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La scelta di Verinea
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E-book369 pagine5 ore

La scelta di Verinea

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Info su questo ebook

Due uomini, immersi nel buio, osservano impietriti il compiersi di una catastrofe celeste, ed è come se questa catastrofe proiettasse i suoi drammatici effetti nelle pagine successive, dove si intrecciano storie diverse, di armi e di magia, accomunate però dal fatto che i personaggi sono animati da un sentimento assoluto, che li porta a coinvolgersi totalmente in ciò in cui credono. Giusto o sbagliato che sia, ragionevole o completamente folle.
La ribellione al padre, uno strano predicatore, un sanguinario rito funebre, il dramma della solitudine; le forze travolgenti del coraggio, dell’amore e della vendetta… L’incalzante svilupparsi delle vicende cattura via via il lettore e allo stesso tempo lo introduce in quel luogo pericoloso e insieme affascinante che è la Terra di Ruhel, portandolo a scoprirne gradualmente i popoli e gli dei, gli animali sconosciuti e le notti illuminate da una luna bizzarra e imprevedibile.
LinguaItaliano
Data di uscita5 apr 2018
ISBN9788828301202
La scelta di Verinea

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    Anteprima del libro

    La scelta di Verinea - Max Giorgini

    Max Giorgini

    LA SCELTA DI VERINEA

    UUID: a0f9c654-4575-11e8-81a0-17532927e555

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    a Isabella, Massimo, Angelica

    PRIMA ERA

    Durante la prima era nella Terra di Ruhel vivevano i popoli antichi, ognuno nel luogo che trovava più adatto a sé.

    La cicala del Fargolan

    Questa storia risale al tempo in cui le stagioni non erano ancora separate. La divina Aleia, per rendere sempre più bello il giardino che possedeva nel leggendario Fargolan, vi sotterrava ogni tanto dei semi incantati, da cui si sviluppavano fiori meravigliosi.

    Orbene, viveva in questo giardino la cicala, che aveva il compito di allietarlo col suo canto instancabile.

    Ma, smorta e disadorna com’era, provava invidia per la farfalla, le cui ali vedeva abbellite da tanti mirabili colori.

    Un giorno ebbe un’idea: perché non provare a nutrirsi dei chicchi portentosi seminati dalla dea? Forse avrebbero reso magnifica e variopinta anche lei.

    Così, quando la divina Aleia piantò altri semi nel giardino, la cicala attese di vederla allontanarsi, poi corse a disseppellirli e se ne cibò, avendo cura di appianare per bene la terra affinché non si notasse niente.

    Non scorgendo però in sé alcun mutamento, decise di continuare a nutrirsi dei cicchi prodigiosi, nella speranza che prima o poi i loro effetti sarebbero comparsi.

    Intanto i giorni passavano e nel giardino non spuntavano più nuovi fiori. La dea se ne accorse e si insospettì. Ma non capiva quale potesse essere il motivo.

    Forse qualcuno le rubava i semi o in qualche modo ne impediva la crescita? In preda al dubbio chiese all’aquila, cui aveva affidato la vigilanza del luogo, se avesse scorto qualche intruso o comunque notato qualcosa di anomalo. Il rapace, imbarazzato, rispose di no.

    La faccenda si faceva sempre più strana. Era però possibile che il colpevole fosse così piccolo da non essere notato dall’aquila.

    Aleia decise quindi di preparare una trappola: chiamò il ragno e gli fornì un gomitolo di filo di raggio di luna, robusto ma invisibile, ordinandogli di tessere una tela sopra il punto in cui poco prima lei aveva sotterrato qualche seme. Poi finse di allontanarsi.

    Come ormai faceva sempre, la cicala venne per appropriarsi dei chicchi, restò però impigliata nella ragnatela.

    Quando Aleia vide la piccola ladra, pari furono la sorpresa e il dispiacere.

