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Da sempre Per sempre
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E-book401 pagine6 ore

Da sempre Per sempre

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Info su questo ebook


Sofia, ossessione di Samuele da quando erano bambini, raggiunge finalmente la maggiore età.
Il giovane farà di tutto per averla, ma dovrà confrontarsi con un segreto per il quale rischia di perderla per sempre.
Un gruppo di amici che si affaccia alla vita adulta fra sentimenti incerti e scelte reali; un attico pieno di luce in una Roma giovane e vecchia insieme; un destino già scritto...
LinguaItaliano
Data di uscita20 giu 2019
ISBN9788855170116
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    Anteprima del libro

    Da sempre Per sempre - Loredana Conti

    2014

    I Romantici di Entheos

    Da sempre Per sempre

    di Loredana Conti

    Photo copertina Pixabay (rielaborata)

    ©ENTHEOS EDIZIONI srls

    Tutti i diritti riservati

    Isbn 978-88-5517-011-6

    "Quell'ombra che lo Spirito proietta entro lo Spazio è il Bello.

    Lo spirito plasmatore dell'artista fa di quell'ombra un essere vivente."

    Rudolf Steiner

    "Non limitarti a praticare l'Arte: scardinane i segreti.

    Solo così otterrai la conoscenza per sfiorare il divino."

    Ludwig Van Beethoven

    " Se devi amarmi, per null'altro sia

    se non che per amore.

    Mai non dire:

    t'amo per il sorriso,

    per lo sguardo,

    la gentilezza del parlare,

    il modo di pensare così conforme al mio,

    che mi rese sereno un giorno.

    Queste son tutte cose

    che possono mutare, amato,

    in sé o per te, un amore

    così sorto potrebbe poi morire.

    E non amarmi per pietà di lacrime

    che bagnino il mio volto.

    Può scordare il pianto chi ebbe a lungo il tuo conforto,

    e perderti.

    Soltanto per amore amami e per sempre, per l'eternità."

    Elizabeth Barrett Browing

    2006

    Ti fai troppi problemi, Mattia, le donne sono tutte uguali, hanno bisogno tutte delle stesse tre esse: smancerie, soldi, sesso. Fatto bene. Sul secondo punto sei a posto e sul terzo posso darti qualche lezione. Sul primo alzo le mani e le mie ragazze lo sanno.

    Abbassa la voce Samu, di là insieme a Ilario c’è Sofia.

    Dici che si scandalizza? Fece un sorriso di scherno: al limite Sofia avrebbe scandalizzato loro con la sua saccenteria.

    Dico che è una ragazzina.

    Abbassando di molto la voce, Samuele affermò:

    Una ragazzina parecchio carina.

    Ina però. Ha quattordici anni.

    Ho una sfilza di quattordicenni alle costole. E sotto le costole. Non mi sembrano così sprovvedute.

    Stiamo parlando di Sofia. Non di una quattordicenne qualsiasi.

    Vero. Sta crescendo proprio bene però.

    Sì, ma stalle alla larga. Mattia tornò all’oggetto dei suoi pensieri più assidui, e comunque Silvia non è come le altre. Si iscriverà a ingegneria. Forte no? Sono poche le ragazze che fanno questa scelta.

    E quindi delle tre necessità primarie che ti ho elencato, lei di quale farebbe a meno?

    Non sono necessità primarie per lei. Non è il tipo.

    Nemmeno il sesso? Allora ti compatisco, ma non ti credo. Vogliamo fare una scommessa? Credimi: sono tutte uguali.

    Una voce bassa e armoniosa, pur se priva di espressioni, chiese:

    Secondo te i cristalli di neve sono tutti uguali?

    Samuele fece un sorrisetto sbieco: eccola la ragazzina. Quanto aveva sentito? Le battute su di lei no, le avevano davvero mormorate. Il resto probabilmente tutto. Lo guardava solenne, in contrasto con quell’aspetto fiabesco: magra, piccola, dalla pelle olivastra, con enormi occhi dal raro color bronzo striati di rame, contornati da ciglia molto lunghe, naso a punta e bocca... beh, Samuele ogni volta che la vedeva pensava che quella bocca gliel’avesse disegnata direttamente l’angelo della forma: grande, a cuore, naturalmente scura. E, ogni volta, doveva fare uno sforzo per distogliere lo sguardo da quel capolavoro. Peccato che se ne uscisse spesso con frasi impertinenti o da maestrina. Che a lui però intrigavano tantissimo. Non era sicuro di piacere a Sofia, anche se lui piaceva a tutte: forse lo vedeva troppo vecchio. Quattro anni di differenza a quell’età sono una vita. Specialmente per una come lei. Senza considerare che si conoscevano da sette anni. E poi era una moralista. Rispose sicuro:

    No, non sono tutti uguali. Sono tutti diversi.

