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Il sapore dell'arcobaleno
Il sapore dell'arcobaleno
Il sapore dell'arcobaleno
E-book219 pagine3 ore

Il sapore dell'arcobaleno

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Info su questo ebook

Un viaggio interiore, un'esperienza nel proprio inconscio che travolge il lettore Apparentemente le loro sono vite normali. Domeniche a Messa, affari in giro per il mondo, storie d'amore più o meno fortunate, pomeriggi al supermercato, cene in famiglia, risate con i colleghi. Apparentemente tutto sembra andare bene ma dietro questa serenità si nasconde un profondo senso di insoddisfazione. Pazienza. In fondo la vita è questa, fatta di alti e bassi. Dove la felicità è un sogno da conquistare e non uno stato dell'essere. E' così che funziona. Apparentemente. E' la storia di Massimiliano, Giorgia e Antonio, amici d'infanzia che dopo 20 anni tornano nel paese della loro, a Marta, vicino Viterbo, per il funerale del quarto componente del loro gruppo storico, Samuele. Qui si troveranno ad affrontare il loro passato e a rivivere quelle situazioni forti, dure, che avevano cercato di cancellare o di nascondere nella loro memoria. Sarà proprio Samuele ad accompagnarli nel loro risveglio dal torpore, ad abbattere il muro che separa i loro occhi dal mondo, così vicino ma così faticoso da mettere a fuoco. Fino al punto da fargli scoprire la vita. Fino al punto da fargli cancellare quell'avverbio: apparentemente. Fino al punto da farli innamorare. Il secondo romanzo di Daniele Giudici è un viaggio interiore, un'esperienza nel proprio inconscio che travolge il lettore portandolo ad una riflessione sul dono della vita, su quanto sia difficile accorgersi che siamo vivi, su quanto portiamo dentro di noi tutto il nostro passato, a volte come un fardello. Su quante volte possiamo morire e nascere di nuovo, ogni giorno.
LinguaItaliano
EditoreAloha srl
Data di uscita1 feb 2014
ISBN9788890801211
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    Il sapore dell'arcobaleno - Daniele Giudici

    avvinazzati...

    CAPITOLO 1

    BOLOGNA, 22 MAGGIO 2012

    Lo sguardo di Antonio è perso sui vetri blindati della finestra del suo ufficio dove una goccia di pioggia scorre lenta e placida in contrasto con l’intenso diluvio che si riversa su Bologna rendendo tutto molto più grigio. Antonio è adagiato sulla sua poltrona di pelle con le gambe incrociate. Con una mano gioca con il labbro inferiore mentre con l’altra si maltratta le pellicine intorno alle unghie reggendosi sul bracciolo. Non sta piovendo solo in strada, ma anche dentro di lui. Chiude gli occhi per un attimo e il pensiero vola via, tornando alla mattina...

    «Ma a che ora sei venuta a letto? Mi sono svegliato a mezzanotte per bere un bicchiere d’acqua e non c’eri ancora...»

    «Stavo su internet - risponde Franca, sua moglie - Con una mia amica abbiamo iniziato a parlare della nuova serie di ‘Desperate Housewives’ e il tempo è volato...»

    «Volato? Vabbé ma che ora hai fatto?»

    «L’una»

    «L’una? Ma ti rendi conto?»

    «Ma va, te l’ho detto, ho perso il senso del tempo»

    «Guarda Franca, non so proprio cosa dirti... sei una delusione, non avrei mai pensato che finissi così»

    «Cosa stai dicendo, io...»

    «Tu non ci sei più Franca, te ne rendi conto che non sei più con noi? Sei sempre lì nella tua chat, davanti a quel computer! Una volta uscivi, ti curavi, ora... ora stai sempre lì. Non ho parole...»

    «Io proprio non...»

    «Anche ieri, ti sei accorta che tua figlia è una settimana che mette la stessa maglia? Bucata per di più?»

    «Papà - interviene Delfina - ma è la moda!»

    «Silenzio tu, ma che moda e moda! E’ tua madre che non ti segue più.