    Allora eri tu, che avevi l’onore di rallegrare il mio giardino col canto, a rubarmi i semi! esclamò. Perché, se si può sapere?

    La povera cicala, tremando di paura, rivelò il motivo, e ascoltare la sua risposta non migliorò l’umore della dea.

    Ognuno di voi disse, ha la sua facoltà e la sua funzione. La farfalla è bella a vedersi, ma muta. L’aquila, forte e dalla vista acuta, non è particolarmente bella nell’aspetto e le sue strida sono tutt’altro che melodiose. A te è stata attribuita la dolcezza del canto, in modo che potessi allietare il mio luogo preferito. Sciocca e ingrata! Non solo mi hai tradito, derubandomi, ma non ti è bastato essere quello che sei. Neppure io so quale di queste due colpe sia da considerare più grave!

    La cicala non ebbe nulla da replicare e attese in silenzio la punizione.

    Aleia, nella sua infinita saggezza, decise che il castigo appropriato era privarla della facoltà di cui non si era accontentata, fece quindi in modo che il suo canto armonioso non potesse più essere udito.

    Accadde così che la piccola ladra continuò a cantare, perché era nella sua natura, ma siccome a nessuno era possibile ascoltarla le venne spontaneo sforzarsi a tal punto da divenire percepibile nella mente di chi le passava vicino.

    È questo il motivo per cui può capitare, a chi si aggira in mezzo ai campi, nei pascoli e fra gli alberi, di udire dentro di sé il canto della cicala del Fargolan. Anche d’inverno, perché la cicala del Fargolan non è come le altre cicale.

    Ascoltare la sua voce dolce è un evento molto raro, che può acquistare il valore di una premonizione. I Vanecas lo ritengono collegato all’approssimarsi di un momento importante della vita, altrove è considerato un segno benaugurante. Secondo invece un negromante solitario che ho incontrato dalle parti delle Sorgenti Nere, può costituire l’avvertimento di un pericolo imminente.

    [da Memorie scritte a insegnamento dei miei nipoti di Alagion Jerrit]

    Introduzione: i popoli antichi

    In origine questa era una terra brulla e deserta.

    Poi Ruhel, il guerriero immortale, vi compì una breve sosta e, uscendo grondante d’acqua dal grande lago in cui si era dissetato, prima di riprendere la corsa attraverso il cielo sparse intorno a sé una miriade di gocce intrise della polvere di stelle che aveva addosso, diffondendo la vita.

    Fu così che, stando alla leggenda, ebbero origine le piante, e gli animali, e le razze antiche, ognuna delle quali scelse di insediarsi in un posto diverso.

    Gli alati, dopo un primo periodo vissuto sulle sponde del lago d’Òrea, migrarono verso le ventose scogliere del Daken, che sovrastano le acque fredde dello stretto e le spiagge ghiaiose popolate dai cinghiali marini e dai tritoni del gelo.

    Fra le rocce friabili dell’Oka-hor si isolarono scontrosi i giganti delle montagne, presidiando i confini con ronde aggressive e addomesticando i terribili Konaug. Ma nessuno ha mai visto una di queste terribili bestie, metà rettili e metà felini, per cui si può dubitare che siano davvero esistite.

    La piccola gente, dal canto suo, scelse per sé la grande catena montuosa dei Kaltar, ricoperta di foreste e ricca di metalli, scavandone l’interno per costruire città e aprire percorsi sotterranei.

    La parte meridionale della brughiera, compresa fra l’Olderin e il Danawe, fu invece preferita dagli appartenenti al popolo degli spettri, che si definivano in questo modo perché credevano di essere l’incarnazione di entità incorporee residenti in un’altra dimensione. In mezzo alle colline a nord della foce del Danawe edificarono la capitale, Ultor la Bella, per la quale purtroppo la sorte aveva previsto una fine così triste.

