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La Leggenda degli Occhi Blu
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E-book309 pagine4 ore

La Leggenda degli Occhi Blu

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Info su questo ebook

Arianna Grace adorava la sua noiosa vita nel Midwest, quella vita da adolescente in cui ignorava ogni domanda senza risposta che riguardasse la sua infanzia. Perché i suoi genitori sono morti? Come mai non le è rimasto nessun familiare? Dov'è cresciuta fino all'età di cinque anni? Quando un uomo misterioso si offre di spiegarle ogni cosa, Arianna pensa di riuscire ad ottenere le risposte che merita. Al contrario, viene gettata in un mondo di abitanti della notte che si nutrono di sangue.

Nel giorno del suo sedicesimo compleanno, il mondo di Arianna viene capovolto, trasformandola in un vampiro. I Night Humans, o comunemente chiamati demoni, vivono tranquillamente nella nostra società. Imparare tutte le nuove regole di un mondo che non conosceva potrebbe essere difficile, ma le cose si complicano maggiormente quando due vecchi amici cercano di aiutarla ad accettare il suo ruolo come erede del nonno.

C'è una guerra in corso tra i Night Humans. Ci sono schieramenti e confini non ancora superati. Quattro clan principali stanno lottando per il controllo della notte, conteso tra due schiere: i clan dei Dearg-dul e dei Lycan sono in guerra da secoli con i clan dei Baku e dei Tengu. Almeno finché Arianna non scopre la verità: è lei il ponte che potrà unire in pace le due parti. Ma non tutti vogliono la pace, e con i Night Humans divisi, Arianna sarà solo una pedina nella loro guerra. Toccherà a lei scegliere da che parte stare, se dalla famiglia del padre o dalla parte della madre, e per una volta nella vita dovrà prendere in mano il suo destino.

LinguaItaliano
Data di uscita15 apr 2017
ISBN9781507181188
La Leggenda degli Occhi Blu

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    Anteprima del libro

    La Leggenda degli Occhi Blu - B. Kristin McMichael

    La Leggenda

    – degli –

    Occhi Blu

    Blue Eyes Trilogy – Libro Primo

    (The Night Human World)

    ––––––––

    Scritto da

    B. Kristin McMichael

    Traduzione a cura di

    Paolo Costa

    Sedici anni è un'età di libertà,

    quando finalmente inizi a guidare la macchina.

    Sedici anni sono quelli in cui la mia vita cambiò,

    legandomi per sempre ad un destino che non sapevo esistesse.

    – Ari

    UNO

    ––––––––

    «Zia, io vado!» Arianna chiamò in cucina dalla tromba delle scale. La coda di cavallo biondo scuro balzò su e giù mentre fece un passo indietro per evitare un dipendente di passaggio. La piccola donna dai capelli neri, ferma in mezzo alla folla di persone, pentole sporche e cibo, si limitò ad annuire. Per evitare la folla in anticipo per cena, Arianna corse fuori dalla porta sul retro della tavola calda, nel vicolo. Era venerdì, l'unico giorno della settimana in cui Arianna Grace non doveva aiutare i suoi tutori, zia Lilly e zio Dean, alla tavola calda che gestivano.

    «Non dimenticare di tornare dritta a casa. Dobbiamo andare via a mezzanotte per prendere in tempo l'aereo,» disse un uomo robusto alle sue spalle.

    Arianna annuì brevemente e fece un cenno a suo zio mentre girava l'angolo. Corse alla fermata dell'autobus lì vicino e si rifugiò sotto la tettoia per sfuggire alla pioggia leggera. Le gocce si accumulavano sul tetto di plastica e cadevano per terra mentre aspettava. Dall'altro lato della strada, un uomo anziano, che passeggiava col suo piccolo cane nero, le fece un cenno con la mano mentre veniva trascinato da un cane ancora più piccolo. Ogni venerdì, Arianna prendeva lo stesso autobus per incontrarsi con gli amici al cinema. Mentre la pioggia aumentava, Arianna si precipitò dalla tettoia attraverso la porta aperta del bus in attesa.

    «Ciao Fred,» disse Arianna a Robert, il grosso autista dell'autobus, mentre gli passava accanto.

    «Lo spettacolo delle cinque, Ethel?» Rispose con un occhiolino.

