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L'arte della scacchiera
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L'arte della scacchiera
E-book227 pagine2 ore

L'arte della scacchiera

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Info su questo ebook

Nelle pagine del libro leggerete di un gruppo di amici che per due anni, ogni martedì, si è incontrato in taverna a giocare di ruolo. Per chi di voi non sapesse di cosa sto parlando, lasciate che vi spieghi:
Io, il narratore, raccontavo ai presenti una storia.
La storia di un universo diverso dal nostro, abitato dall’uomo e da creature più o meno simili a lui.
I presenti non si limitavano però al solo ascoltare.
Ognuno di loro interpretava un protagonista delle vicende, controllandone le scelte, la personalità ed i desideri.
L’Arte della Scacchiera ne racconta l’inizio.
Non è il frutto della mia immaginazione, ma quello delle nostre.
Vorrei che teneste ben in mente una domanda nel corso della lettura.
All’inizio non lo avrà, ma piano piano prenderà senso.
Cosa farei se fossi Dio?
Nel dubbio, abbonda.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2014
ISBN9788869090189
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    Anteprima del libro

    L'arte della scacchiera - Gianluca Violi

    Scacchiera

    Capitolo 00

    Lo 00 condusse la squadra di medici a pochi passi dall’esperimento numero 11235, ma decise di attendere la giusta ispirazione prima di prendere parola. Il tempo aveva insegnato all’anziano dottore a giochicchiare con le paure dei chirurghi in erba, non per diletto, ma per strappargli di dosso quell’aria strafottente. La vita da studente li aveva viziati.

    Sin da bambini avevano letto del sapere custodito nei Cerchi. Un sapere tanto all’avanguardia da anticipare di millenni le conoscenze presenti in qualunque altro luogo, ma ciò nonostante conservavano una camminata eccessivamente spavalda.

    Una volta pronto lo 00 lasciò che le parole fuggissero dalla bocca, strisciando tra rughe e barba, e lo fece con voce densa di inquietante tranquillità.

    "Qualunque nome vi appartenesse, che venga dimenticato. Fino all’arrivo della morte i vostri nomi saranno i numeri ricamati sui camici. Con essi verrete chiamati e con essi chiamerete chi avrete di fronte.

    Qualunque fossero i vostri amori, scordateli. Il vostro tempo e la vostra passione saranno interamente dedicate all’esercizio della medicina.

    Qualunque fosse la vostra terra, ora è qui che vivrete e opererete, fino a quando non verrete destinati a nuovi progetti. Con esattezza, ora vi trovate nel Primo Cerchio, Laboratorio di Ricerca sulle Potenzialità della Mente, Reparto di Creazioni Ibridi, Culla della Vita Numero Sei. Signori, vi presento l’esperimento numero 11235".

    Nessuno tra i medici ai primi ferri fu così sciocco da esserne stupito. Ne erano al corrente da tempo. Sapevano esattamente quale vita li avrebbe attesi nelle sale dei Cerchi prima ancora di scegliere la strada che li avrebbe condotti lì.

    Lo 00 riprese a far lezione, immerso nella bianca luce che illuminava ogni angolo dei laboratori.

    Creatura affascinante il nostro affezionatissimo 11235. Non sono molti gli esperimenti ad avere un laboratorio evolutivo tutto per loro.

    La Culla della Vita Numero Sei si mostrava come una sala operatoria circolare, dove il bianco tingeva ogni superficie. Strumenti chirurgici di ogni fattezza erano ordinatamente riposti ai margini del laboratorio, concedendo all’equipe di dottori ed al loro paziente un luminoso spazio vitale.

    I camici a collo alto davano al tutto un tocco d’armonia, facendo dei medici un’estensione della culla esattamene come le dita lo sono per la mano.

    Ad esclusione del volto non vi era un solo lembo di pelle che i camici lasciassero nudo, concedendo ai presenti di posare gli occhi sull’unica creatura che di occhi non ne possedeva.

    L’esperimento numero 11235 era privo di lineamenti o tratti facciali ed una linea verticale perfettamente simmetrica separava il viso in due diversi emisferi. La carnagione, di color marmo sporco, donava al volto l’aspetto di una scultura incompleta di cui l’artista aveva dimenticato l’esistenza.

