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Sotto il camice niente
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E-book303 pagine3 ore

Sotto il camice niente

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Info su questo ebook

La verità sulla pediatria in Italia Lucio Piermarini, dopo il successo di “Io mi svezzo da solo”, torna a parlare con noi genitori dei nostri bambini facendo il punto sulla situazione della pediatria in Italia. Questo libro prova a far chiarezza dall’interno del sistema, fornendo informazioni di prima mano, derivanti direttamente dall’esperienza professionale dell’autore, e sollecitando la partecipazione concreta dei lettori. L’obiettivo è far comprendere quale inestimabile patrimonio nazionale sia l’attuale Servizio Sanitario e il ruolo dei suoi protagonisti, cioè cittadini, medici e politici, nella genesi dei suoi difetti e nella loro possibile eliminazione sulla base delle soluzioni offerte dalla ricerca. Castigando i “cattivi costumi” si vuole far tesoro delle esperienze, imparare dagli errori per capire cosa ciascuno di noi può fare per la salute propria e per quella degli altri. Il tutto con passione e autoironia, sulla falsariga di dialoghi e brevi racconti di satira del mondo pediatrico, popolato di personaggi che non farete fatica a riconoscere. "L'autore ci accompagna nei meandri del Servizio Sanitario Nazionale e con l'ironia (anche auto-ironia, dote ormai rara!) e la competenza che lo contraddistinguono ci svela i meccanismi, spesso distorti, di un settore che ci riguarda tutti. Attenzione particolare, per competenza dell'autore, ai settori che riguardano i bambini (dalla nascita alla crescita), ma alcuni concetti estesi o estensibili a tutto il SSN. Consigliato a chi vuol essere un "utente" consapevole della sanità pubblica." (Recensione) L'AUTORE: Lucio Piermarini è nato a Terni nel 1947. Dopo aver lavorato come pediatra ospedaliero, per circa vent’anni si è occupato di formazione delle future mamme nell’ambito dei corsi di preparazione alla nascita presso il Consultorio Città Giardino di Terni. Tutti i giorni pedala per un’ora e ha una passione per la buona cucina umbra. Nel 2009 ha pubblicato per Bonomi il libro "Io mi svezzo da solo, dialoghi sullo svezzamento."
LinguaItaliano
Data di uscita22 set 2011
ISBN9788886631617
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    Anteprima del libro

    Sotto il camice niente - Lucio Piermarini

    EDUCAZIONE PRE E PERINATALE

    Lucio Piermarini

    SOTTO IL CAMICE NIENTE?

    La salute dei bambini

    tra ignoranza e interessi

    BONOMI EDITORE

    Un particolare ringraziamento a Costantino Panza, pediatra di famiglia, e molto di più, per la preziosa farina del suo sacco.

    © Bonomi Editore sas 2011

    Via Corridoni, 6/a

    27100 Pavia

    www.bonomieditore.it

    ISBN 9788886631600

    Disegni di Franco Panizon

    Le citazioni del Don Chisciotte sono tratte dall’edizione Mondadori del 1934.

    Abbiamo scelto di stampare questo libro su carta ecologica in quanto riteniamo di poter dare il nostro contributo in termini di tutela dell’ambiente e responsabilità sociale.

    Riportiamo alcune delle certificazioni internazionali e specifiche di prodotto che la caratterizzano.

    Lettore beato, che non hai nulla da fare, puoi ben credermi senza tanti giuramenti se ti dico ch’io vorrei che questo libro, figliuolo com’è del mio pensiero, fosse il più bello, il più brillante, il più geniale che si possa immaginare. Ma non ho potuto sfuggire alle leggi della natura, e in natura ogni cosa ne produce un’altra simile a sé. E quindi che cosa poteva produrre il mio sterile ed incolto ingegno, se non la storia di un figliuolo secco, allampanato, strambo, con la testa piena dei più disparati pensieri, mai venuti a nessuno?

    Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia

    A tutti i pediatri che, pazzi ed erranti come Don Chisciotte, a fronte dell’indifferenza dei sani di mente, non si sono mai sottratti alla responsabilità di battersi per i bambini, quale che fosse l’ostacolo da superare, rialzandosi dopo ogni sconfitta e continuando a perseguire il loro ideale, noncuranti dei propri interessi materiali.

    INDICE

    Avvertenza

    Prefazione

    Introduzione

    PARTE PRIMA - PERSONAGGI E INTERPRETI

    Ridendo castigat mores

    Il Servizio Sanitario Nazionale (SSN)

    PARTE SECONDA - Malati fino a prova contraria

    Gravidanza e parto

    Il nido

    Il potere alle mamme

    La dimissione

    Libertà condizionata

    PARTE TERZA - Malati per caso

    Il supermercato della salute

    Nella tana del lupo

    La strage degli innocenti

    Al vostro servizio

    Il Pronto Soccorso

    Figli di un dio minore

    Gli amici degli amici

    EBM

    PARTE QUARTA - Sani a rischio

    Forza poppe, forza pupi

    Tutto per denaro

    Così è, se vi pare

    Fare meglio con meno

    Tutti mi vogliono, tutti mi cercano

    Abbasso le olimpiadi

    Epilogo

    Postfazione

    Avvertenza

    Dove si racconta quel che si vedrà*.

    Questo libro non vuol essere un saggio scientifico ma, molto più semplicemente, un’esposizione divulgativa, spero piacevole, di alcune questioni inerenti la pediatria, e non solo, i cui contenuti, opinioni e dati di fatto spero riescano a turbarvi 

    abbastanza da spingervi a cercare di saperne di più. L’obiettivo finale è mettervi in condizione, poi, di formarvi autonomamente, con la calma e il tempo necessari, una solida opinione personale. Per questo non ho voluto citare minuziosamente gli articoli o i testi, spesso troppo specialistici, di cui ho riportato i dati, preferendo indicarvi alcune fonti qualificate dove potrete, se vorrete, trovare molto più di quanto ho potuto e voluto, qui, solo rapidamente accennare.

    Quel che leggerete non saranno squallide delazioni, giudizi sommari e verità assolute, ma soltanto umane debolezze, critiche costruttive e tanti, tanti dubbi da verificare. Quanto ai personaggi e alle situazioni dei dialoghi e delle brevi storie, chiariamolo subito, non vanno ricollegati a singole persone, per quanto allusivi possano essere, perché sono tutti inventati di sana pianta; anche se non posso certo negare, altrimenti non avrebbe senso raccontarne, che, dietro la lente drammaticamente deformante della caricatura, ci siano immagini incontestabili della realtà di allora, di oggi, e, ahinoi!, temo anche di molti domani. Non abbiatemene a male; senza di essi non saremmo riusciti a scuotere allora le sonnecchianti menti di molti nostri colleghi pediatri, né riuscirei ora a non far addormentare voi.

    l’Autore

    Organizzazioni

    www.who.int

    www.unicef.it

    www.salute.gov.it

    www.iss.it

    www.acp.it

    www.csbonlus.org

    www.aicpam.org

    www.pensiamociprima.net

    Riviste

    www.quaderniacp.it

    www.medicoebambino.com

    www.uppa.it

    * I sottotitoli in corsivo riportano le intestazioni di altrettanti capitoli del Don Chisciotte.

    Prefazione

    Dove si racconta il modo curioso

    con cui Don Chisciotte si fece armar cavaliere.

    C’era una volta, cari lettori, e per fortuna c’è ancora, una redazione telematica della rivista dell’ACP. Si trattava di una pagina web nella quale i redattori collocavano proposte per i futuri numeri della rivista, giudicavano, da revisori, articoli che provenivano da fuori della redazione e così via. Era una redazione, vi assicuro, allegra e fiduciosa nell’avvenire, anche perché era composta da giovani che sapevano cogliere una dimensione ludica nel loro lavoro.