    «Ci può essere di meglio?» Rispose mentre passava accanto ai soliti passeggeri: la ragazza alta dai capelli scuri che vestiva sempre con calze a rete strappate, viola come le sue meches; il giovane calvo e ben rasato, un uomo d'affari in giacca e cravatta; la coppia di anziani coi capelli grigi che ogni venerdì andavano a fare compere vicino al teatro; i due ventenni che sembravano fratelli, diretti verso la palestra per giocare a basket; infine, il biondino simpatico dagli occhi azzurri della sua classe di matematica, che sedeva sempre in un angolo sul fondo.

    Proprio come Arianna, tutti prendevano l'autobus delle cinque per andare al parcheggio vicino al teatro.

    «Cosa faranno oggi?» Chiese il giovane di colore.

    «La scelta tocca a Mary Ellen,» rispose Arianna, seduta alle sue spalle.

    «Penso che scelga una di quelle storie d'amore per ragazzi. Non so il nome.»

    «Qualcosa con le rose penso,» rispose mettendo via le carte d'ufficio non appena prese posto.

    «La prossima settimana tocca a me scegliere,» disse Arianna. «Vedrò di scegliere qualcosa di cruento e pieno d'azione, per compensare il film di questa settimana.»

    L'uomo sorrise e ridacchiò. Per tutti, Arianna era solo una timida quindicenne, ma con i suoi amici era la sé stessa normale e frizzante.

    Mentre si avvicinavano al parcheggio, Arianna si diresse verso l'inizio dell'autobus. «Fred, potresti lasciarmi davanti alla sala prima di svoltare?» L'autista annuì mentre la pioggerella continuava ad aumentare. Le guardò entrambe le mani. «Non ho l'ombrello. Non sapevo che stesse per piovere,» spiegò.

    «Divertiti, ragazzina!» Le rispose mentre fermava l'autobus il più vicino possibile. «Resta asciutta!»

    Arianna sorrise e fece un cenno mentre correva fuori dalla porta dell'autobus e dritta verso il cinema. L'autista le sorrise mentre si allontanava dal marciapiede. Chiunque sull'autobus sapeva che la vita non si era risparmiata con Arianna, ma nonostante tutto era sempre stata una ragazza allegra e cordiale.

    Corse attraverso la porta, in fuga dalla pioggia. Scrutò per tutto l'androne, ma i suoi amici non erano ancora arrivati. Come faceva ogni volta, da quando aveva iniziato i Venerdì Al Cinema con le sue due migliori amiche, Arianna andò al chiosco e ordinò una porzione grande di popcorn e una bevanda piccola.

    Come aveva fatto ogni settimana negli ultimi sei mesi, il giovane dietro il bancone le riempì una ciotola di popcorn prendendola dalla pila vicino alle bevande, invece di quella vicino alla macchina dei popcorn.

    Arianna annuì con la testa mostrando gratitudine, mentre prendeva la ciotola e passava con attenzione la mano sul bordo inferiore. Staccò con cautela il bigliettino lì attaccato e lo infilò nella manica.

    Si sedette infine nella hall, in attesa dei suoi amici. Era ansiosa di leggere il bigliettino, ma doveva stare attenta. L'autore dei bigliettini l'aveva avvertita che se qualcuno avesse scoperto quello scambio, Arianna sarebbe finita in grossi guai. Erano passati più di sei mesi da allora.

    All'inizio, pensò si fosse trattato di uno scherzo fatto dalle sue amiche, ma né Mary Ellen né Tish sapevano di cosa stesse parlando, così decise di non rispondere ai bigliettini. Era ovvio che quella persona conoscesse già Arianna, ma senza sapere chi potesse esserne l'autore, si era limitata a leggere i primi bigliettini. Fu solo quando quella persona le disse che conosceva entrambi i suoi genitori, che Arianna cominciò a prendere seriamente la faccenda.

    Le era rimasto un lieve ricordo del padre, morto quando aveva solo quattro anni, e nessuna memoria della madre, morta il giorno in cui venne alla luce. Nessuno, inclusi i suoi zii, riuscirono a dirle qualcosa sui suoi genitori. Arianna non sapeva nemmeno se i suoi tutori fossero parenti della madre o del padre, ma erano l'unica famiglia che avesse mai incontrato, e non avevano mai accennato alle loro famiglie e ai loro genitori.

    C'era il più totale silenzio sul suo passato, e la mancanza di una vera e propria famiglia infastidiva spesso Arianna, da bambina. Anche se non le dispiaceva per i suoi trascorsi, non poteva fare a meno di interessarsi alle parole di qualcuno che conosceva i suoi genitori.