    Ha sempre la testa fra le nuvole»

    Delfina è un piccolo miracolo. Hanno aspettato tanto prima che arrivasse, provando tutte le strade, la fecondazione assistita sfortunatamente senza esito e addirittura un pellegrinaggio a Lourdes. Poi il sorriso ritrovato durante una vacanza ad Agadir in Marocco riuscì laddove la scienza e la Fede avevano fallito. E nacque Delfina, tredici anni prima. Da alloraAntonio e Franca sono stati assorbiti dalla piccola a cui hanno dedicato tutta la loro vita tra mille sacrifici. Ultimamente però la donna ha cominciato a fare strani discorsi, anche a causa della riscoperta di internet.

    Antonio strizza ulteriormente gli occhi serrando la bocca: «Maledette chat!»

    «Andiamo forza, che farai tardi» dice Antonio alla figlia sull’uscio della porta di casa

    «Aspetta Antonio...» Franca lo raggiunge sulla porta e fingendo di aggiustarsi la tuta per non guardarlo negli occhi sussurra: «Scusami Antonio...»

    «Quell’internet ti sta rovinando. Chiuderò il contratto così la smetti!» le dice mentre se ne va lasciandola lì, inerte e sgomenta, alle sue spalle.

    La sua mente avanza mille congetture e tante domande a cui non sa rispondere. Con chi chatta Franca? Cosa ha scoperto? Lo sta tradendo? Si è innamorata come una quindicenne?

    Il trillo del telefono lo colpisce all’improvviso e lo riporta al momento. Riapre gli occhi, in un attimo è di nuovo nel suo ufficio da direttore di agenzia di banca.

    «Leporini buongiorno»

    «Antonio... ciao... sono Penelope»

    «Penelope? Ciao! Come stai, bella mia? Come mai questa telefonata?»

    «Purtroppo non è una telefonata di piacere...»

    «In che senso? Hai bisogno di qualcosa? Un affare andato male?»

    «No, nessun affare. E’ per Samuele... è andato»

    Un attimo di silenzio.

    «Dove?»

    «E’ morto stanotte»

    Antonio resta di sasso, è sbigottito, sgrana gli occhi, fa fatica a deglutire.

    «Ma... cosa... dici... come...»

    «Aveva un tumore al pancreas. Incurabile.Abbiamo lottato tanto ma nelle ultime settimane è peggiorato e stanotte... andato»

    Una vampata bollente avvolge Antonio.

    «Ma non è possibile... quand’è che l’ho sentito... per Natale... era di buon umore... lui... lui... non mi ha detto niente...»

    «Non ha detto niente a nessuno. Eravamo in pochi a saperlo»

    «Mi... mi dispiace...»

    «Comunque ti ho chiamato per avvisarti del funerale. Ci sarà fra 3 giorni...»

    «Cioè, non dopodomani...»

    «No, il giorno dopo... il 25, nel primo pomeriggio...»

    «Gli altri ragazzi lo sanno?»

    «Ora li chiamo, cercate di venire insieme. Me l’ha chiesto come ultimo desiderio...»

    «Ah...»

    «Ora ti devo salutare. Ci sono i preparativi... sai com’è...»

    «Sì, sì, certo... allora ci vediamo al funerale...»

    «Ok, ciao Antonio... un bacio...»

    Penelope ha interrotto la comunicazione maAntonio ha ancora la cornetta in mano. E’sconvolto. Dentro di sé c’è un vulcano che sta per eruttare. Cerca di resistere qualche istante ma poi gli occhi gli si chiudono da soli, le labbra vibrano e le lacrime sgorgano. Vuole controllarsi, si alza e si dirige verso il bagno, chiude la porta a chiave e si siede sul water dove si lascia andare ad un pianto sincero, come un bambino.

    «Samuele... perché...»

    Nella mente gli torna la voce dell’amico nella loro ultima telefonata, il suo sorriso l’ultima volta che si sono visti un paio di anni prima, tanti altri momenti felici. E il pianto non si ferma. Inarrestabile.

    Antonio è in subbuglio, ha il viso rigato dalle lacrime ma prova comunque a controllarsi. Chiude gli occhi, respira profondamente e si dà forza: «Un direttore di banca non piange».

    Si alza, si guarda allo specchio e si lava energicamente il viso per cancellare le lacrime e ogni altro segno ma nulla può contro gli occhi rossi che sono lì a testimoniare la sua tristezza.

