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Vita nuova, vecchia storia
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E-book127 pagine1 ora

Vita nuova, vecchia storia

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Info su questo ebook

La vita di Dafne viene stravolta dal ritorno di Beatrice, amica d’infanzia e suo primo amore. 
In un ambiente scolastico prettamente omofobo, sfuggendo alle grinfie di bulle feroci come fiere, Dafne ricorrerà ad ogni stratagemma pur di conquistarla, giungendo poi a chiedersi se non sia invece meglio ascoltare i consigli di Virgilia, la sua migliore amica che la sprona a dichiararsi apertamente. 
Solo intuendo cos’è giusto conquisterà il cuore di Beatrice.  
LinguaItaliano
Data di uscita17 nov 2020
ISBN9788893471947
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    Anteprima del libro

    Vita nuova, vecchia storia - Mattia Vanfiori

    Mattia Vanfiori

    Vita nuova, vecchia storia

    Prima Edizione Ebook 2020 © R come Romance

    ISBN: 9788893471947

    Immagine di copertina su licenza Adobestock.com, elaborazione Edizioni del Loggione

    www.storieromantiche.it

    Edizioni del Loggione srl

    Via Piave 60

    41121 Modena – Italy

    romance@loggione.it

    http://www.storieromantiche.it    e-mail: romance@loggione.it

    La trama di questo romanzo è frutto della fantasia dell’autore.

    Ogni coincidenza con fatti e persone reali, esistite o esistenti, è puramente casuale.

    A mia madre e a mio padre

    Mattia Vanfiori

    VITA NUOVA,

    VECCHIA STORIA

    Romanzo

    INDICE

    I

    II

    III

    IV

    V

    VI

    VII

    VIII

    IX

    X

    XI

    XII

    XIII

    XIV

    XV

    XVI

    XVII

    XVIII

    XIX

    XX

    XXI

    XXII

    XXIII

    XXIV

    XXV

    XXVI

    XXVII

    XXVIII

    XXIX

    XXX

    XXXI

    XXXII

    L’autore

    Catalogo

    I

    Beatrice e io avevamo entrambe nove anni quando ci separarono.

    I nostri genitori erano vicini di casa e quindi noi giocavamo spesso assieme. Io amavo scriverle dei bigliettini, dato che mi vergognavo a parlare ad alta voce. Lei a volte li leggeva, altre volte li strappava e non mi rivolgeva la parola, finché io non mi decidevo a dire qualcosa. Era fatta così.

    Un giorno, sua madre venne trasferita per lavoro e così traslocò tutta la famiglia. Non avevo mai avuto il coraggio di dire a Beatrice che mi piaceva, quindi lo feci prima che partisse.

    Mentre non ci vedeva nessuno, le diedi un lecca-lecca a forma di cuore e le dissi mi piaci, tenendo la testa bassa e il braccio teso, con la mano tremante che reggeva il dolce dono. Quando lo prese, scappai via e mi rifugiai nella mia cameretta.

    Guardai dalla finestra: c’era un furgone bianco, riempito di scatoloni, che stava per partire. E dietro, la macchina dei suoi genitori. La vidi un’ultima volta, intenta a divorare il lecca-lecca che le avevo dato. Risi di gioia e mi gettai sul letto. Il fatto che avesse accettato il mio cuore, mi rendeva troppo felice per farmi dispiacere della sua partenza.

    Il tempo passò in fretta e mi ritrovai a frequentare il secondo anno di liceo. Beatrice restava solo un tenero ricordo della mia infanzia.  

    II

    «Dafne. Dafne. Insomma, Dafne!»

    «Eh, cosa?»

    Mi voltai verso Virgilia, la mia compagna di banco. Dovevo avere in quel momento un’aria stralunata, perché mi fissò con la tipica espressione scocciata che sfoderava quando non le prestavo attenzione.

    «Per la decima volta: la lezione è finita.»

    Mi guardai attorno. La campanella era suonata, la professoressa stava chiudendo la cartella, la maggior parte degli studenti erano già fuori, a gridare eccitati e felici che oggi fosse il sabato tanto atteso. Chissà quanta baldoria avrebbero fatto la sera.

    Io, di contro, detestavo uscire e preferivo restarmene quieta a casa.

    «Ma si può sapere che ti è preso? La campanella è vicinissima alla nostra aula, davvero non l’hai sentita? Sbrigati con quei libri.»

    «Sì…»

    Ricevetti uno spintone, lo zaino aperto mi scivolò dalle mani, spargendo il suo contenuto sul pavimento. Mi voltai, incontrando lo sguardo beffardo di Liuba.

    «Ops, non ti avevo vista. Sei così insignificante che non ti si nota facilmente. In senso buono, ovvio.»