    Quanto ai figli dell’aria, svilupparono la loro civiltà fra le altissime chiome degli eycalotir che crescevano nella parte orientale della Terra di Ruhel, imparando a trarre dalla foresta tutto ciò che gli serviva.

    Infine, fu l’immensa palude di Eh’farn che gli adoratori di Issht, il dio urlante dalla lingua bifida, scelsero come proprio dominio, disseminandola di misteri e incantesimi.

    Vivendo l’una accanto all’altra, ognuna nel modo che le era congeniale, le sei razze antiche stabilirono rapporti e commerciarono fra loro. Era però fatale che nascessero anche bramosie e diffidenze, da cui divamparono conflitti cruenti, con battaglie sanguinose e magie devastanti.

    Ma nessuno si ricorda più di Dunas il Vendicatore o della guerra delle nevi, che causò la divisione del piccolo popolo in due distinte comunità. E neanche del formidabile incantesimo che squarciò i Kaltar, aprendo la Fessura delle Tempeste, e del funesto tentativo del grande stregone Inna-mok di imporre il proprio dominio su tutta la Terra di Ruhel.

    Poi da Riva Lontana arrivò un nuovo popolo e la prima era finì.

    SECONDA ERA

    A dare inizio alla seconda era fu la comparsa degli uomini. Giunsero nella Terra di Ruhel da sud e da ovest, e si diffusero rapidamente.

    Rowinna e la farfalla

    Nella bella stagione la piccola Rowinna Goccia-di-rugiada era solita aggirarsi nei dintorni di casa sua, lasciandosi distrarre dalle bellezze della natura.

    Un giorno, in un prato di primule, scorse una magnifica farfalla diaspro, dalle ali rosso scuro con venature bluastre. Svolazzava tra i fiori attratta dal loro nettare e Rowinna per gioco prese a inseguirla, gareggiando con lei in velocità.

    Purtroppo stava passando da quelle parti un malvagio viandante di nome Obnegut: la vide, mentre saltellava leggiadra dietro la farfalla, e concepì su di lei cattivi pensieri.

    Cominciò quindi ad avvicinarsi furtivamente, nascondendosi dietro gli alberi e i cespugli, senza che la piccola Rowinna Sorriso Radioso se ne avvedesse. Perché lei era ingenua e spensierata, del tutto ignara del male che infesta il mondo, e viveva senza stare in guardia.

    Quando ritenne di essere abbastanza vicino, il malvagio Obnegut si alzò di scatto dal cespuglio dietro cui si trovava e le si avventò addosso.

    Appena lo scorse Rowinna scappò via. Ma, nonostante fosse agile e leggera, non sarebbe riuscita a sfuggire all’assalitore, più grande di lei e in preda a una sfrenata eccitazione.

    Sembrava proprio che per la piccola Goccia-di-rugiada non ci fosse alcuna speranza.

    Ma quella che lei aveva inseguito per gioco non era una farfalla qualunque. Infatti si trattava di Gorash, il re delle farfalle diaspro.

    Quando vide incombere su Rowinna la peggiore delle sorti, Gorash ne ebbe pietà e chiamò a raccolta tutto il suo popolo. Come per incanto, da ogni parte arrivarono migliaia di farfalle rosso scuro, che si avventarono contro il malvagio Obnegut attaccandolo con le piccole pinze con cui si difendevano da vespe e ragni. Ben presto il corpo del viandante, interamente ricoperto di ali, fu ridotto a una carcassa sanguinolenta.

    Intanto Goccia-di-rugiada si allontanava, spaventata ma salva.

    Si dice che è da quel giorno che le farfalle diaspro – così chiamate perché le loro ali sono dello stesso colore della pietra preziosa – hanno smesso di cibarsi del nettare dei fiori per cominciare invece a nutrirsi di carne, andando alla ricerca di carogne oppure assalendo altri insetti o piccoli animali.

    E se vi imbattete in sciami molto grandi è meglio che ve ne teniate alla larga, perché possono diventare pericolose anche per voi.

