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the world of hope
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E-book359 pagine4 ore

the world of hope

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Info su questo ebook

Cole vive a New York con la tata, i suoi genitori non sono quasi mai presenti ed il ragazzino si è tristemente abituato alla solitudine, sviluppando una scarsa autostima che lo porta a faticare nel relazionarsi con i compagni che lo bullizzano e lo prendono in giro, Lux è un alieno solo, che nasce blu in un mondo di alieni verdi e per questo stufo delle prese in giro dei compagni decide di partire per ritrovare la speranza di un nuovo inizio e lo fa atterrando in un giardino terrestre.
Nel viaggio deve anche nascondere un cristallo che porta fin da piccolo non conoscendone il significato ( e che è anche l’unico ricordo dei genitori) dal “ mondo nero” che per motivi che si scopriranno durante la storia, cerca di venire in possesso della pietra e di distruggerla .
Tra alieno e ragazzino nascerà una profonda amicizia e sostegno reciproco ed entreranno in simbiosi sommando le singole solitudini e trovando sostegno uno nell’altro.
Dylan invece vive a Londra acquista the world of hope in libreria e pur non entrando direttamente nella storia, troverà notevoli connessioni con Cole che lo porteranno a cambiare la sua vita intervenendo nel mondo reale contro il bullismo e contro un mondo in cui l’indifferenza e l’anafettività la fanno da padrone.
LinguaItaliano
Data di uscita5 lug 2017
ISBN9788826478142
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    Anteprima del libro

    the world of hope - maruzzi ivan

    Ivan Maruzzi

    The world of hope

    UUID: e6b4eee4-5d9a-11e7-a980-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    PREMESSA

    - PROLOGO -

    - 1 - LUX

    - 2 - COLE

    - 3 - LUX

    ​- 4 - COLE

    ​- 5 - LUX

    ​- 6 - COLE

    ​- 7 - XODEK

    ​- 8 - XODEK

    ​- 9 - COLE

    ​- 10 - XODEK

    ​- 11 - LUX

    ​- 12 - XODEK

    ​- 13 - LUX

    ​- 14 - DYLAN

    ​- 15 - COLE

    ​- 16 - XODEK

    ​- 17 - DYLAN

    - 18 - LUX

    ​- 19 - COLE

    ​- 20 - KODEX

    ​- 21 - DYLAN

    ​- 22 - COLE

    ​- 23 - DYLAN

    ​- 24 - XODEK

    ​- 25 - COLE

    ​- 26 - COLE

    ​- 27 - LUX

    ​- 28 - XODEK

    - 29 - DYLAN

    - 30 - COLE

    - ​31 -

    - ​32 - COLE

    - ​33 - DYLAN

    - 34 - XODEK

    ​- 35 - LUX

    - ​36 - COLE

    - 37 -

    - ​38 - XODEK

    ​- 39 - COLE

    - 40 - LUX

    - ​41 - DYLAN

    - ​42 - XODEK

    - ​43 - COLE

    - 44 - DYLAN

    - ​45 - COLE

    - ​46 - COLE

    ​- 47 - XODEK

    - 48 -

    - 49 - DYLAN

    - ​50 - COLE

    - 51 - COLE

    - ​52 - COLE

    - ​53 -LUX

    - ​54 - XODEK

    - ​55 - DYLAN

    ​- 56 - COLE

    - 57 - LUX

    - 58 - XODEK

    - 59 -

    - ​60 - LOGAN

    - ​61 - COLE

    - ​62 -

    - 63 - COLE

    - ​64 - LOGAN

    - ​65 - COLE

    ​- 66 - DYLAN

    - 67 - LUX

    - ​68 - COLE

    - ​69 - XODEK

    - ​70 - MATTHEW

    - ​71 - DYLAN

    - ​72 - COLE

    - ​73 - DYLAN

    - ​74 - KIMBERLY

    - ​75 - DYLAN

    ​- 76 - COLE

    ​- 77 - XODEK

    - ​78 - DYLAN

    - ​79 - COLE

    - 80 - XODEK

    - ​81 -

    - ​82 - DYLAN

    ​- 83 - COLE

    - ​84 - DYLAN

    - 85 - COLE

    EPILOGO

    TO BE CONTINUED…

    - BIO -

    Ringraziamenti

    A tutti i ragazzini soli come me da bambino, perché questo libro vi regali una speranza che accenda una luce nel vostro cuore

    Murakami Ecco cosa significa continuare a vivere. Agli esseri umani viene concessa la speranza, che diventa il carburante e lo scopo per andare avanti. Senza la speranza, non potrebbero sopravvivere.

    1Q84, Haruki Murakami

    Può darsi che non sarai mai felice. Perciò non ti resta che danzare, danzare così bene da lasciare tutti a bocca aperta.

    Kafka sulla spiaggia, Haruki Murakami

    Se non c’è l’amore, il mondo è come il vento che soffia fuori dalla finestra. Non lo si può sentire sulle mani, non se ne percepisce l’odore.

    La ne del mondo e il paese delle meraviglie, Haruki Murakami

    Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente la direzione del percorso. Per evitarlo cambi l’andatura. E il vento cambia andatura, per seguirti meglio. Tu allora cambi di nuovo, e subito di nuovo il vento cambia per adattarsi al tuo passo. Questo si ripete in nite volte, come una danza sinistra con il dio della morte prima dell’alba. Perché quel vento non è qualcosa che è arrivato da lontano, indipendente da te. È qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. Perciò l’unica cosa che puoi fare è entrarci, in quel vento, camminando dritto, e chiudendo forte gli occhi per non far entrare la sabbia.

