Regina delle ombre: In asulu bisendi
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Info su questo ebook
Racconta il dolore, la forza, la contraddizione e la fatica di accettare la realtà, ma racconta anche la volontà di capire, di perdonare, di esistere e amare a tutti i costi.
Angelica Piras, in quest’opera, ci offre l’occasione di una conoscenza intima e importante, anche se a tratti dolorosa.
Ci lascia attraversare i suoi dolori e le sue paure, le ombre e luci, l’amore e la speranza, in un percorso tortuoso e difficile. Questo libro è il racconto di un cammino che ha portato l’autrice a rivelarsi nelle sue sofferenze più intime, ma senza mai abbandonare la speranza di amare e di essere amata.
Angelica Piras nasce a Cagliari, vive a Elmas da vent'anni. Lavora come operatore socio-sanitario in un centro socio-riabilitativo. Scrive da sempre. Nel 2008 ha iniziato a partecipare ad alcuni concorsi letterari ottenendo diversi premi. Nel 2010 pubblica insieme ad altre quattro poetesse il libro “Senso essenze di donne”, con una silloge poetica dal titolo “Sognar d’azzurro”. Nel 2011 inizia a scrivere in lingua sarda ottenendo diversi riconoscimenti.
Vive inseguendo i suoi sogni e le sue passioni: canta nel coro “Las Mamas”, dipinge su tela o cartoncino. Collabora da qualche anno con il compositore e musicista fiorentino Lorenzo Pescini.
Immagine di copertina: “Regina delle ombre” di Angelica Piras.
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Anteprima del libro
Regina delle ombre - Angelica Piras
2014
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PREFAZIONE
Quando si scrive per crescere, per metabolizzare la vita, per prendere possesso dello spazio che ci circonda, allora si scrive e si pubblica un libro come questo.
Regina delle ombre
è un percorso emozionante e coinvolgente.
Racconta il dolore, la forza, la contraddizione e la fatica di accettare la realtà, ma racconta anche la volontà di capire, di perdonare, di esistere e amare a tutti i costi.
Angelica Piras, in quest’opera, ci offre l’occasione di una conoscenza intima e importante, anche se a tratti dolorosa.
Ci lascia attraversare i suoi dolori e le sue paure, le ombre e luci, l’amore e la speranza, in un percorso tortuoso e difficile. Questo libro è il racconto di un cammino che ha portato l’autrice a rivelarsi nelle sue sofferenze più intime, ma senza mai abbandonare la speranza di amare e di essere amata.
Poesie che come fermi immagine in un lungometraggio, ci catturano, coinvolgendoci in emozioni e sentimenti forti; poesia come forma della memoria, per ricordare inseguendo quello che siamo stati quello che vorremmo essere. Qualcuno disse che si usano le parole per dire quello che non si sa. Ma forse, in questo caso, le parole hanno inseguito quello che dovevano dire.
Una poetica con suoni predominanti, come il suono antico della lingua sarda, che non solo arricchisce l’opera ma la completa, e con parole chiave, come l’azzurro, che ritorna, così come ritorna l’onda sulla battigia, a colorare e addolcire movimenti forti e dolorosi. L’azzurro inteso come un medicamento, un segreto, un colore che l’autrice ha fatto suo come un mago fa propria la sua pozione magica. La lingua sarda come un ritorno alle proprie origini, alla terra, alla vita.
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NOTA AL TESTO
Dovendo redigere una breve nota sulle poesie in lingua sardo-campidanese contenute in questa prima raccolta di Angelica Piras e spinto dalla curiosità e dall’interesse, ho voluto percorrere e scrutare anche tra i suoi territori poetici, cercando di cogliere tra i sentieri più intimi, oltre ai contenuti, anche i suoi motivi ispiratori. Angelica Piras, vagabonda senza dimora, anima adagiata senza catene al desiderio e al sogno. Angelica Piras Regina della notte.
Parrebbero due le regine, lei e l’altra. Ma l’altra è ancora lei, una sorta di alter ego che racconta a se stessa e si racconta con la gioia di essere e di farlo. Mentre la prima lo fa consapevole di avere sogni di miele e di vaniglia, l’altra si svela lasciando appesi i sogni al buio di un cuore pieno di nodi.