    Un bel giorno Lucio Piermarini, che a quei tempi era uno della redazione e poi si è stancato di esserlo, forse perché la redazione non gli sembrava più così allegra o forse perché ogni mestiere ha un termine, cominciò a mettere sulle pagine elettroniche alcune sue elaborazioni del vero quotidiano della vita del pediatra e rivissute al suo (di Lucio) interno. Per divertire, credo, i suoi affaticati amici redattori.

    Erano i tempi in cui si stava elaborando Nati Per Leggere e, in ACP, si parlava di favole, fiabe, di filastrocche; quelle che Lucio metteva sulle pagine elettroniche erano favole o apologhi i cui personaggi erano umani pediatri; rappresentavano il quotidiano dei soliti noti insomma.

    Ma alla fine l’apologo invece di contenere una morale abbastanza ovvia, come la tradizione favolistica vorrebbe, preferiva cogliere le contraddittorie debolezze della natura umana con una ironia indulgente e (quasi) priva di acredine, comprensiva in fondo della appunto debole natura umana e utilizzando il meccanismo umoristico che Lucio ha progressivamente affinato: la macchina viene caricata progressivamente ed esplode nell’ultima riga.

    Sta di fatto che le storie divertirono molto la redazione, a riprova dell’ipotesi di Aristotele che il divertimento che nasce dal comico deriva soprattutto dalla presunzione di non ripetere in se stessi il difetto stigmatizzato.

    Così fu che, abbastanza rapidamente, si decise di pubblicarle; il direttore della rivista, che aveva avuto una lunga partecipazione giovanile a riviste goliardiche, con collegati processi dai quali era faticosamente uscito indenne, ne fu il principale pronubo. E qui di nuovo lo è.

    Giancarlo Biasimi

    Direttore di Quaderni ACP

    Introduzione

    La quale tratta della condizione e delle occupazioni del

    famoso gentiluomo Don Chisciotte della Mancia.

    Le storie che costituiscono lo scheletro e la ragion d’essere di questo libro sono state pubblicate, tra il 1996 e il 2003, nella rivista Quaderni ACP, bimestrale della Associazione Culturale Pediatri. Io ebbi la fortuna di assistere, e in piccola parte contribuire, alla sua nascita, avventurosa ed entusiasmante, sulle ceneri di altre precedenti pubblicazioni, grazie alla benevolenza dei colleghi che le avevano dirette, Salvo Fedele e Franco Dessì. Per mettervi in condizione, però, di capire meglio i contesti in cui sono ambientate le storie e le buone intenzioni che, a dispetto delle apparenze, vi sono dietro, devo spiegarvi, almeno per sommi capi, cosa era ed è l’ACP e, conseguentemente, quali non potevano e non possono che essere gli obiettivi della rivista.

    L’Associazione Culturale Pediatri

    L’Associazione Culturale Pediatri, o ACP in sigla, fu fondata nel 1974 da un gruppo di giovani ricercatori universitari con l’intento, in reazione a un certo modo baronale di gestione dell’Università, di porsi di fronte ai problemi della società, della cultura, della ricerca e della professione con una assoluta libertà di critica di fronte a uomini e istituzioni. La sua missione principale è stata da sempre la formazione e l’aggiornamento dei pediatri sia riguardo alla preparazione specificamente professionale, cioè saper fare in termini di diagnosi, terapia e, quasi una novità per i tempi, corretta gestione delle risorse, che a quella personale, cioè saper essere in termini di ascolto, accettazione e rispetto dei bambini e della loro famiglia. Alla base di tutto stava e sta, ma oggi lo dicono quasi tutti, il profondo convincimento che l’esperienza del singolo non poteva più, da sola, costituire una guida affidabile nella gestione dei vari aspetti della pratica medica, ma che essa doveva essere integrata da tutto quanto la ricerca scientifica qualificata metteva a disposizione, anche quando questo poteva portare a contraddire quanto fatto in precedenza. Questo approccio è quello che oggi va sotto il nome di medicina basata su prove di efficacia, o sull’evidenza, più spesso citata come EBM, sigla in lingua inglese per Evidence Based Medicine, che ritroverete spesso in queste pagine.

