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E-book171 pagine2 ore

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Sebbene si muovano in trame di pura invenzione, i personaggi di questi racconti sono calati in una precisa realtà storico-sociale che riflette le suggestioni generate dall'ambiente in cui si dispiega la loro esistenza.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2021
ISBN9791220325448
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    Anteprima del libro

    Profili - Marco Polverelli

    Mann

    P R E S E N T I M E N T O

    E’ il 15 gennaio 1710.Quest’anno diventerò maggiorenne. Mancano solamente tre mesi. Perciò sono contento e accolgo qualsiasi esperienza con un sorriso. Anche queste luminose striature rosa che solcano il cielo azzurro e che allungandosi sugli edifici, li tingono d’inconsuete tonalità.Però tutto questo lucore mi abbaglia e chiudo gli occhi. Ma inebriato, non resisto a lungo e torno a guardare davanti a me.

    Queste tinte rendono la vista dell'alba splendida, ammaliante. Eppure muovo alcuni passi incerti tra i coppi, perché nonmi sono arrampicato sul tetto per vedere sorgere il sole.

    No e per di più mezzo nudo: ho addosso solo il camiciotto che svolazza a ogni soffio di vento e batto i denti.

    Alla faccia del mite inverno di Roma!

    Comunque senza esitare borbotto: Meglio infreddolito che morto.

    Quando Giuditta ha sussurrato: Mio marito. È rincasato prima del previsto, ho aperto gli occhi e sollevandomi sul gomito ho bisbigliato: State scherzando? Tuttavia, notando la preoccupazione dipinta sul suo angelico volto dalle labbra piene e rosse, subito mi sono reso conto che non scherzava. Infatti, tremando come una foglia, ha aggiunto: Vi siete addormentato. Dovete andarvene e di corsa.

    Allora affrettatamente ho scostato le fini lenzuola del letto a baldacchino e sono bGià pesanti scricchiolii della scala di legno che collega il pianoterra con il piano nobile, annunciavano l'arrivo di qualcuno.

    Rapido come un fulmine ho raccolto i miei indumenti sparsi per la stanza. Nel frattempo, con il viso trasfigurato dalla paura e senza badare alle buone maniere, la donna mi spingeva verso la finestra che aveva aperto e angosciata mi ripeteva: Presto. Presto, per di qua.

    Seppur dubbioso: ero riuscito a infilarmi soltanto la camicia, sono salito sul davanzale.

    Sentendo che svelta Giuditta ne richiudeva gl’infissi e dato che mi giungevano alle orecchie le voci concitate dei coniugi, non mi rimase che spostarmi.

    Anche se le loro parole mi pervenivano attutite, fu udendo: Dov'è? Dov'è? Lo uccido., che mi appiattii maggiormente contro il muro.

    Sospirando, ho mormorato: Non è la prima volta che devo scappare da un marito geloso ma è la prima volta che per evitare quelle ire dovrò salire sul tetto di una casa. Di conseguenza mi sono guardato intorno.

    Scorgendo alla mia destra il ponteggio di un cantiere, ho deciso di raggiungerlo.

    Immediatamente mi sono liberato del fagotto dei miei abiti. L’ho lasciato cadere nel vicolo.

    Un assonnato garzone gli si è avvicinato. Vedendo i vestiti di un damerino, ha afferrato il fagotto e sbirciando in su si è allontanato sghignazzando.

    Aggrappandomi ai pilastrini dì marmo delle volute decorative della facciata, mi sono avviato.

    Strisciando i piedi intorpiditi sulla sporgenza marmorea, ho raggiunto l'angolo del palazzo e mi sono fermato per respirare.

    Proprio in quel momento il vecchio sposo di Giuditta si è affacciato alla bifora e sporgendosi ha guardato da una parte e dall'altra. Per mia fortuna, non poteva vedermi: ero di fianco al palazzo. Forte dell’agilità giovanile, ho spiccato un salto ritrovandomi sull'impalcatura. Di lì, con la velocità di una scimmietta mi sono arrampicato.

    E ora mi trovo qui, sul tetto.

    Mi fermo a riprendere fiato.

    Da quest'altezza domino la città ancora quasi tutta addormentata.

    Mi trovo abbastanza vicino a casa: posso arrivarci in meno di dieci minuti, se il freddo non continua ad assediarmi come un nemico ostinato.

    Mentre mi muovo cauto sui coppi, mi blocco udendo: E queste? Mi giungono talmente chiare le parole dello sposo di Giuditta, che quel vecchio iracondo pare sia alle mie spalle.