    Privo di coscienza, l’essere manteneva la posizione eretta artificialmente, sospeso in un’immobile levitazione che ne esibiva il corpo nudo, glabro e privo di sesso. Più di una Coscienza risiede nella sua mente addormentata, ed ognuna di esse è stata distillata sino a strapparne ogni singolo ricordo

    Continuò lo 00

    Sono pochi i tratti che legano le Coscienze al corpo originario da cui sono state separate. Ciò che le rende corporee è un’estensione della loro mente. Non sentono più la stanchezza ed il tempo ha smesso di invecchiarli. I polmoni non necessitano di ossigeno, la gola d’acqua e la fame non morde gli stomaci.

    Lo 00 spalancò le braccia senza interrompersi, portando i palmi rivolti al cielo.

    "Dall’elevato numero di Coscienze iniziali solo sei ne sono sopravvissute. La droga percettiva iniettata all’interno di 11235 le ha annichilite una dopo l’altra, risparmiandone un pugno. Il sacrificio di molti, per il benessere di pochi.

    Sono stato io stesso a sintetizzare la droga percettiva ma ho concesso ad altri l’onore di sceglierne il nome. Ci limitiamo a chiamarla Città Vecchia. La sola parola che i pazienti muniti di bocca bofonchiavano.

    Città vecchia.

    È lì che le Coscienze sopravvissute attendono, intrappolate in un luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Una prigione senza catene"

    L’odore del disinfettante trovò casa nelle narici dei presenti.

    Si fece fastidioso.

    Le Coscienze sono sole. Città Vecchia non incrocia le loro strade, ma si assicura del contrario. Ogni viottolo porta alla solitudine.

    L’essere levitante pareva non poter udire le parole del dottore, conservandosi immobile ed indifeso.

    Nonostante i predecessori di 11235 si siano dimostrati una catena di fallimenti, quest’oggi è una giornata da festeggiare. Quest’oggi l’Arte Medica ci svelerà i propri segreti.

    Il vecchio medico si sollevò in levitazione a sua volta, innalzandosi lentamente sino a raggiungere il viso della creatura senza volto.

    "Mai prima d’ora un paziente era sopravvissuto al tocco della Città Vecchia.

    Esperimento 11235 è finalmente maturo.

    Le coscienze da lui conservate sono sopravvissute abbastanza a lungo, tanto da divenire dipendenti alla droga che le incatena. Interromperemo il dosaggio, provocando una crisi d’astinenza ormai alle porte, dopodiché somministreremo al paziente Città Vecchia in abbondanza. Un’overdose coi fiocchi.

    Solo allora ci sarà possibile riunire le Coscienze sopravvissute, osservarne l’incontro ed eleggerne una che domini sulle altre. La Coscienza superstite sarà infine estratta, studiata fino alla nausea e derubata dei propri segreti. La morte non verrà mai a darle pace."

    00 continuò a rivolgersi al resto dei dottori presenti nella sala ma i suoi occhi celesti non abbandonarono nemmeno per un istante 11235, portando i loro visi quasi a sfiorarsi, in un ultimo intenso sguardo tra creazione e creatura.

    Non dovete in alcun modo temere per le vostre vite, in presenza di 11235. Questo corpo non è altro che un contenitore vuoto, privo di vita. Non possiede capacità motorie e questo gli impedisce in modo assoluto di nuocere al prossimo.

    Capitolo 1

    Nel cielo della Città Vecchia non c’era ne luna ne sole, ma un bagliore tanto fioco da non mostrare le ombre o scaldare i visi dei viaggiatori. I corvi che durante i tempi antichi erano i padroni delle nuvole, ora attendevano tra i tetti più alti, osservando il mondo senza prenderne parte.

    Gli annoiati pennuti avevano contemplato il mondo per troppi secoli perché potesse ancora interessarli o sorprenderli. Sapevano che se avessero lasciato i nidi non avrebbero trovato nulla che potesse assomigliare a tesori o ricchezze, dunque perché tentare.

