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Nuda Storia Antica
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E-book381 pagine3 ore

Nuda Storia Antica

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Volevo vedere le vite degli uomini. Capire il grandioso fenomeno in cui Homo sapiens si è impegnato e che travolge il pianeta e lui stesso. Analizzando i grandi eventi e personaggi sul piano concreto e sul piano ideale, strutture sociali e culture fino alla storia come evento globale. Usando il metodo della classificazione proprio delle scienze naturali: analizzare i dati, comparare, sistemare, intravedere le regole e giungere al modello congruente ai dati che ci fa capire cosa e perché accade, quale fenomeno globale sta accadendo e in cui siamo tutti inseriti.NUDA STORIA perché capire la storia è capire noi stessi.

Libro 1 - NUDA STORIA ANTICA Perché Nascono lo Stato e la Democrazia

Analizza l’origine della storia, le società primitive, le antiche civiltà agricole e mercantili nella loro natura gerarchica o privatista, le orde barbare. Mutamenti economici, politici, sociali e culturali che infine conducono al medioevo.

LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2014
ISBN9786050337716
Nuda Storia Antica

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    Nuda Storia Antica - Roberto Bani - Niccolò Bani

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    Nuda Storia

    Volevo vedere le vite degli uomini. Capire il grandioso fenomeno in cui Homo sapiens si è impegnato e che travolge il pianeta e lui stesso. Analizzando i grandi eventi e personaggi sul piano concreto e sul piano ideale, strutture sociali e culture fino alla storia come evento globale. Usando il metodo della classificazione proprio delle scienze naturali: analizzare i dati, comparare, sistemare, intravedere le regole e giungere al modello congruente ai dati che ci fa capire cosa e perché accade, quale fenomeno globale sta accadendo e in cui siamo tutti inseriti.

    Nuda Storia perché capire la storia è capire noi stessi.

    Libro 1

    Nuda Storia Antica

    Perché Nascono lo Stato e la Democrazia

    Analizza l’origine della storia, le società primitive, le antiche civiltà agricole e mercantili nella loro natura gerarchica o privatista, le orde barbare. Mutamenti economici, politici, sociali e culturali che infine conducono al medioevo.

    In copertina

    Scuola di Atene di Raffaello Sanzio - Bisonte dipinto a Altamira

    Indice

    MENTE idee < > parole < > dialoghi CULTURA

    PSICHE motivazioni < > azioni < > relazioni SOCIETÀ

    1 - Primitività

    Primitività

    Preistoria

    Nambikwara

    Arapesh

    Sioux

    Irochesi

    Polinesiani

    Preistoria

    Regno Animale

    Tipo Cordati

    Sottotipo Vertebrati

    Classe Mammiferi

    Ordine Primati

    Famiglia Ominidi

    Genere Homo

    Specie Homo sapiens

    1.Antropogenesi

    Papà mira los toros! Esclama Maria che ha nove anni, suo padre alza gli occhi in alto e decine e decine di figure di cervi e bisonti rossastri corrono sul soffitto. È il 1875 e il conte Marcelino de Sautuoia, informato da un cacciatore che vi era scivolato dentro, resta stupito nel grande antro, 9 per 18 metri, tempestato di vivaci figure. La grotta di Altamira nei monti Cantabri è stata dipinta circa 12000 anni fa dai preistorici che ci hanno lasciato Lascaux e altre pareti dipinte nonché sepolture, barche, arco e freccia, propulsore e molti altre produzioni a dimostrare un’attività mentale innovativa e dalle enormi potenzialità.

    Homo sapiens, nome e posizione sistematica scelti da Carlo Linneo e ben appropriati per indicare la nostra peculiarità di diversi ma in continuità nel regno animale, parte integrante del vasto universo dei viventi, venne e portò la sua radicale rivoluzione.