    «Un direttore di banca non piange» si ripete. Aggiusta la cravatta, una scrollatina alla giacca, un altro respiro profondo, e apre la porta per tornare in ufficio ripetendosi sottovoce «un direttore di banca non piange».

    Seduto alla sua scrivania non riesce a concentrarsi. Dall’ingresso sente i cassieri discutere a voce un po’più alta del solito e quasi come se non avesse il controllo di sé si alza e va in sala:

    «Ma che cazzo vi urlate!» strilla loro davanti agli attoniti clienti

    «E’ lui che ha...»

    «No, direttore, lui...»

    «Non me ne frega un cazzo! - è fuori di sé, paonazzo - Qui non state al mercato. Adesso avete proprio rotto! E’ tutta la vita che sopporto questo continuo urlare e darsi contro! Non ce la faccio più! Non dovete più farlo!» aumentando, se possibile, il tono già alto della voce.

    In agenzia scende il gelo. Tutti si cercano con lo sguardo come per capire se il direttore che sta urlando sia lo stesso sempre calmo e disponibile che nel quartiere è tanto rispettato.

    «Non so quale sia il problema, ma dovete finirla! Non voglio più sentire storie! E spegnete anche quella cazzo di radio, Diobono! Non siamo in discoteca qui! Dovete lavorare! La-vo-ra-re!!!» e se ne va sbattendo la porta della sua stanza.

    I suoi nervi crollano e ricomincia a piangere tenendosi la testa con le mani. Non può controllare l’arrivo violento dei ricordi di Samuele, dello sguardo della mattina della moglie e le facce sconvolte dei cassieri e dei clienti di appena qualche secondo prima.

    Singhiozza, si dispera a bassa voce per non farsi sentire. E’ un fiume in piena. Si vergogna. Si sente ferito, perso. Sprofonda nella poltrona tenendosi la testa appoggiata sulle gambe, rannicchiandosi come faceva da bambino.

    Qualche minuto dopo si riprende. Fuori continua a piovere e pur essendo mattina sembra già notte, come se il sole si fosse preso un giorno di ferie.Antonio si ricompone e con il telefono interno convoca nel suo ufficio i due cassieri di prima.

    «Un direttore di banca non piange mai» ripete

    I due ragazzi entrano, spaventatissimi. Lui li fa sedere davanti a sé:

    «Perdonatemi. Stamattina ho ricevuto una brutta telefonata. Uno dei miei amici più cari... forse il più caro... è morto stanotte di cancro e io non sapevo niente. Ero sconvolto e quando vi ho sentito urlare io... io non mi sono controllato...»

    «Ci dispiace, davvero»

    «Lo so, lo so, ma non è comportamento accettabile. Ho sbagliato. Davanti ai clienti poi... un errore imperdonabile... ora andate e porgete le mie scuse a chi vi chiederà cosa sia successo questa mattina...»

    I due cassieri lo salutano cercando di rincuorarlo e poi escono lasciandolo solo nel suo studio. A fissare la pioggia fuori dalla finestra...

    AEROPORTO DELLA MALPENSA (MI), 22 MAGGIO

    «E’ il carrello 8»

    L’aereo da Cancun è atterrato da qualche minuto e la navetta bus ha appena accompagnato i passeggeri nell’area del ritiro bagagli. Tra loro c’è anche Massi che tiene la giacca dietro le spalle lasciando che la camicia bianca di lino faccia risaltare l’abbronzatura dorata della sua pelle. Con lui c’è Dorothy, una ragazza americana che ha conosciuto sull’aereo e con cui ha condiviso il viaggio come vicina di posto. Nell’area c’è molta confusione con un via vai frenetico di viaggiatori che attendono i loro bagagli o imprecano perché sono stati smarriti. I due, insieme ai loro compagni di volo, si recano verso il carrello assegnato.

    «E’ questo. Quante valigie hai?»

    «Come?»

    «Valigie, bagaglio, borsa, quante ne hai?»

    «Scusa, ma lo sai che non parlo molto bene l’italiano»

    «Lo so lo so, e non possiamo parlare inglese perché vuoi fare pratica di italiano...»

    «Esatto» e sorride al punto che il piccolo neo vicino alle labbra quasi scompare.