    Nessun colore vivace brillava nella Città Vecchia, dove ogni scheggia di pietra era nera e senza traccia di sfumature. In tutti i suoi dettagli, dalle fontane dei giardini pensili ai balconi del teatro grande, ogni frammento di pietra si completava con i frammenti vicini ed una perfetta armonia legava i palazzi l’uno all’altro. Nonostante ciò, per quanto la Città Vecchia potesse apparire eterna ed invincibile, questa non era la verità.

    La fine è vicina. Questi luoghi affondano verso la morte

    Ogni Coscienza ancora in vita aveva maturato questo pensiero durante la prigionia, perdendo la convinzione che la condanna fosse eterna. Con lo scorrere del tempo Città Vecchia era diventata una parte di loro e le sei Coscienze una parte di essa, come accade nell’abbraccio tra amanti che alternano baci a sadici morsi.

    Le Coscienze sopravvissute appartengono a razze e terre differenti. Non si sono mai incontrate, ne prima di finire sotto i ferri, ne durante la loro permanenza in Città Vecchia

    Disse lo 00 senza distogliere i pallidi occhi verdastri da 11235

    "Ognuna di esse ha avuto una diversa reazione agli stimoli offerti, sviluppando capacità che vanno oltre ogni più rosea previsione. Sarebbe impossibile riottenere un risultato di pari valore nemmeno se tentassimo per intere ere.

    Non esiste Coscienza uguale all’altra e lo stesso vale per la mente artificiale a cui abbiamo dato vita.

    Nonostante sarà impossibile crearlo una seconda volta, 11235 ha tutte le carte in regola per avvicinarsi sufficientemente all’ideale di perfezione. Sarà triste dirgli addio, ma allo stesso tempo sarà interessante osservare quali siano le capacità sviluppate dalla mente dominante.

    Per facilitarvi la comprensione, chiamerò le sei Coscienze ispirandomi al gioco tra i giochi, il mio preferito.

    Gli scacchi.

    Nel frattempo lasciate che vi mostri chi sono i nostri affezionatissimi prigionieri."

    Al tocco dello 00, la mente dell’immobile creatura rivelò piacevoli segreti. Si spalancò come accade ad un libro su un leggio, permettendo al pugno di medici di scrutarne le pagine.

    Vi invito a guardare giovani discepoli, ma allo stesso tempo di non distogliere mai l’attenzione dalla mia voce

    Disse lo 00 una volta aver costretto i medici in erba a sprofondare nella Meditazione Forzata, impedendogli di proteggere il viso con le mani

    Le mie parole saranno la vostra unica guida quando smetterete di fidarvi di ciò che vi diranno i vostri occhi

    Torri sottili si slanciavano verso il cielo del quartiere ricco, tanto numerose da creare una foresta di roccia e vetro. I balconi più alti davano sfarzo alle ville, concedendo ai nobili la vista sulla grande scalinata che portava alla piazza madre.

    Una Coscienza dalle vesti bianche scalava solitaria la cascata di gradini, accompagnata solo dal tintinnio di una catena. Non vi era l’ombra di un sorriso su quel volto rattristato, ed il suo passo si trascinava, rassegnato e malinconico. Sapeva a cosa andava incontro, ne era certo, avrebbe abbandonato quelle prigioni, ma per quanto ne avesse sofferto, la Città Vecchia era l’unica casa per i ricordi che ancora possedeva.

    La Coscienza aveva percorso gli scalini in questione giorno dopo giorno e lo aveva fatto con la speranza di non vederli mai più, con il sogno di fuggire lontano, o nei giorni più neri, di spegnersi lentamente senza provare il minimo dolore e senza accorgersi di nulla. Voleva andarsene esattamente come era arrivato, senza un rumore e senza una ragione.

    Stava per compiere i suoi ultimi passi nella piazza madre, e questo lo sconsolava. Temeva in un domani ancor più nero.

    Cara madre, quest’oggi tuo figlio ti parla per l’ultima volta Sussurrò la Coscienza alla statua che si ergeva trionfante, padrona della piazza tra i palazzi senatori. La scultura superava le dimensioni umane e grazie ad un raffinato espediente architettonico, i suoi freddi occhi di pietra ti fissavano in qualunque angolo ti trovassi.