    Genesi remota come per ogni specie attuale, ben oltre l’ominazione che è solo ultimo pur decisivo tratto della formazione umana, che segue il distacco dal ramo che porta al gorilla, scimpanzé, orango. Guardando alla posizione è luminoso come tutti i viventi siano nostri parenti più o meno stretti avendo percorso tratti comuni lungo la linea che ci ha generati. Nel rigoglioso albero della vita il tronco iniziale dei batteri fu unico e generò i rami grandi dei Regni via via biforcati nei più particolari rami, molti oggi solo fossili e altri terminano nelle specie attuali. Gran parte dell’antropogenesi coincide con quella degli altri Primati, in particolare appunto con le scimmie antropomorfe: i DNA uniti per milioni di anni per poi seguire una tardiva divergenza. Comparando il DNA mitocondriale o quello nucleare, o l’emoglobina o altre proteine, la biologia molecolare ci dice che sono in comune per il 98 % tra uomo e scimpanzé, da cui la notevole parentela. Se la comparazione si distende nel tempo nel cosiddetto orologio molecolare il punto di biforcazione si pone a circa 6 Ma o milioni di anni fa: all’epoca deve essere vissuto l’antenato comune da cui le loro filogenesi prendono a divergere; la separazione col gorilla risale a 7-8 Ma, con l’orango addirittura a 14 Ma.

    L’intera storia è costellata di progressi che hanno forgiato il nostro corpo e il nostro presente. Guardatevi allo specchio e pensatevi: ogni vostra parte ha origine in un qualche antenato e in un qualche tempo. Noi siamo, come ogni vivente, frutto dei progressi passati codificati nel DNA. Dagli Animali ereditiamo la particolare biochimica cellulare eterotrofa, dai Vertebrati scheletro e generale organizzazione corporea, dai Mammiferi mammelle, utero e riproduzione, peli, sangue caldo e altro. Da mammiferi insettivori vennero i Primati come proscimmie che s’arrampicano però usando gli unghioni non avendo ancora il pollice opponibile che appare con le scimmie circa 50 Ma. Esse ci portano gli arti prensili o mani, gli occhi frontali che consentono di valutare la distanza delle cose, un cervello più ampio: si erano adattate alla vita arboricola, a arrampicarsi e saltare tra i rami cibandosi di frutti, insetti e piccoli animali. Si giunge così agli antropoidi o scimmie antropomorfe.

    Ominidi è famiglia sistematica comprendente noi e gli antropoidi attuali ma pure tutti i fossili affini ormai numerosi e finemente variegati. I grandi passi sono tracciati su cinque generi o raggruppamenti.

    Driopithecus scimmie già prossime all’uomo che dai 15 ai 5 Ma vagavano in gruppi tra Africa, Europa e Asia; originate presso la rift valley africana da lì si sparsero in varie specie dando pure il Proconsul africano e il Sivapithecus indiano. Erano quadrumani dall’aspetto di antropomorfe, che appunto da loro provengono.

    Preanthropus forme di transizione verso la savana con pochi resti ancora di non facile collocazione, con Sahelanthropus tchadensis (7-6 Ma), Orrorin tugenensis (6 Ma), Ardipithecus karabba (5,8 Ma), Ardipithecus ramidus (4,4 Ma) che compie il passo successivo.

    Australopithecus anamensis (4,2-3,9 Ma) ne viene A. afarensis (4-3 Ma) da cui A. africanus (3-2 Ma; 400-450 cc). Bipedi per arti inferiori non più prensili ma umani, adatti per camminare e correre nel nuovo ambiente della savana. Divenuta famosa per lo scheletro trovato quasi completo, Lucy era giovane femmina di Australopithecus afarensis che avremmo visto vivere e correre nell’erba niente più che come uno scimpanzé bipede. Erano adatti alla prateria ma con livello intellettivo ancora simile alle antropomorfe; si nutrivano di carcasse, magari scacciando i felini che le avevano abbattute: vista binoculare e mano prensile faceva-no loro scagliare sassi e usare bastoni come fanno gli scimpanzé.

    Paranthropus aethiopicus (2,5 Ma), P. robustus (2-1,6 Ma) e P. boisei (2,2-1,2 Ma) detti anche australopitechi robusti presentando grossi molari e un poderoso sviluppo della muscolatura masticatoria, testimoniato dall’ampia arcata zigomatica sotto cui passa il massetere e la cresta sul cranio per il più ampio attacco dei muscoli. Adattamento vistoso per nutrirsi delle dure erbe della savana.

