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1800-1910 I Savoia alla reggia di Racconigi. Un secolo di interazioni tra la monarchia e il paese.: Il Trattato di Racconigi
1800-1910 I Savoia alla reggia di Racconigi. Un secolo di interazioni tra la monarchia e il paese.: Il Trattato di Racconigi
1800-1910 I Savoia alla reggia di Racconigi. Un secolo di interazioni tra la monarchia e il paese.: Il Trattato di Racconigi
E-book151 pagine1 ora

1800-1910 I Savoia alla reggia di Racconigi. Un secolo di interazioni tra la monarchia e il paese.: Il Trattato di Racconigi

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Gian Luca Cossari confessa che a suggerirgli l'argomento di questo lavoro sono stati i festeggiamenti per il Centocinquantesimo dell'Unità d'Italia e per Torino Capitale. L'analisi si incentra sul ruolo dei Savoia in Italia, e particolarmente del ramo Savoia-Carignano, e si sofferma in particolare sull'accordo italo-russo del 1909, stipulato a Racconigi nel tentativo di scongiurare la prima guerra mondiale.
Cossari osserva che la fine della monarchia segnerà anche la fine dei rapporti dei Savoia con Racconigi: Umberto II sarà l'ultimo a far visita alla Reggia nel maggio del 1946.
Nella conclusione della sua ricerca l'autore sottolinea come il trattato di Racconigi si sia rivelato, alla luce delle sue indagini, contraddittorio e fragile nelle relazioni internazionali in cui era maturato. Essendo segreto, il testo dell'accordo non venne mai rivelato ma, quattro giorni prima, era stato stipulato un altro patto segreto con l'Austria, all'insaputa della Triplice Alleanza, cosa che dimostra la diffidenza e l'insicurezza dell'Italia in questi frangenti.
LinguaItaliano
EditoreNòel
Data di uscita12 lug 2018
ISBN9788828355366
1800-1910 I Savoia alla reggia di Racconigi. Un secolo di interazioni tra la monarchia e il paese.: Il Trattato di Racconigi

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    Anteprima del libro

    1800-1910 I Savoia alla reggia di Racconigi. Un secolo di interazioni tra la monarchia e il paese. - Gian Luca Cossari

    Note

    Tavole

    Tabella I - La Seconda Guerra Mondiale in cifre [1]

    Tabella II - La Prima Guerra Mondiale in cifre [2]

    Taella III - Dettaglio perdite nella Prima Guerra Mondiale [3]

    Tabella IV – Dettaglio perdite altre potenze [4]

    Tabella V – Conteggio perdite Alleati e Imperi Centrali [5]

    Tabella VI - Le tappe del Risorgimento: verso l'Unità d'Italia [6]

    Tabella VII - L'Italia Unificata [7]

    Tabella VIII - Prima e dopo l'Unificazione [8]

    Prefazione

    Il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole Hegel.

    Con questa affermazione, Hegel sostiene che la guerra preserva i popoli dalla fossilizzazione alla quale li ridurrebbe una pace durevole o perpetua [⁹] , quella utopisticamente ipotizzata da Kant [¹⁰] .

    Tale concezione ha per protagonisti i popoli; gli individui non sono consapevoli della finalità della storia, essi sono strumenti dell'agire universale dello Spirito: Hegel definisce questa dinamica astuzia della ragione.

    Nello stato di natura la guerra è inevitabile fra le nazioni, quindi i vari Stati saranno sempre in guerra fra loro e naturalmente questo comporta Stati dominanti e altri sottomessi. Ogni Stato pensa di fare i propri interessi, ma in realtà segue soltanto lo Spirito del proprio tempo ed è giusto che gli Stati forti dominino su quelli sottomessi e soltanto la guerra può decidere i vari rapporti fra gli Stati.

    Secondo Hegel, quindi, non esiste un organismo superiore in grado di regolare i rapporti interstatali e di risolvere i loro conflitti. Il solo giudice è lo Stato universale, cioè la Storia, la quale ha come suo momento strutturale, la guerra [¹¹] .

    Naturalmente, sono conscio del fatto che l'idealismo tedesco e quello italiano sono molto diversi, così come le realtà reali \ imperiali che li caratterizzano. Hegel pensava che la realizzazione tedesca a lui contemporanea fosse la massima realizzazione possibile dello Spirito oggettivo e, sì, che la guerra fosse una sorta di purificazione, ma volta alla realizzazione dello Spirito, non della realtà umana. Se si crea un ponte ideale tra la concezione della storia in Hegel e gli eventi storici cui l’argomento di questa tesi fa riferimento, soprattutto, se si fa propria l’argomentazione che non rientrasse nei piani dei regnanti italiani combattere una battaglia che uscisse dai salotti della diplomazia, allora si può affermare che, malgrado gli sforzi, ai Savoia non è stato possibile evitare la guerra perché c'è un'idea superiore che persegue la propria realizzazione.