    E come lo sai?

    Non esistono due fiocchi di neve uguali, perché le condizioni in cui si formano sono irripetibili.

    E come puoi dirlo con certezza?

    Hanno osservato i cristalli al microscopio.

    E a occhio nudo tu saresti in grado di vedere la differenza tra uno e l’altro?

    No.

    Prendilo come monito per l’osservazione degli esseri umani, nello specifico le donne. Ti consiglio di usare qualche altro strumento per valutarle oltre al tuo cervello, che evidentemente non riesce a cogliere le sfumature. Non nota l’essenza, già diversa in partenza, e né le ramificazioni. Non considera l’irripetibilità delle condizioni di nascita, di crescita, di ambiente. Vede solo un fiocco bianco. O color carne. Il tuo cervello registra solo alcune macro-reazioni, e sbaglia, poiché ritiene assoluto il parziale. Ritiene mondo totale il limitato mondo che osservi tu.

    Mattia scoppiò a ridere. Samuele invece restò serio, ma dentro di sé rideva anche lui.

    Dici, gnomo? Quindi pensi che le donne non siano tutte uguali?

    " Non lo penso. Lo so. Sai come lo so? Alcune amiche di mia madre dicono che gli uomini sono tutti uguali, vogliono tutti le stesse tre esse: sesso, sesso, sesso. Che se ci pensi, accogliendo le generalizzazioni come sintetico punto di partenza per poter arrivare a un giudizio analitico, vi pone a un gradino ancora più basso di quello delle donne, che, a sentir te, hanno in testa sì tre esse, ma diverse. Però io so che non tutti gli uomini hanno il cervello limitato come il tuo, lo so per esperienza diretta e perciò confuto con la mia esperienza un falso assunto sugli uomini, e quindi, per trasposizione di genere, posso confutare il tuo sulle donne. Tuttavia, pure qui posso portare la mia esperienza diretta, anche se faccio parte del gruppo osservato: so per certo che le donne non sono tutte uguali. Silvia a esempio non è tutte uguali. E infatti esce con Mattia e non con te."

    Ilario assisteva alla scenetta con espressione rassegnata, Mattia lacrimava dalle risate e Samuele era serio e stavolta sul serio.

    Tu mi fai paura.

    Anche tu, Samuele. Non tanto per me, quanto per le ragazze che ti stanno dietro: non sanno proprio con chi hanno a che fare.

    Invece tu lo sai.

    Io non ho a che fare con te. Ma lo so, sì. La consolazione è che hai solo diciotto anni. Qualche speranza che tu possa evolverti da Homo erectus a Homo sapiens ancora ce l’ho. Dispero per i successivi livelli.

    Erectus? Samuele pensò che se continuava a guardare quella bocca probabilmente qualche cosa di erectus l’avrebbe avuta senz’altro. Distolse lo sguardo, ma non seppe dove poggiarlo: dai capelli ricci e ribelli alla punta dei piedi, quella ragazzina era una tentazione ambulante.

    Lei rispose con il suo solito tono piatto:

    Già. Probabilmente in quello stadio ci starai ancora a lungo visto come ti girano i neuroni.

    Fece un gesto con la mano per salutare tutti e si avviò verso la porta, seguita di corsa da Ilario.

    Aspetta! Ti lasciano uscire sabato sera, poi?

    Non gliel’ho proprio chiesto. So che non mi autorizzeranno.

    Perché non ci provi? Dai, ci saremo tutti, mancheresti solo tu!

    Non siete un po’ troppo infanti per uscire la sera da soli?

    Samu, non ti ci mettere pure tu per piacere. Siamo parecchi, è tutta la classe. Manca solo lei.

    Almeno respirate. Se si mette a sciorinare tomi filosofici...

