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Come dentro una bottiglia
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E-book322 pagine3 ore

Come dentro una bottiglia

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Info su questo ebook

Come preziosa pergamena imprigioniamo la vita in una bottiglia dove il nostro urlo si frantuma e i nostri sogni si infrangono come onde del mare sugli scogli.
E poi l’amore che su una deserta spiaggia scorge la bottiglia e libera la pergamena della nostra vita.
LinguaItaliano
EditoreEracle
Data di uscita13 giu 2017
ISBN9788867432110
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    Anteprima del libro

    Come dentro una bottiglia - Roby Modesto Maria Contarino

    Ringraziamenti

    PREFAZIONE

    Cari lettori e care lettrici eccomi qui pronto per una nuova sfida, raccontarvi una storia, donarvi un libro che possa farvi appassionare, emozionare e perché no, sognare.

    Come nel primo romanzo anche qui la mia scelta è ricaduta su due personaggi protagonisti, un ragazzo ed una ragazza , i cui nomi Gabriele e Aurora , sono stati frutto di una ricerca a lungo maturata e che al loro interno contengono un significato ben comune.

    Il nome Gabriele deriva dall'ebraico e letteralmente può significare uomo forte di Dio.

    La forza sarà proprio una delle cose che caratterizzerà il personaggio in questione.

    Aurora è invece colei che porta luce e che fa brillare tutto ciò che la circonda.

    Anche in questo romanzo ho optato per un racconto suddiviso in capitoli in cui si alternano inizialmente le vite dei due ragazzi e poi si intrecciano come avvenne nel primo.

    Gabriele e Aurora sono i protagonisti di una storia meravigliosa e intorno a loro ruotano altre figure che rivestono un ruolo importante in determinate situazioni.

    A volte nella nostra vita ci sembra di soffocare o meglio ancora affogare e ci sentiamo soli. Sentiamo il peso del mondo, della vita su di noi e ci sentiamo come se fossimo rinchiusi dentro una bottiglia, senza via d'uscita, senza respiro.

    Eppure ecco che mentre siamo lì a disperarci, a farci anche del male, qualcuno corre in nostro aiuto, ci prende per mano e ci accompagna fuori da quella bottiglia dove per errore si era piombati.

    E allora sentiamo nuovamente il vento sul viso, il respiro si fa più forte e tutto intorno prende colore.

    Questo romanzo vuole essere un inno alla vita per tutte quelle persone che vivono intrappolate nelle loro bottiglie quotidiane, affinché possano sperimentare quell'amore che salva, che perdona e che non tradisce mai e ritornare alla gioia di sognare, ridere e scrivere con l'inchiostro arcobaleno le pagine del libro della vita.

    Roby

    RINGRAZIAMENTI

    La scintilla che mi ha portato a realizzare questo romanzo è scoccata un pomeriggio soleggiato dinanzi alla Grotta di Massabielle a Lourdes dall’incontro di una ragazza che fissi gli occhi alla Vergine Maria volgeva.

    Ringrazio con cuore grato Lucia Di Paola per la sua preziosa collaborazione.

    Un grazie sincero ai miei amici per i loro consigli: Ludovica Arconte, Demetrio Sposato e Francesco Scicchitano.

    E grazie a Matteo Ierardi per la meravigliosa realizzazione della copertina.

    "Credere nell'amore, lasciarsi vincere dall'amore. L'amore unisce, non divide. L'amore supera ogni disabilità, ogni barriera, ogni diversità, ogni ostacolo.... L'amore puro, vero esiste... Spetta però ad ognuno di noi farlo proprio e trasmetterlo a chi ti sta vicino.

    Solo così potremo essere felici e ringraziare ogni giorno il Creato per quanto ci dona"...

    - Roby Contarino

    " Disegnare ha da sempre rappresentato la mia ragione di vita, il motivo forse unico e vero per cui valeva la pena vivere, l’unica cosa che mi rendeva felice, di buon umore.

    Non ho mai avuto grandi pretese, a me bastava solamente essere libera, forse era chiedere troppo?

    Forse non è un diritto di ogni uomo o donna essere liberi? Avere un paio di ali e usarle?

    Ed io a volare avevo imparato sin da bambina, immersa nelle mie bambole di pezza, tra il fondotinta di ciliegia sugli occhi e il rossetto di fragola sulle labbra.

    Avevo imparato che un semplice foglio bianco, apparentemente insignificante, poteva assumere un valore speciale se solo qualcuno si fosse accorto di lui.

    È un po’ come accade con le persone.

    Di quante persone si può dire la stessa cosa? Quante persone ci passano accanto ogni giorno e non si accorgono di noi, continuano il loro marciare tranquillo e tu resti lì nell’ombra, invisibile.

