Ritratti di donne
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Anteprima del libro
Ritratti di donne - Patrizia Martini
Patrizia Martini
RITRATTI DI DONNE
Racconti
Il Libro dei Racconti
di Carta e Penna
Tutti i diritti riservati – All rights reserved
Copyright © by Patrizia Martini
Realizzato da Associazione Culturale Carta e Penna
10138 Torino – Via Susa, 37
www.cartaepenna.it | cartaepenna@cartaepenna.it | Tel.: 011.434.68.13
ISBN: 978-88-6932-006-4
In copertina: Eugenio Sguazzotti – Bozzetti a matita
Prima edizione settembre 2014
A Kosmè e Clio,
le mie belle e forti figlie,
alle loro giovani vite
ricolme di gioia
e di avventura...
PRIMA CHE SCENDA LA NOTTE
Menzione d’onore
Premio di Poesia e Narrativa Città di San Gillio
LA MASCHERA E IL VOLTO
Nona Edizione – maggio 2014
L’appartamento in cui mamma aveva abitato da quando nostro padre l’aveva lasciata, quello che Clara e io conoscevamo in ogni suo angolo più riposto, era inondato dalla luce del tramonto.
Eravamo tornate insieme dal cimitero, nel primo pomeriggio, umido di pioggia autunnale.
La donna che ci aveva messo al mondo, di cui ricordavamo i gesti misurati ed eleganti, l’attitudine al sarcasmo o alla dolcezza più estrema, la moglie fedele di quel nostro padre scapestrato, colei che era paradigma inconfutabile per le nostre manchevolezze, la madre esigente, il cui sguardo ci scavava a fondo, mettendo a nudo le nostre fragilità, le più intime contraddizioni, aveva smesso di vivere.
L’avevamo accompagnata entrambe all’ultima, oscura destinazione.
Non avrei rivisto il suo volto, se non in qualche scatto o in uno di quei video casalinghi un po’ sfocati che mia sorella girava negli ultimi mesi di malattia per farla divertire, tutto di lei sarebbe stato ridotto in cenere.
– Vuoi qualcosa da bere?
– Per ora no, grazie.
– Ho avuto paura di andarmene anch’io con lei, mi credi?
Che temperamento melodrammatico questa mia sorella minore, anche se aveva cinque anni meno di me, era sempre così tradizionalista nel suo modo di pensare!
Clara mi s’avvicinò, la abbracciai senza trasporto.
Ci mettemmo a sedere sul divanetto della sala.
– Il prete ha detto che la morte ci ricorda la nostra precarietà e ci spinge a sollevare lo sguardo verso il cielo, ma per guardare cosa? – mi chiese, con una vocina che sembrava il miagolio d’un gatto abbandonato.
– Cosa vuoi che me ne importi? Non sono mica stata a sentirlo!
– Beh, io sì, e in quel momento m’hanno infastidito le sue parole, ero sopraffatta dalla mancanza di mamma, come si fa a essere così superficiali? Lui non la conosceva neppure…
– Non sei stata tu, Clara, ad aver organizzato il funerale religioso?
– M’è sembrato giusto che quelle quattro persone che giravano per casa, i vicini, le amiche, le famiglie che aiutava, potessero starle vicino per l’ultima volta, già c’era la cremazione di mezzo e l’andarsene senza ricevere il saluto di nessuno mi pareva disdicevole.
– E te ne sei assunta la responsabilità singolarmente, mia cara, poiché io avrei fatto altrimenti, se fossi riuscita ad arrivare prima… – mi stava già irritando quel suo modo di ragionare così convenzionale.
– Però i tuoi aerei ritardano sempre e i tuoi impegni professionali sono più importanti d’ogni altra cosa al mondo, anche della morte di nostra madre!
– Ti ricordo che non abito dietro l’angolo, Clara! Pensi che non avrei desiderato essere qui prima? – le urlai.
Ero certa che così non mi avrebbe ulteriormente contrastato.
– Tanto l’hai sempre vinta tu, Greta, hanno ragione quelli che gridano di più, è superfluo discutere con te. Sono troppo stanca per contraddirti, ti va di mangiare qualcosa?
– Davvero hai fame?
– Cucinavo per noi due negli ultimi tempi, ero così abituata agli orari standardizzati del cibo, dei farmaci e delle terapie che mi ci vorrà un bel po’ a capire che non ci sarà più niente di tutto ciò.
– Non mi dire che ti sentirai inutile!
– Non lo so… – Clara abbassò i chiari occhi verdi e tacque, io sentii la voglia pazza di scappare da quella casa che sapeva di chiuso e di medicinali, con la morte che ancora vi aleggiava sospesa, ma mi trattenni.