    [da Memorie scritte a insegnamento dei miei nipoti di Alagion Jerrit]

    La scelta di Verinea

    Nella piccola terrazza a strapiombo le due ombre si intravedono a malapena nel buio. Una brezza gelida proveniente da nord agita loro i capelli e le vesti. Tutt'intorno la campagna è coperta di neve.

    Entrambi gli uomini sono concentrati a guardare il cielo, che una scia luminosa sta attraversando da occidente verso est. Sulla sua traiettoria, a meno di una spanna di distanza, l'attende Gumor, grosso e opaco.

    Ormai manca poco mormora la figura più esile.

    Norrid, primo reggente del rettorato di Maris, resta in silenzio.

    Improvvisamente l'aria viene lacerata da un verso lugubre proveniente dai campi.

    Proe, hai sentito?

    Sì. L'uomo contrae leggermente il volto, solcato da rughe profonde. Il vecchio Dart si avvicina sempre più al Bastione.

    Una folata di vento di maggiore intensità investe la torre.

    Finirà col diventare pericoloso per la gente del villaggio aggiunge Norrid, scostando la ciocca che gli è scesa sugli occhi. Prima o poi dovremo abbatterlo.

    È strano. Ha già lanciato il richiamo. Niente caccia, stanotte.

    Anche lui sente che questa non è una notte normale.

    Gli uomini tacciono per qualche istante, fissando la volta stellata col respiro sospeso.

    Ecco, guarda! Proe ha appoggiato una mano sul braccio del compagno. Ci siamo.

    Adesso solo una fessura separa la cometa dal suo uccisore.

    Le due figure sulla terrazza contemplano immobili lo spettacolo. È il momento. Il cielo sta per dare un segno, fausto o infausto.

    La punta incandescente della scia colpisce il pianeta, sprigionando uno scintillio. Poi l'intero strascico, condannato dal proprio stesso slancio, si annulla lentamente contro il gigantesco corpo celeste.

    Attorno al punto d'impatto è andato formandosi un alone dorato, che palpita come fosse vivo. Al suo interno iniziano a balenare lampi multicolori. La violenza delle pulsazioni cresce, i bagliori policromi diventano più foschi. Poi di colpo il battito cessa: l’aureola risplendente s’irrigidisce per qualche istante, infine si dissolve. Subito dopo un'onda di luce rossa dilaga nel cielo.

    Che la divina Arkes ci protegga mormora sgomento il vecchio. Sui campi innevati sembra sia sceso, a perdita d'occhio, un immenso velo di sangue. Norrid, accadranno eventi terribili.

    Speriamo che la nostra gente ne sia risparmiata.

    Mentre il paesaggio scarlatto va rabbuiandosi a poco a poco, un po' più lontano di prima, il lungo verso lamentoso risuona nuovamente nell'aria gelida.

    ***

    L'inverno sta volgendo al termine. È la tarda mattinata di un giorno nuvoloso. Nella palude di Eh’farn, in uno spazio aperto che si allarga fra le canne, uno stormo di trampolieri si leva in volo e in breve si disperde nel cielo grigio, spaventato dal rumore di piedi che avanzano sguazzando nell'acqua bassa.

    Poco dopo la cortina di sottili fusti nodosi si apre al passaggio di un gruppo – per la maggior parte si tratta di uomini, ma c’è anche qualche donna – i cui componenti procedono uno dietro l'altro. Portano quasi tutti casacche e calzoni di pelle di cervo bordati di pelliccia di lince, e rossi copricapi conici con la punta ripiegata all'indietro. È l'abbigliamento che contraddistingue gli Ika-loa, il clan dominante fra la gente della brughiera. Per venire fin qui hanno affrontato un lungo viaggio.

    Il primo della fila invece indossa abiti di lana e dalle spalle gli scende un mantello verde, di cui regge con la sinistra l’estremità inferiore per evitare che finisca nell’acqua. Improvvisamente si arresta, scrutando attentamente la barriera formata tutt'intorno dal canneto.

