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Il dolore del marmo
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Il dolore del marmo
E-book48 pagine38 minuti

Il dolore del marmo

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Info su questo ebook

RACCONTO LUNGO FANTASCIENZA - La guerra è finita. Gli Shakti sono sconfitti. Hanno torturato e ucciso migliaia di umani, distrutto interi pianeti. Ma ora tocca a loro soffrire....

Gli Shakti hanno un aspetto di  statue di marmo bianchissimo. Questo procura straniamento negli umani e stuzzica in molti il desiderio di verificare fino a che punto giunge la somiglianza. Le "statue" possono sanguinare? E torturarle placa l'odio e aiuta a superare il lutto? Nel diario di una loro vittima, molte domande e qualche risposta, su cui Ain, medico umano, non potrà evitare di confrontarsi.

Enrica Zunic' vive e lavora a Torino. I suoi racconti e un romanzo breve sono stati pubblicati da Solid e da Delos e hanno ricevuto premi. Continua a leggere avidamente e il possesso di un e-reader l'ha liberata dalla scontentezza per la quantità insufficiente di pareti per i libri. Continua anche a inseguire l'utopia di un mondo senza ferocia anche se gli anni scorrono e a volte nell'inseguimento infinito "fanno male le gambe".
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2014
ISBN9788867751952
Il dolore del marmo

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    Anteprima del libro

    Il dolore del marmo - Enrica Zunic'

    a cura di Franco Forte

    Il dolore del marmo

    di Enrica Zunic'

    1.0 febbraio 2014

    ISBN versione ePub: 9788867751952

    © 2014 Enrica Zunic'

    Edizione ebook © 2014 Delos Digital srl

    Piazza Bonomelli 6/6 20139 Milano

    Versione: 1.0 febbraio 2014

    Font Quattrocento Sans by Pablo Impallari, SIL Open Font Licence 1.1

    TUTTI I DIRITTI RISERVATI

    Sono vietate la copia e la diffusione non autorizzate.

    Informazioni sulla politica di Delos Books contro la pirateria

    Indice

    Colophon

    Enrica Zunic'

    Il dolore del marmo

    Il dolore del marmo

    Delos Digital e il DRM

    In questa collana

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    Enrica Zunic'

    Enrica Zunic' vive e lavora a Torino. I suoi racconti e un romanzo breve sono stati pubblicati da Solid e da Delos e hanno ricevuto premi. Continua a leggere avidamente e il possesso di un e-reader l'ha liberata dalla scontentezza per la quantità insufficiente di pareti per i libri. Continua anche a inseguire l'utopia di un mondo senza ferocia anche se gli anni scorrono e a volte nell'inseguimento infinito fanno male le gambe.

    Il dolore del marmo

    Base Mist. 19° giorno. Mattino.

    Sarà una bella primavera. Come è vellutato e bruno il lato inferiore delle foglie di quest’albero... I capelli di Reya... e morbidi come quest’erba giovane... I crochi ogni giorno sono più fitti. Gli occhi di quel colore. E il sorriso dolce come quest’aria luminosa.

    Chiudo le mani a pugno e le premo sulle palpebre. Di nuovo mi sembra di non farcela più. Temo e spero la liberante follia. Quando la sua sorte era incerta pensavo che vivere senza di lei sarebbe stato impossibile. È vero. Ma ci si può abituare anche a questa non-morte.

    In giorni come questi Rheya, rapidamente, festosamente scalza, burlandosi dei miei doveri e dei confini di questo prato avrebbe corso, ubriacandomi di risate, inviti e termini botanici.

    Affondo nel ricordo inevitabile. Un dolore che ho scelto. Non voglio l’oblio offertomi dai medici: Fenrir, il lupo di Nar, mio luogotenente testardo. Per fargli piegare le ginocchia gliele spezzarono. Sigsræll, che riuscì, beffa per i nostri aguzzini, a morire.

    Ingiusto non ricordare. Stazione Keldar era neutrale e piacevole il riposarvi. Per questo quando la invasero ci catturarono in molti. Ci separarono dai civili. Rheya era di certo in una di quelle orribili stanze, ma non disse loro nulla. L’avrei vista. Nessuno strumento di debolezza veniva sprecato. Fenrir mutò le urla ingiuriose e le imprecazioni, che sole fino allora avevano ottenuto, in parossistiche suppliche quando, dalla stanza accanto, fu condotta quella ormai povera cosa sanguinante che aveva ammesso essergli figlio. Il ragazzo morì, con nostro sollievo, prima del crollo delle ultime sbriciolate difese del mio soldato. Desideravamo non aver amato o amare nessuno.

    Spesso mi decantano, Lug è il primo, la mia fortuna: pochi giorni. Una prigionia breve. L’Imperatore si era arreso. Avevamo vinto.

    Volevo cercarla e lo chiesi a chi, sciolti i miei legami, mi sosteneva, ma con il dono pietoso di un breve sonno incosciente, i miei liberatori sfuggirono alla richiesta. Non mi mentirono: dissero che era morta, ma mi fu impedito vederla. Nel loro fardello più lieve intuii il piccolo corpo. Mi fecero di nuovo

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