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Il segreto del calice d'argento
Il segreto del calice d'argento
Il segreto del calice d'argento
E-book503 pagine5 ore

Il segreto del calice d'argento

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Info su questo ebook

Dalle terre nebbiose dell’Europa del Nord alle assolate distese d’Oriente, tra amori e battaglie, intrighi e lotte per il potere, rivivono le epiche gesta dei cavalieri medievali. 
Continuano le vicende dei giovani protagonisti del romanzo “Astur la spada della sorte”. Michael dovrà combattere contro l’inganno e il tradimento, Ferrand conoscerà i segreti della setta degli Assassini e si batterà con la spada e con la fede per preservare il Graal.
LinguaItaliano
Data di uscita22 giu 2017
ISBN9788866602217
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    Anteprima del libro

    Il segreto del calice d'argento - Loredana Saetta

    Tavola dei Contenuti (TOC)

    Copertina

    Nota dell’autrice

    1

    Normandia, L’Aigle - Uno strano sogno

    2

    Gerusalemme - Dopo la conquista

    3

    Gerusalemme - Una nuova minaccia

    4

    Normandia - Castello del L’Aigle

    5

    Gerusalemme - Di nuovo in marcia

    6

    Terrasanta - La battaglia di Ascalona

    7

    Gerusalemme - Un’incredibile scoperta

    8

    Terrasanta - In viaggio verso Antiochia

    9

    Terrasanta - Un’amara sorpresa

    10

    Terrasanta - La setta degli Assassini

    11

    Normandia, L’Aigle - Festeggiamenti per la conquista

    12

    Terrasanta - Amal

    13

    Terrasanta - Un penoso rientro

    14

    Gerusalemme - Dialogo tra amici

    15

    Terrasanta - Verso l’Europa

    16

    Gerusalemme - Un patto segreto

    17

    Inghilterra, Londra - La corte di William II

    18

    Terrasanta - Laodicea

    19

    Normandia - Jeanne

    20

    Normandia, L’Aigle - Il complotto

    21

    Normandia, Alençon - Le nozze del conte

    22

    Normandia, L’Aigle - Allarme al castello.

    23

    Gerusalemme - Una cerimonia solenne

    24

    Normandia, L’Aigle - Una strenua difesa

    25

    Normandia - Un incontro imprevisto

    26

    Normandia, Alençon - Il torneo

    27

    Normandia - Accampamento nella foresta

    28

    Mar Mediterraneo - Sulla strada del ritorno

    29

    Normandia, L’Aigle - Marta

    30

    Puglia, Brindisi - Castello di Conversano

    31

    Normandia, Gacé - Il mistero si infittisce

    32

    Normandia - Il monastero di Rugles

    33

    Terrasanta - Pellegrinaggio a Gerusalemme

    34

    Terrasanta - L’incontro con il maestro

    35

    Normandia - Jèrôme si reca ad Alençon

    36

    Normandia - Il cerchio magico

    37

    Normandia, Alençon - Una lunga attesa

    38

    Normandia, L’Aigle - Un piano strategico

    39

    Normandia, Alençon - Una domestica sleale

    40

    Terrasanta - Una scoperta sconvolgente

    41

    Puglia - Castello di Conversano: le nozze

    42

    Kuhn - La sede degli Assassini

    43

    Terrasanta, Gerico - Alla ricerca del calice d’argento

    44

    Terrasanta - I guardiani del Graal

    45

    Normandia - Castello di Alençon.

    46

    Normandia, Alençon - Una lunga notte

    47

    Normandia, Alençon - Una lenta guarigione

    48

    Puglia, Castello di Conversano - In partenza

    49

    Terrasanta - Ferrand prigioniero

    50

    Normandia, Alençon - Una piccola traccia

    51

    Terrasanta, Gerico - Il monastero di Quarantal

    52

    Normandia - Abbazia di Notre-Dame du Bois

    53

    Terrasanta, Gerico - Un nuovo agguato

    54

    Normandia, Abbazia di Bois - Vita monastica

    55

    Terrasanta - Il Santo Graal

    56

    Normandia, Bois - La resa dei conti

    57

    Terrasanta - Krak dei cavalieri

    58

    Normandia, L’Aigle - Agguato nel bosco

    59

    Normandia - In pericolo di vita

    60

    Normandia - Il mistero svelato

    61

    Terrasanta, Giaffa - Un’ardua scelta

    62

    Normandia, L’Aigle - Un’impresa difficile

    63

    Terrasanta - Verso Gerusalemme

    64

    Normandia, L’Aigle - Lo spettro

    65

    Inghilterra, Agosto - New Forest

    66

    Normandia, L’Aigle - La torre

    67

    Inghilterra, Londra - Incoronazione del nuovo re.