    Che c'è, mercante? Perché ti sei fermato? gli chiede, con il tono di chi è abituato a comandare, l'uomo che lo segue. Alzando la sinistra per scacciare un insetto mette in mostra l’anello d’oro, con incastonata una grossa pietra turchese, che porta al mignolo.

    Tranquillo, Orman. È tutto a posto risponde la guida. Subito dopo chiude gli occhi e si asciuga il sudore sulla fronte. Fa abbastanza caldo, considerando la stagione.

    Non pensi che avrebbero già dovuto farsi vivi? È un'eternità che camminiamo in questo maledetto acquitrino.

    Abbiamo la parola di Urush, e…

    Orman lo interrompe con un cenno. Mi sembra di aver sentito qualcosa. Istintivamente porta la mano all'elsa della daga che gli pende dalla cintura. I suoi guerrieri fanno altrettanto, oppure impugnano gli archi.

    Scrutando tutt’intorno non si scorge alcun movimento, e si odono solo il ronzio degli insetti e i versi isolati di qualche uccello invisibile, eppure gli Ika-loa e la loro guida provano fortissima la sensazione di essere osservati da occhi nascosti in mezzo alla vegetazione.

    Il suono di un corno, lungo e stridente, echeggia poco lontano. È il segnale, arrivano.

    Mantenete la calma mormora l'uomo col mantello verde, e non fate gesti bruschi. Ricordate, usano armi con la punta avvelenata.

    Trascorrono istanti che sembrano interminabili, poi dal canneto emergono alcuni esseri di forma umanoide ricoperti da una peluria bianca, con le pupille e la carne sotto le unghie color cremisi. Appartengono a una delle razze antiche, gli adoratori di Issht, il dio urlante dagli occhi sbarrati. Hanno il tronco riparato davanti e dietro da corazze di vimini, e sono armati di cerbottane e di lance dalla punta di osso.

    Quello che evidentemente è il loro capo parla ai visitatori in una lingua sconosciuta.

    Orman si rivolge alla guida. Allora, mercante, che ha detto?

    Ha detto che Urush, primo sacerdote del popolo della palude di Eh’farn, ci aspetta.

    Bene.

    Senza attendere altro i guerrieri albini s'inoltrano fra le canne, seguiti dal capo dei clan della brughiera e dal suo gruppo.

    La delegazione del popolo della palude è in attesa su una piccola isola, in uno spiazzo. La compongono alcuni individui in età avanzata che indossano rozze tuniche e hanno il collo e i polsi carichi di monili. Dietro di loro sono schierate due file di guerrieri.

    Quando uno degli anziani avanza di qualche passo, il capo degli albini incontrati poco prima accompagna Orman e il mercante fino al centro della radura.

    I due visitatori piegano il busto in segno di omaggio.

    Il vecchio ricambia con un leggero movimento della testa, pronuncia un paio di frasi parlando lentamente, poi si gira verso il mercante. Ha detto che lui, Urush, primo sacerdote degli adoratori di Issht, è lieto di fare la tua conoscenza. L'interprete s'interrompe per qualche istante. E ha aggiunto che per bocca sua viene espressa la volontà dell'intero popolo della palude.

    A questo punto è Orman che prende la parola. Digli che io, Orman, capo degli Ika-loa e di tutti i clan della brughiera, sono onorato di incontrarlo e gli rendo omaggio.

    Urush aspetta che il mercante traduca, poi, dopo aver annuito con gravità, si gira e impartisce un ordine. I suoi guerrieri portano due sedili di legno, che appoggiano al suolo distanziati poco più di un passo.

    Orman e l’anziano sacerdote siedono uno di fronte all'altro, il mercante si posiziona in piedi di fianco a loro.

    Dopo un breve intervallo di silenzio Urush pronuncia alcune parole.