    Una redazione pignola

    Coerentemente con questi princìpi la rivista si trovava spesso a criticare, con tutto il rispetto delle buone maniere ma soprattutto della EBM, ricerche scientifiche, modelli organizzativi sanitari, dichiarazioni di pediatri famosi, leggi regionali o dello stato, il comportamento professionale di pediatri ospedalieri e di famiglia, ecc. Niente di diverso da quanto, in tutto il mondo, qualunque giornale scientifico fa senza alcuno scandalo. Ma, si sa, l’Italia è un’altra cosa, e ancor più lo era qualche lustro fa, tanto che non solo i dirigenti della ACP, ma anche i soci delle varie parti d’Italia, vennero, da parte dei poteri forti della pediatria ospedaliera e universitaria, prima segnati a dito, poi, in non pochi casi, addirittura penalizzati in termini di opportunità professionali e di carriera. Dire che tutto questo non faceva rabbia sarebbe mentire spudoratamente, ma c’era ben poco da fare, se non cercare di consolarsi ripetendoci che eravamo nel giusto, che tutto il mondo scientifico, quello vero, era dalla nostra parte e che il tempo ci avrebbe reso giustizia. In più, noi collaboratori della rivista avevamo l’opportunità di continuare a far sentire, forte e chiaro, la voce dell’associazione, senza tentennamenti e, magari, come si faceva fin dall’antica Grecia, cercando di ridicolizzare il potente. In realtà non ci fu nulla di premeditato, anzi, proprio senza nessun calcolo, ma certo per tutta la rabbia che covavamo, partendo da una battutina, passando poi a qualche riga di sfottò, fino a inventarci delle storie ben articolate, nacque la rubrica Un po’ per gioco di cui mi fu affidata la responsabilità e che ospitò tutte (o quasi) le storie che qui troverete.

    Lo spunto satirico, concedetemi di chiamarlo così, nasceva, oltre che dalle notizie trattate sulla rivista, soprattutto dalla mia esperienza di pediatra ospedaliero, vissuta in due sedi diverse, e dalla conoscenza diretta di numerose altre realtà simili dove avevo trascorso periodi di aggiornamento. Questo per ribadire, anche in questa sede, che quello che leggerete è tutto vero, nel senso che nasce da fatti e situazioni reali, esagerate e iperbolizzate quanto volete, ma incontestabilmente reali. E, se può aiutare a convincervi, beh, in alcune di quelle storie il protagonista negativo potrei essere anch’io. Che volete, nessuno nasce perfetto, tanto meno si nasce buoni medici; lo si diventa se si è fortunati a incontrare i maestri giusti, e a me è capitato di incontrarli solo dopo qualche anno di lavoro, per cui, fino a quel momento, meglio non avermi conosciuto. La mia salvezza, e quella di molti miei colleghi umbri, è stata proprio la casuale conoscenza, nel posto più improbabile, un convegno in una località termale, super sponsorizzato e con un conflitto di interessi clamoroso, di un collega, già iscritto all’ACP, che è stato per noi come la folgorazione sulla via di Damasco per San Paolo. Con questo non voglio giustificare nessuno, nemmeno me stesso, visto che anche prima di quella data ero già adulto, vaccinato e laureato, ma solo far capire che le ragioni degli errori medici, la tanto sfruttata malasanità, vengono da molto lontano e accattano pessima e numerosa compagnia lungo la strada. Ma di questo avremo occasione di parlare.