    I suoi bigliettini di risposta cominciarono con piccole domande per cui Arianna aveva sempre aspettato un chiarimento. Di che colore erano gli occhi di mio padre? Di che colore erano i capelli di mia madre? Era carina?

    Ogni settimana, otteneva le risposte per ogni quesito: azzurri come i tuoi; castano scuro; estremamente carina. E poi di nuovo, pensava ad altre domande.

    La settimana precedente ebbe finalmente il coraggio di chiedere allo straniero di incontrarla di persona. Arianna era consapevole dei pericoli dell'incontrare un perfetto sconosciuto, ma c'erano fin troppe domande lasciate in sospeso e l'autore dei bigliettini aveva tutte le risposte che voleva. Non c'era alcuna domanda nella sua mente a cui non avrebbe saputo rispondere.

    Arianna tamburellò con le dita sulla ciotola piena di popcorn mentre aspettava le sue amiche. Osservò la sala come sempre, studiando ogni persona. L'uomo di mezza età all'angolo, con la camicia blu sbottonata, poteva essere l'autore dei bigliettini? O forse era la donna provocante col rossetto rosso poggiata sul bancone in cerca di cibo gratis?

    Esaminò ognuno di loro nell'attesa, ma non aveva mai visto nessuna di quelle persone più di una volta al cinema. Neanche il ragazzo al bancone era sempre lo stesso.

    «Ehi, terra chiama Ari,» disse Mary Ellen mentre batteva un pugno sulla testa di Arianna. «Ci dovevamo incontrare fuori dal cinema,» le ricordò. «Avremmo pagato noi per te, per il tuo compleanno.»

    Arianna si strinse nelle spalle quando smise di cercare per tutta la sala. «Ma non è ancora il mio compleanno.»

    «È abbastanza vicino,» rispose Tish.

    «Solo quarantotto ore e avrai sedici anni. Ti senti già più vecchia?» La stuzzicò Mary Ellen.

    «Tremendamente,» rispose Arianna. «Presto sarò una vecchia zitella, proprio come te.»

    Mary Ellen finse di aggrottare le sopracciglia.

    «Partirai stasera?» Chiese Tish, seduta accanto alla sua amica.

    «Sì. Ancora non mi hanno detto dove andremo. Hanno detto che sarà una sorpresa,» si lamentò.

    Non le dispiaceva ricevere delle sorprese, ma dal modo in cui agivano i suoi zii, sembrava volessero nasconderle qualcosa di proposito. Arianna odiava i segreti e quello aveva proprio l'aria di esserlo, non di essere una sorpresa.

    «Be', sei ancora una bambina,» le disse Mary Ellen, accarezzandole la testa. «I bambini non hanno bisogno di sapere i dettagli.» Sorrise cercando di prendere la situazione in scherzo.

    Chiunque pensava che Arianna fosse più piccola di diversi anni, per via della sua altezza.

    «Parli proprio tu. Hai solo due settimane in più di me. Posso anche essere più bassa, ma almeno sembro più grande di te,» rispose Arianna tirando la treccia scura dell'amica. «La cosa peggiore di tutto questo viaggio è l'abito che zia Lilly mi ha comprato. È rosa e brillante ed ha un sacco di pizzo. Ha detto che avrei avuto bisogno di un abito formale, ma pensavo che intendesse qualcosa per il ballo di fine anno o per l'homecoming, e invece ha portato a casa quel vestito orrendo. Non ho idea di dove avrà intenzione di farmelo indossare, ma non appena lo avrò tra le mani proverò a sistemarlo al meglio possibile. Sembra proprio senza speranza.»

    «Il pizzo dovrebbe essere facile da togliere, ma non credo che potrai cambiarne il colore o il tessuto,» rispose Tish consapevole dell'odio che provava la sua amica verso il rosa pallido.

    Arianna aveva trascorso anni a sentirsi dire da tutti che era una ragazzina, anche dagli sconosciuti, vista la sua corporatura minuta. Un abito rosa non avrebbe migliorato la situazione. Anche se Arianna sembrava più piccola, voleva essere trattata come ogni ragazza della sua età.

    «Dovremmo andare a prendere i posti,» suggerì Mary Ellen.

    Arianna si alzò per seguire le sue amiche, ma cambiò subito idea.

    «Tieni,» disse porgendo bibita e popcorn a Tish. «Torno subito.»