    Chiede se hai intenzione di sottoscrivere l'accordo che i suoi inviati ti hanno proposto riferisce l'interprete.

    Il capo degli Ika-loa e di tutti i clan della brughiera estrae il coltello. Rispondigli che sono pronto a firmarlo. Col sangue.

    ***

    Il consiglio che governa il rettorato di Maris ha sede nel Bastione, una rozza fortezza di forma irregolare costruita su una prominenza rocciosa che emerge dalla pianura.

    Nella sala delle riunioni quattro dei cinque reggenti, seduti ai due lati più lunghi del tavolo, parlottano preoccupati fra loro. Si zittiscono immediatamente all'ingresso di Norrid, che va a occupare il proprio posto a capotavola.

    Il primo reggente si schiarisce la voce con alcuni colpi di tosse, poi senza alcun preambolo comincia a parlare. Da qualche tempo, grazie alle nostre spie all'interno dei clan, ci è giunta notizia dei contatti fra Orman e gli adoratori di Issht al fine di stringere un'alleanza. Fin dall'inizio abbiamo pensato che l'obiettivo fosse la nazione Kargh. Gli abitanti della palude, trascinati dagli impulsi sanguinari del loro dio pazzoide e attirati dalle ricchezze accumulate nelle gallerie dei Kaltar, più volte in passato hanno combattuto con la piccola gente. Anche i clan sono nemici della nazione Kargh, per cui…

    Sono cose che sappiamo già. A interromperlo è stato il reggente seduto alla sua sinistra, un individuo corpulento con una brutta cicatrice al posto dell’orecchio sinistro. Se ci hai convocati all'improvviso devi avere delle novità.

    Ci stavo arrivando, Reben precisa Norrid, reprimendo un moto di irritazione. Comunque la novità è questa: l'accordo è stato firmato. Entro breve tempo i clan muoveranno guerra al piccolo popolo, in modo da attirare le sue forze sui confini occidentali. Così, quando l'esercito albino attaccherà di sorpresa da nord, passando attraverso la Bocca di Xor, troverà la frontiera sguarnita. La nazione Kargh verrà annientata e, avendo collaborato alla sua distruzione, i clan si aggiudicheranno la loro parte di bottino. Ma c'è… alza la mano per evitare di essere interrotto, … c’è dell'altro. Come sapete, gli uomini della brughiera hanno sempre aspirato a espandere la loro sfera d'influenza fino alla Fessura delle Tempeste, per acquisire il pieno controllo dei traffici con Onoth e con l'intera pianura settentrionale. Ebbene, l’accordo prevede esplicitamente che, sconfitto il piccolo popolo, le forze riunite dei clan e degli adoratori di Issht scendano nella brughiera e si spingano verso nord. Per farla breve: liquidata la nazione Kargh, l'obiettivo successivo dell’alleanza saremo noi del rettorato.

    Sul tavolo scende il gelo. Il primo a riaversi, dopo lunghi istanti, è Reben, che batte violentemente un pugno sul tavolo. Bisogna fare qualcosa dice con veemenza. Se la guerra è inevitabile, attacchiamo subito i clan!

    Significherebbe iniziare un conflitto senza essersi preparati adeguatamente ribatte Norrid. Inoltre assalire le forze di Orman sul loro terreno, nella brughiera, potrebbe non essere una buona idea. Riporteremmo certamente qualche successo iniziale, questo sì, ma poi…

    Quindi cosa proponi? chiede Reben con asprezza. Di aspettare di essere annientati senza muovere un dito?

    L'atmosfera si è fatta davvero pesante. Norrid riprende la parola. Qualcosa c'è, che possiamo fare senza esporci troppo. Una piccola pausa, per aumentare l’effetto delle parole che sta per dire. Informare la piccola gente di quanto è stato architettato ai suoi danni.

