What Women Love
Di AA. VV.
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Anteprima del libro
What Women Love - AA. VV.
poetica.
Brucia
di Viviana Vecchio
Faccio fatica a raccontare la mia storia, storia di uomini che uccidono donne, mi addolora più del dolore che provo addosso eppure devo provarci. Chissà perché, fra tutto quello che ho sofferto fra tutto ciò che ho subito mi ritorna in mente con grande amarezza e un misto di nostalgia il mio passato, quando esistevano ancora le tenerezze dei cari, e non c’era il Mostro ma la bellezza dell’infanzia.
Poi chissà perché si cresce troppo in fretta e senza rendersene conto e nella strada che hai percorso ti restano impresse alcune immagini, magari particolari insignificanti eppure che solo tu riconosci, fanno parte di te, la scrivania di quand’eri ragazza, la fatica dello studio, le pagine che hai sottolineato e il primo dolore, il primo dolore che ho provato … È stata allora una suggestione letteraria.
Avevo circa quindici anni quando mi imbattei nella natura ritratta da Lucrezio con i suoi riti crudeli e violenti, scoprii il dolore di tenere creature, piccoli animali immolati sugli altari degli Dei. Perché non si scorda, non si può scordare cosa prova una madre orbata che vagando per i pascoli, cerca disperata qualcosa di noto e che più le appartiene.
Me ne ricordo ancora adesso e non avrei mai immaginato che potesse accadermi una cosa del genere, io come quel vitellino indifeso immolato sull’altare su cui brucia l’incenso. E quella brutta notte, che il solo ricordo mi ripudia e non riconosco, come non riconosco quel bastardo come padre del bambino che ho portato in grembo, quella notte lui ha devastato tutta la mia persona.
Era una strada maledetta lunga interminabile e c’era già una tensione elettrica nell’aria che io avrei dovuto presagire. Una lunga fila di macchine e rombanti motori e asfalto bruciato e fanali che illuminavano cani randagi nei loro occhi smarriti.
E c’ero anch’io col Mostro, col suo alito fetido d’alcol la sua esasperante gelosia i modi bruschi e quell’aria da gradasso, mi disse «Adesso scendi, così smetterai di divertirti»! Mi ha cosparso ovunque d’alcol BRUCIA BRUCIA
BRUCIA dentro e fuori di me e io che lo imploro, che chiedo aiuto ma nessuno ascolta la mia voce, e sterpi cadaveri di scarpe accartocciate semafori rossi il rumore di un’ambulanza da lontano che chi soccorreva in quel momento? Chi portava in ospedale? Un’altra vita, un altro destino ma non feci in tempo neppure a pensarlo, fu nella frazione di un attimo che si consumò il macabro scempio. Sì, una cosa a pensarci bene me la ricordo, Casta inceste Ifigenia, sì mi ricordo di Ifigenia nel I Libro del De rerum natura di Lucrezio, quando suo padre Agamennone la sacrifica sull’altare e piange, e lei pura, cade a terra sulle ginocchia. E Tu invece ridevi, ridevi divertito!
Conobbi il Mostro quando ero una ragazzina, eravamo ragazzi, due ragazzi io molto innamorata. Mi colpì il suo modo di fare, così sicuro, divertito. E l’odore dei suoi capelli castani, sparsi sul collo. Mi diede da parlare a una festa. Prima di conoscerlo, sognavo un amore grande che mi facesse sentire al centro del mondo. E senza retorica.
Speravo che fosse come mio padre e che, come lui, avesse i suoi rituali, tra cui leggere il giornale e interrogarmi su ciò che accadeva nel mondo. Perché lui portava a casa le sue riviste e i quotidiani, e questo mi piaceva molto e io li sfogliavo alla ricerca di volti bocche occhi lineamenti di giovani ragazzi, che poi ritagliavo con cura e componevo, attraverso un mio gioco immaginario.
Un puzzle surreale, un gioco di pazienza col quale mi accanivo per colmare il mio bisogno d’amore, o forse la mia solitudine, durava ore e ore in cui potevo entrarci solo io. Nel corso degli anni costruii, coi mille ritagli di carta, diverse facce maschili, alla ricerca di quella ideale. Quali capelli avrebbe avuto? Calmi o mossi come il mare, neri come il vino e una bocca di miele. Un sorriso stellare.
Eri girato di spalle a quella festa e quando ti voltasti, pensai che fossi tu quel volto, ma mi sono sbagliata.
Tu sei stato il mio Tormento il mio Mostro non un compagno di vita, e io non sono riuscita a cogliere per tempo i tuoi segnali, così è andata , sempre peggio. Pensavo che cambiassi, che non potessi arrivare a tanto. Che cos’è per te una donna? E una donna che ha subito violenza? Nulla, proprio nulla un altro volto, senza un’identità. Vorrei che il mio bambino crescesse in un futuro senza violenza, diverso, perché non può esistere violenza maschile più grande che un’infame turpitudine come questa e di fronte agli uomini che uccidono le donne non può esservi nessuna scusa, nessuna giustificazione, per questo io chiedo che esista e mi auguro che ci sia, un grande atto di responsabilità e di autodeterminazione, per porre rimedio a tutto questo. E non