    68

    Normandia - Magia nera

    69

    Terrasanta - Il segreto del calice d’argento

    70

    Normandia - Lo scontro finale

    71

    Normandia - La fiera di Rugles

    72

    Normandia - Il perdono

    73

    Normandia, Rouen - La corte ducale

    Bibliografia

    Note

    Ringraziamenti

    Astur - La spada della sorte

    Un romanzo storico di:

    Loredana Saetta

    Il segreto del calice d’argento

    ISBN versione digitale

    978-88-6660-221-7

    IL SEGRETO DEL CALICE D’ARGENTO

    Autore: Loredana Saetta

    © 2017 CIESSE Edizioni

    www.ciessedizioni.it

    info@ciessedizioni.it - ciessedizioni@pec.it

    I Edizione stampata nel mese di luglio 2017

    Impostazione grafica e progetto copertina: © 2017 CIESSE Edizioni

    Immagine di copertina: © 2017 Tharin Kaewkanya

    (diritto d’uso su autorizzazione di 123rf.com)

    Collana: Green

    Editing a cura di: Renato Costa

    PROPRIETA’ LETTERARIA RISERVATA

    Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione dell’opera, anche parziale, pertanto nessuno stralcio di questa pubblicazione potrà essere riprodotto, distribuito o trasmesso in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo senza che l’Editore abbia prestato preventivamente il consenso.

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il frutto della fantasia dell’autore o sono usati in maniera fittizia. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o defunte, eventi o luoghi esistenti è da ritenersi puramente casuale.

    A Michele,

    marito, compagno e amico.

    Se l’amore sarà forte ogni destino vi farà sorridere… ringraziate insieme Dio, che vi ha concesso la grazia più luminosa della vita!

    Sant’Agostino

    Nota dell’autrice

    L’Europa dell’Undicesimo secolo visse un periodo tra i più ricchi di spinte innovative e al tempo stesso tra i più sanguinosi della sua storia. Dai testi dell’epoca sono emerse interessanti testimonianze sull’esistenza del Graal. La fonte più antica sulla coppa dell’Ultima Cena è quella del racconto di un pellegrino anglo-sassone del VII secolo che l’avrebbe visto e anche toccato. Arculfo, infatti, parla di un calice argenteo a due manici rinchiuso in un reliquario di una cappella vicino a Gerusalemme, posta tra la basilica del Golgotha e il Martirio.

    Altre fonti narrano del viaggio che Giuseppe di Arimatea compì per mare giungendo all’isola di Tor, conducendo con sé il sacro calice, e dei rapporti segreti esistenti tra la setta degli Assassini e i Cavalieri del Tempio che avrebbero avuto in custodia il Graal.

    Storie e leggende s’intrecciano strettamente divise da un filo sottile.

    La scelta di un romanzo storico non è stata casuale. Al desiderio di raccontare un’avventura medievale ambientata all’epoca della prima crociata, si affianca quello di dare un’immagine diversa della storia. Gli uomini del Medioevo o del nostro tempo supertecnologico, sono comunque uomini, con le loro passioni e le loro sofferenze.

    Mi piace pensare di prendere il lettore per mano, per condurlo in un viaggio affascinante.

    Buona lettura!

    Loredana Saetta

    Fig.1: Carta politica del vicino Oriente nel 1102, subito dopo la Prima Crociata

    1

    Normandia, L’Aigle - Uno strano sogno

    Il vento turbinava tra gli alberi scheletrici trascinando con sé le foglie morte. Le querce frondose, dal tronco massiccio e dai grandi rami, si allungavano come braccia ossute sul folto tappeto verde, illuminato dagli ultimi raggi di sole.