    Tomi? Mi hai mai visto prendere in mano un tomo? Nel suo mondo fatato, fatto d’arte e di bellezza, era supportata da un talento naturale per la tecnologia: usava computer e programmi con una facilità sconcertante. La sua cultura la prendeva a piene mani dalla rete, riuscendo però a mantenersi libera e a discernere l’essenziale dall’orpello fuorviante. Tuttavia, non aveva il cellulare. Si rifiutava di essere costantemente rintracciabile. Per questo i genitori avevano i numeri telefonici di tutti i suoi amici. E chi voleva parlare con lei o la chiamava al fisso di casa o la andava a cercare di persona. Guardò Samuele in attesa di una risposta.

    Il giovane alzò gli occhi al cielo e si morse un labbro. Non doveva pensare a metafore. Ogni cosa che diceva gli sollecitava pensieri non proprio casti. Ma che cavolo di effetto gli faceva quella ragazzina? Rischiava davvero la galera. Anche se, pensandoci bene, anche lui era minorenne: diciotto anni li avrebbe compiuti il mese dopo. Bene, si sarebbe concesso trenta giorni di fantasie ancora lecite. Passato il suo compleanno avrebbe cancellato dalla testa quell’impertinente. Probabilmente avrebbe dovuto cominciare a frequentare casa di Mattia solo la sera. Aveva saputo che Ilario e Sofia avrebbero fatto anche le superiori insieme e quindi la possibilità di trovarla lì era molto alta. Liceo artistico. Avrebbero frequentato il liceo artistico. Ilario con l’arte era un po’ come il latte con l’aceto. Ma la cotta che aveva per Sofia dalle elementari, trascinata fino alle medie, evidentemente era più forte di qualsiasi avversione per la pittura e la scultura. Il liceo artistico. Lui non l’avrebbe frequentato nemmeno sotto tortura: roba da perditempo.

    Ce li hai in testa i tomi, anche se non li tieni in mano... Alla tua età dovresti giocare con le bambole, non con Kant.

    E invece con le bambole ci giochi tu, a quanto pare. E Kant non è il mio genere. Gli fece una smorfia col naso e tentò di avviarsi nuovamente all’uscita, ma fu di nuovo fermata da Ilario.

    Non puoi chiedere a Zenko di dire che verrà con noi? Di lui si fidano e ti lascerebbero uscire.

    Non è uno che racconta balle e io non gli chiederò di farlo.

    Samuele esclamò sprezzante:

    Devo capire perché i tuoi si fidano a farti uscire se c’è quel muso giallo, ma non se ci sono io.

    Ti ricordi la storia degli uomini tutti uguali? Ecco, lui non è uno dei tutti uguali. E loro lo sanno. E poi non è giallo.

    Mattia non aveva mai smesso di ridere, anche se era preoccupato per Ilario: suo fratello era innamorato di una peste che proprio non lo vedeva, se non come amico fraterno. Del resto, Sofia non vedeva nessuno, anche se il giovane sospettava che dietro a quel disprezzo verso Samuele ci fosse una piccola cotta.

    Finalmente la ragazzina riuscì a uscire, ma era appena qualche centimetro al di là della porta di casa quando si sentì fermare da Samuele, che le stava osservando il fondoschiena.

    Ehi gnomo. Se vuoi mantenere salda la tua reputazione di sociopatica acida devi cambiare abbigliamento.

    Perché che ha il mio abbigliamento.

    Quei pantaloncini sono troppo corti e la maglietta troppo stretta. Scegli cose più adeguate a una futura vecchia zitella.

    Io non scelgo niente. Mia madre mi fa trovare la roba sulla sedia la mattina. Dice che non si fida del mio gusto. E a me sinceramente non importa niente. Però si guardò, seria, abbassando lo sguardo sulle proprie gambe. Dici che sono corti?

    Parecchio... anche se quei sandali da San Francesco dovrebbero tutelarti da cattive intenzioni. Si può essere più candidi e sexy accidenti a lei?

    Ah! Bene allora. Ciao a tutti.

    Ila’, ma non puoi trovarti una compagna di studi meno acida?

    Non è acida. È fantastica. Sei tu che la innervosisci con le tue scemenze sulle donne.

    Fatti passare la cotta, ragazzo. Gnomo non è per te. Non è per nessuno. Passerà la sua vita con la testa su libri d’arte, nei musei, dentro le chiese, mentre sente in cuffia qualche conferenza di Aristotele.