    Nonostante la bellezza del vicinato, nessun viaggiatore si spingeva oltre la grande scalinata, donando assoluta intimità ai colloqui tra Cavallo e la statua.

    La Coscienza aveva orecchie affilate, lunghe poco meno di una spanna, dita sottili, lineamenti romantici, un pene di abbondanti dimensioni e pelle ben abbronzata.

    Si sentiva desiderato dallo sguardo della statua, così malevolo, così attento.

    "In tutti questi anni ti ho parlato senza mai ricevere risposta. Chi viene scoperto a parlare con oggetti senza vita viene considerato un folle, ma senza ombra di dubbio preferisco dare voce ai pensieri, rispetto alla pazzia che avrei contratto se fossi rimasto in silenzio.

    Non c’è vergogna nell’ammettere di essere fragile cara Madre. Chissà cosa pensavi di ottenere nascondendo le tue debolezze. Eri certa che saresti stata tu a seppellire me e non il contrario. Ti ho creduto.

    Un errore che sono felice di avere commesso"

    La Coscienza arrestò le proprie parole, liberò la mano dalle lunghe maniche e sfiorò il ventre della statua, rigonfio e deforme.

    La figura femminile che dava forma alla pietra sorreggeva un elegante vassoio, dove piccoli neonati giocavano e si rincorrevano. Nonostante la giocosità del momento, ognuno dei fanciulli era ricoperto di crepe che ne sfregiavano i volti e ne mutilavano i corpi.

    La Coscienza ricordava i figli della pietra quando ancora erano intatti, per poi disfarsi giorno dopo giorno, cadendo in polvere. "Guarda che hai fatto ai tuoi figli, uccisi l’uno dopo l’altro senza saperne il perché. La lama si è bagnata del nostro sangue più e più volte, ma non ha tagliato tutte le gole.

    Non hai strappato ogni cuori.

    Non ci hai strangolato nel sonno.

    Non hai dato i cadaveri in pasto ai cani.

    Non tutti, per lo meno.

    Io vivo ancora."

    Ascoltando le proprie parole, il Cavallo abbandonò lentamente la tristezza per far posto alla fierezza e il suo sguardo carico di sfida incrociò i lineamenti della statua.

    Una donna di una bellezza intrigante, dalle ciglia sottili e i lunghi capelli fasciati da un velo. La sua malignità era diluita dal sorriso.

    Tra tutte le domande che ti ho posto

    Continuò la creatura dal viso leggero.

    "Quella che più mi ha assillato è ancora pulsante dentro di me. Credo che farà per sempre parte del mio fardello.

    Perché Madre?

    Perché hai punito i tuoi figli?

    Quanto è stato terribile il gesto che abbiamo commesso per scontare questa pena?"

    "La Città Vecchia non ha mai dato risposte ai suoi figli, incapaci di vedere un senso nella carcerazione. Avevamo bisogno che le Coscienze deboli si abbandonassero ad un idea disperata ma allettante, così da scremarne un buon numero nella prima battitura.

    La prigionia non è altro che un tremendo incubo.

    Così facendo le Coscienze fragili decisero di porre fine al dolore togliendosi la vita, nella speranza di risvegliarsi avvolti da lenzuola bagnate.

    Ci siamo risparmiati un lavoro di coltello, ma la selezione era necessaria"

    Narrò la voce dello 00, udita solo dalle orecchie dei dottori alle prime armi.

    La Coscienza giaceva immobile tra le ombre, in un debole equilibrio tra il sonno e la veglia. Sembrava a suo agio nell’oscurità più profonda, dove il confine tra la sua pelle chiara e le bianche vesti che lo fasciavano diveniva indistinguibile. Aveva il corpo striato da vene verdastre, ossa robuste, nervi affilati come l’acciaio e mani da fabbro.

    Era immerso nell’acqua, sdraiato sul fondo di una calda vasca termale. Il viso della creatura, scarno ed incavato, intrappolava tra i duri lineamenti un lucido desiderio di sangue.

    Nel cranio covava bislacchi pensieri.

    "Ho sempre odiato i deboli nostalgici, troppi impegnati a guardare il passato e vigliacchi a sufficienza per non guardare il futuro, lasciando cosi marcire il

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