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Racconti zombie da mondi non morti
Racconti zombie da mondi non morti
Racconti zombie da mondi non morti
E-book163 pagine2 ore

Racconti zombie da mondi non morti

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Info su questo ebook

...ZOMBIE, INFETTI, MORTI, CONTAGIATI …

“Racconti zombie da mondi non morti” contiene tre brevi racconti mozzafiato e tre romanzi brevi al cardiopalmo, ambientati in versioni alternative di una Terra abitata da spaventose varianti di zombie che perseguiteranno le vostre ore di veglia e riempiranno i vostri incubi.

Ne “La coperta”, un bambino si nasconde mentre la fine del mondo entra in casa sua…

Ne “Gli spazzini”, due sopravvissuti particolari combattono per ritagliarsi una vita propria mentre vengono minacciati dalla creatura più temibile di tutte: l’uomo…

Ne “Il Palazzo”, una ragazza adolescente vive in un quartiere murato e spera di fuggire verso il lusso dell’altissimo palazzo che svetta sopra di esso. Ma per raggiungerlo, deve affrontare i Morti che vagano per le strade…

Ne “La negromante”, una sacerdotessa deve affrontare orde di distruttivi non morti che minacciano un insediamento di un mondo futuristico…

Ne “La corsa”, sette amici si affannano a raggiungere la zona sicura mentre fuggono dai pericoli dei Contagiati omicidi e da sé stessi…

Ne “La falsa partenza”, una giovane coppia è divisa mentre la piaga dei non morti inizia a prendere piede su Austin, Texas…

La pluripremiata autrice Rhiannon Frater crea nuove vivide storie ambientate in mondi alternativi dove la gente affronta creature da incubo che hanno un solo desiderio: distruggere i viventi.

LinguaItaliano
Data di uscita7 lug 2016
ISBN9781507146880
Racconti zombie da mondi non morti
Autore

Rhiannon Frater

Rhiannon Frater is the author of As the World Dies, which includes The First Days, Fighting to Survive, and Siege, which she originally self-published before substantially revising the books for Tor’s publication. The First Days and Fighting to Survive each won the Dead Letter Award from Mail Order Zombie.  Frater has written several other horror novels.  She lives in Texas.

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    Anteprima del libro

    Racconti zombie da mondi non morti - Rhiannon Frater

    Dedicato a tutti i miei fan zombie

    Nota dell’autrice:

    È passato molto tempo dall’ultima volta che ho scritto qualcosa sugli zombie. Dopo otto anni passati a scrivere e correggere (numerose volte) prima la trilogia di L’era del mondo morto, poi The Living Dead Boy e The Last Bastion of the Living, la vena dei morti famelici mi si era esaurita.

    Eppure, avevo una serie di storie sugli zombie (o creature simili agli zombie) che mi frullavano in testa, in attesa di vedere la luce. Anche se molti fan continuavano a reclamare altri romanzi sugli zombie, non avevo una storia completa da dar loro. Inoltre, ero consapevole che se avessi dovuto scrivere ancora racconti di quel genere, sarebbe stato per qualcosa di diverso, nuovo, e divertente.

    All’inizio del 2014, mi sono resa conto che le storie che avevo in testa erano quelle che volevo davvero scrivere. Con entusiasmo, mi sono buttata nella prima storia e ho scoperto la gioia di scrivere racconti sì più brevi, ma perfettamente compiuti. Mi sono ritrovata ad innamorarmi di nuovi personaggi, nuove situazioni, e nuove entusiasmanti variazioni di zombie. Nel momento stesso in cui ho concluso la raccolta, seppi che queste storie erano qualcosa di speciale.

    Spero vi piacciano!

    Rhiannon Frater

    Elenco dei contenuti:

    La coperta

    Gli spazzini

    Il Palazzo

    La negromante

    La corsa

    La falsa partenza

    La coperta

    ––––––––

    Furono le urla del padre a svegliare Milo dal suo sonno profondo. Stava sognando Transformers e orsacchiotti di marshmallow quando fu strappato dalla sua avventura surreale. Appena aperti gli occhi, il sogno era ormai perduto. Gli era piaciuto quel sogno. Era meglio dei suoi vecchi incubi sui mostri, e ora aveva voglia di marshmallows.

    Sdraiato su di un fianco, fissò la finestra attraverso la stanza buia, ancora incerto sul perché fosse sveglio. Il padre urlò di nuovo, con voce quasi gutturale.

    ...sono in casa! Tara, sono in casa! Prendi i bambini!

    Il cuore di Milo iniziò a battere più forte, mentre ascoltava i grugniti colmi di rabbia del padre che riecheggiavano per la casa

    Milo! Alzati! Milo! urlò sua madre, poi sentì i suoi piedi nudi correre giù per il corridoio verso la camera della sorella più piccola. Milo!