    «E dove starebbe il senso buono?» si scagliò contro di lei Virgilia.

    «Stai buona, neretta» la minacciò Leonia, dandole una leggera spallata e sorpassandola.

    Seguirono le risate di Leonzia, che raggiunse le altre due, uscendo dall’aula.

    «Neretta? Ma chi si credono di essere? Siamo tornati indietro d’un secolo forse? Se solo la professoressa non se ne fosse già andata, io…»

    «Non la prendere sul personale. A me una volta mi hanno chiamata palliduccia. La loro ostilità è incredibilmente tollerante, non si sofferma sul colore della pelle o su altro. Si rivolge a tutti indifferentemente» spiegai, con amara ironia.

    «Non credo, sai? Con alcuni se la prendono più che con gli altri» replicò, aiutandomi a raccogliere i libri.  

    «Ti riferisci a te stessa? Ma se amano tormentare più me, che non te.»

    «Non parlo per me. Mi riferivo al povero ‘Tano. Sospettano che sia gay e non fanno che tormentarlo.»

    Quelle parole mi sconcertarono a tal punto da farmi rimanere immobile, proprio mentre stavo rialzandomi con un quaderno in mano. Virgilia credette quasi che mi fosse venuto il colpo della strega!

    «Scusa, hai detto che ‘Tano è gay e lo tormentano? Sarà solo un pretesto. Loro amano fare le bulle con i più piccoli.»

    «Certo l’insicurezza di quel ragazzo non gioca a suo vantaggio e loro se ne approfittano. Però sono convinta che non sia un semplice pretesto. Quelle tre sono terribilmente omofobe e lui non ha il coraggio di cantargliene quattro. È solo un ragazzino.»

    Zaini in spalla ed eravamo già fuori. Le sue parole mi avevano turbata e, sebbene fossi conscia del perché, non facevo che allontanare il pensiero.

    «Si può sapere che ti è preso?»

    «Eh?»

    «Prima ti sei imbambolata sul libro di letteratura, proprio mentre la professoressa spiegava la Vita Nuova di Dante.»

    «Oh, già. È che mi è venuta in mente una persona.»

    «E chi?»

    «Beatrice.»

    «Beatrice Portinari?»

    «Che? No! Non sto parlando della Beatrice di Dante, ma della mia… Cioè, non mia nel senso di… Insomma, Beatrice: una mia amica d’infanzia.»

    «Niente di meno. Eri molto legata a lei?» 

    «Sì, siamo state vicine di casa per anni, ma poi si trasferì.»

    «Capisco.»

    Ci fermammo dove Virgilia aveva posteggiato il motorino.

    «Vuoi un passaggio?»

    «No, tranquilla. Ti ho già fatto perdere troppo tempo. Ci vediamo domani?» 

    «Sì, a domani. Ah, Dafne, una cosa.»

    «Sì?»

    «Per quello che ti ho detto sulle tre fiere

    Trattenni una risatina. Da quando avevamo studiato Dante, Virgilia aveva affibbiato il nome di fiere alle nostre tre bullette e, oltre al fatto che si spostavano sempre in branco, i loro nomi particolari richiamavano magnificamente quello dei tre animali.

    Mi sono sempre chiesta come abbia fatto il destino a metterle assieme!

    «Non devi preoccupartene. Non ce l’hai scritto in fronte.»

    «Ma che cosa?»

    «Che ti piacciono le ragazze.»

    Entrai in panico.

    «Cosa? E come lo… Non ti ho mai detto che…»

    «Sono un’attenta osservatrice. Quando hai nominato Beatrice, i tuoi occhi hanno brillato per un istante.»

    La guardai in silenzio mentre saliva in sella e si allacciava il casco.

    «Quanti anni sono passati? E tu ancora ci pensi?» mi chiese, sorridendo «Non ti avevo mai visto quell’espressione.»

    «Virgilia…»

    «Tranquilla. Manterrò il segreto. Non che ci sia nulla da nascondere, ma dato l’ambiente scolastico, meglio essere caute. Potresti essere sparlata perfino dagli stessi professori, dato quelli che ci ritroviamo…»

    «Sei sempre molto dura» le dissi, sorridendo. 

    «È la verità ad esserlo.»

    Mi salutò e la guardai andare via.

    Avrei dovuto percorrere la strada opposta a quella imboccata da lei, ma non avevo neanche avuto il tempo di girarmi che vidi Leonia poco distante da lì.

    Mi venne un colpo al cuore all’idea che potesse averci sentite, ma da come mi ignorava, capii che potevo stare tranquilla.

    Beh, per modo di dire. Non le serviva un motivo per infastidirmi e infatti mi bloccò la strada non appena le fui abbastanza vicina.

    «Santo cielo, ma

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