    Giselle avanzava lungo il sentiero solitario come sospinta da una volontà estranea. Era come se qualcuno le sussurrasse all’orecchio di proseguire: una voce cupa, profonda, che sembrava provenire dalle viscere della terra. Rabbrividì. Si avvolse meglio nel mantello e continuò a camminare con passo spedito guardandosi attorno. Nel bosco faceva freddo. Gli alberi frusciavano dietro le sferzate del vento gelido. Nel silenzio udiva solo il rumore dei propri passi. Sentiva che, da qualche parte nella foresta, si celava un pericolo mortale. Che il Draugr fosse tornato? Le sembrava quasi di sentire la sua presenza tra i cespugli, il suo sguardo feroce. Rammentò le storie udite da bambina che narravano di esseri mostruosi al limite dell’umano. Immaginava misteriose creature, le sembrava di sentire le loro gelide e scheletriche mani tra i capelli ma, quando si fermava a scrutare tra gli alberi, non scorgeva nulla. Cercò di non pensarci e proseguì tenendo d’occhio il sentiero. Alcune lucciole illuminavano la penombra del crepuscolo con le loro luci intermittenti poi, d’improvviso, calò la notte.

    Il cielo era completamente coperto di nubi e non trapelava né la luce della luna né quella delle stelle. Nel buio scorse un chiarore. Iniziò a correre e arrivò in una radura. La luce proveniva da un calice d’argento. L’oggetto misterioso era appoggiato su un grande masso, simile a un altare, e risplendeva di luce propria, come se fosse illuminato dal sole. Era notte fonda, da dove proveniva quel chiarore? Accanto alla pietra distinse un uomo; era inginocchiato, come se stesse pregando. Giselle osservò meglio la figura, aveva qualcosa di vagamente familiare. L’uomo si volse come se l’avesse sentita arrivare e in quel momento Giselle lo riconobbe, era suo fratello Ferrand.

    «Ferrand», chiamò, ma l’uomo non rispose. Lo sguardo perso nel vuoto, come se reggesse sulle spalle tutte le pene del mondo. Giselle lesse sul suo volto, come in un dipinto, tutti gli orrori della guerra. Il dolore e l’amarezza dei soldati che combattevano e morivano, la sofferenza delle donne negli occhi delle quali si leggeva una muta e disperata invocazione e i bambini… intravide un neonato infilzato con la lancia, il piccolo corpo inerme, a testimoniare la crudeltà degli uomini. Poco più in là un bambino di quattro o cinque anni aveva il viso rigato di lacrime e sangue, qualcuno gli aveva strappato gli occhi e al loro posto vi erano due orbite vuote. Terrorizzata, si volse verso Ferrand ma suo fratello e il calice erano spariti.

    Cercò di scacciare quelle orribili visioni ma altre, ancora più terribili, si affacciarono alla mente. Mucchi di corpi giacevano gli uni sugli altri in mezzo a laghi di sangue. Molti cadaveri erano mutilati, non avevano più mani, né piedi, né teste. L’ansito di Giselle si tramutò in un grido di orrore. Si volse per fuggire lontano da quelle visioni spaventose ma sentì che qualcuno la inseguiva. Si bloccò, paralizzata dalla paura. Non riusciva a muoversi, le sembrava che il cuore avesse cessato di battere. Scorse due occhi incandescenti che la scrutavano nel buio. L’uomo con la testa di lupo la fissò ostile. Giselle rivisse l’incubo di qualche anno prima, quando con Marta e Michael si era imbattuta in quelle strane creature nel cuore della notte. Alla pallida luce della luna, aveva visto quegli esseri mostruosi con la testa di lupo, le zanne acuminate e gli occhi di fuoco, procedere in gruppo, in posizione eretta, attorniati da un branco di lupi veri. Rammentò l’urlo agghiacciate del capo branco, la terrificante figura alla luce della luna e la sua corsa disperata attraverso il bosco.

    Urlò terrorizzata. Al suono della sua voce le visioni andarono in frantumi.

    Si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore.

    2

    Gerusalemme - Dopo la conquista

    La giovane donna si guardò allo specchio. Il vestito bianco che indossava aveva lunghe e ampie maniche, un sottile nastro d’oro all’altezza del braccio creava un simpatico effetto a sbuffo. La veste scendeva con morbide pieghe fino a terra, formando una nuvola bianca. Una fascia dorata le avvolgeva la vita, mentre un’altra, più stretta, pendeva lungo i fianchi, ricadendo sul davanti e terminando con un cordoncino d’oro. Per Muriel era una giornata speciale, era il giorno delle sue nozze con Guiot.