    Normalmente, avrebbe aspettato la fine del film per leggere il bigliettino, ma era troppo ansiosa quel giorno. Dirigendosi verso il bagno, corse nella cabina vuota più vicina. Tirò fuori il pezzo di carta dalla manica, aprendolo con attenzione e memorizzandolo.

    Incontriamoci alle nove dietro la tavola calda.

    Offriti di portare fuori la spazzatura e assicurati di non essere vista da nessuno. Non portare il telefono e niente gioielli, o ti rintracceranno.

    P.S: quando preparerai le valigie per il viaggio,

    porta con te ogni oggetto di valore.

    Arianna gettò il bigliettino nella toilette e tirò lo sciacquone. Nelle prime settimane, l'autore le aveva detto che i suoi movimenti erano controllati da uno sconosciuto. Si era sempre chiesta per quale motivo sua zia le aveva comprato un telefono così costoso, pur sapendo che non avevano molti soldi, finché non aveva scoperto che poteva trovarla col GPS.

    La persona che le aveva scritto quei bigliettini aveva ragione. Zia Lily poteva essere iperprotettiva, ma Arianna non le aveva mai dato dei motivi per esserlo. L'unica possibilità sensata era che avesse a che fare con il suo passato, di cui entrambi i suoi zii si erano rifiutati di parlarle.

    Sperò che il misterioso corrispondente fosse pronto a darle le risposte che zia Lily non le aveva dato.

    Arianna si affrettò a tornare dalle amiche che la aspettavano. Odiava mentire loro sui bigliettini, ma continuava a dire a sé stessa che non stava mentendo, nascondeva solo delle informazioni. Dal primo bigliettino, le avevano detto che sarebbe stato meglio informare sua zia, ma se glielo avesse detto non avrebbe mai avuto alcuna risposta alle sue domande.

    Sedette pazientemente per tutto il film, sognando ad occhi aperti nel suo mondo. Chi era questa persona che sapeva così tante cose su sua madre e suo padre? Era un loro amico, o qualcuno che voleva tirarla su? Come poteva sapere tutte quelle cose, se entrambi i suoi zii le avevano detto più volte che non sapevano niente?

    Quand'era piccola, Arianna capì subito che parlare o sentir parlare di sua madre faceva stare male zia Lilly, così si rivolse a suo zio. Lui, al contrario, si era semplicemente rifiutato di rispondere a qualsiasi domanda.

    Quando provò a cercare delle foto o dei ricordi dei suoi genitori, non trovò nulla. Aveva sempre trovato strano il fatto che ogni album di fotografie cominciasse da quando aveva cinque anni.

    Soltanto dopo, grazie alla corrispondenza con quel misterioso sconosciuto, aveva scoperto che le foto cominciavano un anno dopo la morte del padre. Non riusciva a capire come poteva esserci il nulla sui suoi genitori o sulla sua vita prima di quegli album.

    «Allora, vai via stasera?» Chiese Mary Ellen mentre camminavano fuori, nell'aria umida e sotto i lievi raggi del sole.

    «Sì. È un po' strano, ma partiamo a mezzanotte,» rispose Arianna mentre si avvicinava alla fermata dell'autobus.

    «Possiamo darti un passaggio,» si offrì Tish mentre sua madre accostava accanto al marciapiede, facendo un cenno alle ragazze.

    «Non ti preoccupare,» rispose Arianna. «Vivo dall'altro lato della città. E comunque, Fred dovrebbe arrivare a momenti.»

    Aveva scoperto, dopo i primi viaggi, che l'autobus che la portava al cinema faceva il suo giro in tre ore esatte, per poi tornare indietro e riportarla a casa. Le sue amiche salirono sull'auto verde che le aspettava.

    «Ci vediamo tra una settimana,» urlò Mary Ellen.

    Arianna annuì mentre le salutava entrambe.

    Aveva detto alle sue amiche che sarebbe tornata una settimana dopo, ma la zia le aveva detto che forse sarebbero tornati dopo una settimana. L'intero viaggio era molto strano.

    Si erano rifiutati di spiegarle perché sarebbero partiti a quell'ora tarda, dove stavano andando, dove avrebbero alloggiato, per quanto tempo sarebbero rimasti lì o perché sarebbero partiti per quel posto. Arianna cominciava a credere che anche il suo corrispondente segreto sapesse più cose di lei sul viaggio.