    Non ci sono conferenze di Aristotele.

    Ah, tranquillo. Lei è in grado di trovarle. Sono sicuro che lo farà tornare dall’oltretomba apposta. E comunque la madre è matta: non si manda in giro una ragazzina conciata in quel modo. Da quando è cominciato il caldo circola nuda.

    Ma non esagerare! Non ti guardi intorno? Rispetto a molte mie amiche è castigata.

    E allora sarà un problema suo: è piccola, ma è sexy. Lo dico a Zenko, lui sicuramente troverà il modo di farlo capire alla madre senza passare per un maniaco sessuale.

    Mattia gli fece un cenno con gli occhi pregandolo di farla finita e lui acconsentì. Si rese conto di essersi sbilanciato parecchio, ma gli dava fastidio vederla girare in quel modo: era troppo appariscente. Poteva essere pericoloso per lei. Se ne sentivano tante... La sua magrezza faceva da contraltare a rotondità non ancora definite, ma piene di promesse allettanti. Il viso era incantevole e i capelli la rendevano simile più a una fata che a uno gnomo, come la chiamava lui dal primo giorno in cui l’aveva vista. Si allontanò con suo cugino, che lo rimbrottò:

    Ma che ti piglia, Samue’?

    Non lo so nemmeno io. Mi piace. È da matti no?

    No, non è da matti. È da scriteriati. Lo vedo pure io che è molto bella, ma vedo pure che è una bambina. La conosci da quando ha sette anni! E poi piace a Ilario.

    Dai, Mattia. Tuo fratello non ha e non avrà speranze. Fossi in te gli farei un discorsetto. Quella tra un paio d’anni avrà tutta la scuola dietro.

    Sì, lo so... ma adesso lascia le cose così. Tanto lei ai ragazzi non ci pensa proprio. La madre è convinta che resterà zitella.

    Pure io. Ma non è mandandola in giro come una sgualdrina che le farà cambiare carattere. Non vedi come si concia? Manco si pettina. Inutile infilarla in quei vestiti da… da...

    Sei tu che hai l’occhio malizioso. Si veste come tutte le ragazzine dell’età sua.

    Sarà...

    Zenko! Sofia si precipitò dal suo amico, che trovò ad aspettarla nella sua stanza, e gli mise le gambe intorno alla vita. Lo faceva da anni e, anche se non era più minuscola, lui continuava a sollevarla con grande facilità. Che fai qui?

    Mi ha telefonato Ilario. Mi ha chiesto di parlare con i tuoi. Per sabato.

    Ma che noia Ilario a volte! Io non ho proprio voglia di andare a mangiare la pizza con i miei compagni di classe! E poi ti immagini mamma? Mi concerebbe come un albero di Natale.

    Quindi tu non glielo hai nemmeno chiesto.

    No. Non mi interessa. Grazie per esser venuto, comunque. Sei stato carino.

    Sofia, questo è il tuo ultimo anno delle medie. I tuoi amici dopo non li vedrai praticamente più. Devi andare.

    Non mi importa di non rivederli più.

    La fece scendere, le mise le mani sulle spalle e si chinò un bel po’ per guardarla negli occhi.

    Sofi, la vita non è solo studio, arte, scienza. La vita è anche relazioni. Da adulta ti dovrai necessariamente rapportare agli altri. Non arrivarci impreparata.

    Perché, io mi rapporto benissimo con tutti.

    Il giovane anglo-giapponese sorrise. Era un ragazzo molto attraente. Lui, Samuele e Mattia frequentavano lo stesso liceo scientifico, la stessa classe, e il successivo sarebbe stato l’anno della maturità. Molto diversi tra loro, erano considerati i più bei ragazzi della scuola, ma non era quello il motivo per cui avevano finito per fare gruppo. Avevano le famiglie legate da amicizie e parentele. Però Zenko aveva ereditato dal padre la sobrietà e l’educazione rigorosa, e al contrario degli altri due, soprattutto di Samuele, si era guadagnato presto anche la nomea di inavvicinabile. Le ragazze avrebbero pagato per un appuntamento con lui, che lui però non concedeva. I ragazzi se lo contendevano per averlo alle loro feste: nessun genitore si sarebbe opposto a mandarci i propri figli sapendo che ci sarebbe stato anche lui. Era una garanzia perché selezionava gli amici. Solo Samuele riusciva a essergli amico senza essergli affine. Ma il giovane scapestrato affascinava uomini e donne. E Zenko non si sottraeva a quella fascinazione, al contempo contenendone gli effetti sugli altri bloccandolo nelle esternazioni più esagitate, esercitando a sua volta un misterioso potere sul suo amico.

