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Liberata dallo sceicco: Harmony Collezione
Liberata dallo sceicco: Harmony Collezione
Liberata dallo sceicco: Harmony Collezione
E-book163 pagine2 ore

Liberata dallo sceicco: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Khalid Fehr, seducente signore del deserto di Sarq, trae in salvo la bella Olivia Morse dalla prigionia in cui è stata costretta da alcuni nemici del regno. Per fare ciò, però, Khalid ha finto che la giovane americana fosse la sua fidanzata, e ora a Olivia si impone una scelta: andare in sposa al sensuale sceicco, o tornare nel luogo in cui è stata rinchiusa. La decisione, però, è più facile di quanto sembri.
LinguaItaliano
Data di uscita12 set 2019
ISBN9788830504196
Liberata dallo sceicco: Harmony Collezione
Autore

Jane Porter

Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.

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    Anteprima del libro

    Liberata dallo sceicco - Jane Porter

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    King of the Desert, Captive Bride

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2008 Jane Porter

    Traduzione di Sonia Indinimeo

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3050-419-6

    Prologo

    Lo Sceicco Khalid Fehr lesse ancora una volta l’appello apparso su Internet.

    Donna americana scomparsa in Medio Oriente.

    Ho un disperato bisogno di aiuto. Mia sorella è sparita da due settimane senza lasciare tracce. Il suo nome è Olivia Morse. Ventitré anni. Un metro e sessantadue, quarantasette chili, capelli biondi, occhi azzurri. Un leggero accento del Sud. I familiari sono profondamente angosciati.

    Chiunque avesse notizie è pregato di mettersi in contatto con me. Jack Morse

    Nella sua tenda, seduto davanti al computer portatile che rappresentava il suo contatto con il resto del mondo, Khalid rilesse la penultima frase, i familiari sono profondamente angosciati, e il senso di quelle parole gli piombò sul cuore come un macigno.

    Sapeva bene cosa significasse essere angosciati per una persona cara. Anche lui aveva avuto due sorelle più giovani che, molti anni prima, erano morte in un tragico incidente di macchina.

    Aprì l’immagine allegata all’appello e rimase a fissare la fotografia in bianco e nero. Capelli biondi sciolti sulle spalle, grandi occhi chiari che spiccavano sull’ovale del viso dalla pelle luminosa e pallida. Era davvero bella, ma l’attenzione di Khalid venne catturata dalla sua espressione. Il sorriso aperto e lo sguardo dei suoi occhi, timido ma vivace, curioso e pieno di speranza. Speranza...

    Provò una fitta al petto e distolse lo sguardo. Sua sorella Aman guardava il mondo in quello stesso modo. Era molto timida, diversa da Jamila, la più spregiudicata delle due gemelle. La tenerezza e il sagace senso dell’umorismo di Aman avevano sempre tratto il meglio da lui. Lei faceva emergere il meglio da chiunque e quando era morta, una settimana dopo Jamila, qualcosa in Khalid era morto con lei. Il suo cuore non era mai più stato lo stesso.

    Tornò a guardare gli occhi di Olivia e si chiese che fine avesse fatto. Forse era stata rapita e uccisa. Comunque non erano fatti suoi. Lui si era lasciato alle spalle la città perché odiava il rumore, la frenesia, la violenza, e aveva deciso di vivere nel deserto.

    Ma se a sparire fosse stata una delle sue sorelle?

    Non sarebbe mai potuto accadere, ricordò a se stesso, perché erano principesse reali ed erano guardate a vista da un esercito di guardie del corpo.

    Fissò di nuovo la foto. Olivia Morse. Ventitré anni. Un metro e sessantadue, quarantasette chili, capelli biondi, occhi azzurri... Seguendo un impulso, aprì la tenda e chiamò uno dei suoi uomini. Anche se viveva nel Grande Deserto di Sarq ed era uno sceicco nomade, faceva sempre parte della famiglia reale Fehr. Era ricco, aveva potere e conoscenze. Se c’era qualcuno che poteva rintracciare la ragazza americana, quello era proprio lui!

    1

    L’aveva trovata.

    Gli ci erano volute tre settimane, una piccola fortuna, due investigatori privati coordinati dal Segretario di Stato di Sarq, molte strette di mano compromettenti, tante promesse e qualche minaccia. Ma alla fine stava per incontrarla.