    Per settimane si erano rifiutati anche di dirle entro quando sarebbero tornati. Fu solo quando Arianna infastidiva sua zia ogni dieci minuti per un giorno intero, che ebbe finalmente una data approssimativa.

    «Allora, è stato bello?» Chiese l'autista dell'autobus, aprendo la porta.

    «Se ti piace quella roba sdolcinata,» rispose.

    «Toccherà a te la prossima settimana?» Chiese mentre Arianna prendeva posto vicino alla porta davanti.

    «Sarò via la prossima settimana, ma quella dopo sceglierò qualcosa di molto più interessante.»

    Si sedette e guardò dal finestrino anteriore. Aveva preso l'autobus talmente tante volte che avrebbe potuto immaginare ogni fermata senza guardare dal finestrino. Cominciò di nuovo a piovere piano. Arianna sedette in silenzio per tutto il viaggio di ritorno.

    Chi era l'autore dei bigliettini? Era sicuro incontrare qualcuno che, ovviamente, non sarebbe andato bene ai suoi tutori?

    I rantoli dell'autobus vuoto non aiutarono a calmarle i nervi. Aveva sempre saputo di essere un'orfana. Ogni volta che le chiedevano che lavoro facessero i suoi genitori, doveva spiegare che erano morti.

    La mancanza dei suoi genitori influenzava il suo atteggiamento e le faceva venir voglia di rendere orgogliosi lo zia e la zia. Senza loro, Arianna sarebbe rimasta senza un tetto sopra la testa. Era la prima volta che pensava di ingannarli.

    «Ci vediamo tra due settimane,» disse mentre balzava fuori dall'autobus. L'autista annuì.

    «Divertiti in queste due settimane, Ethel,» rispose. «A proposito, buon compleanno ragazzina. Presto non avrai più bisogno che ti accompagni a casa.»

    Arianna sorrise e salutò l'uomo più anziano, mentre la porta si chiudeva. Corse intorno alla tavola calda, verso la porta sul retro. Erano appena passate le otto, quindi la porta sul davanti era chiusa a chiave. Arianna sbirciò velocemente in cucina prima di salire al piano di sopra. Come previsto, era quasi vuoto.

    Zia Lilly aveva concluso la sua giornata e stava in soggiorno a piegare i vestiti appena lavati, quando Arianna aprì la porta dell'appartamento.

    «Com'è stato il film?» Chiese.

    «Non male, se ti piacciono le storie d'amore,» rispose Arianna.

    «Dovrai aspettare,» disse zia Lilly. «Un giorno ti innamorerai e cambierai opinione sulle storie d'amore.»

    Arianna alzò gli occhi. Zia Lilly le aveva sempre fatto la predica sui pregi di innamorarsi e di come l'amore può cambiare le persone.

    «Hai fatto le valigie? Ho appena fatto il bucato, quindi se hai bisogno di qualcosa qui, prendila e basta.»

    «Ho quasi finito,» rispose Arianna attraversando il piccolo soggiorno, dritta verso la sua stanza. «Posso aiutarvi di sotto appena avrò finito di imballare il resto.»

    Zia Lilly annuì.

    Lei e Dean non avevano mai chiesto ad Arianna di aiutarli con la cena, ma lei si offriva sempre. Brevi lacrime attraversarono le guance di zia Lilly, quando distolse lo sguardo. Arianna attraversò la stanza in silenzio e la circondò con le braccia. Non succedeva spesso, ma quando cominciava a piangere, era un segno che zia Lilly aveva bisogno di un abbraccio.

    «Ti voglio bene, zia Lilly,» le disse gentilmente Arianna, cercando di pulirle le lacrime.

    «Non posso credere che siano passati già dieci anni,» disse Lilly mentre abbracciava Arianna. «Il tempo passa così in fretta. Vorrei poterti spruzzare della polvere magica addosso per farti restare una bambina per sempre.»

    «È questo che vuoi veramente?» La prese in giro Arianna. «Pensavo foste orgogliosi di come stessi crescendo, l'ultima volta che avete tirato fuori questo argomento.»

    «Vorrei entrambe le cose,» brontolò zia Lilly.

    «È meglio che finisca di sistemare le mie cose e pulire la cucina con zio Dean,» disse Arianna lasciandola andare. Zia Lilly le sorrise in risposta.

    Arianna poteva non essere la sua figlia biologica, ma Lilly non aveva mai dubitato che Arianna la volesse bene quanto una madre.

