I quenta unyarima La storia che non si può raccontare
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Anteprima del libro
I quenta unyarima La storia che non si può raccontare - Patrizia Caredda
Ringraziamenti
parte prima
Eldanyare - Racconto sugli elfi
MAPPA TERRA DI MEZZO I ERA
Una colonna di figure incappucciate attraversava la terra di Eriador diretta a ovest.
Il passo allegro ma lento delle cavalcature rispecchiava la speranza e la gioia delle figure che le accompagnavano a piedi.
A vedere più da vicino i volti sotto i cappucci erano bellissimi e sorridenti.
Erano elfi che viaggiavano verso il luogo promesso guidati da uno dei loro dei.
Queste bellissime creature fatte di luce e tranquillità a tratti intonavano canti in una antica lingua e mentre cantavano la loro pelle riluceva più viva.
Erano giorni che viaggiavano, mesi, anni forse... che importava a delle creature senza tempo?
Erano stati creati per vivere in eterno, presenti sulla terra finché questa non scomparirà.
Un popolo di creature bellissime e piene di fascino.
Il più vecchio dimostrava si e no 25 anni, gli altri più givani e tanti bambini, alcuni in fasce in braccio a splendide ragazze oppure in ceste intrecciate sul dorso di enormi e magnifici lupi.
Gli animali sembravano partecipare, non obbligati o sottomessi ma coscienti di voler fare quel viaggio al loro fianco.
Cavalli che non avevano bisogno di briglie o selle concedevano la loro groppa a quegli esseri così armoniosi.
I lupi portavano i piccoli con la stessa cura con la quale portavano i loro. Cuccioli di lupo trotterellavano vicino alle zampe dei genitori che li guardavano con occhiate fiere e compiaciute.
Sembra una favola?
Non la è: questa è la terra ai tempi della prima era e questi sono gli elfi che andavano a riunirsi ai loro creatori.
In un altro libro, in un'altra storia, questi vennero chiamati primogeniti.
In particolare quelli che stavano attraversando quelle lande erano i calaquendi che stavano viaggiando verso Valinor.
Di bambini che seguivano correndo, giocando e cantando nella comitiva ce n'erano molti, una di questi era la piccola Arnis, un'elfetta di circa 8 anni.
Molti erano gli animali che riuscivano a comunicare con gli elfi, i più favoriti erano mammiferi ma anche molti uccelli e rettili.
La bambina era un po' discosta dal gruppo e giocava con un piccolo lupo ed una creatura, anch'essa piccola, verde smeraldo che non assomigliava a nessuna di quelle che esistono ai nostri giorni.
O meglio sembrava un puzzle di creature, il muso dallo sguardo furbetto ed il colore verde azzurro assomigliava a quello di una grossa iguana, così la cresta morbida ma di forma appuntita che le partiva dietro la testa e finiva in fondo alla coda .
Ma era più corta di un'iguana, più tozza, con piccoli dentini e unghie retrattili.
Aveva poi ai lati del corpo delle ali a forma di ali di pipistrello ma verde acqua di membrana quasi trasparente, opalescente.
Questa creatura ogni tanto svolazzava, ogni tanto si fermava sulla spalla della bimba o andava a fare dei piccoli e giocosi scherzi al lupo.
I lupi adulti erano talmente grossi che guardando bene quello che camminava al fianco della bambina doveva per forza essere un cucciolo.
Occhi di ghiaccio, pelo bianco e grigio.
La bambina gli aveva chiesto il suo nome quando, inciampata in una radice e caduta a terra fra le risa degli altri bambini, il lupo l'aveva presa fra le fauci dolcemente e l'aveva aiutata a rimettersi in piedi.
In realtà il lupo era una lupa e disse alla bambina di chiamarsi Brenar.
Da quel giorno furono amiche inseparabili, anche perché tra gli elfi esistevano le simpatie ed ad Arnis quei bambini non erano molto simpatici.
Per quanto riguarda invece la creaturina sconosciuta era con la bimba dal giorno della sua nascita e comunicava con lei per via telepatica (capacità che avevano molti elfi).