    Sofia entrò silenziosa nella stanza e contemplò la giovane donna che, intenta ad ammirarsi, non si era accorta di lei. Quella ragazza le ricordava sua figlia Ive. La giovinezza spensierata e la sua buona indole gliel’avevano resa subito cara, aiutandola a riprendersi dai terribili avvenimenti delle ultime settimane. Alla conquista della città, infatti, era seguito un efferato saccheggio. I crociati erano penetrati nella sua casa, avevano ucciso il suo servo e risparmiato la vita a lei e alle altre donne. E doveva essere loro grata per questo.

    Ammirò la giovane in abito bianco, era bella, nonostante i lineamenti marcati e i capelli corti. Muriel le aveva confidato che, dopo la morte del padre, aveva tagliato i capelli per fingere di essere un paggio. Sofia allora le aveva consigliato di coprirli con un velo, poiché la consuetudine voleva che la sposa li portasse sciolti sulle spalle; in questo modo nessuno avrebbe fatto caso alla loro lunghezza.

    Muriel si accorse di lei e si voltò sorridendo.

    «Buongiorno, Sofia», esclamò allegra.

    «Buona giornata a te mia cara. Ti auguro di essere felice».

    «Grazie», rispose commossa per quelle parole di augurio, «sono felice di averti conosciuto».

    «Se sei pronta, scendiamo. Ferrand e Guiot sono già in cortile e aspettano impazienti, soprattutto lo sposo», aggiunse con un sorriso indulgente.

    Si avviarono e scesero la scala che immetteva nella corte interna.

    Contrariamente a quanto accadeva di solito, non vi erano familiari che li accompagnassero in quel giorno solenne. Le uniche persone care presenti erano Ferrand, amico d’infanzia dello sposo, Sofia e i gemelli Thomas e Roger, nativi della città di Quercy, nella regione di Aquitania. Roger aveva deciso di recarsi in Terrasanta e Thomas, nonostante fosse ammogliato e padre di una prole numerosa, aveva scelto di accompagnarlo per vigilare su di lui. Avevano combattuto numerose battaglie, partecipando agli assedi di Nicea e di Antiochia, fino ad arrivare a Gerusalemme.

    Nel cortile Guiot attendeva impaziente la sposa. La giovane donna, che all’inizio aveva giudicato poco attraente, a poco a poco aveva conquistato il suo cuore. Era diversa dalle donne conosciute in precedenza. In quel giorno di festa l’unico rammarico era l’imminente separazione dall’amico Ferrand. Infatti, dopo le nozze, Muriel desiderava tornare in Europa. Ferrand, al contrario, aveva intenzione di restare a Gerusalemme. La sua decisione dipendeva sicuramente dal fatto di essersi innamorato della giovane e bella nipote del patriarca di Antiochia. Progetti a parte, una nuova minaccia incombeva su di loro in quei giorni. Un esercito nemico, capeggiato dal visir Al-Afdal, sostava nei pressi di Ascalona e minacciava di porre l’assedio a Gerusalemme.

    Un certo brusio tra la servitù lo distolse dai suoi pensieri. Si volse e rimase senza fiato nel vedere la sposa, incantevole nel suo vestito bianco, non si era ancora abituato alla sua avvenenza. Si mosse per andarle incontro e le prese la mano. Muriel sorrise felice.

    «Buongiorno, mia cara, sei incantevole. Nessuno riconoscerebbe in questa splendida donna il mio impertinente scudiero».

    «Come im-per-ti-nen-te!», rispose lei sillabando la parola, imitando il tono di lui.

    Ferrand osservò la scena divertito. Muriel era alta quasi quanto Guiot, un’altezza non comune per una donna, ma doveva ammettere che l’abbigliamento le si addiceva molto. Il bianco contrastava con il nero dei capelli facendo risaltare l’ovale del volto. Non poté fare a meno di costatare che Muriel appariva completamente diversa da come l’aveva vista la prima volta. Avevano appena lasciato Antiochia, in piena guerra contro gli infedeli, quando Ferrand gli aveva parlato di una giovane donna che viaggiava tra i pellegrini al seguito dell’esercito, in compagnia del padre. Costui apparteneva a una delle famiglie più antiche d’Irlanda ma, in seguito alla morte della moglie e dei figli maschi, aveva intrapreso il pellegrinaggio in Terrasanta portando la figlia con sé.

    Il destino aveva voluto che il padre morisse lasciandola completamente sola. Per proteggerla, in un campo di soldati sbandati e alla deriva, con il nemico costantemente alle spalle, Guiot aveva finto che fosse un ragazzo prendendola come scudiero. All’inizio Ferrand aveva considerato folle quell’idea ma, costatando l’interesse dell’amico per le sorti della fanciulla, aveva accettato di prestarsi alla finzione.

