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Vai Avanti Cretino: Storie di cervelli non fuggiti all'estero
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E-book179 pagine2 ore

Vai Avanti Cretino: Storie di cervelli non fuggiti all'estero

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Info su questo ebook

È curioso come, analizzando circa mezzo secolo di vita, ci si confronti con personaggi ed episodi a dir poco “bizzarri”.
Sono coloro che comunemente chiamiamo scemi o cretini, ma che poi li troviamo a ricoprire cariche importanti vantando una carriera inaspettata.
Un’analisi basata su considerazioni personali dall’adolescenza fino ai giorni nostri che coinvolge figure che, nonostante non abbiano mai dimostrato un particolare acume intellettivo, sono riusciti ugualmente a farsi strada nella vita superando anche i più meritevoli o comunque chi ha vissuto nella normale quotidianità senza dar segni di squilibrio mentale.
Vengono presi maggiormente in considerazione gli ambienti scolastici di ogni ordine e grado e l’incidenza dei media sulla formazione culturale delle nuove generazioni.
La gamma dei protagonisti è vastissima: si comincia col balordo che ruba l’elemosina in chiesa senza che nessuno lo ammonisca, fino ad arrivare al primario oncologo che gioca sulla tua pelle ponendoti di fronte ad un giochino idiota per comunicarti la gravità del tuo male.
Si alternano i momenti di comicità a esperienze più tristi che portano effettivamente ad una riflessione su come il destino sia cieco nel premiare o condannare l’essere umano.

Quando mi è stato chiesto di occuparmi della copertina del libro, ho iniziato a leggere il manoscritto. Scorrendo le prime pagine mi convincevo che avrei dovuto immortalare qualcosa di bizzarro, di giocoso. Al termine, l’ilarità si era trasformata in tenera malinconia. Da qui, d’accordo con l’autore, l’dea di raffigurare quello che un tempo fu un manicomio. Un lungo corridoio trafitto da alcuni raggi di sole che significano speranza e una persona al termine del tragitto che esce verso la libertà.
Dario Muscia, architetto

Un libro che fa riflettere. Terminato di leggerlo si è quasi costretti a osservare il mondo e le persone che ci circondano in maniera diversa da come siamo abituati da sempre. Nasce il sospetto che chiunque ci sia accanto possa racchiudere un tarlo di follia per nulla evidente. Leggere gli esempi di certe esperienze raccontate in modo grottesco dall’autore, non sempre è divertente. Molte racchiudono amarezza, malinconia e ingiustizia.
Mariangela Maggiali, impiegata
LinguaItaliano
Data di uscita8 ago 2016
ISBN9788822829948
Vai Avanti Cretino: Storie di cervelli non fuggiti all'estero

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    Anteprima del libro

    Vai Avanti Cretino - Angelo Poggio

    Dostoevskij)

    INTRODUZIONE

    È difficile affrontare un problema così delicato come la demenza e la stupidità umana, stando ben attenti a non recar danno a qualcuno che leggendo queste pagine potrebbe, magari solo casualmente, identificarsi in uno dei tanti personaggi descritti nei vari episodi.

    Premesso ciò vorrei rassicurare il lettore che non è mia neppur remota intenzione il voler offendere coloro che di stupidità sono affetti in forma patologica e soprattutto chi deve quotidianamente occuparsi di loro.

    Mi preme però chiarire che l’idea del libro scaturisce dalla constatazione che termini come cretino, scemo, imbecille, deficiente, demente, vengono oggi abusati nel linguaggio normale e si usano quasi fossero un comunissimo intercalare.

    Dai non fare lo scemo, ma sei stupido?, guarda quell’idiota! Sono diventati ormai aggettivi qualificativi che hanno sostituito il sostantivo che indicava soltanto coloro che di scemenza, stupidità e idiozia soffrono realmente.

    Così come si è soliti chiamare spastico un atleta che arriva secondo in una gara di velocità o un calciatore che sbaglia un gol a porta vuota non tenendo assolutamente conto delle condizioni fisiche in cui versa un vero spastico, cioè colui che soffre di spasmi che non gli permettono una corretta deambulazione.

    Fatta questa doverosa premessa, veniamo allo scopo del libro.