– Vedo quello che è rimasto nel frigorifero – Clara andò ciabattando verso la cucina, mentre io rimasi seduta a rigirare fra le mani un album di foto, che, anni prima, avevamo sfogliato insieme, lei, nostra madre già inferma e io.
Era stata l’ultima volta in cui avevamo rivissuto i ricordi di famiglia più belli, poiché, come aveva affermato affettuosamente mamma, chi stava partendo non si sentisse troppo sola.
Ora finalmente capivo a quale viaggio stesse alludendo e chi fosse colei che l’avrebbe per prima intrapreso.
Quando fu quasi sulla porta dell’altra stanza, Clara si girò all’improvviso e mi domandò: – Greta, perché ce l’hai sempre con me?
– Ma che ti salta in mente?
– Dai, è inutile che tu finga, tanto per la sottoscritta non provi neppure un briciolo d’affetto.
– È che siamo troppo diverse noi due… – risposi con un tocco di cattiveria.
– Pensala come ti pare, sei così testarda! Da bambina ricordo che, quando dovevi partire per qualcuno dei tuoi viaggi in solitaria, con lo zaino buttato a terra in corridoio come una bomba pronta a esplodere, c’era mamma titubante e il nostro vecchio più gasato di te. Mai che fossero d’accordo!
– Beh, del resto io ho imparato a farmi i fatti miei, senza contare troppo su loro due, no?
– In questi anni amari, Greta, ho pensato a nostro padre, al modo tumultuoso con cui prendeva le cose, al suo atteggiamento manicheo, privo di sfumature che potessero rendere un rapporto meno conflittuale, anche quando se n’è andato via... Vedevo mamma soffrire, sprofondare in un dolore insopportabile, e non sapevo cosa fare!
– Già, tu pensavi ch’io tenessi per papà, e io ti chiamavo la ruffiana della mamma: ci attaccavamo spesso, come succede ai fan di fazioni opposte.
– Sei una persona dal carattere così deciso, per tua fortuna… Mamma e io siamo rimaste spesso allibite e sconcertate da alcune tue scelte... Beh, per me è stata brutale la tua decisione di partire, l’ho vissuta con rabbia e dolore, e, se non ho dato fuori, è solamente perché lei non si deprimesse!
Sì, quello era stato un tasto dolente: me n’ero andata alle prime, nere avvisaglie della patologia incurabile che, nel giro di tre anni, l’avrebbe annientata.
A quel tempo avevo addotto come scusa che non ce l’avrei fatta a vederla deperire, ma ora che tutto s’era concluso, quanto m’ero persa del rapporto con lei?
– Che avresti pensato di me se ci fossi stata io al tuo posto? Che penseresti di te dal mio punto di vista?
– Parli sputato come nostra madre, Clara! Vuoi farmi la predica? Ti lascio dire solamente perché sei un po’ di fuori e mi fai compassione, altrimenti sarei già oltre la porta! Guarda che anch’io sono turbata per la sua scomparsa, ma lei per me era già morta da quando ho dovuto andarmene per lasciarti spazio nel suo cuore.
– Che cosa dici? Hai voluto partire per soddisfare il tuo egoismo e ora scarichi su di me la responsabilità della scelta?
– Voglio solamente che tu capisca che, se fossi rimasta qui anch’io, saresti stata schiacciata dalle nostre due personalità!
– Sei davvero una gran stronza a dirmi queste cose!
Clara venne verso di me di scatto, con un’espressione incattivita, come volesse aggredirmi.
La vidi poi fermarsi, afferrare una sedia, rannicchiarvisi nervosamente, e iniziare a singhiozzare, coprendosi il viso con le mani.
Quando si fu calmata, riprese, fra i singulti: – Beh, sai che ti dico, Greta? Tu sei arrivata giusto in tempo per vederla spirare. Io le sono stata vicino quando era febbricitante e delirava. L’ho imboccata, le ho somministrato le medicine, la pulivo dalle feci quando se la faceva addosso, ho raccolto il suo ultimo sospiro, le ho tenuto la mano mentre attraversava la porta sconosciuta della morte.
– Grazie tante, se vuoi sentirtelo dire!
– Perché sei sempre così dura con chi ti sta intorno? Dov’è la tua sensibilità?
– È mia abitudine non fare sconti, né a me, né agli altri.
– Allora aveva ragione mamma quando diceva ch’era difficile definirti una donna d’animo gentile…
– Ah, questa è davvero bella! Così io sarei spietata, e tu allora?
– Sarà meglio che vada a preparare qualcosa, prima che