pensieri che l’agitavano. Era un ma fastidioso, insistente, che Eleonora avrebbe voluto scacciare scuotendo il capo, un ma che la turbava eppure la incuriosiva al tempo stesso. In quel ma e nel suo perché c’era sicuramente la chiave per riaprire le porte del… paradiso perduto. Così lei lo definiva: paradiso perduto.

    Ambiziosa e testarda, Eleonora aveva sempre perseguito mille obiettivi e solo pochi non erano stati raggiunti: donna di cultura, accattivante e piacevole nell’aspetto fisico, non bellissima ma di gran fascino, era affermata nel teatro e aveva tanti interessi che la ponevano al centro di mille situazioni e proposte di lavoro. Molto ammirata dagli uomini, era il fulcro intorno al quale ruotavano le aspettative di amici, conoscenti e quanti la cercavano per la sua effervescente capacità di coinvolgere e trascinare.

    Ma… ora c’era quel ma dentro di lei e in quel momento la stava assillando con più forza e con più prepotenza. Perché?

    Suo figlio, ormai ventitreenne, si trovava in un college per completare gli studi. Era del tutto autonomo il suo Gianni. Anche a distanza, però, i due vivevano in una perfetta simbiosi.

    Suo marito, Sergio, famoso ingegnere edile, era preso dai tanti impegni all’estero. Ma, d’altra parte, anche lei era spesso via per delle tournée. Sergio cercava di sopperire alle sue assenze con continui messaggi e telefonate che Eleonora trovava davvero irritanti e inutili e ai quali la donna si limitava a rispondere laconicamente: Tutto bene. Sì, ho sentito Gianni cinque minuti fa. Chiamalo anche tu, gli farà piacere. Ok. Ciao, a presto!

    Perché nasconderlo: con suo marito era finita da tempo e la cosa la lasciava ormai indifferente, anzi, si sentiva addirittura intrappolata nella monotonia di quel rapporto alla deriva.

    Ma ora Eleonora stava facendo i conti con la realtà e, sempre più spesso, si chiedeva dove fosse finito quel delirio del fiume in piena che aveva sempre sentito dentro di sé, quel delirio che, spesso, rompeva gli argini straripando selvaggiamente in ogni dove. Eppure lo avvertiva ancora, vagamente sopito, ovattato ma… in attesa. Un vulcano quiescente.

    Nella realtà, sembrava che le acque scorressero lente, pigramente adagiate in un letto senza pendii. L’erosione degli anni aveva scavato e trascinato i sedimenti dalla vetta e li aveva accumulati a valle appiattendo tutto. Solo di tanto in tanto, Eleonora avvertiva dentro di sé lo scrosciare delle acque di quel giovane fiume che, dalla vetta del monte, precipitava a valle tra vortici e mulinelli. Ne ricordava ancora i vuoti esaltanti nelle viscere.

    «Eleonora, questa è la vita. A noi ora tocca godere le certezze che abbiamo conquistato con grandi sacrifici» disse Eva «non vorrai buttarle all’aria, spero, con i tuoi ma! Sarebbe un vero peccato, non credi?».

    «Certezze? Ma di quali certezze parli? Pensi che esistano? E poi, se pure ve ne fossero, dovremmo perciò rinunciare a vivere oppure vivere solo di ricordi? Abbiamo avuto la nostra fetta e chiudiamo? Questa è la regola? Eutanasia insomma! Rinunciare e soccombere!».

    «La gioventù viene una sola volta, cara amica mia. Poi c’è la maturità e la consapevolezza che ci sono cose che non vanno né infrante né trasgredite. Forse questo costerà qualche rinuncia, ma ne vale la pena, credi a me».

    «Ne vale la pena?! Che!? Eva, ma sei davvero tu a dire queste cose?!!».

    Eleonora guardò Eva perplessa. Infrangere! Lei non voleva infrangere nulla: non era questo! Lei non voleva, semplicemente, rinunciare a vivere.

    Eva, la sua migliore amica, pronta dunque a cedere? Eva, la ribelle e vulcanica ragazza che aveva conosciuto sin da bambina, non accettava, o meglio, soffocava quei turbamenti interiori che, ben si sa, sanno arricchire l’essere? Era proprio la sua Eva che definiva trasgressione un puro e istintivo desiderio di continuare a

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