    Ho cercato di raccogliere quei ricordi che, sin dall’infanzia, mi hanno fatto riflettere su alcuni comportamenti di persone all’apparenza normalissime che mal celavano, secondo una teoria del tutto personale, un velo di bizzarria impressa in volto.

    Ed ho voluto approfondire l’analisi per scoprire se corrispondesse a verità ciò che mi fu detto anni fa da un carissimo amico che in modo lapidario sosteneva:

    chi sembra scemo è perché lo è.

    Azzardare che, nel cento per cento dei casi, i tratti somatici e la fisonomia strana siano indici di imbecillità è senza alcun dubbio esagerato, ma questa mia pessima abitudine di esprimere un giudizio al primo colpo d’occhio si è rivelata il più delle volte corrispondente al vero.

    Le varie esperienze vissute in prima persona che mi hanno indotto a voler mettere per iscritto certi singolari avvenimenti hanno sempre avuto come pretesto la domanda che mi sono posto nell’attimo in cui assistevo alle scene che descrivo:

    Ma quello ci è, o ci fa?.

    Poi, a mente fredda, ragionando, sono giunto alla conclusione che esistono fattori esterni che contribuiscono ad aumentare e a rendere palese l’imbecillità di chi ci circonda.

    Il secondo conseguente e fondamentale dilemma è stato:

    ma scemi si nasce o si diventa?.

    Quanto possono incidere le persone che attorniano un elemento predisposto alla stupidità a renderlo realmente stupido a tutti gli effetti?

    È chiaro che, impostando un percorso basato su esperienze personali, mi sono soffermato e mi sono servito principalmente dei vari stadi della scuola (della cui fauna faccio parte da oltre mezzo secolo) e che resta, a mio parere, una fucina che sforna in continuazione parecchi imbecilli a prescindere dai vari settori di appartenenza a questa fondamentale istituzione. Siano essi studenti, docenti, o personale tecnico amministrativo.

    Chiedo venia son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato.

    Potrei giustificarmi con queste parole tratte da L’avvelenata di Francesco Guccini, se sono giunto alla conclusione che alcuni componenti la vasta rappresentanza umana dell’istruzione, mi hanno dato un’immagine, forse sfalsata e personalissima, ma che ha inciso negativamente sul mio metro di giudizio.

    Posso però assicurare il lettore che tutti gli eventi, anche banali, cui sono stato testimone oculare o, in alcuni casi, mi sono stati segnalati e raccontati da persone la cui credibilità è indubbia, non sono frutto della mia fantasia ma realmente accaduti.

    Ho poi voluto citare alcuni esempi, purtroppo vissuti a mie spese, dove l’imbecillità umana ha raggiunto limiti che credevo invalicabili. Situazioni che avrebbero potuto stravolgere la vita di chi, al contrario del sottoscritto, non avesse avuto lo spirito conservativo e la prontezza di accorgersi immediatamente che avevano a che fare con un cretino, un genio forse, ma pur sempre un cretino.

    Particolare importanza, per quanto riguarda il regredire della semplice normalità e il dilagare dell’idiozia, penso l’abbia avuta, da almeno un trentennio a questa parte, la televisione.

    Il piccolo schermo, tempestando quotidianamente gli ascoltatori con programmi demenziali, è riuscito nel suo intento ben preciso e strategico di rincoglionire intere generazioni di giovani creando falsi miti e, soprattutto, abbassando drasticamente il livello culturale dell’utenza.

    E pensare che, nelle primissime trasmissioni dei lontani anni sessanta, c’era chi si proponeva di istruire la povera gente analfabeta che non aveva avuto la possibilità di formarsi una cultura perché impegnata nella ricostruzione del dopo guerra. Mi riferisco ad Alberto Manzi e al suo memorabile Non è mai troppo tardi.

    A questo punto invece penso che sia veramente troppo tardi per risanare quei cervelli che si sono irrimediabilmente atrofizzati per lo scarso funzionamento.

    Intere generazioni si sono lasciate condizionare, hanno inseguito ed imitato strani feticci, non rendendosi minimamente conto che si stavano sacrificando come le bestie più belle venivano sgozzate agli dei del passato.

    Oggi i giovani e non solo restano letteralmente inchiodati davanti ad uno schermo per seguire con partecipazione, ansia ed entusiasmo, le vicende di un manipolo di cretini rinchiusi in una casa col preciso scopo di annientarsi l’un l’altro a violenti colpi di ignoranza.