    A quel foglio io raccontavo la storia di una donna forte, tenace, ostinata, coraggiosa. Una donna che era riuscita in tutto e per tutto. O almeno forse era ciò che pensavo.

    Nel disegno esprimevo me stessa, il mio modo di essere, i miei sogni, i miei amori segreti, tutto ciò che a parole mi era difficile perfino confessare.

    Forse per timore di non essere compresa o di essere giudicata.

    Il mondo oggi giudica senza scrupolo. Giudica senza conoscere, giudica perché è usanza, perché fa stare bene.

    Me ne stavo immersa in quell’oceano di colori e matite che nuotavano con me e io con loro.

    Un oceano bellissimo pieno di sorprese improvvise.

    Ma invisibile si avvicinava sempre più il temporale. Ed ecco quell’oceano sommerso di onde ed io impreparata venivo inghiottita e con me tutti quei colori e quelle matite che ora non riuscivo più a sfiorare con le dita delle mani.

    Quelle onde distruggevano in un solo attimo tutto ciò che era lì intorno a me, ciò che era parte del mio mondo.

    E mi sono ritrovata nella rete di un pescatore di turno, senza via d’uscita e ogni attimo trascorso fuori dall’acqua mi conduceva all’asfissia e ad una morte precoce.

    Nessuno può salvarti pensi.

    E mentre ero lì ad un passo dall’ultimo respiro in mio aiuto è arrivato un corsaro che mi ha afferrata e a bordo della sua vita mi ha fatto entrare.

    E da allora la mia vita è cambiata".

    CAPITOLO 1 VITE SEPARATE

    " Un incontro può cambiarti la vita, per sempre"

    Era un piovoso pomeriggio di aprile dell’anno 2007.

    In un campetto di periferia era in corso la partita di calcio, forse, più importante della storia, per Gabriele.

    All’anagrafe Gabriele Donati, per gli amici il Gabbo.

    Occhi chiari verde acqua, pelle chiara, fisico atletico, appassionato sin da bambino di calcio. Calcio giocato per intenderci.

    Capelli corti color castano brinati dal gel.

    Una sottile barba giovanile a contornare le labbra.

    Era molto timido, infatti, soleva parlare molto poco e preferiva che fossero gli altri a prendere le iniziative al posto suo. Ciò rendeva il suo atteggiamento pacifico, altruista e modesto.

    I primi calci al pallone gli aveva dati ad appena dieci anni. Ed ora che ne aveva 20 poteva vantare un bel bottino di reti e trofei.

    Nato a Crotone, una città della Calabria, si era trasferito con la sua famiglia in un piccolo paesino vicino Milano.

    Qui era entrato a far parte di una piccola realtà calcistica che disputava il Campionato di Lega Pro Seconda Divisione.

    Una sola vittoria e la Dinamo Milano, il nome della squadra questo, avrebbe raggiunto la fatidica promozione nella Prima Divisione.

    Per raggiungere tale obiettivo Gabriele aveva trascorso mesi interi ad allenarsi fino a tarda notte.

    Il suo più grande fan e nonché allenatore era suo padre, Giovanni.

    Le sue giornate erano alternate tra la trattoria di sapori tipici calabresi che aveva aperto lì e il campo da calcio.

    Si era sposato giovane Giovanni e per sua moglie aveva deciso di mettere le scarpe da calcio al chiodo e aprirsi un’attività.

    La ginnastica giornaliera conservava il suo corpo atletico.

    Capelli brizzolati, misti tra un grigio-nero. Occhi castani, barba folta ma ben curata in ogni dettaglio.

    Gemma Amera, era il nome della donna che le aveva rubato il cuore.

    Con lei, capelli lunghi e castani, occhi verde acqua, di media corporatura, aveva deciso di creare la sua famiglia.

    Dal loro amore era nato Gabriele.

    Casalinga per passione, amante della buona cucina calabrese, rivestiva il ruolo di moglie e madre.

    Era lei a lavare le magliette da calcio di Gabriele. A cucire gli strappi, a disinfettare le sbucciature sulle sue gambe.

    Ehi Gabbo ci sei? Dai , forza, forza che la vinciamo questa partita disse Riccardo.

    Gabriele lo guardò e sorrise.

    Riccardo Doriani, un anno più grande di lui, di media corporatura, non molto alto ma in compenso molto agile, soprattutto, nei dribbling.

    Capelli neri e corti, occhi castani, barba corta. Era il regista per eccellenza della squadra. Era, infatti, lui a organizzare e gestire il gioco della squadra e al momento giusto servire Gabriele, considerato il vero leader.

