Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Intrigo inquietante
Intrigo inquietante
Intrigo inquietante
E-book802 pagine10 ore

Intrigo inquietante

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

La morte di tre brillanti scienziati sconvolge il mondo della ricerca scientifica; i tre stavano seguendo un progetto coperto dal massimo segreto. Il sospetto che sia una messa in scena per coprire i tre delitti, spinge Lorenzo Ripamonti a indagare. La possibilità di ottenere energia pulita a basso costo fa gola a troppi, dai vertici delle nazioni sviluppate alle lobby del petrolio, ma soprattutto alla Spider, un’organizzazione segreta, che estende i suoi tentacoli nei gangli del potere globale. Pericoli e intrighi volti a impossessarsi del segreto della fusione fredda ostacolano Lorenzo nella ricerca della verità.
LinguaItaliano
Data di uscita14 feb 2015
ISBN9788879807067
Intrigo inquietante

Leggi altro di Loredana Reppucci

Correlato a Intrigo inquietante

Ebook correlati

Thriller per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Intrigo inquietante

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Intrigo inquietante - Loredana Reppucci

    © copyright 2009

    by Greco&Greco editori

    Via Verona, 10 - 20135 - Milano

    www.grecoegrecoeditori.it

    ISBN 978-88-7980-478-3

    Copertina: Studio Graphicus

    Ringraziamenti

    Un particolare ringraziamento a:

    la dottoressa Antonella De Ninno, una scienziata intelligente e tenace che ha dedicato molti anni della sua vita allo studio della fusione fredda, conducendone la famosa sperimentazione promossa dall’ENEA di Frascati. Le sono grata per aver accettato con simpatia di leggere il mio romanzo e farmi le sue osservazioni sulla parte tecnica, e non solo. Le sue puntualizzazioni sono state preziose e mi hanno consentito di sentirmi tranquilla circa le inevitabili situazioni scientifiche che fanno parte del romanzo.

    Mio fratello, Riccardo, un eccellente fisico che mi ha suggerito di scrivere un libro sulla fusione fredda e che, essendo anche un accanito lettore di thriller, mi ha dato utilissimi suggerimenti.

    Mio marito, Renato, professore di chimica fisica, che con la sua inossidabile fiducia nelle mie capacità, mi ha incoraggiato vigorosamente in tutte le avventure professionali della mia vita, inclusa quella di scrivere romanzi.

    Precisazioni

    Questo romanzo è frutto di pura fantasia. Personaggi, nomi e situazioni sono inventati: ogni eventuale riferimento a persone, nomi e realtà esistenti è puramente casuale.

    Alcuni riferimenti a fatti effettivamente accaduti, sono stati inseriti per dare veridicità al racconto e la fonte dell’informazione è stata riportata in nota.

    Prefazione

    di Antonella De Ninno

    La vicenda della fusione¹ fredda iniziò, apparentemente, con il fragoroso annuncio del marzo 1989. I giornali titolarono che l’energia del sole era stata racchiusa in una provetta e che la produzione di energia illimitata e a basso costo era alle porte.

    Gli autori della scoperta erano uno stimatissimo elettrochimico britannico di grande esperienza, Martin Fleischmann ed il suo collaboratore Stanley Pons, anche lui elettrochimico e non erano affatto degli scienziati improvvisati. Martin Fleischmann aveva lavorato per molti anni sugli idruri metallici, ossia dei metalli speciali che si imbevono di Idrogeno come delle spugne per poi rilasciarlo al momento opportuno². Contemporaneamente anche un altro scienziato, un fisico di nome Steven Jones, annunciò di aver ottenuto una reazione nucleare di fusione a bassa temperatura. Anche Jones aveva un brillante curriculum come fisico impegnato nella fusione muonica un tipo particolare di reazione di fusione che utilizza particelle elementari esotiche. Non era facile liquidare la scoperta con una alzata di spalle, almeno in assenza di ulteriori verifiche. Tuttavia già alcune settimane dopo iniziò una violentissima campagna di destrutturazione della scoperta e dei suoi autori proveniente sia dall’interno che dall’esterno della comunità scientifica.

    Non si può comprendere l’eccezionalità di questi annunci se non si conosce la storia delle ricerche sull’energia nucleare.

    Il primo reattore nucleare in cui si dimostrava la possibilità di sostenere e controllare una reazione di fissione³ fu quello realizzato da Enrico Fermi a Chicago nel 1942. Nonostante l’enorme sforzo connesso all’impegno bellico, che portò alla realizzazione ed all’uso delle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945, la prima centrale nucleare per scopi civili, in grado di immettere energia elettrica nella rete di distribuzione, entrò in funzione solo nel 1955 negli USA. Nel 1950, alcuni fisici russi, tra cui il famoso scienziato Andrei Sakarov, proposero la realizzazione di un reattore sperimentale in cui fosse possibile realizzare una reazione di fusione autosostenuta (ossia in cui l’energia prodotta fosse almeno uguale a quella immessa). Un simile impianto dovrebbe raggiungere al suo interno temperature estremamente elevate, milioni di gradi, simulando le condizioni che i gas raggiungono nelle stelle. Dopo oltre 50 anni di studi è stato recentemente approvato (Novembre 2006) un progetto internazionale per la realizzazione di un gigantesco impianto rivolto a dimostrare la fattibilità scientifica e tecnologica del processo di produzione di energia mediante fusione termonucleare. Il futuro impianto, denominato ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) dovrebbe essere in grado di produrre energia (10 volte di più rispetto a quella impiegata) non prima del 2022. Dopo oltre 70 anni, un nuovo esperimento dimostrativo della fattibilità di una reazione autosostenuta. Costo: più di 10 miliardi di euro!

    Nel 1989 due chimici ed un fisico hanno sostenuto che con attrezzature cosiddette da banco, ossia da tavolo da lavoro, si poteva realizzare quello che in 50 anni e con investimenti da capogiro sfuggiva a migliaia di colleghi!

    A cominciare dal capolavoro organizzativo sotto il profilo scientifico e militare che fu il Progetto Manhattan che portò nel giro di 2 anni alla realizzazione del primo ordigno nucleare della storia, ci sono stati molti esempi di realizzazione di progetti estremamente complessi e delicati: oltre al già citato ITER, tutte le attività della fisica delle alte energie⁴, i laboratori del CERN (Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire) di Ginevra e dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) sotto al Gran Sasso. Il complesso e delicato esperimento che consegnò il premio Nobel per la fisica a Carlo Rubbia nel 1983, riguardava la rivelazione di una particella elementare subatomica, prevista dalla teoria e mai osservata prima in natura. Anche i grandi progetti nella ricerca medica e biologica, il Progetto Genoma, la ricerca sul cancro sono esempi di big science, di scienza in grande. In tutti questi esempi gli aspetti organizzativi sono quasi preponderanti rispetto agli aspetti scientifici. Lo scienziato, fisico o biologo, si trasforma in manager di ricerca per tenere sotto controllo tutte le diverse parti che compongono l’insieme complesso: la finalità della ricerca e la strategia per conseguirla, il reperimento e la destinazione dei fondi, la gestione del gruppo di ricerca che può coinvolgere anche centinaia di scienziati, la realizzazione delle infrastrutture necessarie al funzionamento dei laboratori. Solo pochi, o pochissimi, hanno la visione complessiva dell’esperimento, la maggior parte dei ricercatori coinvolti è concentrata su una porzione di lavoro ad altissima specializzazione e finisce per trasformarsi da scienziato in esperto. Lo scienziato moderno assomiglia sempre di più a colui che cerca di guardare il cielo stellato dal fondo di un pozzo: più il pozzo è profondo, più piccola sarà la porzione di cielo che riesce a vedere. La sua specializzazione è la profondità del pozzo da cui guarda il cielo. L’organizzazione del lavoro nella big science, fortemente gerarchica, consente un efficiente ottenimento dei risultati ma altrettanto efficientemente è in grado di condizionare la direzione in cui la ricerca può, o deve, andare. La logica della ricerca finalizzata all’ottenimento di risultati di interesse industriale in tempi medio-brevi, (2-3 anni) completa il quadro. Una realtà scomoda ed inquietante è che oggi, i margini per una ricerca realmente libera, sono ridotti quasi a zero. Così, quando accade che qualcuno azzardi una proposta totalmente inaspettata e suscettibile di alterare i meccanismi consolidati, è possibile che si scateni un putiferio: la reazione viene non soltanto da chi lavora per indirizzare la ricerca su alcuni binari invece che su altri, ma anche da parte di coloro che lavorano, duramente, per partecipare alle grandi imprese scientifiche, avendo rinunciato alla creatività ed al gioco in cambio di una professionalità.