    La gloria e il successo, attualmente, sono rappresentati dal riuscire a dimostrare ciò che di peggio può scaturire da una mente contorta e da un cervello bacato.

    Qualunquismo, indifferenza, presunzione, rozzezza e bullismo, sono le armi che si usano oggi per dimostrare che non si è assolutamente nessuno e, di conseguenza, avere successo nella vita che diventa sempre più sciatta e priva dei primari valori esistenziali.

    È questa l’imbecillità che deve far paura.

    Ovviamente non mi sono permesso di citare nessun nome dei protagonisti delle storie che racconto, eccetto quelli di alcuni personaggi pubblici. I nomi che ho dato sono puramente inventati, posso però garantire che in questo lavoro non è stato necessario lavorare molto di fantasia in quanto ciò che mi auguro avrete la pazienza di leggere, come ho già detto, corrisponde a realtà.

    Sono altresì convinto che nessuno vorrà riconoscersi in queste assurde vicende in quanto avrà avuto il pudore e la saggezza di dimenticarle.

    Il capitolo L’Incontro, che conclude il libro, è un tentativo di sensibilizzare e far riflettere sugli emarginati, sulle persone finite nel dimenticatoio e lasciate in balia della propria solitudine. Sono convinto che, senza andare a rievocare cervelli immensi come Dino Campana e Ada Merini, esistono soggetti a cui i fatti della vita hanno precluso la libertà basandosi su analisi troppo superficiali e immediate. Purtroppo, ancora oggi è troppo facile sbarazzarsi di chi rappresenta un fastidioso ed ingombrante bagaglio per la società, e non viene concessa loro la minima possibilità di dimostrare che la sottile ragnatela che li separa dal mondo imprigionandoli potrebbe venire disfatta dallo stesso ragno che l’ha pazientemente edificata.

    Quel ragno altri non è che l’uomo.

    In conclusione, penso sia doveroso ringraziare il duo comico Fratelli De Rege che, col loro tormentone Vieni avanti cretino, mi hanno magistralmente suggerito il titolo di questo libro.

    MI GUARDO INTORNO

    E Gesù disse: <>

    Sono state date diverse interpretazioni al significato di questa asserzione tratta dalle Sacre Scritture.

    È necessario stabilire anzitutto cosa Gesù intendesse per poveri di spirito.

    Secondo le teorie ecclesiastiche, avrebbe inteso gli umili, i sottomessi.

    Secondo quelle più laiche e apocrife, si sarebbe rivolto a coloro il cui cervello non funzionava regolarmente, in parole povere agli stupidi e agli ingenui.

    Trovo questa seconda tesi la più confacente al mio modo di pensare e la ritengo molto apprezzabile e condivisibile nonché umana.

    È mia intenzione cercare di dimostrare che, col trascorrere dei secoli, e precisamente di due millenni, si dovrebbe apportare una sostanziale modifica alla famosa accezione evangelica.

    Probabilmente oggi sarebbe più corretto enunciare: <>

    Proviamo a riflettere su quante volte abbiamo sentito affermare, o abbiamo affermato noi stessi:

    <<guarda quello, sembrava tanto scemo eppure hai visto dov'è arrivato?>>

    Il grossolano errore sta nel verbo.

    Mettiamoci bene in testa che, purtroppo, oggi, è più giusto dire:

    <>.

    Il famoso detto: far da scemo per non pagare il dazio si tramanda da tempo immemore e la sua attualità non viene assolutamente scalfita dal trascorrere degli anni.

    Non sono uno psichiatra né un neurologo né un analista, di conseguenza non mi ritengo assolutamente in grado di stilare una classifica tra chi è veramente malato di mente oppure finge di esserlo per trarre dalla vita quei benefici e quei vantaggi che l’essere fuori di testa potrebbe comportare.

    Non vorrei, inoltre, che queste pagine venissero male interpretate da coloro che hanno effettivamente avuto a che fare, o hanno attualmente rapporti con problematiche psichiche di cui soffrono loro stessi o qualche congiunto.

    In ogni caso penso di poter liberamente trarre alcune personalissime conclusioni raccontando alcuni casi quantomeno bizzarri effettivamente accaduti.