Quella libera e libertaria rompe le catene del buio e della notte. Si libera e si libra squarciando il cielo per coglierne - anche su quanto di quella buia notte ancora permane - l’azzurrità stellata che fa propria, e di cui lei stessa pervasa ne diventa colore.
Tutto ruota su un unico perno, la giostra dei ricordi tenebrosi. Le oscurità dentro l’armadio e il vortice profondo dell’impotenza e del dolore negli occhi della madre. Un coagulo di lacrime e di sangue fattosi nero dolore che lei esorcizza e muta in azzurrità infinite, e che dall’infinito azzurro a lei tornano come linfa siderale di cui fa condimento e nutrimento per l’anima.
Fantasmi che prepotentemente e dolorosamente ricorrono, e che Angelica Piras sveste e riveste mutandoli nelle sue azzurrità attuali e plasmandoli in poesia. Poesia dove è narrare e narrarsi in quella tensione lirica tesa a rivelarci e rivelare ciò che siamo, quale sia la nostra capacità nel donarci e nel donare. Nel mettere l’anima a nudo, esorcizzando i fantasmi del passato con tutta la forza e la solarità di cui siamo capaci. Azzurrandoci, dunque.
In questa ritrovata dimensione cromatica, trova giusto posto anche la sua ritrovata pietas di donna matura e madre, e soprattutto di figlia che come Enea trascina il vecchio Anchise strappandolo alle fiamme. Così lei, poeta, assume in spalla ogni antico peso dell’inferno dei furori paterni e ne fa dono d’amore filiale, quasi ad invocarne il perdono per quell’amore non dato e non avuto.
Azzurrità nell’anima quindi e anche nella poesia, espressa con forza e nei tratti che la rivelano coraggiosa e poco incline a congiungersi al coro
. Guerriera irritata dalla retorica di puttane parole che migrano di letto in lettoe protesa ad esprimere il proprio canto scaturente dal recinto della sua tristezza, che ama e anima il suo respiro di vita e alba profumata di rosa, nonostante le orge di neri pensieri stuprati da rabbie represse.
La sua espressione letteraria si presenta quasi interamente in lingua italiana, rivelatrice della forma mentis maturata nell’uso quotidiano della stessa, sia in forma scritta che parlata. Sull’altro versante, quello sardo-campidanese, la piccola silloge di sei poesie mette in risalto, nello sforzo compositivo-espositivo, che sostanzialmente in alcuni passaggi appare come trasposizione dall’italiano, una non completa padronanza nell’uso del linguaggio di cui l’autrice - pienamente cosciente - da qualche tempo ha iniziato ad appropriarsi attraverso letture e studio della lingua e con la partecipazione a concorsi di poesia, dai quali ha già ottenuto considerevoli riconoscimenti. Un approccio felice quindi che arricchisce e completa la sua azzurrità dell’anima e di poeta. Un percorso questo che linguisticamente si parallela nella sua poetica e di cui mi piace considerare gli aspetti futuri basati sull’impegno e sul rigore linguistico che, sono certo, Angelica saprà ben maturare.
Vincenzo Pisanu
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Regina delle ombre
In asulu bisendi
Ho dovuto tendere l’orecchio al bisogno di raccontarmi, ora è arrivato il momento di portare alla luce la Regina delle ombre che vestiva d’azzurro. Il grido di sofferenza ha trasformato la vita in palpiti, nonostante ci fossero sempre gnomi neri pronti a distorcere il destino. Voglio intraprendere questo viaggio in prosa e poesia per portare alla luce quella bimba capace d’indossare abiti sempre nuovi e colorati, a dispetto delle ombre che passeggiavano, con in mano un’ascia imbevuta di buie gocce di tormento, devastando il suo diritto ad avere un’infanzia spensierata.
Regina lo sono diventata quando ho insegnato a danzar con me le riluttanti ombre, vincendo così la partita con il buio. Ho colorato il mondo con pennellate di luce e ho profumato il mio corpo d’azzurro, ideando battiti rinvigorenti ogni volta che le tenebre provavano ad ammantare quel dolce sorriso macchiato d’incanto. Questo raccontarsi vuole essere messaggio di come sia importante riuscire ad attraversare il dolore a piedi nudi senza per questo divenire pietra, per poi avere un cammino ornato di rose e viole.
Ogni istante nel mio percorso ho trovato barriere