    Nel caso dell’esperimento di Fleischmann e Pons la domanda corretta che la comunità scientifica avrebbe dovuto porsi è se davvero le loro affermazioni fossero da prendere sul serio. Un approccio razionale sarebbe stato dunque, considerato anche il costo irrisorio degli esperimenti, quello di consentire a questi ed altri scienziati, di continuare le loro attività in tranquillità, anzi, potenziando i mezzi a loro disposizione e contemporaneamente pretendendo estremo rigore. Trattandosi della promessa di una fonte energetica senza scorie e a basso costo, forse il gioco sarebbe valso la candela di un investimento, diciamo di un decimo (o molto meno), rispetto ai costi di un tipico esperimento del CERN o dell’investimento che ogni anno fa l’EURATOM (Comunità Europea dell’Energia Atomica). Ma le cose non sono andate così. Anzi.

    Nei mesi immediatamente successivi al Marzo 1989 si susseguirono sulla stampa scientifica una serie di articoli sulle misure di Fleischmann, Pons e Jones. Si trattava di esperimenti fatti in gran fretta nei laboratori in cui si disponeva già, per qualche motivo pregresso, della strumentazione necessaria, tentando semplicemente di ripetere la ricetta degli elettrochimici. Ci furono anche molti fisici teorici che si cimentarono in interpretazioni. Ma accanto agli esperimenti che confermavano i risultati, molti riferivano di fallimenti nei tentativi di riprodurre il fenomeno. Intanto infuriava, letteralmente, una feroce polemica tra i detrattori dei cosiddetti credenti e coloro che si ostinavano a non credere. In un articolo comparso su La Repubblica del 6 marzo 1990, l’autorevole decano della fisica italiana, Carlo Bernardini, usava parole di disprezzo nei confronti della fusione fredda chiamando Fleischmann e Pons "adescatori della pubblica opinione ed irridendo a quegli scienziati eccitati dai miracoli e dai misteri della complessità"⁵.

    Fino ad arrivare, esattamente un anno dopo, nel Marzo del 1990 ad un editoriale della prestigiosa rivista Nature intitolato più o meno Addio, senza rimpianti, alla fusione fredda in cui si annunciava che mai più la rivista avrebbe accettato sulle sue colonne articoli riguardanti la fusione fredda. Orientamento a cui si uniformarono, immediatamente, tutte le altre riviste scientifiche, senza eccezioni.

    Sono stata testimone degli avvenimenti fino dal principio di questa vicenda. Nel marzo del 1989 lavoravo già da due anni presso il laboratorio di Criogenia⁶ dell’ENEA di Frascati con il Prof. Franco Scaramuzzi ed un altro giovane collega ed amico, Antonio Frattolillo. L’annuncio di Fleischmann e Pons ci aveva eccitato, come molti altri colleghi, e spinto all’idea di tentare di riprodurre quei risultati straordinari, sia pure utilizzando le nostre competenze di fisici per evitare le trappole dell’elettrochimica che non ci era familiare. Mettemmo su in pochissimo tempo un esperimento, avvalendoci anche della collaborazione di due altri colleghi, ed ottenemmo quasi subito dei risultati interessanti. Ma quello che accadde subito dopo fu sconcertante: intorno ai nostri risultati venne montato un vero e proprio evento mediatico. L’ENEA convocò una roboante conferenza stampa per annunciare la via italiana alla fusione fredda, e per alcune settimane le prime pagine dei giornali e tutte le televisioni furono piene di articoli, foto ed interviste che inneggiavano al nostro lavoro e alla riconfermata capacità degli scienziati italiani di competere alla pari a livello internazionale.

    Leggendo il romanzo Intrigo inquietante non ho potuto fare a meno di immedesimarmi con il protagonista, Lorenzo Ripamonti, ed ho provato una strana inquietudine, ricordando quei giorni e quella sensazione di disorientamento e di fastidio per il succedersi vorticoso di avvenimenti assolutamente al di sopra di ogni mia possibilità di controllo, e per quella forte sovraesposizione, tanto del nostro lavoro quanto delle nostre persone. Sebbene molto giovane (avevo 28 anni nel 1989) e con poca esperienza del mondo della ricerca, mi sono ben presto resa conto che quella situazione, lungi dall’offrirci una scorciatoia per il successo ed aprirci nuove prospettive per le nostre ricerche, ci stava piuttosto dirottando in un vicolo cieco. Proprio come descritto ottimamente in questo libro, un simile processo di "costruzione" dell’immagine pubblica di un ricercatore, ha due finalità immediate: da un lato isola lo scienziato dalla comunità scientifica, usualmente molto moralista, che non perdona chi cerca (o quanto meno sembra cercare) scorciatoie alla normale dialettica, e contemporaneamente lo assoggetta proprio a quel potere (sia esso politico, economico, militare o accademico) che ne ha voluto esaltare l’immagine, rendendolo così manipolabile e facilmente controllabile. Appare del tutto evidente che chi ha creato il mito dello scienziato Ripamonti, possa esattamente allo stesso modo ed altrettanto facilmente distruggerlo.

    Tornando alla nostra esperienza personale, apparve subito chiaro che dietro all’esibizione mediatica, non c’era nessuna reale volontà di far proseguire le attività di ricerca. Mi pare di ricordare che l’ENEA stanziò 100 milioni di lire nel 1989⁷ e poi più nulla.

    Alcuni colleghi che pure avevano partecipato ai nostri esperimenti, preferirono tornare alle proprie consuete attività, e molti altri, che al principio avevano mostrato interesse, si defilarono lasciando cadere i rapporti di collaborazione già in corso; a volte con signorile distacco, più spesso con risatine ironiche. Naturalmente questo atteggiamento ebbe come primo effetto quello di scoraggiare i giovani, sia nelle università che negli Enti di ricerca, più esposti ai ricatti della carriera, ad accostarsi a questo tipo di ricerca.

    Ma per fortuna siamo in Italia dove l’inefficienza del sistema consente di trovare degli spazi in cui lavorare se si è disposti a farsi dimenticare.

    Gli esperimenti erano difficili, scarsamente riproducibili, le teorie troppo complesse⁸… tranne una. Tre fisici italiani, Giuliano Preparata, Emilio Del Giudice e Tullio Bressani, avevano pubblicato nel maggio 1989 un articolo su una rivista scientifica in cui si davano le basi per una giustificazione teorica della fusione fredda. La spiegazione era quanto mai affascinante ma soprattutto la teoria apparteneva alla più pregiata e rara specie delle teorie fisiche: quelle in grado di fare previsioni! La teoria indicava la via da seguire agli sperimentali per poter riprodurre le condizioni in cui ottenere il fenomeno e risolvere la drammatica questione della scarsa riproducibilità che stava affossando questa ricerca e che neanche Fleischmann sembrava in grado di risolvere definitivamente.