    «Credo sia meglio avviarci», disse prendendo Muriel sotto braccio.

    Ferrand, in qualità di testimone, avrebbe accompagnato Muriel lungo il percorso, mentre lo sposo li avrebbe seguiti in compagnia di Sofia.

    «Sì, andiamo pure», assentì l’amico.

    Era mattino presto e l’aria già faceva presagire che di lì a poco avrebbe fatto molto caldo. Il piccolo corteo composto dagli sposi, dai pochi amici e dai servitori della casa, si mosse composto. Uno dei domestici recava le fedi nuziali su un cuscino ornato di fiori.

    Entrando in chiesa Muriel volse lo sguardo alla Vergine Maria e si fece forza, le sembrò che sorridesse per infonderle coraggio. In quel giorno solenne avrebbe dato chissà cosa per avere con sé i genitori e i suoi amati fratelli.

    Il corteo percorse il breve tragitto fino all’altare poi, come d’accordo, Ferrand si fece da parte lasciando il posto all’amico. Il prete salutò i novelli sposi e li benedisse. Giunti allo scambio degli anelli, i presenti si guardarono l’un l’altro per porre l’accento sulla solennità del momento e subito dopo il prete coprì entrambi gli sposi con un velo, porse loro un’unica ostia che essi divisero in parti uguali, poi offrì il calice, dal quale entrambi bevvero. Per concludere il rito nuziale Guiot accese una grossa candela davanti alla statua della Vergine.

    Ferrand, commosso, si affrettò ad abbracciare Guiot: «Vi auguro una lunga e serena vita insieme», poi aggiunse, tra il serio e il faceto, «e… ti perdono, Muriel, per avermi rubato il mio più caro amico».

    Muriel lo guardò comprensiva, conoscendo il legame che li univa: «Capisco come ti senti, Ferrand, ti assicuro che per noi sarà doloroso lasciarti».

    Guiot prese Muriel per la vita e con l’altro braccio circondò le spalle dell’amico.

    «Non dimenticare che per te ci sarò sempre», disse serio.

    I due uomini si guardarono scambiandosi una muta promessa: qualunque cosa il destino avesse in serbo per loro, l’amicizia che li univa sarebbe rimasta immutata.

    La voce di Sofia che si congratulava con gli sposi, li riportò al presente. Con garbo Guiot liberò Ferrand dal suo abbraccio e, tenendo Muriel per la vita, si diresse verso il prete per porgergli i suoi ringraziamenti. Poi il piccolo corteo si diresse di nuovo verso casa.

    Se fosse stato al castello di suo padre, i festeggiamenti sarebbero durati almeno tre giorni, ma qui, a Gerusalemme, non c’era ragione di prolungarli così tanto. Inoltre, gli animi non erano sereni. L’esercito nemico in avvicinamento gettava di nuovo l’ombra della guerra su tutti loro.

    3

    Gerusalemme - Una nuova minaccia

    Tra i crociati serpeggiava lo sconforto e molti decisero di partire ma, inaspettatamente, il ritrovamento di un pezzo della vera croce infuse nuova speranza negli animi e quando gli ambasciatori del visir intimarono loro di arrendersi e di abbandonare la città, rifiutarono con sdegno. In risposta a queste infamanti condizioni di resa, organizzarono una spedizione volta ad anticipare le mosse dell’esercito turco, con a capo Goffredo di Buglione. L’intento era intercettare il nemico ad Ascalona, prima che potesse ricevere rinforzi via mare, e sconfiggerlo, impedendogli così di raggiungere Gerusalemme e porre l’assedio alla città.

    Ferrand era inquieto. Avrebbe voluto partire subito per mantenere fede alla promessa fatta alla giovane donna di cui era innamorato ma, con l’esercito nemico alle porte, non poteva mettersi in viaggio verso Antiochia. Doveva attendere ancora. Per di più, il duca Robert aveva avuto dei dissapori con Goffredo e, nonostante il parere contrario dei suoi cavalieri, si era rifiutato di partecipare alla spedizione di Ascalona. Il giovane riteneva giusto seguire Goffredo ma la sua lealtà verso il duca gli imponeva di tener in conto le sue decisioni. Pensò di confrontarsi con Guiot sull’argomento. Si vestì, sbrigò in fretta le faccende quotidiane e uscì dirigendosi verso la casa dell’amico.