    La verità non fa male

    L’obiettivo della satira è sempre stato quello di costringere chi si comportava male, sotto la sferza del ridicolo, a decidere di correggersi. Non sempre ci riesce, ma il segno lo lascia sempre e, pur se alla lunga, il risultato qualche volta arriva. Il problema con le nostre storie era che il messaggio arrivava solo ai pediatri e tra i pediatri restava, per cui l’unico risultato visibile era, come abbiamo accennato, una crescente ostilità nei nostri confronti. Certo, se le avesse pubblicate un quotidiano o un settimanale di ampia diffusione l’impatto sarebbe stato diverso, ma i nostri agganci, come potete immaginare, erano piuttosto modesti. Quando le critiche restano all’interno di una corporazione, l’eventuale cambiamento si realizza solo se i componenti disposti a rimetterci qualcosa sono la maggioranza, cosa che, capite bene, succede raramente all’interno di qualsiasi gruppo di interesse, compresi i migliori condomini. Da qui l’idea di tentare di far conoscere le problematiche, che noi vivevamo come pediatri, ai soggetti più direttamente interessati, cioè agli utilizzatori finali (brrr, che parolacce!): le famiglie dei nostri bambini. Scoprire gli altarini, mostrare gli scheletri nei nostri armadi, confessare che capita che sotto il camice non ci sia il medico ma qualcos’altro, o addirittura nulla, avrebbe potuto aiutare a capire meglio i meccanismi della nostra assistenza sanitaria, per riuscire a giudicare con un metro diverso, più scientifico, dove funziona e dove no e operare come cittadini per costringere le amministrazioni a correggere il tiro. Perché il nostro Servizio Sanitario Nazionale indubitabilmente funziona, e anche per merito di chi ci lavora.

    Un servizio sanitario nazionale, un po’ come la democrazia, è la migliore modalità organizzativa di assistenza sanitaria, ma non è perfetto, come nulla lo è, tranne il Creatore, e gli errori sono quindi possibili, ma anche emendabili se si riconoscono, e si riconoscono se si cercano. Perché chi lavora nel SSN non è un insensibile orco mascherato, è un lavoratore come un altro, portatore delle stesse debolezze che tutti hanno, ma anche di una responsabilità forse troppo onerosa, umanamente soggetto a sbagliare ma pronto a correggersi, a meno che non lo si impicchi frettolosamente al primo albero senza neanche un processo. E gli errori più significativi non sono quelli che vengono alla luce da soli, quelli sbandierati su televisioni e giornali, che nella maggior parte dei casi sono veramente dovuti al caso e imprevedibili, e che, se anche fossero tutti veri, sarebbero responsabili di un numero assolutamente limitato di esiti negativi. Gli errori da far saltare fuori sono quelli, ben più grossi, che si trovano solo se si cercano con verifiche regolari, quelli legati alla mentalità arretrata di 

    noi medici, alla mancanza di organizzazione, alla proliferazione di piccoli ospedali che nessuno ha il coraggio di chiudere, perché, altrimenti, dovrebbero tutti confessare di avervi gabbato per decenni, all’abuso dei farmaci e degli esami di laboratorio, delle radiografie, delle TAC e molto altro, tutte prevaricazioni che, di solito, la pubblica opinione disinformata scambia per diritti soddisfatti.

    Noi vogliamo provare a portarvi in visita guidata dentro il Castello, fino alla piccola torre pediatrica, farvi sbirciare nelle sue segrete, spiare i suoi abitanti da fori mimetizzati nelle pareti, per osservarli e ascoltarli senza il deformante velo dell’ipocrisia, in modo da rendervi meglio informati, consapevoli e capaci di giudizio. Non riusciremo a mostrarvela tutta, ma certamente quanto basta per farsi un’idea. Ci rendiamo conto che per farlo vi costringeremo a leggere e digerire anche materiale originariamente scritto per i pediatri, quindi non direttamente assimilabile da lettori non tecnicamente preparati, ma vedrete che, con l’aiuto di qualche chiacchierata introduttiva, un po’ pretenziose ma fatte alla buona, come tra vecchi amici, di cui uno un po’ saccente, convinto di aver capito tutto, riuscirete comunque a cavarne qualcosa di utile e, non ultimo, a svagarvi un po’.

    E cominciamo dalla fine, dall’ultimo pezzo pubblicato come celebrazione dei dieci anni di vita della rivista nel 2003. Lo potete leggere come una specie di sintesi e indice dei contenuti successivi.