    La scuola era internazionale e frequentata, oltre che da italiani di alto ceto, da ragazzi di tutto il mondo: figli di diplomatici o manager in lunga trasferta. O semplicemente rampolli di persone che si erano innamorate di Roma e avevano deciso di restare lì, magari dopo una vacanza. O dopo il viaggio di nozze: era il caso proprio dei genitori di Zenko, diplomatica inglese lei e ingegnere elettronico giapponese lui. Avevano gettato una monetina a Fontana di Trevi chiedendo di poter restare nella città eterna, e dopo due giorni, per caso o per le monetine, lui aveva trovato un lavoro prestigioso nella sede romana di una multinazionale e la donna aveva ottenuto in pochi mesi il trasferimento a Roma da Tokyo.

    Sofia, non ti rapporti affatto, né bene e né male. Con Ilario ti limiti a studiare. A me concedi cinque minuti qui e lì, e solo perché te li chiedo io. Mattia quasi lo ignori. L’unico con cui scambi qualche battuta è Samuele, ma solo per rimproverarlo. Non hai un’amica. I tuoi genitori sono in pensiero.

    Sono piena di amici, Zenko! Sono i miei libri. Sono i miei colori, le mie tele. I quadri. L’arte. Te. Ilario. Quanti amici devo avere? Non posso dividermi in cento parti. E poi ho un’amica, è Silvia.

    Silvia? Ti è amica, lo so. Ma ha diciott’anni. Fai uno sforzo. Vai a quella pizza. Io, Samuele e Mattia ceneremo nello stesso locale, ci ho già parlato.

    Lei sgranò gli occhi e lui pensò che sarebbe diventata una ragazza bellissima. E pensò anche che gli sarebbe piaciuto che quella ragazza bellissima diventasse la sua ragazza bellissima. Scosse un po’ la testa: una follia. Era una bambina. Ma negli ultimi mesi si stava trasformando. Se ne era accorto anche Samuele, che gli aveva chiesto di parlare con la madre per farla vestire diversamente. Era convinto anche lui che fosse necessario, ma si rendeva conto che entrambi la guardavano con occhi premurosi e che non era più sconcia di tutte le ragazze della sua età.

    Mi prenderanno tutti in giro!

    Ti importa?

    No. In effetti no.

    Fai contento Ilario, accetta.

    Uffa.

    Il sabato, Sabrina provò a conciarla davvero come un albero di Natale. Talmente contenta per l’uscita della figlia che fu tentata di vestirla come per un debutto in società. Per fortuna, Zenko le ricordò che era una pizza, non il gran ballo viennese, e che il locale era molto alla mano, molto rustico. Allora optò per un vestitino corto e svolazzante, color pesca, con uno scollo largo sulle spalle. Le impose di calzare delle ballerine bianche al posto dei suoi amatissimi Birkenstock. Le raccolse i capelli in una treccia alta, dato che sua figlia le vietò di pettinarglieli con phon e piastra, e provò a metterle un po’ di trucco, ma la giovane scappò per tutta la casa fino alla resa della madre, tra le risate di Zenko che aveva assistito alla fuga e storto un po’ la bocca davanti al risultato finale: il vestito era troppo corto e troppo svolazzante a suo parere. Quel viso liberato dalla massa indistinta dei suoi capelli risultava addirittura seducente. Va bene, tanto avrebbe avuto tre paladini alle sue spalle. Nessuno l’avrebbe infastidita. Ma Sabrina lo sorprese con una preghiera:

    Zen, se un suo amichetto dovesse prendersi qualche libertà... beh, non starle troppo col fiato sul collo. Deve fare esperienza! Io non capisco nemmeno perché tu debba sacrificare una serata per controllarla. Suo padre è troppo ansioso. È con i suoi amici, mica con degli sconosciuti! La potrebbe riaccompagnare Ilario con il motorino.

