La Vita che Resta
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Info su questo ebook
Leo è poco più di un bambino quando capita per caso nel garage di zio Tore che si affaccia sulla strada e domina la piazza dove i bambini giocano e fanno rumore. Un garage, quello di zio Tore, che è come un luogo magico e fatato che incanta Leo che trascorrerà qui molti anni della sua vita affascinato dai racconti del vecchio che narrano di un passato atavico che è come un antico scrigno di tesori.
Leo diventa adulto, zio Tore invecchia con l’argento nei capelli e nella voce.
Ma la vita alcune volte è una cesoia che recide tutto il bello dell’esistenza.
La tragedia incombe e il giovane Leo, che si affacciava alla vita con la dolcezza dei suoi anni e la promessa dell’amore, resta vittima di un incidente.
Cosa resta della storia di Leo e zio Tore?
Tanto amore e la vita che, lentamente, riprende il suo corso con una nuova vita in sboccio.
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Anteprima del libro
La Vita che Resta - Paola Stefania Fratto
PAOLA STEFANIA FRATTO
LA VITA
CHE RESTA
Proprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Edizione eBook 2015
ISBN: 978-88-6822-296-3
Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672
Sito internet:www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinilibri.it
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
A te che mi hai insegnato ad andare sempre avanti.
Perché, come dicevi tu, chi si ferma è perduto.
A te che mi hai insegnato l’importanza della scuola
e il valore dei libri.
A te che hai fatto del lavoro la tua missione di vita.
A te che mi hai trasmesso il valore delle cose semplici.
A te che mi hai spronato a coltivare i miei sogni.
A te che eri e resterai per sempre il faro della mia vita.
A te, amore mio, papà.
Una carezza, un bacio, un leggero soffio d’aria
ai giovani ingoiati da maledetti pezzi di strada
avidi e bramosi di innocenti.
Un forte abbraccio a tutte le loro famiglie
che vivono migliaia di albe
con un vuoto infinito.
Presentazione
Una storia quasi senza tempo quella di zio Tore e Leo. Delicata, intensa, intima e forte come un cordone ombelicale. Leo è poco più di un bambino quando capita per caso, spinto da quella curiosità infantile unica e irripetibile, nel garage di zio Tore che si affaccia sulla strada e domina la piazza dove i bambini giocano e fanno rumore. Un garage, quello di zio Tore, che è come un luogo magico e fatato che incanta Leo, che trascorrerà qui molti anni della sua vita affascinato dai racconti del vecchio che narrano di un passato ormai atavico ed ancestrale che è come un antico scrigno di tesori.
Ed è in questo fascinoso dialogo che il romanzo ha la sua forza e la sua bellezza, un dialogo in cui compaiono segmenti che riavvolgono i fili della memoria: il lavoro di un tempo, l’emigrazione, le tradizioni paesane, i ritmi della gente di montagna, i sentimenti, l’amore e il dolore. In questo luogo zio Tore e Leo diventano simbiotici e il loro rapporto si trasforma in un travaso di anima e cuore.
Leo diventa adulto, zio Tore invecchia con l’argento nei capelli e nella voce.
Ma la vita è strana, talvolta in maniera eccessiva, come una cesoia che recide d’un tratto tutto il bello dell’esistenza.
La tragedia incombe e il giovane Leo, che si affacciava alla vita con la dolcezza dei suoi anni e la promessa dell’amore, resta vittima di un terribile incidente.
È la notte di Natale e quella cesoia
, che è il destino, si abbatte su di lui e i suoi quattro amici, vittime della strada che ricordano, nella loro storia, una tragedia reale avvenuta proprio a San Giovanni in Fiore che si avverte, tra le pagine, solo come eco lontana.
La narrazione, infatti, sublima quel ricordo e ne fa un racconto così da renderlo indelebile sulla pagina e, in qualche modo, eternarlo.
Cosa resta della storia di Leo e zio Tore?
Tanto amore e la vita che, lentamente, riprende il suo corso con una nuova vita in sboccio.
Anime vaganti in questo oceano infinito…
Anime sole, dimenticate, abbandonate…
Anime avvinghiate, incatenate ad un destino folle e sofferente…
Anime!
Solo esili momenti di esistenze.