    Percorse le strade affollate, godendo della bella giornata di sole. La città stava tornando lentamente alla normalità. Nella piazza del mercato i venditori esponevano le loro merci, mentre ricchi mercanti con i loro servi si aggiravano tra i banchi. Non gli occorse molto tempo per superare quell’affollata compagnia e ben presto bussò alla porta dell’amico. Venne ad aprire una delle serve, che lo accompagnò nel maestoso cortile, ricco di fontane e alberi d’alto fusto.

    Trovò Sofia in forte agitazione. In lei non vi era traccia del sorriso sereno con cui lo accoglieva di solito.

    «Che cosa succede?», chiese preoccupato.

    «Non so bene quale sia la questione di cui discutono, ma è la prima volta che li vedo in disaccordo».

    «Qual è il problema?».

    Sofia gli scoccò uno sguardo incerto: «Credo che Muriel voglia partecipare in prima persona alla spedizione contro il visir. Nonostante l’affetto e la stima che provo per lei, non mi sembra una buona idea».

    Si udì distintamente la voce di Guiot che diceva: «Quello che proponi è inaccettabile. Se in passato ho accettato questa finzione, è solo perché ci trovavamo in una condizione difficile e avevi appena perso tuo padre, ma ora è tutto diverso e non permetterò che tu corra simili pericoli. Se poi qualcuno ti riconoscesse, ci troveremmo in una situazione a dir poco imbarazzante. Non intendo transigere su questo punto».

    Si udì la voce di Muriel ma non ciò che rispose.

    Poi Guiot riprese: «Hai pensato che potresti aspettare un bambino? Saresti disposta a sacrificare tutto? In nome di cosa, per amor del cielo? La tua è pura follia».

    Nel cortile i due involontari testimoni della lite si guardarono confusi. Durante la marcia verso Gerusalemme Guiot aveva finto che Muriel fosse un ragazzo ma, nelle attuali circostanze, era una richiesta assurda.

    Ferrand attese, indeciso sul da farsi. Non voleva intromettersi nel diverbio ma forse il suo intervento poteva servire a convincere Muriel. In quei mesi aveva imparato a conoscere la sua testardaggine, il suo coraggio, la sua determinazione, e comprendeva cosa provasse in quel momento, ma capiva anche le ragioni che avevano indotto Guiot a opporsi all’idea.

    Pensò a Zahra. Da quel punto di vista la sua promessa sposa era completamente diversa: dolce e caritatevole, era sempre pronta ad aiutare e a soccorrere gli altri. Fin dal primo incontro, nelle strade di Antiochia, aveva sentito l’impulso di proteggerla. Non era più riuscito a dimenticarla.

    Il ricordo di quei giorni era ancora vivo nella sua mente. Dopo essere entrati in città e aver esultato per la conquista, si erano ritrovati ad affrontare un assedio che li aveva gettati nell’angoscia più totale. La situazione era complessa: all’esterno l’esercito nemico, all’interno la fame e la disperazione. Per lunghi giorni si era tormentato al ricordo della ragazza dai capelli ramati, angustiandosi per la sua sorte e non trovando il coraggio di andare a cercarla in quello scenario di orrore e di sangue che era diventata la città. Poi, vinta ogni logica, aveva tentato di rintracciarla, percorrendo come un uomo privo di senno le strade del quartiere cristiano. La fortuna gli era venuta incontro, era riuscito a ritrovarla. In seguito aveva scoperto che era la nipote del patriarca Giovanni, rinchiuso in prigione dal governatore turco della città. Liberato il patriarca, su ordine di Goffredo Ferrand l’aveva scortato a casa e aveva vegliato sulla sua incolumità. In questo modo era riuscito a restarle accanto, vedendola ogni giorno nel grande giardino della casa ed entrando in confidenza con lei. Prima di partire per Gerusalemme le aveva dichiarato il suo amore, promettendo che, se fosse sopravvissuto alla battaglia finale, sarebbe tornato per chiederla in moglie.

    La voce di Guiot lo riportò alla realtà. Incerto sul da farsi, fissò Sofia, infine decise che era meglio intervenire. Percorse l’atrio a grandi passi e bussò alla porta dicendo semplicemente: «Sono Ferrand».