    Mi sporgo un poco. Così vedo i due consorti dinanzi all'ingresso di casa. L'anziano marito regge le mie scarpe con la fibbia d'argento. Di certo le ha lanciate dalla finestra Giuditta, dato che nella fretta di scappare non le trovavo.

    Rivolgendosi a Giuditta: Il carnevale è tra poche settimane. Non so se vi mascherate con un abbigliamento maschile ma è chiaro che queste calzature non vi appartengono: troppo grandi per i vostri minuscoli piedi, cara moglie. Pertanto, penso che mi nascondiate qualcuno.

    Mi ritraggo, amareggiandomi per Giuditta. Purtroppo, dovrà cavarsela da sola.

    Non udendo più niente, mi volto.

    Alcuni cauti passi e mi blocco.

    Cogliendo un tonfo seguito da un acuto grido, esclamo: Che succede, ora?

    Mi sporgo di nuovo.

    Mi sembrava che un grosso sacco nero sia in mezzo alla strada.

    Siccome l'occhiata non mi convince, mi strofino gli occhi.

    Osservo con più cura e mi accorgo che quell’involucro nero è un mantello.

    Avvalora quest’ipotesi il fatto che da esso esce il lembo della lunga giacca verde con i fregi dorati che ho già visto addosso a sir William Morris, lo sposo di Giuditta.E ne ho subito conferma dal baccano di voci: Il padrone è caduto dalla finestra.Poi vedo alcuni servi che si precipitarono in strada.

    A quel punto mi allontano dal cornicione e con il viso terreo mi siedo a rifiatare.

    Pensieri funesti mi annebbiano la mente. Non perché m'importi qualcosa del borioso sir William ma perché la morte di un nobile tanto ricco e importante politicamente (tutti conoscono il prestigio che possiede in Vaticano), di sicuro mi creerà dei guai.

    Considerando che qualcuno di sicuro l'ha spinto, a chi affibbieranno la colpa se non a me, giovane (e inviso a molti) amante della moglie?

    V E D U T E

    La cappa di caldo e umidità non si era dissolta, anzi in quelle ore del tardo pomeriggio era

    diventata più opprimente.

    I muri delle case che delimitavano gli stretti vicoli, mandavano ondate di calore asfissiante e anche l’acciottolato contribuiva a rendere insopportabile la temperatura.Sotto il peso di quell’afa, pure lepoche gondole in movimento pareva che arrancassero sull'acqua dei canali.

    Decisi di entrare in chiesa: forse, lì avrei trovato un po' di frescura.

    Aprendo il massiccio portone, le mie narici furono investite dall'odore misto di cera e incenso.

    Pochi passi e mi resi conto che l'aria era piacevolmente fresca.

    Emisi un lento ma profondo respiro: volevo far ritornare la quiete che da mesi se n'era andata dal mio animo. Pertanto raddrizzai la schiena per percorrere la navata con dignità. Invece mi afferrò una vertigine che rese le gambe talmente molli da obbligarmi a sedermi.

    Frattanto notai la figura macilenta,avvolta in una logora tonaca, che strisciando i piedi oltrepassava la porta della sagrestia. Fermandosi dinanzi a me e allargando le braccia, l'arciprete esclamò: Santa Maria! Non posso crederci,Francesco Guardi.

    Sicuramente il mio viso mostrò lo stupore provocato dalla frase, perché il sacerdote aggiunse sedendomi accanto, sulla panca: Da parecchio tempo non ci vediamo ma se mi osservi bene puoi riconoscermi, nonostante la mia vecchiezza. Proseguendo: "Avevo preso i voti da qualche settimana e tu eri appena nato, quando i tuoi genitori ti portarono qui, in Santa Maria Formosa, per farti battezzare. Ricordo che era l’ottobre 1712.

    Da allora, ti ho sempre seguito.

    Con gli altri monelli del sestiere venivi a giocare su questo 'campo' e intanto iniziavi ad apprendere i fondamenti della pittura sotto la guida del tuo dispotico fratello maggiore: Gianantonio che aveva ereditato la bottega di pittore da tuo padre, morto quando tu avevi solo quattro anni.Poi, in un sussurro: Mi dispiace che le complicazioni del parto si siano portate via il tuo ultimo figlio e subito dopo anche tua moglie".

    Abbassai lo sguardo.

    Fissavo il pavimento come se lì avessi dovuto trovare la risposta. Quindi, mormorai: In questo periodo ho l’impressione di essere stato abbandonato da Dio.

    Di certo il canonico percepì la mia tensione, perché squadrandomi: Nelle difficoltà puoi scorgere l’amore di Dio.