    Prima di iniziare ad esaminare le situazioni di cui sono stato reale testimone, mi sembra doveroso ricordare di come, negli ultimi quarant’anni, la concezione di malattia mentale abbia subito un mutamento soprattutto nei metodi di recupero e nelle cure cui venivano sottoposti i matti in precedenza.

    Nel lontano 1978 lo psichiatra Franco Basaglia si fece promotore della famosa legge 180 che prevedeva la chiusura dei manicomi, luoghi in cui, per altro, i malati di mente venivano trattati, in molti casi, con metodi disumani e anacronistici ed obsoleti rispetto ai traguardi raggiunti dalla medicina in quello specifico campo.

    Si praticava ancora l’elettroshock con una frequenza maggiore del necessario e, soprattutto, questi esperimenti di tortura venivano fatti all’insaputa degli stessi pazienti e dei loro familiari.

    Non è importante tanto il fatto che in futuro ci siano o meno manicomi e cliniche chiuse, è importante che noi adesso abbiamo provato che si può fare diversamente, ora sappiamo che c'è un altro modo di affrontare la questione; anche senza la costrizione.

    Con queste belle parole, lo scienziato progressista, si proponeva di rivoluzionare il trattamento dei diversamente sani di mente evitando loro di vivere rinchiusi in cliniche fatiscenti, per poi venire inseriti gradualmente in ogni ambito come se la malattia non esistesse o fosse almeno in parte recuperabile.

    Dalla teoria alla pratica, come solitamente accade, il passo non fu facile e non trovò l’approvazione e la collaborazione di quei medici tradizionalisti che stroncano ogni iniziativa innovativa e sperimentale ritenendola pericolosa, azzardata e quindi inapplicabile.

    Questa, purtroppo, nel nostro Paese è un’ abitudine che tarpa ali e speranze in qualsiasi ambito dove si voglia apportare qualche novità, soprattutto nei risultati della sperimentazione di nuove terapie mediche.

    Chi è affetto da malattie degenerative e terminali deve rassegnarsi all’idea che, quando in Italia la somministrazione del nuovo farmaco verrà approvata, per lui, sarà sempre troppo tardi.

    A questa legge, che porta il nome del suo proponente, ne seguirono altre collaterali che, ad esempio, prevedevano l’inserimento dei pazzi nel mondo del lavoro.

    Lo scopo del mio libro è riuscire parzialmente a dimostrare che, col passare del tempo, è diventato sempre più difficile distinguere, tra i lavoratori, chi ha usufruito di tali normative oppure è stato assunto avendo superato regolare concorso.

    Resta da stabilire, ed è un compito tutt’altro che facile, se le teorie rivoluzionarie del buon Basaglia abbiano effettivamente portato dei benefici all’umanità, oppure si siano dimostrate un handicap per il normale funzionamento delle comuni e semplici esigenze quotidiane.

    Evitando inutili divagazioni, quanti, oggi, hanno la convinzione che la chiusura dei manicomi altro non sia servita se non ad aprirne uno unico, molto più ampio, che rinchiude in sé tutto il genere umano senza distinzione e con gli stessi diritti e doveri?

    Già da bambino, e i bimbi sono acuti osservatori, mi trovai ad affrontare situazioni piuttosto spiazzanti riguardo il trattamento che gli adulti hanno, in genere, nei confronti di coloro che vengono considerati problematici rispetto alla grande maggioranza dei più innocui e fortunati normali.

    Il primo approccio con strani e bizzarri comportamenti lo ebbi immancabilmente frequentando la scuola.

    È doveroso ricordare ciò che ho premesso:

    non mi riferisco a persone malate e non è mia intenzione né capacità poterlo fare. Vorrei solo sottolineare che, soprattutto ai bambini, riesce molto difficile comprendere o giustificare ciò che ai loro occhi può apparire un’ingiustizia e una diversità di trattamento.

    Quante volte, io stesso, tornavo sconsolato a casa dalle lezioni perché il maestro mi aveva assegnato un voto scarso nel compito rispetto al compagno che, pur avendo consegnato il protocollo praticamente in bianco, si era visto lodare con un’ottima valutazione?

    È necessario tenere costantemente presente che mi sto riferendo a più

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