    Sabrina, tua figlia è una bambina. Se qualche suo amichetto le dovesse mancare di rispetto, io farò in modo che il suo amichetto lo impari e non lo dimentichi più. E non sto sacrificando una serata: sarò con i miei amici. Ci fa piacere proteggerla. Nel caso non te ne fossi resa conto, Sofia è quasi asociale. Sta facendo un sacrificio enorme per stare in mezzo a tutti quei ragazzi per motivi futili. È fatta così. E io non ho intenzione di vederla soffrire per qualche battuta inopportuna o gesto non gradito. E, Sabrina …, quel vestito è troppo corto. Come sono troppo corti i pantaloncini che porta il giorno.

    La madre di Sofia diventò di tutti i colori, ma il tono ossequioso con cui l’aveva redarguita il giovane non le diede il coraggio di mostrarsi offesa. Si limitò ad alzare le spalle e a mormorare che sperava che con un po’ di esercizio la figlia diventasse meno asociale.

    La portò in pizzeria con la moto. Fece sedere prima lei sul sellino, e poi lui si posizionò sopra l’abito, per tenerglielo fermo. Pensò che Sabrina fosse una vera svampita: sapeva che l’avrebbe accompagnata lui sulla sua due ruote, non poteva prevedere dei semplici jeans?

    Quando arrivarono si sollevò per liberarla. Lei scese senza farsi troppi problemi, facendo intravedere il colore, ovviamente bianco, della sua biancheria intima. Samuele, che li stava aspettando fuori dal locale, si irritò, le si rivolse con un tono scherzoso che però tradiva insofferenza:

    Gnomo, non avevi dei pantaloni? In moto non si va con il baby-doll.

    Dillo a mia madre per piacere.

    Il tuo cervello lo metti in funzione solo per fare la rompina con me? Non sei capace di vestirti da sola?

    Per sentire mia madre borbottare di aver partorito una rana invece che una figlia?

    Sei una rana anche con il baby-doll. Qualcuno glielo deve dire.

    Ilario interruppe la schermaglia, le prese la mano e la portò al tavolo dove la stava aspettando la terza C. La sua ultima classe delle medie.

    Sabrina non è molto in sentimento. Prima di uscire mi ha suggerito di non intervenire se qualche suo compagno dovesse farle delle proposte.

    Zenko, sei troppo educato. Sabrina è una grande deficiente. Ecco cos’è. Ancora non ha capito di aver partorito una sociopatica. Se qualcuno le mettesse le mani addosso, quella gli farebbe la morale con l’elenco di tutte le vessazioni subite dalle donne dall’età della pietra a oggi.

    Risero tutti e tre. Mattia confermò, ma si mostrò anche lui preoccupato per l’inadeguatezza dei genitori della ragazza. Erano entrambi imprenditori, molto facoltosi e molto impegnati. Erano diventati amici delle loro famiglie, tutte con uno o più componenti nella diplomazia internazionale, proprio per Sofia: Ilario aveva mostrato per la bambina una simpatia immediata, quasi morbosa, e le mamme avevano dovuto frequentarsi giocoforza finendo per diventare amiche. Francesca, la madre di Ilario e Mattia, era tuttavia molto diversa da Sabrina, tanto da essere anche lei perplessa nei suoi confronti: la donna non capiva la propria figlia, non ne capiva l’originalità. Come non la capiva il padre, Marco, che però la amava più della sua stessa vita.

    La ragazzina era tutto il contrario di quello che avrebbero voluto, più che altro che avrebbe voluto la madre: non mostrava cenni di vanità. Non amava giocare. Non desiderava frequentare altri bambini. Tollerava Ilario perché lui aveva capito come comportarsi con lei: studiava e non le chiedeva altro.

    Sabrina a volte trattava Sofia come fosse una ritardata, mentre il suo problema era un quoziente intellettivo elevatissimo. Il padre invece si limitava a osservarla divertito e innamorato, anche lui però lontano dall’immaginare il potenziale della massa grigia nascosta da quella color rame.

    Ben consapevoli del valore di quel cervello, nonostante certe stranezze, erano invece i tre ragazzi, che pensavano che il liceo artistico fosse un indirizzo sprecato per la ragazza: secondo loro avrebbe dovuto frequentare l’unico corso di studi degno di nota, il loro. Sottovalutando completamente il valore e il compito dell’arte, ben più importante della soluzione di un’equazione di grado n: quello di ricollegare il mondo della materia a quello dello spirito attraverso la bellezza. La piccola Sofia questo soffio divino l’aveva colto, e, da quando era in grado di tenere una matita in mano, cercava di ritrovare quel collegamento.