Noi per comodità diremo che era un draghetto, anche se in realtà molto lontano nell'aspetto e nel carattere dai veri draghi che dimoravano luoghi più orientali ed oscuri.
Il draghetto aveva un nome, Edwin.
Insomma formavano un bel trio ed era questo forse che catalizzava la gelosia degli altri piccoli elfi che, come i bambini umani, dimostravano il loro disappunto schernendo e facendo scherzetti, anche se innocenti alla piccola.
I genitori, due giovani elfi, cavalcavano sulla metà della carovana.
Si amavano come solo gli elfi sanno fare ed erano innamorati ed orgogliosi della loro bambina che aveva la pelle chiara e luminosa, i capelli neri e gli occhi dello stesso verde cangiante del suo draghetto.
Alla nascita di ogni figlio dei primogeniti, un animale ed uno solo, si presentava alla culla e non si staccava più dal bambino fino alla sua morte come un angelo custode.
I genitori guardavano con curiosità, infatti, quale sarebbe stato l'animale che si sarebbe avvicinato al proprio figlio e sarebbe stato il suo compagno e consigliere per la vita.
Per loro era una novità, perché erano stati creati dagli dei nella loro forma attuale e tutto era una gioia ed una scoperta.
Immaginate lo stupore dei genitori di Arnis quando invece del solito scoiattolo, uccello, ermellino o altro alla loro bimba si era avvicinato svolazzando sgraziato quel piccolo essere verde e si era piazzato con fare bellicoso sulla culla di vimini dove ella riposava.
Nessuno oltre ai bambini poteva comunicare telepaticamente con il loro animale.
Meno male che non è un unicorno alato ...
disse suo padre con ironia guardando la moglie rimasta a bocca aperta mentre il draghetto guardava affettuosamente la neonata che ricambiava con strilletti felici e sorrisoni.
Chissà dove si sarebbe posato...
Poi era venuto il tempo di partire e la casa era stata lasciata per seguire il dio che li avrebbe portati lontano.
-o-o-o-o-o-
Giocando con la sua lupa la bambina si era allontanata dal gruppo.
Dei bambini però l'avevano seguita ed avevano cominciato a canzonarla.
Lei, per fuggire a quelle sciocche filastrocche ed alle risate dei bambini più grandi aveva cominciato a correre ed a nascondersi sempre più lontano, prima dietro un albero, poi dietro un masso.
In questa specie di nascondino sentiva ogni volta avvicinarsi le voci dei bambini.
Poi finalmente le sembrò di averli seminati ed era fiera di se.
La lupa aveva trovato un ruscello e beveva lentamente l'acqua gelida e cristallina.
Edwin, hai sete?
disse la bimba al draghetto e si sporse anche lei sulla riva del ruscello per bere l'acqua che sembrava in quel momento di vittoria la più buona che avesse mai bevuto.
Edwin camminò sull'erba fino a raggiungere un raggio di sole che filtrava dalle fronde degli alberi e stette a crogiolarsi prendendo un bel colore azzurrino.
Anche Arnis si sedette al sole poi si sdraiò con la testa appoggiata alla lupa che si era anch'essa distesa e cominciò a pensare, a sognare ad occhi aperti e parlare con i suoi due amici a quattro zampe.
Il tempo passava ma la piccola non se ne rendeva conto.
Cercando di rincorrere la carovana dove cavalcavano i suoi genitori si perse e più correva verso quella che lei pensava fosse la giusta direzione più si allontanava da loro e da tutto ciò che finora era stato il suo mondo.
Fu cercata, sì, dai genitori, ma qui si tratta di elfi, non di bambini umani e dopo poco il gruppo pensò che fosse abbastanza grande per cavarsela da sola.
In effetti la era.
Un elfo, anche in giovane età, è perfettamente in grado di sopravvivere e badare a se stesso, come pensavano i suoi compagni di viaggio, la solitudine però è tutta un'altra cosa .
