Chi vuole una bottiglia verde?
Di Tod Robbins
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Anteprima del libro
Chi vuole una bottiglia verde? - Tod Robbins
Note
Chi vuole una bottiglia verde?
Titolo originale:
Who Wants a Green Bottle?
Prima edizione in Silent, White and Beautiful and Other Stories
,
New York: Boni and Liveright, 1920
Traduzione e cura:
Francesco Cappellini
Snarkbooks edizioni - www.snarkbooks.com
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Versione 1.0
ISBN 9788890996870
Tod Robbins
Chi vuole una bottiglia verde?
Novembre 2016
I
Improvvisamente ci fu un lampo, così brillante e abbagliante che tutta la campagna intorno fu illuminata per un istante come da un’immensa conflagrazione. Poi, in lontananza, dall’altra parte di quelle montagne minacciose gibbose, udii un sordo brontolìo come se la notte avesse chiuso e sbarrato le sue porte d’ebano.
Ma in quel breve istante avevo catturato l’immagine del paesaggio. Là, a neanche cento metri di distanza, su un rialzo che dava sulla strada e la valle, stava la costruzione lunga e bassa che un secondo prima il lampo aveva tratteggiato su uno sfondo di nubi che galoppavano follemente. Ora, sebbene i miei occhi stessero ancora sforzandosi in quella direzione, non vedevo più nulla. Non il cenno di una luce. La casa, la collina, il cielo, tutto era stato cancellato.
Nondimeno mi ero fatto un’idea di massima della direzione. Lasciai la macchina presso una macchia di cespugli a lato della strada, tirai fuori la mia piccola torcia elettrica e cominciai a salire l’altura.
Era una salita ripida per un uomo di una certa stazza e oltre la cinquantina; presto stavo respirando come uno dei miei pazienti asmatici. Anche il minimo respiro era spazzato via da raffiche di vento che mi colpivano in pieno volto, mentre affrontavo il pendio. Il vento mi colse di sorpresa – giù in basso avrei potuto tenere in mano un fiammifero acceso finché non mi avesse bruciato le dita – e fece volar via il mio cappello morbido, che prese a roteare da qualche parte nello spazio. Le mie gambe non erano più così solide quando raggiunsi la casa. Per un momento mi appoggiai ad una delle grandi colonne bianche della veranda per recuperare il respiro e un aspetto presentabile.
Mentre aspettavo, un’altra raffica, che veniva direttamente dal lago, arrivò ululando, torcendo gli alti pini intorno alla casa, come in un gesto ribellione, facendo sbattere una serranda da qualche parte nell’oscurità e proiettando la sagoma di un diavolo contro il muro coperto di edera. Poi improvvisamente tutto divenne ancora quiete – un silenzio brillante acceso da un nuovo lampo mi mostrò il catino circolare della valle e la strada bianca che si distendeva. E subito a ruota seguì il fragore di un tale tuono che l’intero paesaggio sembrò uscirne malconcio e frastornato.
«Non è una notte da star fuori, questa», pensai, e senza perdere altro tempo bussai forte alla porta.
Era appena svanito l’eco del mio bussare che le finestre al piano inferiore mi fecero l’occhiolino, e prima che facessi in tempo a togliermi dagli occhi i capelli che il vento aveva arruffato, la porta si spalancò e mi ritrovai faccia a faccia con il Signore di Lockleaven.