    Ci sono voluti circa dodici anni per giungere ad un esperimento che, seguendo le indicazioni di quella teoria, raffinata negli anni, ne confermava le previsioni. Dodici anni di lavoro silenzioso, alla costante ricerca di finanziamenti, senza poter pubblicare per arricchire il curriculum perché, dopo il veto di Nature, nessuna rivista era più disposta ad accettare articoli sulla fusione fredda. Ma anche dodici anni di grandi soddisfazioni, di studio, di successi sperimentali, di incontri con grandi scienziati e maestri, di entusiasmo. Cresciuti alla scuola illuministica della supremazia della ragione, io ed i miei amici eravamo convinti, come Galileo, che invitare i nemici a guardare nel cannocchiale le lune di Giove⁹, avrebbe risolto ogni problema: la realizzazione di un esperimento che, secondo le regole condivise dalla comunità scientifica, mostrava la produzione di una quantità anomala di calore proprio nelle condizioni previste dalla teoria doveva essere la prova definitiva per essere riammessi nel corso ufficiale della scienza.

    Ancora una volta non andò nel modo sperato. Una volta realizzato l’esperimento con la collaborazione diretta di Giuliano Preparata¹⁰ ed Emilio del Giudice¹¹, ed il forte incoraggiamento dell’allora Presidente dell’ENEA, Carlo Rubbia, fummo, come nel Monopoli, invitati a ricominciare dal via. Ancora una volta il nostro lavoro fu ignorato e le riviste scientifiche interpellate, ben 5, cui proponemmo un articolo per la pubblicazione, lo respinsero rifiutando addirittura di motivare tale decisione¹².

    In compenso, questa volta il sistema mostrò una insolita efficienza e la nicchia in cui era stato possibile continuare le ricerche fino a quel momento venne definitivamente chiusa¹³.

    È molto interessante analizzare le giustificazioni addotte da alcuni colleghi per rifiutare di prendere in considerazione la fusione fredda come reale. Uno stimato collega fisico a cui avevo inviato il rapporto conclusivo dell’esperimento condotto all’ENEA, mi ha risposto: "… non sentendomi competente nel tuo campo non sono in grado di dare un giudizio professionale sul tuo report. Con questo non sto emettendo giudizi, né in un senso né nell’altro. Mi pare, la mia, una ammissione di incompetenza, non un atto di accusa." Ma poi, in una conversazione pubblica scrive: Non esiste una sola pubblicazione in giro per il mondo che dimostra l’esistenza di fenomeni di FNF (Fusione Nucleare Fredda). Ho ripetutamente (e provocatoriamente) chiesto a questo forum di indicarmene almeno una, ma non ho MAI ottenuto risposta. LA FNF, sino ad ora, è una bella chimera. Questo atteggiamento lascia supporre l’esistenza di un problema metodologico: un fenomeno fisico esiste solo se se ne parla sulle riviste autorevoli, il parere ed il convincimento personale, anche di uno stimato professionista, passano in secondo piano di fronte al principio di autorità. Ecco che ritorna il problema dell’esperto. Non è più però soltanto un problema metodologico ma diventa strategico se poi, lo stesso fisico afferma: "Capisci quindi la mia posizione, che e’ semplicemente quella di cercare di impedire che finanziamenti ingenti vengano dirottati verso ricerche che non hanno (ancora, potrei aggiungere) mostrato di poter portare a risultati tangibili. Le teorie (Preparata, …) che sottendono a queste ricerche sono, per quanto ne so, semplicemente non compatibili con il corpus del sapere attuale. In assenza di teorie, e in assenza di esperimenti che, non da me, ma dagli esperti del settore siano giudicati convincenti, che altro si dovrebbe fare?". Alcune riviste hanno rifiutato la pubblicazione del nostro rapporto perché hanno sostenuto di non conoscere alcun esperto del settore. Un nuovo settore della fisica perciò, in quanto tale non può aspirare a finanziamenti se prima non viene costituita una categoria di esperti del settore. In assenza di finanziamenti non si possono produrre prove convincenti che diano credibilità al settore, invoglino nuovi scienziati a partecipare alle ricerche, producano letteratura scientifica ed, in ultima battuta esperti di settore. Ma siamo davvero sicuri che il progresso della scienza avvenga grazie agli esperti? Un grande matematico e filosofo della scienza, Jules-Henry Poincarè (morto nel 1921) scriveva: "Via via che la scienza si sviluppa, diventa sempre più difficile averne una visione complessiva; si cerca allora di dividerla in tanti pezzi e di accontentarsi di un pezzo solo; in una parola ci si specializza. Continuare in questa direzione sarebbe di grave ostacolo ai progressi della scienza. Lo abbiamo detto: sono le connessioni inattese fra diversi domini scientifici che rendono possibili tali progressi."

    Il libro di Loredana Reppucci Intrigo inquietante racconta una storia di fantasia, agile ed avvincente ma anche, straordinariamente verosimile. La realtà non ha i connotati chiari e veloci del romanzo, è più sfumata e spesso sfugge ad una prima lettura per tornare poi chiara molto tempo dopo, ma è inevitabile chiedersi quali interessi può aver coinvolto quello che a noi sembrava solo un buon esperimento.

    La possibilità di produrre energia a basso costo, la realizzazione di tecnologie leggere e distribuite sono argomenti che catturano l’attenzione e fanno nascere grandi speranze ma stimolano anche la grande inquietudine dello sfruttamento ad uso non pacifico della nuova fonte energetica. Nel romanzo vivono ed agiscono forze ed interessi differenti: la grande scienza, i produttori di energie convenzionali, sette segrete interessate ad impadronirsi della nuova fonte energetica, interessi militari e strategici. Nella realtà, uno o più di questi interessi possono essere stati disturbati da tutto ciò che è avvenuto dopo il marzo del 1989.

    L’eccessiva parcellizzazione della scienza e la paura delle connessioni inattese possono aver permesso che interessi tutti estranei alla scienza frenassero il processo della conoscenza perché gli scienziati non sono più in grado di rispondere come una comunità ma solo come un insieme non coerente di esperti. Non bisogna confondere però il piano del romanzo con la realtà: in un romanzo d’azione che sia godibile e brillante, come questo, gli eventi devono concatenarsi ad un ritmo serrato ed avere una plausibile regia. La realtà può fare a meno di tutto ciò, può fare a meno anche della logica, quindi occorre considerare, tra le altre, anche l’ipotesi che la fusione fredda sia stata ignorata semplicemente per sciatteria intellettuale. Come sosteneva quel fisico citato sopra, forse davvero la comunità scientifica ha ignorato la nuova scoperta perché non ne ha trovato traccia sulle riviste rispettabili le quali non hanno accettato di pubblicare i lavori perché non hanno trovato esperti in grado di giudicarli. Le istituzioni non hanno finanziato le ricerche perché la scarsità dei finanziamenti attribuiti alla ricerca (non solo in Italia) suggerisce di potenziare le attività suscettibili di avere una applicazione industriale in tempi brevi o, come la ricerca sulle alte energie o la fusione termonucleare controllata, di mettere in moto grandi capitali per la realizzazione delle infrastrutture necessarie agli esperimenti.

    Forse davvero non esiste un complotto nel senso che non esiste una volontà di estromettere la fusione fredda dal panorama della scienza, tuttavia la scienza è oggi organizzata nel suo interno da leggi che tendono ad espellere come estranee le innovazioni troppo sconvolgenti. Gli scienziati che occupano le posizioni più rappresentative, dirigenti di ricerca, professori universitari, presidenti di enti scientifici, non obbediscono agli ordini di un grande vecchio ed operano nella piena autonomia delle proprie convinzioni, tuttavia soltanto coloro che per convinzione o convenienza concordano con le finalità del sistema possono aspirare a ricoprirne le posizioni dirigenziali, e questo semplicemente a causa di un processo naturale di selezione che peraltro non è limitato soltanto al mondo della scienza¹⁴.