    Massi si ricorda del cellulare, lo tira fuori dal taschino e lo accende. Il tempo di inserire il pin e di connettersi alla rete e subito arriva un sms: «Amore sei arrivato? Chiamami quando atterri. TVB Simo». Massi fa un respiro profondo e lo cancella ma proprio in quel momento il suo iPhone squilla e inavvertitamente risponde:

    «Ciao tesoro, come stai?»

    «Sei atterrato? Stai bene? Ero così in pensiero! Ma non dovevi atterrare mezz’ora fa? Dove sei ora?»

    «Ha avuto un po’ di ritardo e poi non potevo accenderlo subito, è vietato. Ora sono al ritiro bagagli»

    «Meno male, e il volo come è andato?»

    «Bene bene, ora però devo salutarti, stanno per arrivare le valigie»

    «Ok amore, ci sentiamo quando sei in taxi allora, ok? Ti amo tanto, non vedo l’ora di vederti...»

    «Sì sì certo, bene bene! Anche io non vedo l’ora! Ora vado, a dopo» e attacca

    «La tua fiancée?» gli chiede Dorothy

    «Fiancée? No, no, solo un’amica... un po’ apprensiva...»

    Dorothy accenna un sorriso come di chi ha capito ma fa finta di aver bevuto la frottola. La luce sulla colonnina del carrello si accende e parte la sirena dell’avviso.

    «Vai che è ora» dice Massi che però viene distratto da un altro squillo del cellulare. E’ Giulia, e lui si sposta di qualche metro da Dorothy per rispondere:

    «Tesoro come stai?»

    «Io bene, ma tu? Una chiamata no, eh?»

    «Sono appena atterrato, quando ti chiamavo, dall’aereo?»

    «Se se, chissà dove sei e con chi stai, magari con una biondona americana». Massi guarda Dorothy che è effettivamente bionda e americana.

    «E non dirmi sempre così! Sai benissimo che voglio bene solo a te e a nessun’altra!»

    «Speriamo... lo sai che se non è vero ti strappo le palle...» sghignazza

    «Appunto, ci tengo alle mie palle! - ride mentre con la coda dell’occhio vede passare una delle sue valigie - eccola! Scusami amore, ma devo lasciarti. Sono al carrello delle valigie e ne è appena passata una. Ti chiamo dopo, ok? Bacio, bacio, bacio!»

    Massi si fionda sul carrello e prende la prima valigia sotto gli occhi dell’americana che lo guarda fisso, interrogativa.

    «Lavoro, era il mio socio...» si giustifica Massi.

    Una volta arrivati tutti i bagagli i due ragazzi si avviano verso l’uscita ac-codandosi agli altri turisti in attesa per un taxi.

    «Allora adesso ci salutiamo»

    «Già»

    «Ma ci rivediamo? Posso avere l’onore di portarti a cena una sera? Almeno per un aperitivo... abbiamo i migliori aperitivi del mondo a Milano...»

    «Sì, forse...»

    Dorothy sorride anche se all’ennesimo squillo del cellulare di Massi sembra non poterne più. E’ il numero di Samuele.

    «Vecchio sòla come stai?!» risponde Massi un po’ stupito dalla chiamata

    «Ciao Massimiliano sono Penelope, non Samuele»

    «Ops, scusami Penelope ma è il numero di quel pirla di tuo marito e pensavo fosse lui»

    «Purtroppo no...»

    «Be’, purtroppo è un parolone... lo sai che se non fossi sposata con il mio migliore amico ci proverei con te...»

    «Lascia stare Massimiliano, ti chiamo per un’altra cosa. E riguarda Samuele. E’ morto stanotte». Massi è sicuro di aver capito male ma Penelope continua: «aveva un tumore al pancreas da qualche anno e stanotte se l’è portato via»

    La valigia gli cade dalla mano e le parole gli si strozzano in gola. Per un attimo il mondo intorno a lui scompare.

    «Stai scherzando vero? Cioè, Samuele è morto?»

    «Purtroppo sì, Massi, e come ultimo desiderio in punto di morte ha voluto che voi tre veniste al suo funerale fra tre giorni»

    «Sono senza parole... hai già sentito gli altri?»