    Distinse chiaramente la risposta dell’amico che lo esortava a entrare. Varcò l’uscio e trovò Guiot in piedi davanti alla finestra, mentre Muriel era seduta su una delle sedie col capo chino sul braccio, visibilmente affranta. Entrambi erano addolorati e non sapeva a chi rivolgersi per primo, poi si avvicinò a Muriel e le prese la mano.

    «Muriel, mia cara, questa è una pazzia. Non posso credere che davvero tu ritenga possibile una simile evenienza. Devi lasciar stare il passato e guardare con nuovo animo al futuro».

    Guardò Guiot e vide il suo volto rasserenarsi alle sue parole.

    Muriel si alzò di scatto dalla sedia e tremando gli diede le spalle. Ferrand sospettò che stesse piangendo e si voltò verso l’amico non sapendo che fare. A quel punto Guiot si fece avanti e la strinse in un abbraccio.

    «Non fare così», mormorò piano.

    «Non capisci, non posso aspettare qui mentre tu vai incontro al pericolo. Ho visto dolore e sofferenza in battaglia, so bene a cosa vai incontro», concluse avvilita.

    Guiot le accarezzò i capelli per confortarla ma non intendeva cedere: «Muriel, non potrò mai permettere che mia moglie si travesta da uomo e vada a combattere», esclamò con foga.

    «Sarà un supplizio per me. Dopo aver perso i miei fratelli, la mia adorata madre e mio padre, non posso neanche lontanamente immaginare di perderti. Preferisco venire con te, anziché torturarmi nell’attesa, senza sapere se sei ferito o peggio. Perché non vuoi capire?».

    Guiot non ebbe la forza di replicare a queste parole appassionate e le accarezzò la testa dolcemente. Avvertì i singulti disperati che la squassavano e riuscì solo a stringerla più forte a sé. Nella stanza scese il silenzio, rotto solo dal pianto della giovane.

    Ferrand comprese che era un pianto liberatorio. Muriel stava prendendo coscienza del fatto che la sua idea non era realizzabile. Trasse un sospiro di sollievo, ritenendo che la questione fosse risolta, d’altra parte non gli sembrava proprio che ci fossero alternative possibili. In silenzio uscì dalla stanza e raggiunse Sofia che lo attendeva nell’atrio.

    La donna lo guardò interrogativa.

    «Credo che il problema sia risolto. Ha capito che la sua idea è irrealizzabile».

    La sentì sospirare: «Dio ti ringrazio, non si è mai sentito che una donna vada a combattere».

    «Già», approvò Ferrand laconico. Non sapendo cosa l’altra conoscesse del passato da scudiero di Muriel, preferì glissare sull’argomento. Decise che forse non era il momento giusto per parlare con l’amico dei suoi problemi e rivolto a Sofia le raccomandò di salutare i due da parte sua e riferire che sarebbe passato in un altro momento. Si diresse verso l’uscita, deciso a raggiungere il Santo Sepolcro, avrebbe chiesto consiglio al Signore su come regolarsi in quel frangente.

    Quando il pianto cessò, Muriel si asciugò le lacrime e allontanandosi dal marito si sedette di nuovo cercando di ricomporsi.

    «E sia, ma comunque, non resterò a casa ad aspettarti. Chiederò a padre Guglielmo se posso essergli utile in qualche modo», disse con voce ancora malferma.

    Guiot sospirò sollevato per essere riuscito a spuntarla ma, al tempo stesso, preoccupato per quello che le parole di Muriel potevano significare. Aveva paura che in qualche modo trovasse il modo di aggirare il suo divieto. Non era la prima volta che disobbediva ai suoi ordini, era stata il peggior scudiero che avesse mai conosciuto. Suo malgrado, sorrise tra sé al ricordo.

    «Va bene, però, non deve essere niente di pericoloso, siamo d’accordo?».

    «Sì, certo, di cosa ti preoccupi?», chiese sorpresa, poi, asciugandosi le lacrime, continuò «però devi promettere che manderai tue notizie, qualunque esse siano».

    «Non ho difficoltà a prometterlo. Devo andare, se non fermiamo l’avanzata nemica, ci troveremo sotto assedio».

    «Promettimi che tornerai», mormorò rialzandosi e avvicinandosi a lui.

    Guiot l’attirò a sé e le prese il viso tra le mani.

    «Tornerò, te lo prometto, devo condurti in Irlanda, no?», le sussurrò prima di baciarla con passione sulle labbra.