    Vai ora disse Gabriele alzando gli occhi verso il compagno di squadra.

    La pioggia non lasciava tregua.

    Due minuti al termine della gara e il risultato era, ancora, inviolato.

    Riccardo fece partire un gran cross al centro.

    Il pallone si alzò per, poi, lentamente ricadere sul piede destro di Gabriele.

    Semi girata e portiere battuto.

    Dagli spalti si alzò un boato.

    La promozione era realtà.

    La partita più importante della sua vita era finita.

    La sua gioia era enorme, immediatamente corse ad abbracciare i suoi compagni che lo acclamavano.

    Il triplice fischio del direttore di gara aveva sancito la fine delle ostilità.

    La festa si era poi prolungata fino a tarda sera in un locale gestito da Federico, amico di Gabriele.

    Federico Mori aveva ventisei anni. Da un paio di anni aveva messo su un locale alla moda.

    Un piccolo pub-discoteca frequentato da giovani in cui la musica era di casa.

    I suoi capelli ricci e castani si intonavano perfettamente al suo viso rotondo.

    I baffetti alla francese gli davano quell’aria da intellettuale che era solito tenere, soprattutto, in presenza degli amici più cari e delle donne.

    Si riteneva, infatti, molto più maturo dell’età che realmente aveva. Ciò gli era valso il soprannome de il Professore.

    Ad aiutarlo al bancone vi era Alina Junkovic, una ragazza di origini slovacche. Alta, di bella corporatura e presenza, occhi chiari e capelli di un castano chiaro portati all’altezza delle spalle.

    Alina aveva 24 anni e un passato poco felice alle spalle.

    Era, infatti, stata condotta in Italia dall’uomo che, almeno credeva, la amava con la promessa di voler creare con lei una famiglia.

    La realtà, però, era stata ben diversa.

    Infatti, era stata costretta a prostituirsi e ogni qual volta tentava di ribellarsi veniva selvaggiamente frustata sulla schiena.

    Fu solo con l’aiuto di Federico se lei riuscì a trovare il coraggio di fuggire da quel mondo malvagio e ritrovare così il sorriso e una nuova identità.

    Sul corpo le ferite si erano pian piano cicatrizzate anche se restavano quelle interiori.

    Al nostro leader Gabriele e a tutta la squadra i migliori complimenti, orgogliosi di essere vostri tifosi queste parole riportava uno striscione ideato dalla tifoseria a quei campioni che avevano raggiunto l’ambito traguardo.

    Si è fatto tardi, è meglio che vada, domani devo aiutare i miei alla trattoria disse Gabriele congedandosi da Federico e dagli altri ospiti.

    Salì in macchina, accese la radio per ascoltare attentamente quel cd-rom di Rino Gaetano, suo cantante preferito, che i genitori gli avevano regalato per il suo compleanno.

    L’auto era una Fiat 500 grigia metallizzata.

    Il campanile della chiesa di paese rintoccava le 5:00 del mattino.

    All’improvviso sentì una voce femminile provenire dal ciglio della strada invocare aiuto.

    Gabriele fermò la macchina e scese a dare un’occhiata.

    Ciao scusami ma stavo ritornando a casa quando la mia macchina, ecco, si è fermata di colpo e ora non riparte più. Te ne intendi di motori? disse la ragazza.

    L’auto in questione era una vecchia Panda 4X4.

    Gabriele, timidamente, fece cenno di no con la testa.

    La ragazza disperata si mise le mani tra i capelli e tra sé ripeteva: Ora come faccio? Devo andare a lavorare.

    Mi potresti dare un passaggio? propose poi volgendo lo sguardo a Gabriele.

    Ma non ti conosco e poi senti sono in ritardo. Anche io devo andare a lavoro rispose Gabriele con voce un po’ impacciata.

    Ma… non vorrai lasciare una povera ragazza indifesa come me qui tutta sola sul ciglio di una strada?

    E va bene mi hai convinto salta su rispose Gabriele rassegnato.

    Comunque mi chiamo Aurora, piacere disse mentre prendeva posto sull’auto.

    Gabriele non ci fece caso, chiuse lo sportello e mise in moto l’auto.

    Il cielo si andava lentamente colorando di azzurro o meglio blu, come cantava Rino Gaetano.

    Lungo il tragitto nessuno dei due aveva avuto il coraggio di prendere la parola.

    Nell’auto risuonava solo la voce di Rino Gaetano sulle note di Berta Filava.

    Gabriele forse non lo sapeva ma anche Aurora era amante del cantautore calabrese ed in particolare le stava a cuore quella canzone.