    Buona visita!

    PARTE PRIMA

    Personaggi e interpreti

    Curioso inventario generale, che il curato e il barbiere

    fecero nella libreria del nostro ingegnoso gentiluomo.

    Ridendo castigat mores

    L’idea della rubrica Un po’ per gioco è nata per caso, oltre che, naturalmente, per gioco. Al Congresso Nazionale ACP di Tabiano, Salvo Fedele e io, forse per noia, forse per affetto, cominciammo a tirar giù battute su relatori e relazioni, sul momento, però, a uso esclusivamente interno. Evidentemente ci divertimmo così tanto che di quel congresso Salvo non riuscì a evitare di scrivere successivamente un resoconto scanzonato. Altri tempi! La cosa non dispiacque e così, sfondata la siepe dall’ariete, mi dedicai a pescare qua e là quel che poteva esserci di più clamorosamente contrastante con quelli che si potevano ritenere i princìpi fondanti l’ACP, tentando di farne poi, per quanto è possibile, una caricatura sufficientemente oggettiva e didattica.

    La benevolenza della redazione e del Direttore, e il silenzio dei lettori della rivista, mi hanno permesso di continuare fino a oggi, non so quanto degnamente. E proprio questa ignoranza del tipo di accoglienza da parte dei lettori (a parte quei venticinque che non si negano a nessuno), quando mi è stato chiesto di pensare a qualcosa per il decennale della rivista, mi ha fatto venire in mente il dubbio che siano stati…

    DIECI ANNI DI SOLITUDINE

    - Mi scusi!… Senta, mi scusi!

    - Dice a me?

    - Sì, lei, mi perdoni. L’ho sentita parlare con quel collega e mi è venuto un dubbio. La prego di non offendersi ma, lei, non è quello che scrive quella roba cosiddetta per gioco su Quaderni ACP, vero?

    - Ma certo che sono io! Lei non sa che piacere mi fa conoscere…

    - Ah! Così è proprio lei quello che si accanisce, un po’ per gioco osate dire, a calunniare i suoi colleghi. Ma non si vergogna? Farsi beffe di professionisti, di gente dedicata a una missione. Sissignore, una missione; c’è gente ancora che ci crede, grazie a Dio! Ah!, lei, immagino, sarebbe invece subito pronto a scriverci su qualcosa di ameno, sulla missione del medico, vero? Lei sputerebbe sul camice! Che poi sarebbe a dire, nel piatto in cui mangia. Beh, sappia che, nella sua presunzione, lei non si rende affatto conto di quanto male ci sta facendo, o almeno spero che non lo faccia di proposito.

    - Ma che dice? Guardi che non la capisco proprio. Io non faccio male a nessuno. Anzi, la mia intenzione è esattamente il contrario. Cercare di migliorarci, anche ridendoci sopra. E certo che l’ho fatto di proposito, se no che senso ha; allora avrebbe ragione lei, che farei solo male.

    - Lo fa anche di proposito? E io che le avevo dato il beneficio del dubbio; e nonostante lei mi abbia ripetutamente colpito!

    - Ma io non ce l’ho affatto con lei. E quando mai l’avrei colpita? Non la conosco nemmeno!

    - Ma mi conoscerà! Io sono Dottore.

    - Questo lo immaginavo, ma se non mi dice come si chiama…

    - Gliel’ho detto: Dottore.

    - Come dottore? Dottore cosa?

    - Dottore e basta.

    - Dico, avrà un nome e cognome?

    - Senta, io sono Dottore, tutti mi chiamano Dottore, e mi hanno sempre chiamato Dottore.

    - S’intende, i suoi pazienti, i suoi collaboratori, ma sua moglie, i suoi figli, gli amici?

    - Ma, scusi, di che s’impiccia lei? E poi ho troppo da fare per occuparmi di questi particolari. I miei figli sono grandi da un pezzo, mia moglie ha da fare le

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