    Ferrand entrò nella chiesa semibuia, illuminata appena dalle candele poste ai lati dell’altare. Ogni volta che entrava nella chiesa del Santo Sepolcro, provava un grande turbamento. Contemplò la pietra dell’unzione, dove il corpo del Cristo era stato preparato per la sepoltura, la rotonda dell’anastasi sormontata dalla grande cupola, con al centro il Santo Sepolcro e il grande altare delimitato da alte mura marmoree. S’inoltrò nella navata, la forza della fede sembrava trasudare dalle pietre di quella formidabile costruzione, s’inginocchiò turbato e s’immerse nella preghiera. Dio conosceva il suo cuore e sicuramente avrebbe risposto alla domanda che lo angustiava. Doveva partire con Goffredo o rimanere in città con Robert di Normandia?

    Di lì a poco iniziò la funzione e altra gente occupò le panche disposte in fila nella navata. Molti li conosceva, erano uomini che avevano combattuto al suo fianco nelle tante battaglie, i normanni di Tancredi d’Altavilla, gli uomini di Boemondo di Taranto e di Raimondo di Saint-Gilles Tolosa, i cavalieri di Robert di Normandia, del cugino Robert di Fiandra e tanti altri ancora. La sua attenzione fu attratta da un uomo che gli sembrava di avere già incontrato ma non ricordava dove. Vestiva con un completo verde, era alto, portava i capelli ricci e corti e la barba ben curata. La spada che portava al fianco lo qualificava come un uomo d’armi. Seduto in prima fila, seguiva con fervore la funzione religiosa poi, come se avesse percepito il suo sguardo, si voltò verso di lui. Ferrand non distolse lo sguardo e fissando quegli occhi scuri e determinati, ricordò dove l’aveva visto. Apparteneva a quelli che avevano votato la soluzione estrema: l’eccidio dei superstiti di Gerusalemme. Al ricordo di quei giorni drammatici provò un moto di antipatia per lui. Era ancora vivido il ricordo della difficile situazione in cui lui e Guiot si erano trovati, il categorico rifiuto di Muriel di consegnare Sofia e le due serve con i bambini. Alla fine, rischiando in prima persona, avevano deciso di non sacrificare delle vite innocenti in nome della follia collettiva che sembrava aver preso il sopravvento in città.

    Quell’uomo era uno dei cinquanta Difensori del Santo Sepolcro, si chiamava Gerald d’Avesnes e apparteneva alle truppe di Goffredo. Era stato uno dei primi a presentarsi per far parte della milizia preposta alla protezione del Tempio. Tutti quelli che entravano a far parte di questo nuovo ordine istituito da Goffredo, dovevano fare voto di obbedienza, di castità e impegnarsi a difendere la tomba di Cristo. Si trattava di una speciale guardia d’onore, cui era stato assegnato il nome di Miles Jherusalem. Gli piacesse o no, era una figura di spicco tra i crociati e poteva capitargli, prima o poi, di avere a che fare con quell’uomo. Lo salutò con un cenno, che l’altro ricambiò con un impercettibile movimento del capo.

    Ferrand tornò a concentrarsi sulla funzione che proseguiva solenne, tra canti e orazioni; in quel momento il prete stava alzando il calice. Quel gesto gli fece venire in mente di aver sentito dire che, da qualche parte, a Gerusalemme, doveva essere nascosto il Graal, il calice in cui era stato raccolto il sangue di Cristo. Nessuno però sembrava conoscere il luogo in cui si trovava.

    La funzione ormai volgeva al termine, si mise in fila per ricevere la benedizione, in una lenta processione che andava dall’ingresso all’altare. In quei giorni la presenza dei cristiani alle funzioni era ancora più assidua, tutti cercavano conforto e protezione dal pericolo imminente. Dopo tante sofferenze erano finalmente a Gerusalemme, ma ancora non erano in salvo. I pericoli che li circondavano erano innumerevoli.

    Da poco Goffredo aveva ottenuto il governo della città e, anziché dedicarsi a riorganizzare l’assetto politico consolidando il suo potere, era costretto ad affrontare l’esercito del visir. Il dominio di Goffredo comprendeva la città santa e una dozzina di altre città nelle vicinanze, molte delle quali erano separate le une dalle altre da villaggi ancora occupati dagli infedeli. Ciò creava evidenti difficoltà di comunicazione tra una città e l’altra. Molti cristiani, per sfuggire ai pericoli della guerra, avevano abbandonato le proprietà che avevano conquistato con tante sofferenze. Solo chi aveva trascorso un anno in una casa e aveva

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