    Ecco qui, sono arrivata, grazie mille disse Aurora aprendo la portiera dell’auto.

    Gabriele la guardò e accennò un timido sorriso.

    Bene, ti consiglio di chiamare qualcuno per andare a recuperare la macchina disse, poi.

    Aurora gli sorrise.

    Ora poteva osservare meglio quella strana ragazza che aveva incontrato per caso.

    I suoi capelli castani raccolti in alto tenuti fermi da un fermaglio, quelli occhi verdi proprio come i suoi, le sue guance, le sue labbra che sembravano disegnate da un angelo e quei lineamenti del viso così semplicemente splendidi.

    E poi, quel sorriso.

    Rimase lì qualche istante a fissarla senza dire nulla.

    Si si , tranquillo provvedo subito, un attimo non mi hai detto come ti chiami chiese Aurora.

    Gabriele, Gabriele Donati rispose prontamente.

    Aurora sorrise di nuovo, poi chiuse con dolcezza la portiera e si incamminò.

    Gabriele seguì con gli occhi la sua sagoma che lentamente si allontanava fino a scomparire dietro la colonna di un palazzo.

    La timidezza aveva avuto la meglio, però, su di lui.

    Non era, infatti, riuscito a chiederle il cognome.

    Rassegnato, rimise in moto l’auto e si avviò verso casa.

    La stanchezza era d’un colpo svanita.

    Parcheggiò l’auto ed entrò nel cortile di casa.

    Prese la chiave dalla tasca e aprì la porta.

    Dalla cucina si udiva il suono della televisione sintonizzata sul telegiornale.

    Mamma, papà sono tornato disse mentre la porta si chiudeva alle sue spalle.

    Salì le scale ed entrò in camera sua.

    Prese la biancheria pulita ed entrò nella doccia.

    Piccole gocce d’acqua marcavano i lineamenti del suo viso.

    Sembrava lontana la partita del giorno prima. Ripensò al momento della rete, all’abbraccio dei suoi compagni di squadra e al cocktail di alcolici consumati al pub di Federico.

    Uscì dalla doccia più frastornato di quando era entrato.

    Forse, l’alcol cominciava a fare il suo effetto e forse anche la stanchezza, che in un primo momento sembrava lo avesse abbandonato, era tornata all’assalto.

    Prese la prima camicia che trovò nell’armadio e la indossò.

    Scese giù in cucina, prese una tazzina e vi versò dentro il caffè ormai freddo.

    Lo buttò giù tutto d’un sorso.

    Prese la giacca e uscì.

    CAPITOLO 2 SPOSA… PER PASSIONE

    " Avanza la sposa al sol tramonto

    con bianco candido abito"

    Ok, penso vada bene, ci vorrà solo qualche piccola modifica qui sul retro disse Aurora stringendo tra le mani un pezzetto di stoffa bianca.

    Quel pezzo di stoffa era parte di una sua creazione, un abito da sposa bianco neve.

    La fortunata che avrebbe indossato quell’abito sarebbe stata Luisa Vinoli, amica d’infanzia di Aurora.

    Ma andiamo con ordine.

    Aurora Magliani era riuscita a raggiungere la meta tanto ambita, a far della propria passione la sua condizione di vita.

    Tenace, testarda e combattiva sempre pronta a prendere iniziative e a dare consigli.

    Era riuscita, non senza sacrifici, a dare vita ad un atelier di abiti da sposa.

    La matita era stata, sin da piccola, la sua amica del cuore.

    Con grande maestria riusciva a trasformare in realtà il sogno di tante donne.

    A tal proposito amava definirsi Sposa per passione.

    Capelli lunghi e castani, occhi color verde smeraldo e quel sorriso che sempre accompagnava ogni suo piccolo gesto.

    Aveva ventitre anni, era nata e cresciuta Milano.

    Suo padre Domenico era autista di pullman, sua madre Teresa era un avvocato

    Con lei lavoravano altre tre ragazze Lavinia, Daniela e Marta che condividevano la medesima passione.

    Lavinia per la prossima settimana deve essere pronto, forza diamoci da fare, non perdiamo altro tempo disse rivolgendosi alla collega.

    Continua un attimo tu, io torno subito aggiunse, poi.

    Si diresse verso il suo ufficio e si mise a sedere.

    Si strofinò gli occhi, poi prese la tazza sulla scrivania e ne bevve il contenuto.

    Per un attimo chiuse gli occhi.

    La sua mente ritornò a lei bambina.

    Tutto era iniziato da lì.

    Da quelle bambole di pezza e dagli abiti che lei stessa disegnava.

    Sulla scrivania il suo quaderno pieno di bozze e di disegni, era aperto su una pagina bianca.