    L'idea sarebbe buona a parlare è un uomo quasi calvo con una folta barba castana. Purtroppo però non abbiamo rapporti con la nazione Kargh. Non sarebbe facile convincerli a darci ascolto, perché nutrono una forte diffidenza nei confronti degli uomini. Non solo verso i clan, ma verso tutti gli uomini, noi compresi. Ammesso che sia possibile, occorrerebbe più tempo di quello che abbiamo.

    Hai ragione, Ledennon afferma Norrid, tuttavia forse un modo esiste.

    Ah sì? E quale sarebbe?

    Sappiamo che ad agire da intermediario fra gli adoratori di Issht e il capo degli Ika-loa è un mercante di Er-syn-'na, scelto per la vasta rete di rapporti di cui dispone. Ma ha contatti anche all'interno della nazione Kargh, ed è molto avido. Grazie ai nostri agenti fra i clan possiamo provare a offrirgli dell'oro, tantissimo oro, perché sottragga a Orman la copia dell'accordo in suo possesso e la faccia avere al piccolo popolo. Fa una pausa, passando in rassegna i volti degli altri quattro reggenti. Cosa ne pensate?

    ***

    Al sorgere del sole il villaggio principale degli Ika-loa è andato velocemente animandosi.

    Nello spiazzo centrale sta entrando una giovane con i capelli biondo chiaro e il viso dai lineamenti fini. Il suo nome è Verinea. Porta il copricapo rosso e la casacca orlata di pelliccia di lince caratteristici del suo clan.

    Cammina spedita in mezzo al fango e alla confusione, oltrepassando alcune file di animali da soma carichi di pelli e lana. Il convoglio, ultimati i preparativi, partirà per attraversare la brughiera e raggiungere i punti d’inizio delle grandi strade carovaniere, situati nel rettorato di Maris oppure, molto lontano a sud-est, oltre il Danawe.

    Sul lato opposto dello spiazzo, vicino alle stalle, Verinea trova ad aspettarla una coppia di uomini. Uno, che trattiene per le briglie tre cavalli che strattonano impazienti, ha il fisico robusto e capelli brizzolati. L'altro, magro e slanciato, è un ragazzo col viso appena cosparso da un accenno di peluria. Li saluta alzando una mano.

    Eccoti qua dice il giovane.

    Verinea accarezza affettuosamente uno dei cavalli. Allora, come va? Ha smesso di zoppicare? chiede chinandosi su una delle zampe anteriori per esaminarla.

    Sì. Sembra completamente guarito risponde l'uomo attempato. Se durante la galoppata di prova di stamattina non avrà problemi, potremo partire tranquilli e starcene in giro per giorni e giorni a caccia di ungal e cervi shokunai.

    Splendido. La ragazza sale agilmente in sella, imitata dagli altri due. Tanto non sarà certo mio padre a sentire la mia mancanza. Con un leggero colpo di tallone ordina al suo baio di muoversi.

    Sbagli a dire così la rimprovera il compagno più anziano. Orman tiene molto a te. Ma è un uomo, un guerriero. E un capo, soprattutto. Ha molti pensieri per la testa.

    Capisco che tu lo voglia difendere, Wold. La verità, però, è che per lui esiste soltanto mio fratello.

    Le porte del villaggio sono già aperte. Le sentinelle si scostano per lasciarli passare.

    Usciti dalla palizzata, i tre continuano a cavalcare affiancati, costeggiando un gregge di capre lanose dirette probabilmente alla tosatura.

    Devi essere giusta. She-ero è il maggiore, è un maschio. In futuro sarà lui a prendere il suo posto. È normale che tuo padre lo tenga in una considerazione particolare.

    Verinea non commenta, stufa dell'argomento. Del resto questi discorsi fra loro non sono certo nuovi.

    Ieri ora è il giovane a parlare, mentre mi trovavo nei pressi del recinto dei cavalli, ho ascoltato una conversazione.

    Riguardo a che cosa?