    Al piano di sotto, la voce del padre ruggì. Al bambino di otto anni faceva venire in mente gli animali che lottano per la propria vita nei documentari sulla natura. Nascondeva sempre la faccia dietro al suo cuscino di Optimus Prime quando guardava i documentari. Ora, aggrappato al cuscino, seppellì il volto contro il petto rosso del suo Transformer preferito.

    Lamenti e ringhi gutturali si mescolarono alle urla del padre, facendolo tremare sotto la spessa coperta di lana ricoperta dai suoi eroi robot preferiti. Suo padre l’aveva comprata un giorno mentre riportava Milo a casa dopo una partita di baseball nel parco. Un ambulante stava vendendo un assortimento di coperte di lana coloratissime dal retro di un camion, a lato della strada. Milo si era subito innamorato di quella grande e colorata con Optimus Prime e gli altri Transformers in pose da eroi dei film d’azione.

    Te la compro, così i mostri non avranno il coraggio di farti venire brutti sogni gli disse il padre con un enorme sorriso.

    Optimus Prime li distruggerà! rispose Milo con fiducia.

    La coperta era calda e morbida, e Milo non aveva più avuto brutti sogni da quando aveva iniziato a dormire sotto ai Transformers colorati.

    Milo! La voce di sua madre era un grido disumano. Vieni qui!

    I rumori provenienti dal piano di sotto erano terrificanti. Dei tonfi, poi lo schiantarsi dei mobili a terra e qualcosa che colpiva i muri.  Ripetuti colpi contro le finestre del primo piano mandarono i vetri in frantumi.

    Tara! Prendi... i... bambini... la voce del padre era affaticata, disperata, terrorizzata e colma di dolore. A Milo suonò come quella volta quando, mentre imparava ad andare in bici senza rotelle, cadde e si ruppe un braccio.

    Il tonfo di molti piedi sulle scale liberò la vescica di Milo. Sentì il bagnato espandersi intorno a lui, ma non si mosse dal punto in cui era sdraiato, sul letto, a fissare la finestra. La luna era luminosa e bellissima dietro ai vetri ricoperti di brina.

    Sotto le assi del pavimento della sua camera proseguiva il baccano, ma suo padre non lo chiamava più. Tutto ciò che Milo riusciva a sentire era il riecheggiare di bassi lamenti.

    Milo! Milo! urlò sua madre. Dal suono dei passi, capì che stava correndo verso la sua camera. Riusciva a sentire distintamente sua sorella piangere, poi sua madre iniziò a strillare dal terrore.

    Sui vetri della finestra, il riflesso della luce tenue che si insinuava dalla porta socchiusa della camera fu interrotto da delle ombre che vi passarono davanti di corsa, i passi fragorosi che inseguivano quelli della madre. Poi sentì sbattere la porta della camera dei suoi,  e il furioso bussare di molte mani contro di essa.

    La madre smise di chiamare il suo nome.

    Si mise a piangere in preda al terrore, invece.

    Appena in grado di muovere gli arti bloccati dalla paura, Milo riuscì a raggomitolarsi ancor di più, con la coperta tirata sopra la testa. Il suo respiro esausto gonfiava lo spesso materiale intorno alla sua bocca e riscaldava il suo volto arrossato. Sotto al suo sedere, il materasso era zuppo, ma sapeva che sua madre non gli avrebbe mai urlato contro per aver di nuovo bagnato il letto.

    C’erano delle brutte cose in televisione quel giorno. Suo padre aveva detto di non preoccuparsi. Che il governo se ne sarebbe occupato.

    Ora Milo sapeva che suo padre si sbagliava, mentre la porta della camera fu spalancata di colpo.

    Quando suo padre aveva comprato la coperta, aveva detto a Milo che lo avrebbe protetto da tutti i mostri. L’avrebbe tenuto al sicuro cosicché potesse sognare cose belle.

    Strizzando gli occhi, Milo cercò di riprendere sonno. Voleva che la magia della sua coperta funzionasse per non sentire sua madre urlare o la sua sorellina piangere.

    E non sentire le tante mani che lo afferravano attraverso la coperta morbida...

    Gli spazzini

    Il rossetto rosso era molto appariscente sulle sue labbra sottili, ma non l’avrebbe certo detto a Patsy. Lei sorrise con soddisfazione al suo riflesso sullo specchio punteggiato e deformato, e  continuò a canticchiare assieme ad una vecchia star del country su di un secchio con un buco. Il vecchio disco saltava e crepitava sul giradischi, ma Patsy non se ne sarebbe mai separata. Hank sperava di trovarne una nuova copia durante una delle sue missioni di recupero. I graffi e i salti lo infastidivano.