    Homo proviene d a Australopithecus africanus . Fino ad ora la capacità cranica, quindi il volume encefalico, è rimasto quello dello scimpanzé cioè intorno ai 400 cc ma ora prende a impennarsi in una decisa progressione. Homo habilis (2,4-1,6 Ma; già con 610 cc di volume endocranico) compare ne lla rift valley ma ne viene sia il più meridionale H. rudolfensis (2,4-1,9 Ma; 750 cc) sia H. georgicus (1,8 ma; 600 cc) trovato con diversi esemplari nella zona del Caucaso. Segue quello che sarà l’asse portante dell’evoluzione africana Homo ergaster (1,8-0,9 Ma; 800-900 cc) da cui presto sorge H. erectus (1,8-0,05 Ma; 900-1150 cc) grande migratore con qualche esemplare pure in Italia, uomo di Ceprano, e molti in oriente addirittura differenziato in razze come il pitecantropo (letteralmente scimmia-uomo) a Giava e sinantropo in Cina. La grotta di Ciu Ku Tien presso Pechino ha restituito molti scheletri, ceneri e ossa animali dimostrando di essere stata a lungo un suo accampamento. Più tardi da ergaster viene antecessor (0,8 Ma; 1000 cc) dai numerosi fossili in Spagna e che presumibilmente origina l’uomo di Heidelberg in Germania H. heidelbergensis (0,6-0,2 Ma; 1100-1400 cc) da cui verrà H. neanderthalensis (0,2-0,03Ma; 1300-1700 cc) dal fisico massiccio, grosso naso e grande cacciatore tra Europa e Iraq. Probabilmente uomini di Heidelberg migrarono a sud in Africa dando origine a Homo sapiens (0,2 Ma ad oggi; 1400 cc). È certo che tutti scheggiassero i ciottoli, con evoluzione dal chopper bifacciale all'amigdala a lame finemente lavorate; i resti sono accompagnati da ceneri e ossa animali bruciacchiate a indicare uso del fuoco e cottura del cibo.

    Si narravano leggende in alcune isole dell’Indonesia di piccoli ometti che vivevano nelle foreste uscendo per rubare cibo e oggetti ai bambini. Come sempre sembrano pure novelle finché nell’isola di Flores non vengono scoperti, a metà del 900, i resti di alcuni individui detti Homo floresiensis , vissuto tra i 95.000 e i 18.000 anni fa, alto circa un metro e con cervello di soli 380 cc. Troppo umano per essere scimmia, è probabile residuo o ramo cieco di qualche gruppo di erectus segregatosi in quei minimi ambienti. Ultimi a fare la fine di tutte le altre forme di australopitechi, ergaster, erectus, neanderthal, sparsi sul pianeta e scomparsi sotto la travolgente espansione di Homo sapiens , che non deve essere stata priva di scontri nei quali la sua genialità è prevalsa.

    Ominazione è quindi processo che forma molte specie di cui resta solo Homo sapiens , e non a caso. Albero fruttuoso di rami tutti morti fuorché il nostro, sempre sotto pressione selettiva che spinge a adattarsi a sempre più variegati habitat. Con interessante relazione tra alcuni parametri in trasformazione.

    Ambiente culla della futura umanità fu la grande foresta equatoriale che uniforme ammantava l’Africa da est a ovest, ricca di vita e di scimmie adattate alla vita arboricola, a arrampicarsi e saltare tra i rami cibandosi di frutti, insetti, piccoli mammiferi. Ma la deriva dei continenti, oltre a formare la rift valley , cambiò la distribuzione di terre e mari modificando i venti; al clima umido della prima parte del terziario seguì il progressivo inaridimento con arretramento del manto forestale e sempre più ampie zone erbose. Era comparsa la savana: la foresta si frantumava in boschetti, gruppi di alberi, col destino di andare a savana alberata e poi a erbosa, ai bordi tropicali degradando a sahel e infine deserto. Ciò accadde a est mentre a ovest presso l’equatore restò la foresta. Gli animali dovettero scegliere: in parte seguirono le foreste come appunto le scimmie, altri si misero a popolare il nuovo ecosistema, così la savana alberata si coprì di antilopi, bovini, equidi, canidi, felini e appunto australopitechi nell’est Africa. Se i driopitechi restando nelle foreste originano le antropomorfe, i preantropi Orrorin e Ardipithecus già vivono ai bordi per poi dare Australopithecus di cui afarensis sarà assai diffuso. Le foreste offrono numerosi nascondigli e ripari dai predatori così favorendo animali piccoli e solitari, le savane povere di coperture selezionano invece verso la maggior mole per essere più forti e mobili, e non più solitari ma uniti in gruppi. Perciò alla iniziale evoluzione verso l’ambiente forestale che alle scimmie creò la mano, visione binoculare e un certo psichismo, seguì l’evoluzione negli ampi spazi erbosi che fu l’ominazione.