    Entrò in stanza e si lasciò cadere sul letto. Aveva già imballato tutto giorni prima. Dal momento che i suoi zii non le avevano detto per quanto tempo sarebbero stati fuori città, Arianna aveva impacchettato tutto quello di cui aveva bisogno. Cadde tra i cuscini e cominciò a domandarsi quanto tempo sarebbe passato prima di poter ritornare nella sua camera, in quel piccolo appartamento sopra la tavola calda.

    Studiò ogni crepa nel soffitto, quegli stessi difetti che l'avevano confortata in passato. Si sentiva come se la sua vita stesse per cambiare, ma non riusciva fino a che punto l'avrebbe stravolta.

    Guardò l'orologio: erano le 8:42, il momento di incontrare quel misterioso amico.

    Seguendo le istruzioni, Arianna si offrì di svuotare tutti i bidoni della spazzatura. Mentre portava fuori l'ultimo sacchetto, scivolò lentamente dietro il grande cassonetto verde nel vicolo e attese.

    La pioggia si era fermata di nuovo e una nebbia leggera cominciava a salire. Fissò l'orologio: mancava un minuto. Aspettava con pazienza, tenendosi lontana dalla porta sul retro. Nella luce tra la nebbia, non riusciva a vedere la persona che le si avvicinava.

    In un attimo, sentì le ginocchia cedere e il corpo cadere solo per essere preso da due grandi mani.

    «Chi sei?» Provò a chiedere, ma le mani la presero in braccio con delicatezza, e il suo mondo cominciò a sfocarsi senza che fosse riuscita a vedere quel volto misterioso.

    DUE

    Arianna si strofinò gli occhi, aprendoli con attenzione quando riprese conoscenza. Il vecchio divano di stoffa su cui era sdraiata era consumato lungo i bordi, e la coperta a maglia che aveva addosso seguiva un motivo blu e verde. Non riconobbe la stanza buia che aveva davanti. Capendo di essere in un luogo sconosciuto, Arianna scattò in piedi per guardare meglio la stanza. Davanti al divano vi erano una televisione ed una porta aperta. Si diresse verso la porta, cambiando subito idea quando la stanza cominciò a girare.

    «Mi dispiace,» una profonda voce maschile emerse dalle ombre. «Stavo solo cercando di portarti con noi, ma erano già arrivati per portarti all'aeroporto. Potevano rintracciarti meglio se fossi stata sveglia.»

    «Potevano? Ti riferisci a quei tizi con cui parlava zio Dean?» Chiese Arianna, mentre l'uomo si spostò per sedersi accanto a lei sul divano.

    Prima di uscire dalla tavola calda per raggiungere quell'uomo, Arianna aveva intravisto un gruppo di persone nella sala da pranzo. Studiò la faccia dell'uomo mentre si muoveva e parlava. Era più grande di quanto si aspettasse, con i capelli castano scuro cosparsi di grigio. Lo sguardo di Arianna si fermò sulle sue grandi mani scoperte.

    «Sono stati mandati a prenderti,» le rispose, incapace di capire se Arianna avesse paura di lui o no.

    «Mandati?» Domandò Arianna. «Da chi?»

    «Tuo nonno,» le disse in attesa di una reazione.

    «Non ho altri parenti in vita,» rispose Arianna automaticamente. «Dove sono?» Chiese infine, rendendosi conto che era stata praticamente rapita. Lo aveva incontrato molto volentieri, ed ora era finita in un posto sconosciuto.

    «Chi ti ha detto che non hai altri parenti in vita?» Rispose l'uomo, ignorando la sua domanda, con sguardo incredulo.

    «Mia zia mi ha detto che tutti i miei parenti sono morti.» Arianna cercò di valutare la situazione. Da quello che sapeva, era da sola in casa con un estraneo che, ovviamente, era più grande di lei di ben tre volte. La vista dalla porta aperta le fece capire che erano al secondo piano. Riusciva a vedere solo le cime degli alberi dalla finestra di fronte.

    «Mi chiedo quale sarà la sua spiegazione quando arriverai in casa Randolph stasera,» rispose, notando che Arianna si guardava intorno per tutta la stanza. Si aspettava più paura da parte sua, una volta capita la situazione, e invece stava valutando ogni possibilità con calma.

    «Come ci si aspetterebbe dalla figlia di tuo padre,» disse tra sé e sé mentre si alzava, avvicinandosi alla

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