    Ci sono forti tensioni all'interno del consiglio. Il clan Kosh, in particolare, mostra segni di insofferenza.

    Sì, non hanno mai accettato di buon grado l'autorità di mio padre. Sono il clan più potente, dopo di noi.

    Non è solo questo. Sembra che non condividano certe decisioni prese durante le ultime riunioni dei capi.

    Ah sì? E di che decisioni si tratta?

    Non lo so. Sei tu la figlia di Orman.

    Ma a me mio padre non dice mai nulla! In effetti, però, anch'io ho avuto l'impressione che siano in atto manovre sotterranee. Come sapete è tornato da poco da un lungo viaggio, non si sa dove. C'è qualcosa, nell'aria. Anche stanotte l'ho sentito rientrare tardissimo.

    Il giovane si rivolge a Wold. Ne sai niente?

    No risponde lui deciso. Poi aggiunge, in tono severo: E tu, Eidir, faresti meglio a non parlare di questioni che non ti riguardano.

    L'altro sbuffa e, approfittando di un leggero scarto compiuto dal suo cavallo per evitare una buca, resta indietro.

    ***

    Qualche giorno dopo, di notte, più a nord. Nella stanza in cima alla torre riservata a Proe. Il vecchio stregone, che ha appena terminato un incantesimo, è inginocchiato su una stuoia, con le mani e la fronte appoggiate a terra. Seduto su uno scranno, Norrid lo fissa passandosi nervosamente le dita tra i forti capelli neri.

    Finalmente il mago raddrizza la schiena, visibilmente indebolito dallo sforzo che gli è costato l'uso del Potere. Il primo reggente aspetta ancora qualche istante, poi gli si avvicina premuroso.

    Proe, avrei dovuto impedirtelo. È stato troppo pericoloso. Detto questo gli afferra un braccio per farlo rialzare, ma il mago con un gesto gli chiede di attendere.

    Dove non riusciamo a… spingerci con il nostro sguardo… possiamo chiedere agli occhi di altri mondi di… guardare per noi.

    Norrid, senza replicare, gli lascia il tempo necessario a riprendersi prima di aiutarlo a rimettersi in piedi. Continuando a sorreggerlo lo accompagna fino a uno scranno, poi gli porge una piccola coppa. Tieni, ti tirerà un po' su.

    Proe beve lentamente, dopo di che restituisce il calice all'altro, che non si trattiene più. Allora? Come sta andando la nostra operazione nella terra dei clan?

    L’entità che ho contattato non ama parlare chiaramente. Ma…

    Ma?

    Ma qualcosa non è andato come doveva.

    ***

    È la tarda mattinata del giorno successivo. Verinea e i suoi due compagni stanno attraversando in silenzio la grande distesa ondulata della brughiera, cosparsa qua e là da macchie di vegetazione di colore più scuro. Hanno lasciato il villaggio per una lunga spedizione di caccia, portando con loro un paio di cavalli in più per il trasporto dei viveri, dei frutti della caccia e della tenda da montare in caso di pioggia.

    Eidir, che si trova in testa, a un tratto lancia un'esclamazione. Ehi! E quello cos'è?

    Accelerano l'andatura, incuriositi, finché non raggiungono un piccolo gruppo di alberi. Al loro arrivo alcuni corvi volano via.

    Da un grosso ramo pende un corpo nudo senza vita. Ha le braccia mutilate ai polsi e mostra spaventosi segni di tortura col fuoco. Il supplizio è stato inflitto di recente, il cadavere emette ancora uno sgradevole odore di carne bruciata.

    Eidir si è alzato in piedi sulle staffe per sporgersi in avanti. Gli hanno tagliato le mani… La sorte riservata ai ladri.

    Sì. Ma i ladri non vengono torturati. Questo non è un semplice ladro. Non sembra nemmeno uno di noi, oltretutto. Tu, Wold, che dici?

    L'anziano cacciatore, pensieroso, si passa le dita sulla barba

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