    La guardarono. Era silenziosa. Osservava un punto lontano.

    Quel pomeriggio, prima della faticosa vestizione, aveva disegnato il volto di Samuele con un gessetto verde. Poi lo aveva strappato in mille pezzi e lo aveva buttato nel cestino. Il verde era il colore della bile. Lo pensava troppo. Penava per le sue avventure continue. Ma si sarebbe fatta cavare gli occhi prima di confessarlo ad anima viva. E, in fondo, con nessuna anima, viva o morta, aveva sufficiente confidenza per cedere alla tentazione di parlarne.

    Samuele la guardò più a lungo degli altri. Sì, doveva davvero evitare casa dei cugini per un po’ di tempo. Lei aveva il suo mondo e in più era una bambina. Deliziosa. Ma una bambina. E come lo era per lui, doveva esserlo per tutti gli altri: senza curarsi di ciò che avrebbero potuto pensare suo cugino e il suo amico, fermò un giovanissimo cameriere, reo di non aver smesso un secondo di sorridere alla giovane e di rivolgerle la parola senza che fosse necessario.

    Ehi. Vieni qui. Lo guardò negli occhi e poi la indicò falla finita. Non starle intorno ok?

    Il ragazzo lo guardò spaventato e si limitò ad annuire.

    A metà del primo trimestre di liceo, i professori di Ilario convocarono i genitori: perché lo avevano fatto iscrivere a quel corso di studi? Non aveva alcuna predisposizione per quelle materie. Non gli piacevano nemmeno, di questo erano convinti data la svogliatezza del ragazzino. Sergio e Francesca si guardarono sconsolati: Sofia. Lui era lì per Sofia. Chiesero per curiosità come andasse la figlia di loro cari amici, e i professori non si preoccuparono della privacy visto che il talento della giovane non era questione da nascondere. I genitori di Ilario confidarono quindi il motivo della presenza di loro figlio nella stessa classe della ragazza. Gli insegnanti, allora, consigliarono di spostarlo in un’altra scuola con più energia di prima: Ilario non aveva alcuna possibilità di essere promosso. Al secondo anno i due giovani amici si sarebbero separati per forza. Sergio e Francesca, essendo persone di grande spessore umano, usarono tutto il tatto possibile, tutta la delicatezza e tutta l’empatia per convincerlo a iscriversi al liceo scientifico. Ci riuscirono, e, con molte ripetizioni e molta buona volontà, a metà del secondo trimestre il figlio era già al livello degli altri. Samuele poté riprendere la frequentazione random della casa di suo cugino, tranquillo di non incontrare più troppo spesso la piccola ladra del suo cuore.

    Estate 2007

    I tre amici superarono agilmente le prove di maturità: Zenko e Mattia si diplomarono con il massimo dei voti; Samuele, più indolente e più facile alla distrazione, si dovette accontentare di un pur dignitoso 70. Ma dalla faccia traspariva la sua completa indifferenza: non avrebbe avuto bisogno di lavorare fino alla fine dei suoi giorni, cosa gli importava di un voto?

    Decisero di organizzare una festa cumulativa alla villa dei genitori di Samuele, e invitarono tutti gli amici, compresa Sofia, che ovviamente non accettò.

    Sabrina andò ad aprire convinta di trovarsi di fronte Zenko: era solito passare dalla figlia qualche minuto, ogni tardo pomeriggio, quando la sapeva in casa con almeno uno dei genitori. Non si sarebbe mai permesso di presentarsi quando era sola. Sabrina era sicura che prima o poi quel bel giovane si sarebbe fatto avanti, e anche se non sperava in un assenso da parte di Sofia, destinata alla solitudine a suo parere, era consolata dalla speranza che almeno un tentativo sarebbe stato fatto. L’unico da cui non auspicava passi in tal senso era fuori dalla sua porta, e infatti ciò che guardò aprendola non furono due dolci e intelligenti occhi a mandorla: si trovò a osservare due insolenti e splendidi occhi verdi. Samuele.

    C’è Sofia?

    Sì, è in camera sua. Che vuoi?