E…ci sono attimi consecutivi che attraversano l’anima, senza penetrarla con intensità.
Esistono dolori meravigliosamente semplici e fugaci.
E poi amori folli e dolorosi, ma che vivono e fanno vivere e ci spingono ad andare avanti anche quando tutto è vuoto e triste.
Ci sono speranze fugaci e libere come le ali di un gabbiano.
Ci sono sogni infinitamente onirici, infinitamente irrealizzabili.
Ci sono timori soffusi e velati da timidezze ostentate.
Ci sono respiri infinitamente soavi.
E, poi, carezze timide e leggere che alimentano gli amori più insensati.
C’è l’esistere e il sopravvivere, il sognare e l’amare…
Ci sono e ci siamo come innumerevoli frammenti di un vivere senza rimpianti.
La vita che resta
La strada scende a strapiombo e all’improvviso s’incrocia con quella del garage, dove il vecchio indurisce la sua corazza con le provviste per l’inverno, come legna e vino. L’inverno è spesso lungo e rigido, ma non esiste primavera più bella, perché la strada in pendenza estrema finisce in una vallata così colorata e armoniosa da assomigliare alla tela dipinta da un famoso pittore: gli alberi in fiore, una piccola casetta con il tetto rosso, un viottolo che conduce a due fiumi che si mischiano nel percorso verso il mare.
Gioie e i dolori s’incontrano presso quella strada, dove tutti i passanti sembrano danzare con il loro andirivieni, accompagnati dal fruscio del fiume e, a volte, del vento che sembra un messaggero frettoloso delle notizie accadute a valle. Quella valle che, con i suoi colori, è il paesaggio dello sguardo di zio Tore, perché di fronte c’è il suo garage: bello come tutti i garage degli anziani. C’è un ordine meticoloso, ogni angolo è sfruttato ed è impregnato di profumi, vino, legna fresca, noci, castagne, fumo del focolare. Ci sono bottiglie, damigiane, cassettine, attrezzi agricoli, cestini, mobiletti e pentolame antichi: gli anziani non buttano niente, immagazzinano tutto nei garage, come fanno, nella memoria, con gli episodi della loro vita. C’è un odore di antico, di tradizioni, di saggezza, di buono. Zio Tore vi trascorre interi pomeriggi, a volte anche senza far nulla, si siede e osserva lo scorrere della vita: bambini con il grembiule e i fiocchi che tornano da scuola, ragazzi in bici o che rincorrono un pallone, giovani in moto che si fermano a salutarlo e lui riconosce i bambini che, appena qualche anno prima, citofonavano a casa sua e poi correvano via, e lui adirato gli urlava paroloni. La vita non si ferma, così come il ciclo della natura: il grande albero di fronte il garage si veste e si spoglia da anni e, ad ogni trasformazione del salice, zio Tore si sente più stanco, perché trascorrono gli anni e lui ama dire che, alla sua età, ogni anno che passa è guadagnato. Leo, appena lo vede seduto, va da lui come fa da circa 17 anni, da quando aveva 3 anni: era in sella al suo triciclo rosso e, incuriosito da quella saracinesca aperta, entrò senza chiedere permesso e zio Tore lo rimproverò con un tono burbero per la sua cattiva educazione. Così Leo evitò di entrarvi per alcuni anni, anzi, con il passare del tempo, si unì ai bambini del rione che organizzavano scherzi contro il vecchio. Scherzi semplici ma che, agli occhi degli adulti, sono delle piccole diavolerie: stuzzicadenti infilati nei citofoni, uova buttate contro il portone, suonate insistenti al campanello di casa, palloni sbattuti contro i vetri delle finestre. Quante volte zio Tore aveva rincorso invano le piccole pesti gridando: e se ti prendo ti riempio di botte, Marco lo dico a tuo padre, Rossella non ti vergogni
. Tutte parole gridate al vento, perché i bambini sono i padroni del loro territorio: puntuali, uniti e, soprattutto, gioiosi. Che tristezza quando alle 17:00 del pomeriggio non si sentivano le loro voci e il rumore del pallone, delle bici scaraventate a terra, la conta del nascondino, i salti dell’elastico e la canzoncina di mamma il cuore mi batte
che ormai aveva imparato a memoria. Quando non li sentiva, si