    L’idea superiore secondo me parte dalla Restaurazione e dai cambiamenti che voleva l’Europa. La spinta espansionistica di tutti aveva fatto cessare gli equilibri degli stati che avevano fame di potere. Così è superfluo dire che il fatto scatenante fu l’uccisione dell’arciduca da parte di un serbo; in realtà fondamentali erano le mire espansionistiche nei Balcani (vedi accordi italo - russi e italo - austriaci), le mire dell’Italia in Africa dopo gli accordi con altre potenze. Per questo scoppiò la guerra, e nonostante i trattati che miravano alla pace, in tutta Europa si preavvertivano due avvisaglie: che la guerra fosse solo questione di tempo e che si sarebbe fatta.

    INTRODUZIONE

    I festeggiamenti per il Centocinquantesimo dell’Unità e per Torino capitale mi hanno sollecitato a focalizzare l’argomento del mio lavoro nel periodo risorgimentale; nello specifico, ho pensato al ruolo delle residenze piemontesi per il casato regnante e per la politica internazionale che in quel momento Cavour stava intessendo. Per questo I Savoia alla Reggia di Racconigi è il titolo che risponde agli aspetti brevemente accennati.

    Quest’analisi muove dallo studio del ruolo dei Savoia in Italia e in particolare del ramo Savoia - Carignano in un secolo di interazione tra questa dinastia e Racconigi, e si sofferma in particolare sull’accordo italo - russo del 1909 stipulato a Racconigi nel tentativo di scongiurare la prima guerra mondiale. Saranno studiati soprattutto gli aspetti economici, politici e sociali del paese in quel periodo; successivamente sarà analizzato il ruolo di Vittorio Emanuele III, sino alla proclamazione della Repubblica.

    La fine della Monarchia ha significato anche la fine dei rapporti con Racconigi, infatti, sarà Umberto II a compiere nel Maggio del 1946, l’ultima visita alla Reggia.

    Contingenza anteguerra e sviluppo del primo conflitto mondiale

    Agli inizi del Novecento assistiamo, in Europa, a una situazione di pace. Tuttavia, emergono elementi di decadenza: in primis le due crisi marocchine con la Francia a causa dell’espansionismo tedesco e, parallelamente, il crescere dei nazionalismi, cosicché tutti gli stati incrementano la produzione di materiale bellico.

    Dopo Crispi (1897-1906), l'Italia risultava un paese privo di una struttura produttiva e privo di un’organizzazione militare adeguata per sostenere una politica estera aggressiva. Difatti la politica di Crispi si rivelò avventata invece che aggressiva tanto da essere definita una parentesi di megalomania. La sconfitta di Adua spense sul nascere l’ambizione a grande potenza e fino alla Guerra di Libia la classe dirigente del Regno ritornò a una politica estera più tradizionale.

    Gli obiettivi principali dei governi futuri saranno: la liquidazione del disastroso tentativo coloniale e il riavvicinamento alla Francia, tenendo saldi i rapporti di alleanza che legavano l'Italia alla Germania e all'Austria-Ungheria, insomma, una politica estera di pace e di amicizia.

    L’Italia non poteva competere con le altre potenze europee nella conquista di imperi coloniali, soprattutto per mancanza di forze economiche e militari ma di questo, gli uomini politici più concreti, ne erano coscienti. Infatti, risultavamo essere ultimi fra le grandi potenze europee e una politica moderata poteva difendere i nostri interessi alla luce del modesto prestigio. I ministri degli esteri che si succedettero dopo Crispi, cioè Visconti - Venosta, Prinetti, Guicciardini adottarono dunque queste misure.

    Visconti - Venosta, che era stato ministro degli esteri dal 1869 fino al 1876, quindi, fino alla caduta delle Destra, tornò agli Esteri con Rudinì e vi restò fino al febbraio 1901. Egli, a suo tempo, si era opposto all'alleanza con la Germania, ed ora era considerato l’uomo giusto per realizzare un ricongiungimento con la Francia, dopo i rapporti di contrasto nel periodo crispino. Coerentemente al nuovo indirizzo di politica estera, liquidò la politica coloniale sostenendo che:

    le imprese coloniali non si possono considerare indipendentemente dalle condizioni e dai mezzi che sono loro necessari per renderle possibili e proficue. Queste condizioni e questi mezzi sono l'iniziativa ed il concorso del capitale privato, una bilancia dello Stato che conceda le spese necessarie perché le occupazioni coloniali non rimangano sterili e senza valore, e soprattutto l'appoggio del paese, perché, se vi è una politica che per essere seriamente condotta e praticata richiede il favore dell'opinione pubblica, questa è la politica coloniale.

    Visconti – Venosta offrì un forte sostegno alla politica estera con gli accordi [12] sulla questione tunisina e sul trattato commerciale; inoltre, concluse le trattative relative al problema della Tripolitania e Cirenaica per le espansioni

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