    Ma se così fosse la scienza moderna sarebbe davvero giunta al suo crepuscolo, come è accaduto altre volte nel corso della storia, quando la creatività e l’innovazione hanno dovuto uscire dalle accademie per svilupparsi e dare i loro frutti.

     Frascati, ottobre 2007

    Salt Lake City. Maggio 1989

    George Steelbar si avvicinò ad Albert Kendall, facendosi largo fra la folla e tenendo ben stretto tra le dita il suo Martini.

    Ehilà, Kendall, come va? Cosa ne pensi di questa kermesse? Chiese, con una maliziosa strizzatina d’occhio.

    "Oh, salve Steelbar. Non mi aspettavo di vederti qui! – Fece Kendall – bella presentazione, no? Ti dirò che io sono molto eccitato ed incuriosito da questa cold fusion, apparentemente in contraddizione con ogni consolidato paradigma di fusione nucleare! So che sei molto pragmatico… spero che tu non sia qui per distruggerne il diritto di vita!"

    "Perché mai? Questa fusione nucleare fredda, una contraddizione in termini, ti pare? mi ha colto di sorpresa e, anche se sono abbastanza scettico, non potevo perdermi l’occasione. Ritengo però che sia pericoloso festeggiare e brindare ad una teoria così controversa e poco allineata alla scienza classica, senza attendere un ragionevole lasso di tempo per verificarla!"

    "Io ne sono del tutto conquistato, invece… e con me anche molti eccellenti scienziati! D’altra parte, non puoi pensare che Fleischmann¹⁵ sia un ricercatore poco serio… è persona di tutto rispetto. E, altrettanto penso di Pons."

    Fleischmann è un chimico… non può avere la competenza di un fisico nucleare come me e te, no? Non si può lasciarsi trasportare dai sogni!

    I sogni! Se l’uomo non avesse saputo sognare, non sarebbe neppure riuscito ad inventare la ruota! Non credo che Fleischmann e Pons avessero la pretesa d’essere migliori degli altri: hanno notato questa abnorme produzione di calore, dopo aver verificato quanto si andava vociferando in certi ambienti militari a proposito di reazioni nucleari spontanee tra palladio e deuterio. Perché non dar loro credito? Oh, ecco il professore che sta arrivando…

    Martin Fleischmann si stava avvicinando, districandosi tra i molti convenuti che gli si assiepavano attorno, accolto da strette di mano entusiastiche ma anche da commenti inevitabilmente sarcastici.

    Kendall, poco più che quarantenne, provava un’ammirazione reverenziale ed un rispetto assoluto per quel maturo professore di sessantadue anni, dall’accattivante sorriso tranquillo e lo sguardo bonario, appena un po’ ironico, dietro i grandi occhiali.

    "Complimenti, professore! – Disse subito Albert Kendall – La sua presentazione del fenomeno riguardante la fusione fredda mi ha galvanizzato. Sono interessato alla scoperta sua e del collega Stanley Pons. Le sarei davvero infinitamente grato se potesse ricevermi nel suo laboratorio, uno dei prossimi giorni!"

    Fleischmann si tolse gli occhiali, li pulì accuratamente con una pezzuola di pelle scamosciata prima di rimetterli, sorrise con compiacenza a Kendall e a Steelbar, passandosi una mano sulla testa dai capelli un po’ radi, poi sorridendo rispose:

    Quando vorrà. Basta che mi avvisi con una telefonata. Sono felice del vostro interesse per la scoperta… siete californiani?

    Cercò nel portafogli e porse ai due fisici il suo biglietto da visita.

    Kendall rispose: Io sì, vengo da Pasadena, lavoro al Caltech, California Institute of Technology, e il professor Steelbar da Los Alamos…

    Laureati in fisica pura? Chiese l’altro.

    Sì, ma ugualmente affascinati dalla sua nuova teoria!

    Fleischmann si rivolse a Steelbar che aveva un’aria meno entusiasta di Kendall: Anche lei trova interessante la scoperta?

    Beh… ne sono incuriosito. Non ho ancora avuto modo di approfondire la documentazione che lei ha gentilmente messo a disposizione…

    Fleischmann sorrise: Non mi stupisco del suo scetticismo, professor Steelbar. Molti altri fisici credono che la fusione fredda enunciata da me e da Pons, sia frutto di incompetenza o addirittura di poca professionalità… un flop tecnologico, insomma. Il fenomeno non era davvero prevedibile e quindi…

    Oh, no, no! Non mi permetterei mai di esprimere un giudizio così negativo su di lei, professor Fleischmann! Si affrettò a scusarsi Steelbar.

    L’altro scosse la testa, senza perdere la sua amabilità: Non me ne avrei a male, davvero! Non conosco nessuna scoperta che non abbia incontrato resistenza nella scienza ufficiale!

    Ora si goda il meritato successo, Fleischmann! – Lo incitò Steelbar – Non si preoccupi dei dissidenti. Ogni teoria ha il suo fascino e merita considerazione, anche se dovesse poi lasciare il posto a delle smentite…

    L’altro non abbandonò il suo atteggiamento rassegnato e perplesso: Sono più quelli che non ci credono di quelli che apprezzano questo nuovo capitolo della ricerca… ma il tempo ci darà ragione!

    Se il potere lo permetterà… – Disse Steelbar – perché il potere ha sempre avuto maggior forza della ragione!

    Fleischmann allargò le braccia e si dispose ad ascoltare altri scienziati, fisici, docenti e professori con le loro domande ora provocatorie ora incoraggianti.

     Steelbar si rivolse a Kendall.

     Da buon fisico tradizionale, continuo ad avere dei dubbi. – Fece. – Fleischmann e Pons hanno fatto un annuncio affrettato, una conferenza stampa… Di solito, non si usa annunciare delle scoperte in una maniera tanto clamorosa, ma ci si rapporta prima con i colleghi di tutto il mondo e non viceversa!

    Kendall era un po’ perplesso: Qualcosa devono averlo trovato, però. Ed io ne sono terribilmente attratto!

    Meglio non perderci troppo tempo, dammi retta. Rischi di perderci degli anni e poi accorgerti che hai solo scavato nella sabbia.

    È proprio dove gli altri non scaverebbero, che puoi trovare cose interessanti…

    Noi fisici, non possiamo permetterci di sognare, ripeto. Chi aveva inventato la ruota, aveva visto concretamente rotolare dei tronchi!

    Kendall sorrise: Mi sono sempre reso conto che… è da presuntuosi sottovalutare qualcosa, nel mondo della scienza.

    Pasadena. Marzo 1997

    Il giornalista Jakob Andrews del The New York Times aveva ottenuto un’intervista dal professor Albert Kendall, direttore del settore nucleare al Pasadena California Institute of Technology.

    Le recenti pubblicazioni del professore, sui risultati ottenuti con gli studi sulla fusione nucleare fredda, evocavano scenari terrificanti, davano luogo a diatribe contraddittorie che gettavano nel panico la popolazione e, nello stesso tempo, provocavano anche reazioni di scherno da parte di alcuni esimi scienziati, per quella che era stata definita una messa in scena truffaldina e fraudolenta.

    Andrews fu fatto passare nello studio di Kendall. Il professore emerse da dietro una scrivania seppellita sotto documenti, fascicoli, blocchi per note, una vecchia stampante per computer col suo strascico di carta, un portatile aperto, da cui partivano innumerevoli cavi aggrovigliati.