    Riaprì gli occhi. L’orologio segnava le dieci del mattino.

    Si alzò e ritornò dalle colleghe.

    Aurora, c’è qui Luisa per la prova dell’abito, la faccio entrare? chiese Marta.

    Aurora non fece in tempo a rispondere che si ritrovò dinanzi la sua compagna d’infanzia, già, pronta per la consueta prova dell’abito.

    Luisa Vinoli era due anni più grande di Aurora. Ma questa differenza, seppur minima, di età non era mai stata un problema per le due ragazze.

    Si erano conosciute durante una gita al lago. Era una calda domenica estiva, ideale per un picnic all’aria aperta.

    Aurora, allora, aveva quindici anni ed era intenta a giocare a pallavolo con suo padre quando il pallone andò a colpire il corpo di una ragazza che era distesa al sole. Questa ragazza era Luisa e, allora, aveva diciassette anni.

    Subito dopo Aurora si era scusata con la ragazza e da lì era nata una relazione, uno scambio di

    e-mail e di intense serate trascorse insieme al telefono.

    Quando, poi, i genitori acconsentivano potevano uscire e mangiare una pizza insieme.

    Luisa era estetista per professione.

    Il suo compagno e futuro marito Claudio era tre anni più grande di lei.

    Claudio Maggi, laureato in giurisprudenza, aveva trovato lavoro nello studio notarile del padre.

    Si erano conosciuti in una discoteca e da lì era nata una relazione durata ben 5 anni e che ora stava per culminare nel passo più importante della vita, il matrimonio.

    Ciao Luisa disse Aurora avvicinandosi all’amica e scambiando con questa affettuosi baci sulla guancia.

    Ciao Aurora, allora dai sono pronta , non vedo l’ora di indossarlo e vedere come mi sta rispose intrepida Luisa.

    Senza dir nulla con un cenno di mano Aurora la invitò a seguirla.

    Ecco entra nel camerino, Marta ti aiuterà ad indossarlo e quando sarai pronta mi chiami disse poi.

    Luisa non rispose, con balzo felino entrò nel camerino insieme a Marta.

    L’abito era con il punto vita stretto e alto. La gonna a teli stringeva sulla parte alta del busto e si andava leggermente allargando sulla pancia e sui fianchi.

    A completare la bellezza dell’abito vi era il velo a cascata che scendeva lineare lungo la schiena.

    Aurora, Luisa è pronta esclamò Marta.

    Arrivo rispose prontamente.

    Sei bellissima disse, poi, al vedere l’amica in abito nuziale.

    L’abito scolpiva il suo fisico smagliante.

    Il velo metteva in risalto il suo viso dai tratti finissimi e dalla chiara carnagione. I suoi occhi grandi color nocciola emanavano grande gioia.

    Una cascata di capelli lunghi color oro purissimo incorniciava quel viso purissimo.

    Lo specchio rifletteva il suo sorriso smagliante stampato su quelle labbra perfette, piene e rosse.

    Ecco secondo me andrebbe fatta solo una modifica qui, sul fianco e poi sarà prefetto. Sono sicura che sarai la sposa più bella che abbia mai visto e credimi ne ho viste tante disse Aurora sorridendo e tracciando il punto indicato con uno spillino.

    Grazie Aurora, amica mia, non so come ringraziarti. E’ proprio l’abito che ho sempre sognato esclamò Luisa mentre dai suoi occhi lacrime di gioia scendevano, lente, lungo i lineamenti del viso.

    Aurora la abbracciò forte.

    Il silenzio fu interrotto, però, dallo squillo del telefono di Aurora.

    Scusate ragazze ma devo andare dal meccanico per l’automobile, mi ha appena chiamata disse avviandosi verso la porta di uscita e salutando con un sorriso le sue amiche.

    CAPITOLO 3 LA CALABRIA MIA

    Nel cuor ognuno ricorda lì dove è nato

    La Calabria mia, questo era il nome della trattoria che Giovanni Donati era riuscito a mettere in piedi.

    Amante della buona cucina calabrese aveva portato un po’ della sua Calabria in quel paesino della Lombardia.

    Il locale non era molto grande. Poteva contare su 50 coperti.

    Interamente decorato con tavole in legno massello. Due vetrate adornate da una coppia di tende a pizzo color panna.

    Sulle pareti le fotografie del mare di Crotone, con la sua scogliera, i gabbiani in volo e da lontano la sagoma del faro di Capocolonna.

    Sul bancone della cassa vi era, poi, la piantina di peperoncini rossi e verdi.

    E poi foto. Foto degli anni trascorsi al bar con gli

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