La notte è buia, con i suoi rumori, gli animali notturni in movimento inoltre sia Brenar ed Edwin, come lei del resto, erano molto stanchi.
Trovarono un rifugio in un piccolo antro pieno di muschio morbido e si accucciarono uno attaccato all'altro per tenersi al calduccio e per farsi coraggio.
OLTHO VAE NE FUIN HEN (possano i tuoi sogni essere buoni stanotte ) si augurarono mentre si stringevano più vicini ad affrontare la prima notte della loro vita da soli.
La luce della luna calò e ci fu il buio.
Nessuno riposò bene quella notte ma quando il sole fece capolino tutti e tre erano convinti che mettendosi in marcia di buona lena avrebbero potuto in breve tempo recuperare gli altri.
Ovviamente continuarono nella direzione sbagliata.
La piccola aveva sentito dire che il dio che li guidava faceva riferimento ad una stella per tenere la strada giusta, così anche lei scelse una stella e decise di renderla il suo faro, la luce che l'avrebbe guidata a ritrovare la sua gente.
Peccato che quella era la stella del nord.
La lupa cacciava per se ed Arnis scoprì che l'istinto la portava a raccogliere sempre erbe e frutti mangerecci.
Dove non arrivava l'istinto ci pensava Edwin a correggerla, facendole cadere di mano i frutti velenosi ed indicandole quelli più dolci e succosi che poi si dividevano da buoni fratelli.
Edwin e la lupa sembravano più felici di prima.
Correvano spensierati, la scaldavano, la accudivano e piano piano loro tre si accorsero di bastarsi.
-0-0-0-0-0-
Un giorno, molto lontano nel tempo da quello in cui si erano persi, mentre stavano dormendo accoccolati all'ombra di un cespuglio furono svegliati da un rumore insolito.
La lupa cominciò a vibrare in un ringhio sommesso.
Arnis ormai aveva imparato a parlare anche con lei collegando la mente.
Le chiese infatti quale pericolo sentisse.
Brenar le disse di non muoversi: aveva sentito avvicinarsi qualcuno che non era uno dei soliti animali della foresta.
Passi leggeri si avvicinavano mentre Arnis era stravolta dalla paura.
Aveva il viso nascosto nel pelo di Brenar ed Edwin il muso nascosto nella sua veste.
Brenar continuava a ringhiare sordamente.
Ad un certo punto le felci si spostarono ed un grosso lupo nero e grigio scuro ne uscì d'un balzo.
I tre erano atterriti ma il grosso lupo non aveva intenzioni minacciose. Anzi avvicinandosi muoveva lentamente la coda.
Piano piano si avvicinò ad annusare lo strano gruppetto.
Ma non era questa la presenza che i tre avevano percepito e di cui avevano paura, una voce infatti si udì tra le foglie
VANYA LORNA! MANIE?
(Vanya Lorna, cosa succede?)
Uno strano essere vestito di grigio dalla testa ai piedi e nascosto da molti, moltissimi capelli anch'essi grigi, si avvicinò alla bambina accucciata che aveva in grembo il piccolo draghetto.
L'essere grigio si inchinò per guardare meglio ed esclamò
RANYA ONNA!
(strana creatura)
che la bambina non capì bene a chi di loro tre si riferisse.
Poi le chiese
Chi sei? A quale stirpe appartieni?
la bambina non sapeva neanche cosa volesse dire stirpe ma disse
Io sono Arnis
.
La figura con tutti quei capelli (aveva capelli anche sulla faccia pensò Arnis) fece una smorfia meditabonda sotto la folta barba (sì, quella che Arnis chiamava capelli erano in realtà folte sopracciglia, folti baffi e lunga barba) e borbottò
Arnis eh? … bene bene
Cosa ti porta da queste parti piccola Arnis?
Passato il primo momento di paura e rassicurata anche dall'aura benigna che emanava lo strano tipo, Arnis aveva cominciato ad alzarsi in piedi e togliersi l'erba dalla veste, che ormai era logora, un po' strettina, nonché molto sporca.