    Si accomodi, prego. Disse il professore accennando ad una poltrona su cui erano accumulati due borse, un cappotto, tre ombrelli, un berretto sgualcito. E subito, si affrettò a sgombrare il sedile, spostando in blocco tutto quel ciarpame su un tavolino, a sua volta, già colmo di carte, libri, agende.

    Chiedo scusa per il disordine, – aggiunse poi Kendall con l’aria di chi è stato colto in fallo – ma questi uffici sono così angusti…

    Non si preoccupi, professore. È così, quando si lavora! Se lei vedesse la mia scrivania…

    Difficile trovarne una peggiore della mia. – Si scusò ancora Albert Kendall sorridendo e trascinando la sua sedia davanti alla poltrona in cui affondava Andrews. – Ma veniamo a noi. Di cosa vogliamo parlare?

    "Ho seguito le vicende riguardanti i suoi esperimenti sulla cold fusion e mi sembra che ci siano molte contraddizioni in quello che si sente dire in proposito. Lei potrebbe chiarire alcune cose a me ed a molti lettori, preoccupati per questa nuova minaccia atomica?"

    Kendall si fece una bella risata: "Fusione fredda! È una definizione abbastanza provocatoria… il termine esatto sarebbe reazione nucleare a debole energia."

    Molti però ne parlano come se non fosse un fenomeno tanto rispettabile…

    "Già. Ma non arretrano quando si tratta di classificarla come l’ennesima minaccia atomica! Beh… non esageriamo. Per ora ci stiamo ancora chiedendo come possano accadere certi fenomeni…"

    Da quello che è emerso, sembra di capire che è possibile costruire ordigni bellici terrificanti con un pugno di dollari, nella cantina di casa nostra!

    Gli ordigni nucleari che lei dice, per ora sono un’ipotesi molto remota. Il processo che abbiamo riprodotto, dopo Fleischmann e Pons, è di natura elettrochimica e nucleare allo stesso tempo. Forse, è opportuno che io le riassuma la faccenda della fusione fredda e qualche proprietà degli atomi. Non crede?

    Mi farebbe davvero piacere, professore. Siamo tutti così poco informati su questo argomento, che forse immaginiamo molto più di quanto sia lecito fare.

     "Circa nove anni fa – lui aveva incominciato a dire, sorridente ed autorevole nello stesso tempo – due chimici, Martin Fleishmann e Stanley Pons, dall’Università dell’Utah, annunciavano la loro fantastica scoperta, che assomigliava più ad un’eresia che ad una ricerca seria: la fusione nucleare a temperatura ambiente, a costi irrisori e con una spropositata produzione di calore." Kendall s’era fermato per lasciare al giornalista il tempo di comprendere quello che stava per dire. Poi proseguì: "Molti immaginano gli atomi come piccole palline di materia, praticamente invisibili al nostro occhio e, in un certo senso, le cose appaiono così. In termini grossolani, il nucleo di un atomo è costituito da particelle, protoni e neutroni, i primi con carica elettrica positiva, e i secondi neutri. Senza scendere nei particolari delle mutue interazioni tra queste particelle dentro il nucleo, i protoni che, avendo cariche uguali si respingono, vi sono tuttavia trattenuti dalla forza di legame detta forza nucleare forte. L’intolleranza reciproca di questi… prigionieri, si manifesta con un movimento furibondo e continuo che raggiunge la velocità di sessanta chilometri il secondo! I protoni, cioè, si spingono, si urtano l’un l’altro per allontanarsi, ma una forza tremenda li costringe alla convivenza, condannati in uno spazio troppo stretto, a meno che una forza maggiore di quella di legame non li liberi, spezzando il nucleo. Quando questo avviene, si ha la ‘fissione’ nucleare che sprigiona un’energia immensa, descritta da Einstein, con la sua famosa equazione E = mC², dove m è la massa e C la velocità della luce. La ‘fusione’, invece, consiste non già nel liberare i protoni del nucleo, bensì nel costringerne altri ad entrare proprio là, dove sono indesiderati, per formare un altro elemento!"

    Kendall s’avvicinò ad una lavagna piena di formule e, dopo averne ripulito un angolo, vi disegnò un cerchio che rappresentava il nucleo dell’atomo e dei puntini dentro, ossia i protoni ed i neutroni. Poi, sorrise e riprese: Pensi al sole, signor Andrews: nel suo interno, la fusione nucleare avviene di continuo, ed il calore rilasciato dai nuclei di elio che si formano e si disintegrano, consente la vita sul nostro pianeta. Però… questo processo nel sole avviene ad una temperatura di tredici milioni di gradi! Con la cold fusion, di Fleishmann e Pons il fenomeno avviene a pressione e temperature facilmente raggiungibili ma irrisorie rispetto a quella che c’è nella nostra stella. Le ricordo che la distanza tra il nucleo dell’atomo ed i suoi elettroni, è immensa, uno a centomila! Come dire che, se qui ci fosse il nucleo, una pallina grande come una capocchia di spillo, gli elettroni, della dimensione minore di quella di un microbo, volteggerebbero attorno al nucleo stando ad un chilometro di distanza! La materia, forse non lo abbiamo sempre presente, è fatta… di nulla! Minuscoli vortici che un’energia intrinseca provoca nel vuoto e che, senza sosta s’incontrano, si scontrano, si liberano, si catturano vicendevolmente, stanno assieme un po’, poi si lasciano.

    Kendall guardava il suo interlocutore sorridendo, come chi sta raccontando una bella fiaba a un bambino. E continuò:

    Forse, la materia è stata meglio definita dai buddisti che dagli scienziati: ‘il vuoto è forma e la forma è vuoto…’. Ma, torniamo alla nostra fusione. Per introdurre in un nucleo un nuovo protone, dobbiamo dargli una forza capace di superare il campo elettromagnetico creato da altre particelle e sfondare il muro di coesione che protegge il nucleo per spingervelo dentro. Un po’ come quando cerchiamo, invano, d’entrare in un locale troppo pieno. Quando, sotto pressione, due nuclei di deuterio si ‘fondono’, si forma un nucleo di elio. Ma qui, si verifica una specie di magia: la massa del nucleo di elio non è uguale alla somma delle masse dei nuclei di partenza, ma circa sette millesimi in meno. Proprio così! E questa piccolezza in meno, moltiplicata per la velocità della luce, trecento mila chilometri il secondo, al quadrato (equazione di Einstein citata poc’anzi), dà luogo ad un’energia inimmaginabile.

    Kendall prese fiato e bevve un po’ d’acqua da una bottiglietta aperta che aveva sulla scrivania e che doveva essere lì da giorni. Poi, improvvisamente, disse, rivolto al giornalista: Gradisce qualcosa? Un caffè? Un the?

    "Grazie rispose l’altro – Prendo volentieri un caffè…"

    Kendall uscì dall’ufficio e si recò al distributore automatico, tornando con due bicchieri di caffè. Ne porse uno ad Andrews e sorseggiarono la bevanda.