    Bipedismo : sempre più si alzò sugli arti posteriori che si specializzano per il solo camminare con notevoli modifiche dello scheletro dal bacino alla posizione del cranio sulla colonna di vertebre. Era favorito chi più agevolmente traversava gli spazi erbosi tra un bosco e l’altro, si alzava sulla vegetazione erbacea e vedeva lontano. Ciò liberava la scimmiesca mano prensile per usarla in modo ben più potente dell’arrampicarsi: unita alla vista frontale ora dirigeva il sasso, più tardi il giavellotto e la freccia contro una preda o un nemico. Ancora l’avanzare della savana impone un nuovo bivio che da Australopithecus africanus vedrà il divergere tra chi si adatta a nutrirsi delle erbe dure, le graminacee, e ne viene il Paranthropus dai massicci molari e muscoli masticatori e chi si mette a mangiare chi mangia le erbe e ne viene Homo. Quindi gli avi passarono da frugivori, mangiatori di frutti nelle foreste, a saprofiti o mangiatori di carcasse trovate nella savana, a predatori; anche lo scimpanzé talora uccide e mangia un babbuino o una giovane antilope, ma fin da Homo habilis la caccia divenne economia usuale e impose ulteriori progressi.

    Migrazione e non più semplice espansione connota Homo che metodicamente prende a spostarsi per via terrestre, cui la nostra specie aggiunge trentamila anni fa quello con imbarcazioni per cui passa in Australia, Oceania, America dove altri ominidi non giunsero mai. La separazione geografica sempre diversifica i gruppi di una specie che col tempo diventano razze, note in erectus e neanderthalensis.

    Encefalo fino a australopitechi e parantropi era rimasto a livello delle antropomorfe mentre nel genere Homo si assiste al travolgente incremento. Per ottimamente palesarlo svolgo il confronto con animali dal peso corporeo circa il nostro o a questo rapportato: il volume endocranico passa dai 50 centimetri cubi del rettile ai 150 di un basso mammifero ai 450 di scimpanzé e australopiteco; quindi ai 600-700 di H. habilis , ai 1000-1200 di H. erectus ai 1400-1500 di Neanderthal e Sapiens. Per questi l’incremento dai rettili è di trenta volte e dai bassi mammiferi di dieci volte: la nostra potenza intellettiva risiede in quelle nove volte in più. Così alle già consistenti facoltà mentali e psichiche delle scimmie, il notevole salto di volume cerebrale aprì agli occhi illimitati orizzonti, alle mani innumerevoli possibilità di manipolare oggetti, alle gambe dette tutte le direzioni del mondo.

    Quali la causa determinante e il decisivo risultato?

    Causa fu la pressione del mutamento ecologico che portò alla stazione eretta: ma per adattarsi alla savana fu agli ominidi sufficiente il livello cognitivo dello scimpanzé. Causa umana fu la spinta a migrare, per intraprendenza, curiosità, avventura, certo premiata dal trovare nuovi branchi per la sua attività di cacciatore: gruppi umani sempre più numerosi e forti potevano sussistere purché spostandosi in territori di caccia più densi di prede. Ma la migrazione porta in nuovi ambienti, con nuovi animali, piante, climi, situazioni che impongono cambiamenti di registro mentale: tutto un sistema mentale, sapere e pensare, si è adattato ad un habitat quando deve essere messo da parte per uno nuovo. E ciò richiede ampio sviluppo di aree di memoria-conoscenza e di razionalità; aree cerebrali che sempre più crebbero nel genere Homo come mostrano i fossili: questi nostri stretti parenti, dall’habilis al neanderthal, dovevano padroneggiare il pensiero proprio delle operazioni concrete, riferendomi a Jean Piaget e come ho già trattato in Pensare Cosmico . Ma la necessità di spesso innovare i contenuti mentali, che avveniva in modo contingente col passare tra habitat, quale miglior soluzione poteva avere se non di essere prodotta all’interno grazie all’ingegno, genio, creatività.