    «Sì, verranno.AlmenoAntonio dice che è sicuro, Giorgia ancora non l’ho chiamata»

    «Be’, non so cosa dire... certo che vengo, ovviamente vengo. Ora mi metto anche d’accordo con gli altri...»

    «Grazie...»

    «Solo una cosa però Penelope...»

    «Dimmi»

    «Chiamami Massi per favore».

    ROMA, 22 MAGGIO

    Giorgia si sta lavando le mani dopo una devitalizzazione. E’soddisfatta, è riuscita in un’operazione di routine ma in un dente particolare, l’ottavo superiore, forse il più difficile per un dentista. E’ un giorno particolare per lei, iniziato con un bacino della figlia Camilla sulla fronte. Giorgia è raggiante e fischietta mentre è in bagno con la porta aperta.

    «Vinto alla lotteria oggi?» le chiede ad alta voce un collega dalla stanza accanto

    «Praticamente! Ho fatto una devitalizzazione che dovrebbe essere inserita nei libri di testo!»

    Quando torna in sala, Giorgia trova la sua assistente Raffaella intenta a riordinare i ferri.

    «Il prossimo appuntamento è fra 10 minuti, posso farti vedere cosa ho comprato ieri?»

    Raffaella vola nello spogliatoio e torna con una busta da cui tira fuori alcuni abiti.

    «Guarda, una mini troppo bella. E’ di Cavalli! Tocca tocca, senti che tessuto! Wow!»

    «Cavalli è il mio preferito»

    «Me ne sono innamorata subito. Non vedo l’ora di indossarla - riprende entusiasta Raffaella - Però non mi piaceva l’abbinamento che avevano proposto nel negozio e allora sono andata da Dolce&Gabbana e guarda? Un toppino con paillettes argento e rifiniture nere... non è fantastico?»

    «E’ bellissimo - commenta Giorgia con un tono anche leggermente invidioso - ma quando l’hai preso? Ci sono stata una settimana fa e non c’era»

    «Bisogna saper cercare...»

    «Ancora regali del tuo fidanzato?»

    «Fidanzato? Ah! - e ride maliziosa - Mai dare certezze! Ci stiamo frequentando. Se gli dài la sicurezza dell’amore smettono di farti le coccole e i regali»

    Giorgia annuisce rassegnata e poi riprende: «Io invece ti ho fatto vedere questo vestitino di Guess?» e si alza aprendo il camice bianco e mostrando il suo fisico snello fasciato da un tubino nero con motivi rossi e bianchi.

    «Che meraviglia Gio’! Secondo me dovresti operare così, senza camice»

    In quel momento squilla il telefonino di Giorgia che distrattamente lo tira fuori dalla borsa.

    «Sì vabbé! Già così quando li opero praticamente gli metto le tette in faccia, figurati se operassi senza camice...»

    «Avresti più pazienti però!»

    Le due ridono mentre Giorgia risponde distrattamente alla chiamata.

    «Pronto Giorgia? Ciao sono Penelope, la moglie di Samuele»

    «Penelope? - Giorgia corruccia il viso, sbigottita - Ciao, come stai?»

    «Io bene bene, grazie»

    «E tuo marito?»

    «Ecco appunto, ti ho chiamata proprio per questo. Purtroppo ci ha lasciati»

    «In che senso?»

    «E’ morto stanotte, per un tumore al pancreas»

    «Ah... - Giorgia impallidisce - e ma... non...»

    «Sì, lo sapevano in pochi. Ha tenuto la malattia all’oscuro di tutti, non voleva che gli altri lo considerassero come un malato»

    «Vabbé però... così...»

    «Lo so Giorgia. Però è successo e bisogna accettarlo. La morte fa parte della vita. Samuele è morto sereno, tranquillo, in pace.Anche se con un solo rimpianto, voi»

    «Noi chi?»

    «Antonio, Massimiliano e te. Per questo mi ha più volte chiesto di farvi venire al suo funerale, anche ieri me l’ha chiesto di nuovo, prima che entrasse in coma irreversibile»

    «Davvero?»

    «Lo so, tra voi ci sono stati dei problemi. Ma è l’ultima cosa che ha chiesto. E’ solo per qualche ora, fra tre giorni»

    «Non lo so Penelope... mi hai preso alla sprovvista... dove si fanno, a Marta? Ecco,

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