    Lo Sceicco Khalid Fehr fu costretto a chinare la testa per attraversare il basso portone della prigione di Ozr. Venne scortato lungo il braccio maschile, verso quello riservato alle donne. L’odore nauseante delle latrine e del sudore gli fece rivoltare lo stomaco.

    All’entrata della zona femminile, la guardia passò i documenti a una collega perché li controllasse. La donna, coperta da capo a piedi dalla lunga tunica nera, si prese il suo tempo per esaminare le carte e Khalid fremette di impazienza. Quella di Ozr aveva la funesta fama di essere la peggiore prigione del mondo, dove venivano ignorati i più elementari diritti umani. Dopo un’eternità, la guardia sollevò la testa per guardarlo.

    «Venga con me» disse, brusca.

    La seguì lungo i tortuosi corridoi dell’antica fortezza, trasformata in prigione mezzo secolo prima.

    Dalle celle buie si levavano grida in arabo, in egiziano, in farsi e in inglese. Voci disperate che chiedevano aiuto, pietà, un medico, un avvocato... Ozr era l’ultimo posto al mondo dove un essere umano avrebbe voluto trovarsi. Solo il cielo sapeva cosa significasse per una donna essere rinchiusa là dentro. Una volta varcata la porta, capivi immediatamente di avere avuto un biglietto di sola andata. Una volta entrato, capivi che non saresti mai più tornato a casa.

    Molto tempo prima, un amico di Khalid aveva avuto dei problemi. Era stato arrestato e rinchiuso a Ozr. Nessuno ne aveva saputo più nulla. Il padre di Khalid, il re di Sarq, aveva fatto il possibile per avere notizie, ma senza alcun risultato.

    A Jabal, che confinava con l’Egitto e con Sarq, vigeva una rigida dittatura. Le autorità internazionali avvertivano i turisti di starne alla larga, ma evidentemente Olivia Morse aveva ignorato il consiglio.

    La guardia si fermò davanti a una cella angusta. Una ragazza stava accovacciata su una panca. Teneva le ginocchia contro il petto e lunghe ciocche bionde sfuggivano dal velo nero che le copriva la testa.

    Olivia...

    Il cuore di Khalid si strinse, una reazione viscerale nel vederla per la prima volta.

    Nella foto sul passaporto appariva fresca e allegra, con gli occhi azzurri pieni di speranza. La giovane donna raggomitolata nella cella non sembrava essere la stessa persona. Sembrava assente, senza vita.

    «Olivia Morse» la chiamò Khalid, avvicinandosi alle sbarre.Lei sollevò per un istante la testa, ma non si voltò a guardarlo. «Lei è Olivia Morse, vero?» insistette lui a voce bassa.

    Liv si strinse forte le ginocchia per farsi più piccola. Forse stava sognando e forse fuori dalla sua cella c’era solo un altro uomo terribile che l’avrebbe interrogata e poi picchiata, come al solito.

    Ma perché non capivano che lei non sapeva niente? Perché non capivano che era più confusa di loro? Era solo stata raggirata, ingannata, distrutta.

    Chiuse gli occhi come se questo bastasse a farla scomparire, a farla dissolvere nel nulla.

    Oh, Dio... voleva tornare in Alabama, a casa sua. Voleva rivedere sua madre e suo fratello.

    Non avrebbe mai dovuto sognare di vedere le piramidi e il deserto. Non avrebbe mai dovuto sognare di cavalcare un cammello e di esplorare antiche tombe.

    Avrebbe dovuto accontentarsi di restare a casa, del suo lavoro all’agenzia di viaggi, di organizzare vacanze avventurose per gli altri...

    «Olivia.»

    L’uomo ripeté il suo nome a bassa voce, con un tono autoritario, e Olivia temette che stesse per accadere qualcosa di terribile. «Io non lo so... non so chi fosse...» balbettò nel suo arabo stentato.

    «Parleremo dopo delle accuse» la interruppe lui, in inglese. «Prima dobbiamo sistemare alcune cose.»

    Liv rabbrividì. Il fatto che l’uomo parlasse inglese la spaventò ancora di più. Stanchezza e paura erano le sole due cose che riusciva a provare, ormai.

    «Se sapessi il suo nome, ve lo direi. Lo direi, perché voglio tornare a casa...» Si interruppe per riprendere fiato, stremata dai continui interrogatori. Le guardie si presentavano a tutte le ore del giorno e della notte per rivolgerle sempre le stesse domande, le stesse minacce. Le negavano il cibo per giorni, cercando di piegarla e di ottenere da lei le risposte che volevano. «Vi aiuterei, se potessi.»