    Era l’evoluzione finalizzata? Era destino biologico che si arrivasse al sapiens per restare lui solo della ricca ramificata ominazione? Forse. Perché proprio la selezione ecologica che vaglia gli ominidi a adattarsi alla novità della savana e poi gli umani a migrare e sapersi mentalmente adattare a sempre più variegati habitat, cresce il cervello finché questo dal suo interno è in grado di innovare, di produrre in sé pensieri nuovi, innovativi, creativi addirittura sugli ambienti fino a cambiarli. In questo processo dove gli arnesi e le armi sono anzitutto mentali è vistoso che la selezione ecologica trova il culmine generando Homo sapiens, animale a cui pensiero astratto e creatività consentono di adattarsi a, quasi, tutti gli ambienti e ancor più di modificarli per adattarseli. Ma vediamo quel preludio alla storia che è il suo diversificarsi e diffondersi sul pianeta.

    2.Razze e Diffusione

    Si classificano nei due grandi sottoinsiemi di antiche e recenti. Le razze antiche sono insieme eterogeneo con poche migliaia di membri ciascuna e residuo di differenziamenti che si perdono nella notte dei tempi. I pigmei del Congo e gli affini negritos di alcune zone a sud dell’Asia, con pelle scura ma non nera e proporzioni infantili anche negli adulti, vivono nelle foreste che ne hanno favorito la riduzione di statura. I boscimani nei semideserti del Sudafrica ma che ancora diecimila anni fa occupavano l’intera Africa, con pelle giallina, faccia appiattita e taglio degli occhi simile ai mongoli; le donne presentano depositi di tessuto adiposo su natiche e pancia (steatopigia), fatto arcaico assente nelle altre razze. Però quasi tutta l’umanità appartiene alle razze recenti, tra loro imparentate.

    Europidi , europoidi o indoeuropei, dalla faccia appiattita, naso alto e stretto, capelli lisci, ondulati o ricciuti. Il colore dei capelli, occhi e pelle dipende dalla melanina che è scarsa tra nordici e slavi, di pelle chiara spesso biondi e con occhi azzurri, mentre abbonda nelle sottorazze meridionali dai capelli e occhi neri e pelle olivastra o scura. Quindi razza piuttosto eterogenea, diffusa dal circolo polare all’equa-tore dati i suoi caratteri variabili, tra cui il poter adattare il contenuto di melanina della pelle alla quantità di radiazioni solari nel dare la ben nota abbronzatura.

    Li troviamo in Europa come nordici, mediterranei, slavi, in Nord Africa i berberi e arabi, in Asia fino all’Himalaya come arabi, persiani, indù; proprio nelle regioni tra mediterraneo e India sorgono agricoltura e pastorizia seguite dalle prime civiltà. C’erano una volta pure a sud della Cina fino al Giappone ma furono cacciati dall’arrivo di popoli di razza mongolica per cui gli ainù rimasero isolati nell’isola di Okkaido mentre i polinesiani migrarono dall’Indocina all’Indonesia e poi in Micronesia dove svilupparono tale notevole abilità nella navigazione di alto mare da popolare l’intera Oceania . Ancora per pressioni migratorie gli australoidi o aborigeni australiani, affini ai munde dell’India, presero a migrare fino ad arrivare in Australia .

    Negridi o negroidi o neri hanno corporatura atletica, talora prognatismo, e i tratti tipici dell’adattamento agli spazi caldi e solari della savana. La necessità di disperdere calore ha favorito l’aumento della superficie cutanea dando forma snella al corpo, braccia e gambe relativamente lunghe, testa allungata o dolicocefala, torace largo e labbra carnose; il naso largo migliora la ventilazione polmonare che così meglio disperde il calore interno. Se la protezione dal sole è svolta dalla pelle nera per deposito di melanina nello strato più basso dell’epidermide, cellule di Malpighi, più che in ogni altra razza, la testa è riparata dai capelli crespi e sollevati per disperdere il sudore, ottenendo l’effetto di una copertura protettiva però arieggiata.

    Si sparsero in Africa relegando infine i boscimani nel Kalahari, e si presentano in due sottorazze: sotto il Sahara la nilotica con etiopi e somali risulta meno differenziata e più somigliante alle altre razze, tra centro e sud del continente la bantù ha specializzazione massima per l’ambiente caldo e soleggiato della savana.