    L’aria odorava di profumo, muffa, e dei fiori appassiti nel vaso blu sopra alla toletta. Il tubetto del rossetto scivolò dalle dita di Patsy e rotolò rapidamente lungo il pavimento inclinato. Hank lo prese e glielo restituì, ricevendo in cambio del suo sforzo un dolce sorriso. La stanza pendeva leggermente da una parte ma, miracolosamente, la casa sul bordo della palude era ancora in piedi, nonostante gran parte della civiltà stesse marcendo. La vecchia casa coloniale era stata costruita per resistere, ed era ancora aggrappata alla vita. L’ala est era sommersa da trenta centimetri d’acqua, ma la ovest era ancora sopra al terreno e funzionale al suo scopo. Pompe sommerse aiutavano a tenere l’acqua sotto controllo, per quel momento. Sapeva che Patsy non avrebbe lasciato la grande casa scalcinata senza protestare. Era terrorizzata all’idea di avventurarsi troppo lontano nel mondo, dove i morti senza cervello vagavano in cerca di carne umana.

    Mentre si infilava la camicia nera da cowboy dentro i jeans, Hank ascoltava da una parte la melodia e dall’altra il generatore sotto alla finestra. Iniziava ad emettere un suono malandato, e si sarebbe dovuto mettere di nuovo ad armeggiarci. Le lampadine nel lampadario impolverato sfarfallarono profeticamente.

    Storcendo la testa, Patsy fece una smorfia. Sta di nuovo per andare via la corrente?

    È un macchinario vecchio, tesoro. Ci darà problemi. Finì di allacciarsi i jeans, chiuse la cintura con la grossa fibbia col bufalo e fissò le punte dei suoi nuovi stivali da cowboy. Quel paio era di pelle di serpente a sonagli e portava un po’ i segni dei vagabondaggi del proprietario precedente, ma erano stati lucidati per bene. L’argento sulla punta scintillò sotto la luce.

    Odio dover accendere le candele. Mi rende nervosa. Pasty sventolava le mani ossute per far asciugare lo smalto sulle unghie finte. Era un nuovo colore che lui le aveva trovato in un Walgreens fatiscente, di una sfumatura intensa di viola. Se questi idioti morti dovessero entrare in casa, potrebbero mandarla a fuoco.

    Non riusciranno ad entrare in casa. Lo steccato li rimbalza indietro e le trappole li azzoppano per bene. Hank prese il suo cappello nero da cowboy e se lo mise sulla testa calva.

    Soddisfatta per la manicure, Pasty pettinò con cura le ciocche nere lucenti della sua parrucca in onde esagerate, usando delle lunghe mollette per farla restar ferma. Aveva sistemato qualche fiore di seta sopra ad un orecchio. Indossava un bel vestito bianco e nero che le aveva trovato lui e una cinta rossa scintillante, allacciata intorno alla sua vita strettissima.

    Sono carina? chiese, fissando il proprio riflesso.

    Hank premette la bocca sulla sua guancia, le narici colme dell’odore della sua cipria. Sei la più bella ragazza del mondo.

    Sulla toletta c’era una loro foto in cui sembravano giovani, pieni di energia e beatamente felici nel giorno del loro matrimonio. Come Pasty fosse riuscita a tenersi stretta quella piccola cornice d’argento per tutti quegli anni, non ne aveva idea. A volte si chiedeva se fossero davvero loro, ma Patsy era sicura di sì. Non aveva importanza, in ogni caso. Stavano insieme e quello era abbastanza per Hank. La amava da sempre, per quel che poteva ricordare.

    Ho bisogno di un aiuto con la gamba, disse Patsy con un sospiro.

    La gamba era dall’altro lato della stanza. Hank la recuperò e, con cura, sistemò l’attacco sull’osso bianco che le spuntava da sotto il ginocchio. Gli ci era voluto un po’ di tempo per capire come far funzionare la protesi intagliata a mano, ma ora lei riusciva a camminare senza troppi problemi. Fece passare il perno attraverso la gamba finta e il buco che aveva trapanato sull’osso prima di avvitare il dado per tenerlo fermo. Ecco qua disse e le diede una pacca sul ginocchio.

    Aiutami con le calze, dolcezza. Con dita leggere, le arrotolò le calze a rete su dal piede fino alla vita. Doveva avvolgere la cintola con cura sopra ai fianchi per esser sicuro che non scivolassero. Senza chiedere, le mise ai piedi le scarpe coi tacchi. Lei aveva perso gran parte delle dita dei piedi durante i giorni di vagabondaggio, perciò Hank si assicurò che i lacci fossero ben stretti di modo che lei potesse restare in equilibrio. Lo addolorava il fatto che lei avesse subito più danni fisici di lui durante gli anni. Oltre allo sfregio sul volto, a lui mancava solo un po’ di carne dal petto e da una spalla. Anche se un pezzetto di guancia non c’era più, la faccia di lei era ancora intatta. Lui ne era felice. Patsy riempiva sempre il buco con lo stucco nel tentativo di mantenere delle sembianze da vivente. Nessuna creatura vivente l’avrebbe mai considerata viva una volta vista da vicino, ma da lontano avrebbero potuto, almeno finché non notavano la gamba o quanto la sua silhouette fosse effettivamente scheletrica.

    Sei sicuro che sono carina? Patsy si fissò allo specchio. Il contrasto tra la sua pelle grigia e il trucco color carne

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