     Poi, riprese: "Quando si parla di forze nucleari, si resta un po’ sgomenti, dato che non è davvero facile immaginare che un atomo, pur così inimmaginabilmente piccolo, abbia in sé una forza tale da poter distruggere una città. Tutti ne abbiamo avuto testimonianza, però, ascoltando o leggendo i reportage su Hiroshima e Nagasaki! E dunque? Da quello che le ho appena detto, è evidente che altrettanta energia occorre per aggiungere un protone in un nucleo! Per esempio, di idrogeno, che ha solo un protone e di conseguenza, un elettrone che gli gira attorno, trattenuto dalla forza elettromagnetica. Lo sanno gli studiosi della bomba a idrogeno che, solamente per innescare il processo di fusione, hanno bisogno di un’esplosione nucleare! E qui sta l’apparente eresia: la fusione fredda, annunciata da Fleischmann e Pons, poi realizzata sperimentalmente in molti altri paesi del mondo ed anche da alcuni scienziati italiani, avviene con un dispendio d’energia irrisoria se pensiamo che, per contro, ne produce una quantità mille volte superiore. Il tutto, a pressione atmosferica normale ed a temperature facilmente ottenibili! – Kendall rise ancora e proseguì: – Il premio Nobel Rubbia, a tal proposito, disse che ‘se la fusione fredda funzionasse, vorrebbe dire che Dio è stato molto, molto buono con noi’. Nonostante il tono, probabilmente ironico, con cui Rubbia fece quest’asserzione, le cose stanno proprio così: in natura appare possibile ottenere energia a bassi costi. Eppure, alcuni colleghi scienziati, quelli che rifiutano di accettare soluzioni semplici a problemi complessi, hanno ferocemente combattuto queste scoperte, perfino fatto esonerare dei docenti dal loro lavoro, sottoponendoli a indagini assurde. È il caso, per esempio, del professor Bockris, dell’università A&M del Texas…"

    Andrews taceva ed il professor Kendall sospirò: Questa è la difficile strada di chi scopre qualcosa che va contro la scienza ufficiale, difesa ottusamente dai boiardi del sapere. È giudicata subito un’eresia, come accadde a Galileo quando affermò che sulla luna c’erano delle montagne e non era una sfera perfetta come voleva la Chiesa! Nessuno volle guardare dentro il suo cannocchiale, per paura di dover rivedere le proprie convinzioni. Anche la fusione fredda, è stata giudicata ‘impossibile’, in quel processo sommario che fu fatto dall’American Phisical Society! È stato sempre così. Lei sa certamente quello che fece il celebre ed antico scienziato Paracelso…

    Veramente, non lo so. Che cosa fece?

    Beh, a dire il vero, Paracelso era parecchio presuntuoso, sia pur con delle ottime motivazioni derivanti dalle sue grandi scoperte… comunque, alla sua prima lezione all’Università, si fece portare un vaso di ottone e, dopo averlo riempito di zolfo e salnitro, vi appiccò il fuoco e vi gettò dentro i libri di Galeno e Avicenna, bruciando in quel falò la scienza ufficiale!

    Lo farebbe anche lei, professor Kendall?

    Qualche volta penso che sarebbe il modo migliore di risolvere certi problemi! Rispose Albert ridendo come un bambino.

    È complicato realizzare la fusione fredda? Chiese poi il giornalista.

    "L’esperimento più semplice – rispose Kendall, cancellando di nuovo la lavagna e disegnandovi lo schema di una pila – fu ottenuto con un calorimetro, in cui il catodo era di palladio, l’anodo di platino ed il liquido, acqua pesante, ossia acqua dove vi sono solo molecole in cui l’idrogeno è sostituito dal suo isotopo deuterio. Questo elemento ha nel nucleo, oltre al protone dell’idrogeno, anche un neutrone. I nuclei liberati, migrando nel palladio e stipandosi nel suo reticolo cristallino fino a raggiungere la forza necessaria, si fondevano tra loro emettendo grande calore e formando nuclei di elio, caratterizzati da due protoni e due neutroni. L’elio, che è l’indicatore inequivocabile del fenomeno di ‘fusione nucleare’, è carico d’energia, estremamente instabile e può dare adito a ulteriori reazioni. Mi vedo costretto a rappresentare, con un semplice diagramma il calorimetro di Fleischmann e Pons…"¹⁶

    Kendall disegnò sulla lavagna le particelle che raggiungevano il palladio, scrisse le equazioni necessarie a calcolare l’energia rilasciata dal sistema, la percentuale di nuclei di deuterio che entrava nel reticolo del palladio e spiegò come, dal loro punto di vista, pur vibrando a velocità inimmaginabile, i reticoli cristallini si presentavano come ampie stanze stabili e congelate in quell’impercettibile frazione di tempo durante la quale avveniva la reazione. Disegnò protoni e neutroni, palline bianche e nere che, alla fine, formavano un altro elemento, come annunciato prima da Fleischmann e Pons e poi da altri scienziati di molti Stati. Tutti, come da copione, derisi, sbeffeggiati e trattati da mistificatori per la loro scoperta. Eppure, l’energia ottenuta, rinnovabile, pulita, avrebbe potuto scaldare tutto il mondo a prezzi ridicoli, disattivare le scorie radioattive in poche ore, e… ahinoi sì, controllando il processo, anche creare armi di potenza terrificante, realizzabili in un laboratorio di scuola media.

     L’uomo ha un immenso bisogno d’energia, ormai indispensabile e le fonti tradizionali sono limitate. – Riprese Kendall – Un giorno, forse meno lontano di quanto immaginiamo, finiranno. Si valuta che questa necessità possa arrivare a doppiare gli ottanta miliardi di megawatt/ora l’anno, corrispondenti all’utilizzo di dieci miliardi di TEP, tonnellate equivalenti di petrolio…

    Solo con il palladio, si hanno questi fenomeni? Chiese Andrews.

    Altri elementi si prestano allo scopo: si sta studiando quale possa essere utilizzato, per ottenere un buon risultato a costi… inferiori.

     Professore, questi studi… non le hanno creato dei problemi? – Disse poi Andrews, aggiungendo: – Intendo chiederle se qualche scoperta l’ha mai impaurita, non solo per quello che potrebbe generare, ma soprattutto per lo sgomento d’aver percorso a lungo una via, magari sbagliata, e dover ricominciare daccapo…

    "La scienza ci offre ogni istante nuove strade da esplorare, nuovi orizzonti… – rispose Kendall con pacatezza – bisogna essere sempre pronti a tirare i remi in barca ed a volgere la prua nella direzione opposta! Non dobbiamo farci dei miti delle nostre scoperte, perché ogni istante può essere quello in cui dovremo rivedere tutte le nostre idee. Il vero scienziato ha la mente aperta, non s’affeziona alle sue teorie, buone finché non sono smentite, ma è umile, libero da pregiudizi. E nello stesso tempo, sa ragionare con la propria testa, senza soggiacere all’opinione della maggioranza… Ci faccia caso, signor Andrews, ma la gente, per lo più, ha paura soprattutto di dover cambiare idea. Non così il vero scienziato, che anzi è ansioso di misurarsi con l’ignoto! ‘Multitudo non est sequenda’, dicevano gli antichi romani, ossia non è detto che un’ipotesi sia maggiormente probabile se sostenuta da una grande moltitudine di persone!"

    A che punto è ora lo studio sulla fusione fredda? Chiese Andrews, avvicinando a Kendall il registratore per la risposta.

    Beh, nonostante i boicottaggi, devo dire che ci sono stati molti esperimenti in tutto il mondo, anche negli USA, ma specialmente in Giappone, in Russia, anche in Italia… si è provato con deuterio gassoso, con polvere di palladio, idrogeno gassoso, applicando temperature più alte di quella dell’ambiente (più alte, ma sempre ridicole, ripeto, se paragonate a quella delle stelle!)… il problema è raggiungere un’alta densità di ioni di deuterio nel reticolo del palladio. Bisogna raggiungere un valore di almeno un nucleo di deuterio per atomo di palladio… e scoprire a quale densità gli ioni si compenetrano producendo Elio 4 in misura rilevante, ma gestibile, lasciandoci cioè la possibilità di controllare il fenomeno!