    Lo guardai dubbioso e piantando i piedi quasi che fossi sull'orlo di un precipizio, chiesi: Dov'è in questi atti ilsuoamore?

    Con un brillio negli occhi: Chi possiede una fede profonda ha ribattuto lo scorge nel modo di rispondere o reagire ai problemi che la vita si trascina dietro.

    Siccome continuavo a rimanere muto, disse: Le cose accadono, Francesco Successivamente, pressoché baldanzoso: Ripensa a cosa hai fatto in questi anni. Hai amato, una donna che ti ha ricambiato. Uno dei tuoi figli segue, con profitto, le tue orme artistiche. Hai avuto ĺa soddisfazione di vedere riconosciuto il tuo talento pittorico.

    Qualcuno ringrazierebbe ilSignore anche per una sola di queste cose".

    Mi fu difficile ascoltalo. Davanti al suo entusiasmo provai fastidio e per pura garbatezza non gli risposi male.

    Poiché non avevo proprio voglia di parlare dei mille problemi che mi angustiavano, dichiarai: "Adesso dipingo ritratti di leziose gentildonne desiderose di apparire affascinanti e nobiluomini che mostrano un inconsueto cipiglio battagliero. Sapete, rendono bene! Inoltre mi dedico ai paesaggi e agli scorci della città. Questi dipinti sono molto richiesti dai visitatori stranieri che vengono a Venezia, passano a Firenze, poi vanno a Roma, Napoli. Insomma da coloro che girano l’Italia per riscoprire il senso estetico del passato.

    Mi sono inserito in questo fiorente mercato delle riproduzioni, approfittando dell’assenza del vedutista per eccellenza: il Canaletto, mio maestro, attualmente trasferitosi in Inghilterra.

    Mi rattrista ciò che mi dici, proseguendo: "Hai messo il tuo genio pittorico a servizio del denaro?

    L’apprendistato come pittore sotto la guida del tuo autoritario fratello Gianantonio più grande di tredici anni, si è rivelato difficoltoso per te. Tuttavia le sue imposizioni, i suoi controlli tirannici, i suoi condizionamenti non hanno impedito alla tua valentia di manifestarsi, dato che sei riuscito farti ammirare, benché la gente abbia conosciuto i tuoi dipinti giovanili come lavori dei fratelli Guardi. E andò avanti: Le tue prime vedute e i tuoi ‘capricci’ hanno dissolto ogni dubbio riguardo a chi dei due attribuire quei quadri. Infatti si resta incantati davanti alle tue tele, sia che raffigurino immagini simbolo della nostra epoca come ‘Il parlatorio delle monache di S. Zaccaria’, oppure angoli di questa città, o scene di festa come ’Il doge sul bucintoro presso la riva di S.Elena’.

    Le tue pennellate, attraverso i frizzanti impasti di colore e la luce, creano atmosfere che accendono incantevoli suggestioni.

    In conclusione, esse rivelano il tuo ingegno nella scelta dei temi e delle raffigurazioni".

    Quelle parole ridussero il mio malumore.

    Mi sentivo infiammato come la prima volta che ho toccato il seno di una donna. Per cui mormorai: Come fate a sapere tante cose sui miei quadri?

    Ridendo: Francesco, non sono un eremita ma un prete che rifiuta la mondanità festaiola.

    L’allegria di quel vecchio religioso sgretolò ogni mio cruccio, scacciandoli. Così, mi ritrovai con lo spirito risollevato.

    Gli smorti bagliori giallognoli che filtravano dai rosoni e i rumorosi borbottii dello stomaco dell’ecclesiastico mi fecero capire che era tardi. Quindi dando la parola che sarei ritornato presto, mi avviai verso l’uscita.

    Il crepuscolo aranciato che vidi dalla soglia, m’invogliò a passare sul‘campo’ che mi si apriva di fronte e dove una volta abitava la mia famiglia.

    Da bambino mi piaceva sfiorare quelle pietre, immaginando la vita che tanti anni addietro le aveva ravvivate.

    All'improvviso un'idea mi pervase: con colori, luci, tratti fascinosi e suggestione io rappresenterò la storia, l’architettura di questa città. Le mie immagini della vita brulicante, delle gondole e dei rematori testimonieranno la gioia che ha animato la vita qui.

    EGERIA

    Bello il mio nuovo vestito, Vero?

    Come?

    Sei sorda? E ripete Egeria: Ho chiesto se ti piace il mio vestito.

    Tu, starai diventando sorda sibila inviperita tua cognata, continuando con le gote rosse

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