Il paese di Eolo
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Info su questo ebook
Egidio Tomasello
Egidio Tomasello è nato nel 1949 a Ricadi (VV) dove tutt’oggi risiede e dove gestisce dal 1972 diverse attività nel campo delle armi e delle munizioni venatorie. Sposato con un figlio, da sempre è appassionato di sport, arte greca e lettura. Ha pubblicato nel 1981 “Balistica – Racconti e poesie venatorie” e nel 2007 “La valle dell’Orop”, edito da Libroitalianoworld.
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Anteprima del libro
Il paese di Eolo - Egidio Tomasello
IL PAESE DI EOLO
romanzo
Egidio Tomasello
Copyright © 2010 by Giuseppe Meligrana Editore
ISBN 9788895031873
www.meligranaeditore.com
All rights riserved - Tutti i diritti riservati
In copertina © foto di Pietro Scordamaglia
* * * * *
I personaggi, i fatti e le località descritte in questo
romanzo sono frutto della fantasia dell’autore.
Ogni riferimento a persone e fatti è puramente casuale.
* * * * *
A mio padre Giuseppe,
uomo buono, laborioso,
di idee futuristiche e scherzosa ironia,
la cui genia si è radicata in me;
anche se sento molto la sua assenza,
nella mia mente difficilmente svaniranno
i suoi piccoli e grandi insegnamenti.
* * * * *
Presentazione
Un romanzo breve ma profondo e ricco di riferimenti e riflessioni sull’amore, la vita, la religione, la natura, il male, la vendetta. C’è un po’ di tutto in questo Il paese di Eolo.
La normale quotidianità di un piccolo paese turistico viene turbata da un brutto episodio di cronaca che distrugge per sempre una felice coppia del luogo, due innamorati della vita, della natura, dell’arte, della normalità.
La vendetta, allora, diviene l’unica consolazione per Giuseppe, il protagonista del libro; ma la vendetta, il pasto che va consumato freddo, per Giuseppe diventa un pasto amaro che lo condurrà a ben altri problemi, in ben altri luoghi.
Su tutto impera l’amore non vissuto, assaggiato ma non consumato totalmente, quello reale, quello che si vive una volta sola nella vita.
Ma Tomasello analizza benissimo, con poche parole, attraverso dialoghi diretti e incisivi, un altro aspetto, per nulla superato, della realtà meridionale, calabrese, la ‘ndrangheta. Parte da essa per riflettere sullo Stato e sul suo potere, sul suo sapere operare in tali contesti.
E infine, come un deus ex machina, la religione contemplativa arriva a risolvere tutti i problemi, sia quelli terreni che spirituali, anche se resta nel protagonista, e di riflesso nel lettore, il senso che la sua scelta non sia frutto di un risveglio interiore inatteso ma di una repulsione nei riguardi di tutto quello che lo circonda.
Giuseppe Meligrana
* * * * *
1
Dalla finestra notava la rondine che cercava di tamponare il nido dell’anno precedente. Era la solita che, con ostinazione primaverile, ritornava ormai da anni all’appuntamento.
Il levante piovoso aveva provocato piccoli fori all’impasto fangoso e lei, da buon muratore, lo rimetteva a posto col suo andirivieni dalla vicina pozzanghera, impegnandosi con la tipica perspicacia.
Le erbe alte dei campi di maggio si spostavano col vento, come fossero onde di ponente in calmata. E lui, nella tonalità del colore cangiante di queste, ora verde chiaro, ora scuro, ora tendente al bianco, si macerava in questo remare e nel suo camaleontico pensare.
Vagabondava distrattamente con gli occhi in quel campo vastissimo e tentava, come quella rondine, di rifare l’intonaco alle pareti stonacate del suo passato.
Alcuni commercianti di cipolla percorrevano la strada sottostante in leggera salita con enorme lentezza, per il sovraccarico mal sopportato delle loro motoape che, tramite la raucedine del motore, dichiaravano a tutto l’abitato il proprio sforzo.
Vecchie e asmatiche Fiat 124 riportavano a casa le donne addette alla raccolta delle cipolle che, a fine giornata, stanche del duro stare curve sulla schiena, gustavano il cono gelato gocciolante di limone e fragola, in quegli abitacoli di macchine superaffollate e pregni di odoranti fasci di cipolle che ognuna di loro portava a casa.
Era quello il lavoro stagionale di chi tentava di tirare a campare. S’accontentavano, perché il vero benessere non l’avevano mai visto e quindi neanche immaginavano cosa fosse o forse pensavano di averlo già raggiunto, riuscendo a lavorare e potendo disporre di quelle quaranta o cinquantamila lire giornaliere, con le quali diventare indipendenti. Questo lo si deduceva dal ciarlare allegro che esse facevano udire dai finestrini aperti.
I ragazzi andavano avanti indietro con i motorini smarmittati per far meglio notare ai disattenti che esistevano anche loro e che, nel mosaico della vita, erano parte integrante di quel mondo voluto così.
Le ragazze, nell’elastico passeggio, si tenevano sottobraccio l’una all’altra come se in quel modo si volessero più bene dei maschi che, invece, con il loro impennare su una ruota, pensavano solo a gareggiare tra loro.
Era, il suo, un paese dall’aria quasi moderna, di quelli che ognuno voleva ve ne fossero molti di più, di modo che finisse una volta per tutte la disoccupazione giovanile. Il turismo estivo, fiore all’occhiello, l’edilizia e la coltivazione di questi bulbi erano, infatti, il sintomo di una società in forte crescita che, certamente, col tempo, aveva sortito effetti positivi. L’emigrazione aveva segnato il passo, dando spazio a chiari fenomeni di immigrazione; vuoi perché avevano investito in impianti produttivi, vuoi per il clima salubre, alcuni nordisti ma anche stranieri, infatti, s’erano con soddisfazione trapiantati lì.
Il suo paese era piccolo ma importante, un trampolino di lancio per le altre comunità limitrofe che di riflesso ne traevano benessere sotto ogni aspetto.
Lui era nato lì e raramente s’era allontanato per un lungo lasso di tempo; quelle poche volte che lo aveva fatto lo avevano convinto ancora di