Non sembri molto aristocratica però, fammi vedere?
e le spostò con le dita i capelli dal viso fino a scoprire l'orecchio
Non saprai la tua stirpe ma di sicuro sei una primogenita , hum hum!!!
fece sempre meditabondo.
Così visto che lui parlava quasi tra se e non direttamente a lei, Arnis si sentì colta sul vivo e con tono un po' arrogante, ricordando come facevano con lei gli altri bambini e pensando di passare anch'essa per un tipo tosto si rivolse al tale dicendo
E perché, tu chi saresti?
con le mani sui fianchi, Edwin che svolazzava intorno sgraziato.
Uhm uhm ...piccola Arnis, io sono un Istar... sai cosa sono gli Istar?
No che non lo so!
Il tono della bimba stava già passando da bellicoso, che non le apparteneva ad uno pieno di curiosità che invece le era caratteristico.
Noi Istar siamo, ehm, siamo maghi, ecco, siamo maghi!
E cosa sono i maghi?
I maghi sono ..ehm ...uhm .. dei saggi, sì, dei saggi..
Arnis ne sapeva quanto prima ma era un po' in soggezione davanti a quell'uomo grigio e alto con la voce burbera.
Riuscì però ancora a chiedere
E da dove vieni?
"Vengo da lontano, una terra d'oltremare ad occidente... siamo venuti in tanti ..uhm .. e ci siamo sparsi per questa nuova terra.
Io mi sono stabilito qui."
La bambina lo guardava a bocca aperta.
Si fissavano lui con gli occhi grigi piantati in quelli verdi di lei.
Stettero così, minuti, ore, con gli elfi non si sa mai bene come funziona lo scorrere del tempo.
Poi il mago si riscosse e disse girando su se stesso
Ma tu avrai fame, vieni che ti porto a casa mia a mangiare qualcosa prima che faccia buio!
In tutto il tempo della durata della strana conversazione i due lupi, anzi, le due lupe, erano rimaste ferme a guardarsi muovendo piano la coda.
Avanti Vanya Lorna, portiamo questi ospiti alla nostra dimora, c'è tanto da camminare!
Ma tu come ti chiami?
Mi chiamo Singollo (Mantogrigio) il mago del nord
La bimba zitta lo seguì...
così fecero gli altri animali.
La lupa Vanya Lorna camminava accanto al mago con passo regale ma un po' stanco.
Hai chiamato la tua lupa Bella Addormentata perché è sempre stanca! Vero?
Arf
fece la lupa
E' vero, come hai fatto a capirlo?
Siamo stati molto fermi e si dovrebbe essere riposata, invece cammina come fa Brenar quando è molto stanca!
Il mago non rispose ma un bel sorriso si allargò sul suo viso, sapientemente nascosto dalla barba...
La bimba non avendolo visto e credendo di essere stata importuna con tutte quelle domande si zittì fino a casa.
Questa figura che si è unita ora al racconto è un Istar, uno dei maghi mandati dagli dei dalle isole al di là del mare per portare saggezza aiuto e controllo nella nuova terra.
Di età indefinibile sembravano molto più vecchi a causa dei vestiti grigi molto semplici che indossavano, dalla folta barba ed dai lunghi capelli che andavano dal bianco al grigio.
Singollo sicuramente era un soprannome perché un Istar raramente avrebbe rivelato il suo vero nome.
Ad un certo punto come avevano cominciato a camminare si fermarono...
Ecco casa!
disse il mago.
Arnis non vedeva niente... poi guardando meglio si rese conto che gli alberi erano accostati l'uno all'altro in modo strano, si stropicciò gli occhi e piano piano, come se mettesse a fuoco poco alla volta, si rese conto che tronchi, rami, foglie si aggrovigliavano in modo innaturale fino a formare dei disegni che lei non riusciva a capire.
Vieni Arnis, vieni a lato di questo grosso albero
lei guardò il mago con stupore...
Ma Singollo, io non vedo niente...