    Andrews spense il registratore e annuì con il capo, guardando Kendall che si disponeva a cancellare un pezzo di lavagna. Poi disse, alzandosi: È stata davvero una spiegazione interessante, anche se, purtroppo, temo di non aver capito proprio tutto! – E con fare mellifluo continuò: – Ora che ho spento il registratore, mi dica se è proprio vero che si può ottenere energia nucleare dalla cosiddetta fusione fredda, oppure se tutto quello che lei mi ha raccontato, è una solenne cazzata, un pretesto per ottenere dei facili finanziamenti…

    Kendall rimase con il gessetto in mano e lo sguardo sgomento. Mancava poco che le lacrime gli arrossassero gli occhi, per la delusione. Pensò di se stesso d’essere troppo ingenuo, di lasciarsi prendere troppo dall’entusiasmo, quando si parlava di cold fusion.

    Non disse neppure una parola, ma si avviò verso la porta e l’aprì al giornalista, facendogli cenno di andarsene. Andrews ubbidì al gesto, altrettanto silenziosamente.

    New York. Febbraio 2004.

    La giornata era grigia ed un nevischio antipatico scendeva fitto, oscurando il cielo. Mr. John Theodor Runner, detto semplicemente J. T., dopo aver chiuso le tende, decise di accendere le luci. Fuori era buio come se fosse stata già sera. Sul suo tavolo un fascicolo grigio, chiuso da una linguetta rossa, sembrava fosse lì ad aspettarlo da un secolo. Un red report, come lo chiamavano loro. Un report urgente e molto confidenziale. Strappò la chiusura, aprì la cartella ed iniziò a leggere:

    Report Cold Fusion 02-2004-2517

    Fonte: zzzzzzzz

    Il prof. Kendall e il suo assistente dr. Ripamonti, attualmente lavorano alla FIRE, acronimo di Fondation International pour la Recherque Ecologique, che s’è sempre occupata d’ecologia, d’effetto serra, d’energie alternative e simili, in tutti i suoi laboratori situati in vari posti impervi del globo. Perché la FIRE Europa, come direttore delle ricerche, ha assunto proprio Kendall? Ci sono molti altri ricercatori più qualificati di lui, nel settore dell’ecologia, posto che Kendall s’è sempre occupato di fusione fredda, almeno finché è stato a Pasadena, presso il Caltech. Pochi anni fa, cioè quand’era ancora negli USA, Kendall s’è giocato la fiducia pubblica, affermando, in alcune sue pubblicazioni e libri, che dalla fusione fredda si sarebbero potuti ottenere persino ordigni bellici molto potenti.

    Il primo interrogativo è, dunque: cosa fa realmente Kendall alla FIRE?

    La fusione fredda con i suoi mirabolanti effetti, classificati negativamente in tutto il mondo negli anni novanta, è tuttavia oggetto di studio in molti stati. Gli USA, dopo aver riprodotto il fenomeno nei loro laboratori, hanno ridimensionato le informazioni riguardanti le potenzialità di questo processo. In realtà, però, esso nasconde molti impliciti pericoli: per l’equilibrio energetico, per le opportunità belliche, per lo spostamento dei mercati, per il basso costo delle armi. Stati come Cina, India e, in genere, tutti i paesi dall’economia emergente, sono affamati d’energia e d’armamenti.

    Molte organizzazioni d’intelligence, in particolare la CIA, sostengono che la Cina è una grossa minaccia. È la potenza economica più solida del mondo ed è noto che sta costruendo armi, missili, sottomarini nucleari e, per questo, è insaziabile d’energia a basso costo.

    Per quanto riguarda la Francia, questa nazione, ha sempre manifestato la sua preferenza verso un mondo multi polare, ossia con molte e differenti piccole potenze, anziché una sola superpotenza.

    Il secondo interrogativo è: che interessi nasconde la Francia, stato promotore della FIRE?

    Il Red Report proseguiva con previsioni allarmistiche, calcando la mano, anche se era un concetto più che ovvio, sul fatto che il potere è nei mercati, i mercati necessitano d’energia per rafforzarsi, e le fonti energetiche per essere difese necessitano d’armi. Un’equazione semplice apparentemente, ma terrificante da risolvere. Runner scorse le righe in fretta, considerandole assolutamente retoriche. Ma guarda che cazzate perdono tempo a scrivere quelli della Centrale! Si vede che non hanno proprio niente da fare! Disse tra i denti, mentre con il pollice e l’indice, a intervalli regolari, tentava di strapparsi un pelo delle sopracciglia che si ripiegava fino ad entrargli quasi nell’occhio. Poi, sospirando e sentendosi una vittima della burocrazia interna, riprese a leggere:

    È vero che la cold fusion potrebbe dare energia ed armi a basso costo, ma ciò avverrà rovinando i mercati e realizzando, forse, il temibile sogno di Chirac d’avere un mondo fatto di tante piccole potenze indipendenti.

    Gli USA devono impedire lo sviluppo di nuovi centri di potere, siano essi amici o nemici.

    Preparare un calendario di riunioni al Dipartimento della Difesa per nuove iniziative atte a controllare le attività della FIRE. Dai documenti ufficiali, risulta che si tratta di studi sull’effetto serra e che sulle Alpi svizzere dove lavora Kendall, si stanno studiando solo le emissioni di CO². I satelliti hanno localizzato e comunicato le coordinate d’un grande laboratorio super tecnologico nelle vicinanze d’un ghiacciaio. Necessita di un grande laboratorio, lo studio dell’ecologia?

    Di cosa si occupa effettivamente la FIRE?

    Se dietro i progetti ecologici della FIRE si nasconde qualcos’altro, quale è il ruolo di Kendall, esperto di energia nucleare? L’Università di Pasadena, e perciò Kendall, ha sempre tenuto rapporti con molti paesi d’oriente: Giappone, Cina, India. Gli ultimi due, i più pericolosi. Anche la FIRE intrattiene rapporti con India e Cina?

    Controllare questo laboratorio della FIRE. È possibile che la FIRE sia collegata alla Russia?

    La Cina, secondo l’ultimo Factbook della CIA, attualmente ha scambi commerciali di 8.000 milioni di dollari in più con l’Europa che con gli USA ed il Giappone. Anche l’India è pericolosa, perché è uno dei paesi, assieme ad Israele e Pakistan, che non ha sottoscritto il trattato CTBT¹⁷ che vieta ogni esperimento o esplosione di tipo nucleare. Gli USA non possono fidarsi ciecamente del Giappone, nonostante gli ottimi rapporti commerciali, visto che la Toshiba e la Mitshubishi Heavy Industry, stanno collezionando brevetti e studi sulla cold fusion, con la scusa d’evitare le scorie radioattive. Il Giappone è stato sollecitato ad uscire dal suo dichiarato pacifismo. È noto, però, che funzionari giapponesi, hanno partecipato alla riunione delle dieci nazioni facenti parte dell’ASEAN¹⁸. Quest’associazione nazionale del sud est asiatico, si ripromette di creare una nuova comunità economica, politica e militare. Nessuna istituzione americana è stata avvisata o invitata a partecipare alla suddetta riunione.

    Organizzare subito un incontro con l’agente Buckle per avviare il piano d’azione.

    Maledetti fottuti! Ecco che cosa sono! Aveva commentato Runner, riponendo il red report nel cassetto e chiudendolo a chiave. Cosa vogliono da me? Che mi metta a scorrazzare su tutte le montagne d’Europa per vedere cosa fa quel fallito di Kendall?

    Guardò l’orologio, per controllare la compatibilità con il fuso orario, poi alzò il telefono e s’accinse a fare il numero di Buckle. Nessuna risposta. Runner sbatté l’apparecchio sulla forcella e: Eccoli qui, gli egregi agenti segreti! Così segreti che, quando li cerchi, non li trovi mai!. Borbottò tra i denti e predisponendosi a cercare l’agente Buckle, per tutta la notte.