    Mongolidi o mongoloidi o orientali ebbero origine nella Siberia centrale dove si adattarono al clima gelido. L’ambientazione, opposta a quella dei negridi, li selezionò per meglio conservare il calore riducendo la superficie corporea verso corporatura tozza, braccia e gambe relativa-mente corte e statura un po’ bassa, testa rotondeggiante o brachicefala. Viso piatto con zigomi marcati e naso piccolo mentre la palpebra superiore è coperta da una seconda piega o plica mongolica che cala dall’alto a proteggere l’occhio dal freddo; i capelli sottili sono in numero doppio per unità di superficie cutanea e crescono a velocità doppia rispetto agli europidi, donando alla testa un cuscino protettivo limitante la dispersione del calore. Il colorito giallo della pelle viene dallo strato di grasso nel derma, in questa razza particolarmente spesso facendo da coibentante per ulteriormente limitare la perdita di calore. Si pensi infine che la variante degli eschimesi o inuit è più di ogni altra adattata ai ghiacci grazie a meccanismi fisiologici del tutto particolari e assenti altrove: sudano solo col viso, evitando così le polmoniti che potrebbero insorgere per giorni di marcia senza potersi cambiare di abiti, e fanno affluire più sangue a braccia e gambe se immerse in acqua a zero gradi.

    Si dividono nelle due sottorazze di antichi e recenti. Tribù di cacciatori mongolici antichi, così distinti per i tratti meno marcati, v arcando lo stretto di Bering su lingue di terra e ghiaccio nell’ultima fase della glaciazione di Wurm, giunsero forse 30.000 anni fa in America : nativi americani o amerindi o indios o indiani o pellirosse sono nomi comuni loro attribuiti. Anche se sembra accertato pure l’arrivo via mare di genti imparentate agli ainù in California, polinesiani in Perù, vichinghi in Canada; 2.000 anni fa giunsero palese mente gli eschimesi rimasti confinati ai bordi della calotta artica. Comunque dall’Alaska fino alla Terra del Fuoco si disseminarono tribù dedite a caccia e raccolta poi in parte convertite all’agricoltura già dal 8.000 a.c., in Messico e sulle Ande i mutamenti socio-economici portarono alle civiltà dei maya, aztechi e inca. In Asia il grandioso sbarramento dell’Himalaya separò gli europidi di India e medio oriente e le genti mongoliche che, acquisiti i tratti tipici per prolungato adattamento alle gelide steppe siberiane, si sparsero come eschimesi, tartari, mongoli, cinesi, giapponesi, coreani e vietnamiti.

    Aldilà delle evidenti diversità le tre principali razze umane sono geneticamente assai simili per la recente origine da un unico ceppo circa 40.000 anni fa. Nessuna diversità è tale da poter giustificare il razzismo, fenomeno culturale la cui sola verità sta nella sopraffazione di un gruppo umano su un altro; il resto è falso e fraudolento. In effetti le migrazioni preistoriche furono abbastanza lente da consentire la selezio-ne nei diversi climi incontrati. Ma pure le enormi potenzialità del sapiens si riveleranno in tutte le razze, anche laddove non ci furono contatti culturali: isolatamente nacquero qua e là sul pianeta la coltura del riso, grano, mais, allevamento e commercio, piccole e grandi civiltà.

    Venne il fatidico 1492 e Cristoforo Colombo non scoprì solo l’America ma ancor più dimostrò ai coevi che si poteva traversare l’oceano infinito e tornare a casa: così li spinse su nuove rotte, ricchezze e possibilità. Usando la navigazione oceanica gli europei sono migrati in interi continenti come Australia e America, massacrando gran parte dei nativi e portando in schiavitù i neri. Poi i mezzi di comunicazione sono cresciuti a dismisura e il mondo si è fatto più piccolo: per lavoro, studio o turismo oggi tanta gente di ogni razza si muove, ovunque va e si mescola, anche geneticamente.

    Giorgio Manzi – 2007 L'evoluzione umana. Ominidi e uomini prima di Homo sapiens . Editore Il Mulino, Bologna.