Vieni ho detto...
mentre la spingeva dolcemente verso il tronco
Ora devi dire 'HROTATAVAREA!
(abitazione semplice in legno) Arnis lo guardava a bocca aperta, poi la chiuse, chiuse anche gli occhi e disse forte
'Hrotatavarea!
davanti ai suoi occhi quello che sembrava un groviglio di rami cambiò forma e muovendosi, il legno dell'albero formò anche un'apertura dalla quale entrarono in una larga stanza tutta di legno.
Non era fatta di legno morto, tagliato, ma di legno vivo, pulsante di linfa, che rispondeva al volere di quell'uomo grigio.
Oh Sin! Ma è bellissimo!!! come hai fatto??
Sin?
Ripeté lui...
Si mago, Singollo non mi piace !
disse Arnis.
Stavolta il mago non riuscì a trattenere la risata.
Tranquilla Arnis
disse poi
imparerai anche tu.
Mentre quindi le due lupe si sdraiavano su un tappeto morbido di foglie in un angolo e mentre Edwin si appoggiava su un ramo dentro la stanza e cominciava ad assaggiarne compiaciuto le foglie, il mago Sin
faceva sedere la piccola elfa al tavolo e le diceva
Tempo al tempo, ora mangiamo!
-0-0-0-0-0-0-
Per Arnis tutto era nuovo e meraviglioso.
Ogni cosa era una nuova esperienza, persino il cibo era diverso.
Sin le versò in una ciotola dai bordi alti un liquido bianco.
Cos'è?
Latte di cerva
E come l'hai preso?
Io non prendo niente bambina, è lei che me lo ha dato in cambio di
Cose"...
Cose?
Si, io parlo con gli animali, faccio loro dei favori e loro in cambio mi offrono quello che hanno e tutti viviamo in pace insieme
Vieni Arnis, vieni su per le scale
In un altro angolo il legno dell'albero si mosse a formare dei gradini che permisero ad Arnis ed a Sin di salire in alto verso le fronde.
Sopra si era aperta un'altra stanzetta sempre nel legno, per terra c’era una folta pelliccia, la stanza come quella di sotto era illuminata da una luce contenuta in una sfera opalescente.
Ma quel pelo dentro non ha animale!
esclamò Arnis con un misto di orrore e dolore negli occhi.
"Come ti dicevo prima, piccola, con gli animali del bosco ho un rapporto di amicizia e di scambio.
Io per esempio li curo quando si ammalano, quando si feriscono e tutti mi vogliono bene, però ogni tanto qualcuno di loro non ce la fa, allora i loro compagni onorano il loro congiunto donandomi le spoglie.
Io concio la pelliccia e ne faccio uso ringraziando ogni volta che mi sdraio l'anima dell'animale che è morto!"
Cosa vuol dire morire?
"Piccola Arnis, vedo che hai tante cose da imparare sul mondo, non sai nemmeno tu cosa sarai capace di fare.
Non sai niente sugli animali ma sento che dentro di te alberga la magia. Hai tante doti di cui tu non conosci l'esistenza. Ora è tardi, è meglio che ti riposi.
Da domani inizieremo la tua istruzione, così oltre che di nobile stirpe sarai saggia, capace di usare la magia ed anche di difenderti da chi cercherà di farti del male, nel corpo ma soprattutto nell'anima"
Grazie Sin, LOSTO VAE
LOSTO VAE Arnis
Rimasta sola Arnis scoprì che non era proprio sola, Brenar l'aveva seguita e si era sdraiata sulla grossa pelliccia d'orso, su un ramo sul soffitto Edwin era seduto vicino a tre uccellini che dormivano e da un buco nel muro uno scoiattolo ogni tanto si affacciava sospettoso.
Tranquilla Arnis...
Brenar le toccò la mente
"Vanya dice che Sin è molto buono e molto saggio, vive qui da tempo immemorabile e tutti, animali e piante, hanno fiducia in lui.
Hai sentito? Vuole insegnarti quello che sa, oltre che una splendida occasione sarà molto, molto interessante."
Era la prima