Avanrem
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Anteprima del libro
Avanrem - Rosario Adriano Orlando
Rosario Adriano Orlando
AVANREM
Elison Publishing
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elisonpublishing@hotmail.com
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ISBN 9788869631931
Dedicato al mio amico fraterno Francesco Lopez, scomparso troppo presto. Ciao ciccio.
Un pensiero speciale va alla mia amata Sabrina, dolcissimo sostegno vitale che accompagna i miei sogni. Sono certo che l’affetto delle persone accanto ci rendono migliori e speciali, rendendo le occasioni uniche, riuscendo molte volte a cambiare il destino.
Quando si ricomincia il foglio è sempre bianco, fresco come delle belle lenzuola appena pulite, profumate ancora di candeggio, messe sistemate e stese per bene sul proprio letto; il giorno era appena iniziato e le finestre separavano appena il cielo limpido dalla camera.
A volte capita di tirare alla sorte, come nel gioco che si faceva spesso da piccoli: Carta, forbice e pietra, dove chissà per quale inspiegabile ragione, ripetutamente la forbice dava sempre scacco matto. Una lucertola stava avvinghiata su un sasso liscio come un uovo, messo su della terra in un vaso sul balcone opposto, cercando di riscaldarsi sotto il sole di quel bel mattino umido di fine settembre. L’estate era già finita ma si continuava così ad oltranza, sperando di rimanere ancora sotto la grazia del buon Dio.
Il sacco dell’immondizia era pieno ormai da giorni, forse da più di una settimana ma non ci si faceva più caso, anche se nell’ultimo periodo si mandava giù qualche boccone veloce sempre più di rado e almeno, per quanto riguardavano i rifiuti, potevano accumularsi tranquillamente. L’unica immagine allegra di quel cesto, erano alcune delle piccole fette di anguria verde rossa, con i suoi semini disegnati sulla plastica del contenitore. I giorni si alternavano tra facili entusiasmi e incredibili delusioni; sembrava di percorrere una di quelle strade nel deserto dell’Arizona, dove il forte vento tira a raccolta tutti i cumuli di foglie formando delle palle avvolte di qualsiasi cosa, dove le idee e i pensieri vengono divisi in strisce tratteggiate, contraddistinte dal loro colore bianco sull’asfalto nero, andando a formare un unico punto all’orizzonte sempre più piccolo.
Chi ben comincia è a metà dell’opera, come dice la frase celebre, e allora si potrebbe dire di esserci, ma si era ancora all’inizio e di strada da percorrere ce ne era davvero ancora tanta. Le circostanze però sembravano dire di continuare ad essere fiduciosi, così improvvisamente un fulmine ruppe l’equilibrio già precario col suo secco boato senza miccia, togliendo di mezzo quel cielo celeste scomodo ai fulmini, ma certamente simpatico e solare a molti, dando spazio al grigiore che si sperdeva a macchie scuotendo i pensieri di Ester.
Il cielo si ricoprì di nuvole e cominciò a cadere qualche goccia di pioggia, lei si riparò davanti alla porta dello stabile dove viveva, la strada era stretta e poco trafficata, fece leva verso se stessa e spingendo la maniglia entrò.
Suo fratello minore Nicolò, era misteriosamente scomparso da qualche giorno, e il divano dove solitamente stava a bivaccare nelle sue solite occasioni di evasione dai doveri, saltando dai Simpson, agli episodi di Willy, il Principe di Bel-Air, rimaneva solitario, e in quel momento un’ombra sembrava avesse preso il suo posto, riflettendosi sui vetri delle finestre diventati grigi in quella casa al centro di Torino.
La notte prima il cielo si riempì di tanti puntini luminosi, tra pianeti lontani e stelle luminose, dove Bennato nel suo noto pezzo, cercava di indicare la giusta direzione, ma di chissà quale galassia però, già pronte per lanciarsi in caduta libera per abbracciare i desideri e le tante richieste degli speranzosi sostenitori, ma l’autobus che da lavoro passava puntuale come sempre quella sera a mezzanotte e cinque minuti in punto, aveva deciso di cambiare abitudine e di farsi aspettare già da più di mezz’ora abbondante, ed Ester stanca del turno, non ci fece nemmeno caso.
Ester era davvero di una bellezza disarmante, oltre ad essere una ragazza molto forte caratterialmente, – non solo bella – radeva il suo fascino che si mischiava con tutta la sua bellezza esteriore tra quel suo viso candido e liscio, e i suoi occhi ammiccanti che venivano coperti a volte da alcune ciocche castane nei suoi movimenti accidentali, sfiorando le ciglia sino a scenderle verso i suoi occhi verdi splendidi come il chiaro del lago di Como, e quello di Garda messi insieme.
Lavorava in una farmacia in periferia e spesso faceva il turno anche di notte, erano tre impiegati e facevano turni a rotazione tra cui anche Ester; lei aveva appena finito quello più pesante, quello che dal pomeriggio arrivava fino alle ventiquattro. Iscritta all’università in scienze naturali con l’aspirazione del dottorato, dopo tanti ‘le faremo sapere’ aveva trovato questo lavoro da più di un anno e dopo averne già cambiati una decina prima, nel giro di pochi mesi senza mai stancarsi di cercarne uno, sembrava che questa volta la buona sorte avesse deciso di darle una chance.
Dei fari in lontananza si facevano sempre più intensi avvicinandosi verso la fermata dove Ester stava aspettando il suo autobus, ma non era il 54 come al solito, era invece un'auto che stava passando di lì, un maggiolone giallo con la cappotta nera ribaltata, nonostante la fresca temperatura. Alla guida stava seduta una ragazza e accanto, un ragazzo che portava una cuffietta di lana blue scuro in testa, sino a coprirgli le orecchie. Ridevano con la musica a tutto volume, mentre la ragazza che stava alla guida vicino a lui, ripeteva a squarcia gola il pezzo musicale.
Ester era sovrappensiero intanto, guardando se l’autobus stesse per svoltare subito dopo dietro di loro, ma passò invece il 37 sbarrato, e non facendoci caso più di tanto, improvvisamente riportò velocemente lo sguardo verso il viso e l’espressione di quel ragazzo accanto a quella ragazza che cantava a voce alta, e immediatamente le sembrò inconfondibile… Quello di suo fratello Nicolò! E istintivamente lei lo chiamò, due tre volte: Nicolòòò…
ma l’auto scomparve velocemente insieme al pezzo che stavano ascoltando, The Wild Boys dei Duran Duran, e il silenzio della sera ripiombò alla fermata del 54.
Se quel ragazzo avesse tirato via quella cuffietta di lana, chissà…. Adesso sarebbe tutto più chiaro.
La Spagna intanto, che aveva vinto tutto in questi anni, questa volta dovette alzare bandiera bianca vedendosela con il Brasile, che irrompendo con agonismo e superiorità, spense prima incredibilmente le luci della ribalta delle furie rosse per poi guastargli la festa, inabissando l’inaffondabile compagine iberica togliendole definitivamente titolo e nomea. Anche se destinati ahimè i carioca a cadere più in là anche loro, da lì a poco con la titolata ed esperta corazzata Germania, implacabile a non fare sconti a nessuno. Ai