    William White Howells – articolo pubblicato da Scientific American Inc - italiano 1972 La distribuzione dell’uomo nella raccolta L’evoluzione e la specie umana Zanichelli Editore Bologna

    Nambikwara

    Società

    Il visitatore che per la prima volta si accampa nella boscaglia con gli indiani si sente preso da angoscia e pietà dinanzi allo spettacolo di questa umanità così totalmente sprovveduta, schiacciata, pare, contro il suolo di questa terra ostile, da un implacabile cataclisma, nuda, rabbrividente presso fuochi vacillanti … Ma questa miseria è animata da bisbigli e da risa. Le coppie si stringono come nella nostalgia di una unità perduta; le carezze, tenere e candide insieme, non si interrompono al passaggio dell’estraneo. Si indovina in tutti una gentilezza immensa, una profonda tranquillità, un’ingenua e incantevole soddisfazione animale, e, emanante da tutto ciò, qualcosa come l’espressione più autentica e struggente della tenerezza umana. (p.82)

    Si deve lasciare il proprio universo mentale per comprendere quello degli altri, e un trattato di antropologia è prima di tutto la volontà di entrare e farsi coinvolgere nell'umanità degli altri.

    Nel centro del Sud America, Brasile occidentale, vivevano questi indios perduti nella foresta e nel ciclo naturale, impegnati la stagione secca in battute di caccia svolte da gruppi di uomini e la stagione umida nel coltivare manioca, fagioli e tabacco, svolta dalle donne. Vivono nudi, talora con intorno alla vita un filo di perline le donne o un intreccio vegetale i maschi; non hanno capanne o rifugi ma dormono sulla nuda terra vicino ai fuochi notturni disseminati nell’accampamento. Intorno a ogni fuoco c’è, in genere, una famiglia formata dalla coppia iniziale cui si sono aggiunte una o due mogli più giovani, per cui col tempo passano da monogama a poligama, e i loro figli. La prima moglie più anziana resta la più autorevole e regola le mansioni coi figli e con le altre che diventano le prevalenti amanti del marito, senza gelosie perché la prima moglie le ha ben accettate come compagne anzi spesso le esige per dividere con loro lavoro e impegni. I rapporti coi membri degli altri nuclei familiari si mantengono stretti, cordiali e collaborativi, appellandosi come fratelli e sorelle , cugini e cugine , padri e madri , anche quando biologicamente non lo sono. La tribù facilmente si divide in bande di alcune famiglie ognuna che vagano nella foresta per poi riunirsi in certi luoghi formando un accampamento unico; così come al mattino si formano bande di soli uomini per la caccia e di sole donne per coltivare o per raccogliere tuberi e frutti spontanei, preparare la farina grattugiando i tuberi di manioca e che verrà poi cotta come una focaccia. Spesso donne e bambini si recano all'acqua per fare un bagno comune, con abbondanti giochi e scherzi reciproci.

    Nella tribù è riconosciuto un capo, bravo cacciatore e uomo apprezzato per intelligenza e saggezza: gli si chiede di comandare e decidere delle cose comuni. Ma ciò non porta vantaggi e non è affatto un privilegio perché subito gli viene richiesto di essere generoso, di donare volentieri, di essere disponibile alle richieste della tribù e saper sempre decidere al meglio delle cose comuni. In breve di porre al servizio degli altri le sue doti personali.

    La tribù è piccolo gruppo umano che si gestisce al meglio nei cicli della natura, tutti si conoscono molto bene, vivono bene insieme in collaborazione e concordia, e insieme costantemente confermano o rifiutano, semplicemente non seguendolo, colui che hanno scelto per capo. Non hanno bisogno di stato, di istituzioni, leggi e costituzione, di persone timorose dei prossimi tirannelli e perennemente preoccupate di mantenere la democrazia nel suo binario. È comunità che ben si conosce e tranquillamente attua la sua democrazia.

    Claude Lévi-Strauss - 1948 La vie familiale et sociale des indians Nambikwara – italiano 1970 La vita familiare e sociale degli indiani Nambikwara Giulio Einaudi Editore, Torino

    Arapesh

    Società

    Per gli Arapesh il mondo è un campo da dissodare non per sé, non per la propria ambizione, non per accumulare e guadagnarvi sopra, ma perché possano crescervi sopra l’igname, i cani, i maiali e soprattutto i bambini (p.157)

    Vivono di agricoltura sui monti della Nuova Guinea dispersi in tanti villaggi comunicanti tra loro, ognuno è una piccola comunità di alcune famiglie spesso discendenti da un unico capostipite. Ogni famiglia è monogama ma poiché non è bene che una donna viva sola, colei che resta vedova viene presa

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