    Lui non rispose, non si dilungò in convenevoli, superò l’inebetita donna e raggiunse Sofia nella sua stanza. Aprì senza bussare: la trovò seduta sul letto, auricolari alle orecchie, e notebook sulle gambe incrociate. Non lo sentì avvicinarsi, era concentratissima. Samuele le tolse l’apparecchio da sotto il naso e le sfilò un auricolare. Lei alzò la testa di scatto e avvampò. Di stupore. Ed emozione. Ma lui pensò che fosse solo collera. Era già qualcosa, visto che anche quando lo rimproverava manteneva un tono incolore.

    Ma sei matto? Che fai?

    Tu verrai alla festa.

    Perché?

    Perché sì. Festeggeremo anche il diploma di Zenko. Non ti sciogli nemmeno con il tuo grande amore? Si offenderà a morte.

    Perché sei sempre così idiota, Samuele? Zenko non si offenderà affatto.

    Ci saranno un sacco di belle ragazze. Non sei gelosa? Se non ci sarai tu nei dintorni si lascerà accalappiare da qualcun’altra.

    Sofia si stese, poggiandosi sui gomiti e allungò le gambe incrociando i piedi. Non si rendeva conto di quanto fosse attraente, non aveva malizie e si muoveva come le suggeriva il corpo: in quel momento le chiedeva di sciogliersi, non si era resa conto della posizione scomoda in cui era stata per diverse ore, e lo fece. Il leggero top di cotone bianco si schiacciò sulla sua pelle e mise in evidenza tutto quello che avrebbe dovuto nascondere. Lo guardò da quella posizione e lui si trovò a schiarirsi la voce e a sperare di risolvere subito la faccenda per scappare via.

    Zenko può farsi accalappiare da chi gli pare. Cosa stai dicendo, Samuele?

    Sto dicendo che devi venire. Su Zenko sto scherzando. Sei sempre più acida, sociopatica e rana. Ti avverto: se alle sette sabato non sarai a casa mia, ti vengo a prendere qui. Ti carico sulla spalla e ti porto alla festa. Non scherzo: lo farò.

    Perché.

    Caz...volo, gnomo! L’età dei perché è finita da un pezzo. Perché perché perché. Non c’è un perché. Verrai e basta.

    Lei lo guardò dritto negli occhi e lui pensò che un altro minuto in quella camera gli avrebbe fatto giocare i successivi anni di libertà: si sentì sciogliere mentre cercava di sostenere quello sguardo con noncuranza, e l’impulso di baciarla e anche l’impulso di tutto il resto li nascose dietro la solita espressione arrogante. Si chiese come fosse il cibo in prigione, e per un attimo pensò che assaggiare Sofia sarebbe stato saziante per i successivi cento anni, quindi al diavolo la cattiva cucina penitenziaria. Però si controllò e attese con aria sexy e annoiata la risposta.

    D’accordo. Ma vai a parlare con mia madre. Non indosserò una decorazione natalizia.

    Affare fatto.

    Uscì velocemente dalla stanza, senza nemmeno salutarla. Con Sabrina non avrebbe scambiato una parola, avrebbe lasciato il compito a Zenko. Da due anni, per tacito accordo, era sempre lui a relazionarsi con la donna: Samuele non poteva. E non voleva.

    Il sabato della festa, Zenko, su ordine di Samuele, si presentò alle sei da Sofia. Gli aprì lei, in tenuta casalinga e nessuna ansia per il party che era sulla bocca di tutti da diversi giorni. Le ragazze del loro giro avevano svaligiato i negozi più chic di Roma. I centri benessere e i parrucchieri erano stati presi d’assalto. E lei aveva i capelli da Medusa e una specie di pigiama-tuta casalinga che non prometteva niente di buono.

    Non ti stai preparando?

    Manca un’ora.

    Zenko fece uno sforzo per restare serio. Tra l’altro al vero inizio della festa mancava ben più di un’ora: le sette come orario limite se l’era inventato Samuele: se non l’avesse portata il suo amico entro quell’ora, avrebbe avuto il tempo di pensarci lui. Con i suoi modi.

    Le ragazze in genere ci mettono un secolo per farsi belle.

    Io non devo farmi bella.

    Il ragazzo pensò che in effetti non ne aveva proprio bisogno. Ma

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