    «Sarò io ad aiutare lei» le rispose l’uomo con un tono gentile, così diverso da quello cui si era abituata.

    Liv era confusa. Gli occhi le si riempirono di lacrime e le bruciarono come se fossero pieni di sabbia. Si passò una mano sul viso. «Voglio tornare a casa» piagnucolò con una voce sottile, da bambina.

    «E io voglio farla tornare a casa.»

    Nessuno le aveva mai detto una cosa simile, da che era rinchiusa lì dentro. Nessuno le aveva dato un filo di speranza di lasciare quel posto orribile.

    Liv si decise a voltare la testa e guardò la figura nella penombra del corridoio. Non era uno dei soliti uomini bassi e grassi che l’avevano interrogata. Sembrava anche abbastanza giovane. Indossava l’abito tradizionale, ma il suo era nero e pesantemente trapuntato in oro. Il copricapo celava i capelli, però metteva in risalto i suoi lineamenti decisi.

    «Sono qui per tirarla fuori da questo posto» continuò lui. «Ma non abbiamo molto tempo.»

    Dibattuta tra paura e speranza, Liv si strinse più forte le ginocchia e il tessuto ruvido della tunica nera le sfregò la pelle. Tutti i suoi vestiti erano stati confiscati insieme al resto della sua roba, quando era stata arrestata. «Chi l’ha mandata?»

    L’espressione dell’uomo non era né amichevole né incoraggiante. «Suo fratello.»

    «Jake?»

    «Mi ha chiesto di trovarla.»

    «Jake sa che sono qui?»

    «Sa solo che la sto cercando.»

    Liv soffocò un singhiozzo. «Hanno detto che non sarei mai uscita di qui. Mi hanno detto che non mi avrebbero mai rilasciata, se non avessi detto il nome degli altri.»

    «Non sapevano che fosse imparentata con gente potente» le rispose l’uomo con perfetta naturalezza.

    «Lo sono?» si sorprese Liv.

    «Ora sì.»

    Liv si precipitò verso di lui e strinse le sbarre con entrambe le mani. «Come? Con chi?»

    «Sono lo Sceicco Khalid e sono qui in... per conto della famiglia reale di Sarq.»

    «Sarq confina con Jabal» sussurrò Liv.

    «E con l’Egitto» aggiunse lui. «Sarà un miracolo della diplomazia a tirarla fuori di qui entro oggi. Il tempo è poco e devo sistemare tutti i documenti. Ma tornerò pre...»

    «No!» gridò Liv. Non avrebbe voluto alzare la voce, ma era stato il panico a parlare per lei. «No» ripeté piano. «La prego, non mi lasci qui.»

    «È solo una questione di minuti, mezz’ora al massimo...» assicurò lui.

    «No...» lo pregò ancora lei. Sporse la mano tremante dalle sbarre e gli afferrò una manica. «Non mi lasci, per favore.»

    Per un lungo momento, lui rimase in silenzio fissando la piccola mano. «Non la lasceranno andare se prima non avrò sistemato i documenti.»

    Liv lo strinse più forte. «Non se ne vada.»

    «Tornerò presto, lo prometto.»

    «Ho paura» sussurrò Liv. «Ho paura delle guardie... ho paura del buio. Ho paura di quello che succede alle persone che scompaiono.» Lo fissò in viso con gli occhi sbarrati dal terrore, imploranti. «A volte le prigioniere non tornano in cella e spesso si sentono delle urla terribili.»

    «Vado solo giù in ufficio. Tornerò presto.»

    «Ma loro non la lasceranno tornare. Non lo faranno. Io so come funziona questo posto. Il funzionario dell’Ambasciata americana è venuto una volta e poi non è più tornato.»

    «Non c’è nessuna Ambasciata americana a Jabal» le rispose lui. «È stato solo un trucco. Volevano spaventarla ancora di più, facendole capire che era sola.»

    «È un trucco anche lei?»

    Khalid fece una smorfia e rimase in silenzio per un po’. «Dipende da cosa intende per trucco.»

    Liv sentì un brivido gelido lungo la schiena. Sollevò la testa e lo fissò come se potesse in qualche modo leggere la verità sul suo viso. «Non

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