    Buenos Aires. Luglio 2004.

    Il Congresso scientifico sul nucleare, quell’anno s’era tenuto in Argentina per motivi politici. Era importante riprendere i rapporti con gli stati dell’America Latina, i problemi erano molti, ma le potenzialità anche maggiori.

    Fu un Congresso molto movimentato. Uno scienziato olandese era stato addirittura allontanato dalla sala dei meeting, per aver messo le mani addosso ad un collega, durante un’accesa discussione.

    Gli studiosi della fusione nucleare tradizionale (fusione calda), infatti, sollevarono a turno e senza lasciar tregua, infinite proteste contro il mondo intero, per i provvedimenti finanziari riguardanti la ricerca.

    Il rappresentante americano Campbell e quello inglese Thomson, in particolare, avevano espresso il loro sdegno per la riduzione dei fondi destinati alle ricerche sulla fusione nucleare calda, in favore di quelle sulla cold fusion.

    La relazione del professor Cooper della Hopkins University di Minneapolis, inoltre, fu dettagliata, ricca di documenti e di formule, carica di pathos e, alla fine, Cooper minacciò anche di sospendere le ricerche, dandone motivazioni dettagliate alla stampa, se non si decideva di chiudere quel penoso capitolo della ricerca sulla fusione nucleare fredda. Chiedeva anche di sconfessare ufficialmente ogni presunto esito delle ricerche fatte dal professor Kendall, assieme alle sue sconfortanti previsioni.

    Seguiva un lungo elenco dei probabili insuccessi delle ricerche sulla cold fusion, con relativi costi e tempi. La pretesa di riscaldare il mondo senza inquinare ed a costi irrisori era semplicemente assurda. Illudere l’umanità con promesse non realizzabili era un atteggiamento delinquenziale.

    Il professor George Steelbar, direttore del dipartimento nucleare di Los Alamos, aveva tentato di gettare acqua sul fuoco: se la reazione nucleare a debole energia era un’illusione, perché prendersela tanto? Tuttavia, aveva aggiunto, se davvero s’era scoperto un simile fenomeno, non era davvero prudente sottovalutarlo.

    Il professor Freeman, dei Naval Research Laboratories di San Diego, in California che, quasi due anni prima, aveva chiesto l’allontanamento di Kendall dal laboratorio dell’Università di Pasadena come diffamatore della scienza, non condivideva assolutamente quanto aveva detto Steelbar, malgrado avesse una reverente soggezione della sua fama e della stima di cui godeva, anche da parte del Governo.

    Guardandolo negli occhi con aria di sfida, aveva concluso dichiarandosi irriducibilmente convinto dell’urgenza di spostare i fondi d’investimento sui laboratori tradizionali che si attenevano ai principi fondamentali della fisica, anziché disperderli in fantasiosi tentativi di far passare per scienza dei volgari giochi di prestigio.

    Steelbar aveva indirizzato un ironico sorrisetto al collega, scuotendo la testa.

    Nassau. Settembre 2004

    La riunione delle Bahamas, si svolgeva in un ameno paesaggio, fatto di prati, palme e azzurre piscine circondate da gazebo candidi che si snodavano attorno alla sala congressi tutta a vetrate, immersa in quel lussuoso paradiso a pochi metri dal mare. Il sole non mancava mai in quell’isola ed anche quel giorno, spandeva un gradevole tepore sui pochi bagnanti stesi sui lettini-sdraio.

    Tra i maggiori produttori di petrolio e gas combustibili, s’era discusso un tema, per l’appunto, bruciante, ossia la possibilità che un’immissione smisurata d’energia a basso costo sul mercato provocasse un terremoto economico difficilmente controllabile.

    L’eventuale messa in funzione di centrali a fusione fredda, se le previsioni erano affidabili, avrebbe creato uno spostamento di mercato così violento da trasformare l’opera in un disastro di dimensioni mondiali.

    L’ing. Hoffman, presidente della PAGC, la Petroil & Gasoline Company, aveva concluso che si doveva bloccare con qualsiasi mezzo ed a qualunque costo, la ricerca sulla fusione fredda, magari aumentando alle stelle il prezzo del combustibile a quei paesi che non avessero voluto rinunciare definitivamente ad ogni ricerca in tal senso, pur di costringerli ad adeguarsi alle necessità mondiali.

    Il dottor Antelmund, presidente dell’Associazione dei Produttori di Petrolio, aveva rivolto una precisa accusa al comportamento di Kendall, affermando ch’era un pericoloso visionario che, con le sue farneticazioni, conferenze e pubblicazioni, provocava delle aspettative irrealizzabili e fomentava delle rivoluzioni nei paesi ad economia ritardata.

    Atlanta. Dicembre 2004

    I rappresentanti dei servizi segreti di alcune potenze economiche occidentali riuniti per un meeting coordinato dalla NATO, tra cui Germania, Francia, Stati Uniti, Canada ad altri come Giappone ed Israele, esposero la loro preoccupazione per la possibilità di perdere l’egemonia dei rispettivi monopoli sulle armi di una certa portata. La probabile produzione d’ordigni bellici, derivanti dall’energia prodotta con la fusione fredda, avrebbe certamente turbato gli equilibri internazionali creando nuovi conflitti e incomprensioni fra Stati.

    Tutti furono concordi nel dichiarare che, da molto tempo ormai s’era notata la crescente difficoltà delle diverse politiche mondiali a contenere e controllare questo tipo d’esperimenti. Non era noto cosa avveniva in Russia ed in Medio Oriente, ma le informazioni derivanti da diversi presidii, davano per certo che le tecniche di controllo delle reazioni nucleari a debole energia erano allo studio di alcune nazioni che si rapportavano tra loro con la copertura di altri tipi di ricerche.

    Proprio perché questi stati avevano attivato delle sperimentazioni sulla fusione fredda, i dirigenti politici ritenevano estremamente pericoloso lasciare la possibilità a chiunque di giocherellare con strumenti di potenza non ancora quantificata.

    Era soprattutto imprudente consentire agli stati emergenti la libertà di produrre strumenti bellici senza alcun controllo, con la solita scusa delle necessità energetiche. Molti servizi di sicurezza chiedevano risposte precise all’inquietante quesito: c’era ed, eventualmente, a che livelli era giunta la produzione di armi nucleari derivanti dalla cold fusion? Nessuno aveva saputo dare una risposta, solo ipotesi.

    Parigi. Aprile 2005

    Nella sede francese di Technologies, a Parigi, non molto lontano dalla Madeleine, tutto era pronto per una cena molto riservata e confidenziale.

    Sua Eminenza, già seduto a capotavola, stava sorseggiando una coppa di Dom Perignon. Aveva un’aria severa e fin troppo compunta. Era un bel uomo, sulla sessantina, autorevole, alto ed aristocratico, dal viso anglosassone, con lineamenti e rughe profondi ed un aspetto naturalmente carismatico. Portava un abito di vigogna scura, schiarito dallo sparato bianco d’una pregiata camicia di seta, griffata Armani.

    Alla sua destra, sedeva il Gran Maestro della loggia, con l’aria un po’ indisponente ed un po’ tesa. Alla sinistra, il Presidente internazionale della FIRE, Jacques Dupont e, accanto a lui, il direttore amministrativo, Rudolph Mayer, entrambi alquanto impressionati dall’ambiente, che vedevano per la prima volta.

    Erano stati introdotti, accompagnati dal Gran Maestro, in una civettuola palazzina, dotata di strani congegni, che facevano aprire le porte, come per magia, al loro passaggio.

    Sua Eminenza aveva una voce profonda e bassa, quasi baritonale, appena

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1