    Kafka sulla spiaggia, Haruki Murakami

    PREMESSA

    Bullismo: malato senso di dominio impotente e prepotenza

    Perché tra i ragazzini si verificano casi di violenza gratuita, spesso ingiustificata e inaudita, sia nelle forme con cui si manifestano che nelle loro motivazioni individuali e sociali? E’ dunque utile parlarne, farne un film, raccontarlo in qualsiasi modo? Certamente, ma come: facendo leva su quali aspetti, quali linguaggi affinché non ci si limiti a sterili, precettistici e spesso inascoltati messaggi?

    Una volta, quand’ero piccolo io, ci si addestrava ancora agli echi della guerra ma con un movente preciso: la difesa del territorio, che per lo più era il piazzale del condominio o la corte della casa di ringhiera. Sebbene il conflitto bellico fosse ormai alle spalle e gli adulti s’impegnassero a ricostruire sulle macerie lasciate dalle bombe, i ragazzini giocavano ancora a sassate e a bussolotti con gli spilli contro i nemici del fabbricato accanto.

    Il nostro immaginario infantile era rapito da libri e messe in scena di bande di coetanei che si contrapponevano anche con durezza spietata: in quegli anni, per noi, la violenza era un’opzione di difesa del gruppo e non del singolo individuo, in un mondo dove gli adulti avevano ammazzato ed erano stati ammazzati per la patria.

    Ricordo ancora un testo come I ragazzi della via Paal, scritto nel 1906 dall’autore ungherese Ferenc Molnàr, che implicitamente denunciava la mancanza di spazi di gioco per i più piccoli, spesso vittime psicologiche dell’efferata violenza della guerra degli adulti.

    Oggi la società complessivamente è più evoluta, meno belligerante ma esorbita d’immaginario, visionarietà, virtualità in cui l’individuo, in particolare il più fragile, sempre più spesso si perde nei vortici di una multi o pseudo identità distorta e asimmetrica rispetto ai suoi simili: forse anche per questo, per il dilagare dell’idea che il mondo sia stato creato solo per girarci intorno, dobbiamo occuparci della prepotenza giovanile.

    Ora, la psicologia ci spiega molti aspetti del fenomeno: considera il bullismo come una sottocategoria del comportamento aggressivo degli uomini che risiede nell’intenzione di fare del male a una vittima designata, spesso un individuo coetaneo incapace di difendersi o di provocare reazioni, in modo sistematico e continuato nel tempo. Già queste brevi considerazioni, per quanto esse spieghino gli effetti e non le cause sociali del problema, ci fanno capire che realizzare un film sul bullismo non è davvero un lavoro semplice.

    Il pericolo è quello del luogo comune. La prevedibile rappresentazione d’immagini, nella finzione, di gesti, violenze e azioni non basta più: si tratta di una prassi vista e rivista, anche per il proliferare di spot, cortometraggi e filmati diffusi in Tv e nei social della rete.

    Quando il produttore Silvio Sardi mi ha proposto di aderire al progetto The Word of Hope (Un mondo di speranza) ho letto il libro omonimo di Ivan Maruzzi.

    Del poderoso racconto mi hanno colpito due aspetti sostanziali: la capacità dell’autore di affrontare il problema delle prepotenze attraverso la ricchezza dell’immaginario giovanile, fertile di spunti, fantasia e il finale della storia, assolutamente sorprendente e imprevedibile che indica nei ragazzi stessi la leva più attiva per la soluzione del problema. Naturalmente non voglio togliere al lettore il piacere della sorpresa e mi limito a dire che l’epilogo del libro richiama un responsabile contro immaginario positivo, che esiste davvero e che, a di erenza della finzione del falso realismo a cui ci hanno abituati, può emergere con tutta la sua forza anche e soprattutto in un progetto filmico.

    Tale originalità che non si limita a spiegazioni esterne ma che mette in relazione il piano della proiezione di sè sul mondo con i suoi riflessi nei comportamenti individuali e sociali, può aiutarci a capire meglio le psicologie che sono alla base dei moventi del bullo, della sua vittima, del gruppo inerte, della scuola e della famiglia.

    Questo dualismo può dare al film stesso un respiro drammaturgico intenso attraverso un linguaggio non consueto che può tentare di parlare e farsi capire dai suoi principali destinatari: cioè i giovani stessi. Del resto a cosa s’ispirano certe forme di comunicazione, certi mode, gerghi ed espressioni del mondo giovanile se non ai videogiochi, ai fumetti, a film ai confini della fantasia o alle rappresentazioni delle identità virtuali dei social network. Il libro di Ivan ci dice esplicitamente che alla base dei modelli di comportamento dei giochi di ruolo dei ragazzi c’è oggi un grande convitato di pietra: un vuoto culturale infinito che nella vita reale è surrogato essenzialmente da personal media, protesi tecnologiche autocelebrative e immaginario traslato. Per questo un libro originale implementato con disegni può essere un ottimo strumento di sensibilizzazione, così come lo può essere un lm dettato da un impulso emotivo sincero ed appassionato.

    ETTORE PASCULLI

    - PROLOGO -

    L’obiettivo della loro vita insieme era stato fin dall’inizio quello di custodire la pietra, fare in modo che nessuno conoscesse l’oscuro segreto legato al cristallo, nasconderlo da orecchie ed occhi indiscreti.

    La gemma rappresentò da sempre uno dei motivi della loro fuga, a scapito della loro stessa esistenza e di quella del loro amato figlio Lux.

    Erano partiti dal pianeta quando avevano compreso che a poco a poco la violenza, la cattiveria, l’ingiustizia, l’invidia, il pettegolezzo stavano per vincere su tutto.

    Il mondo stava cambiando, i sogni per le persone erano sempre meno importanti, così come la fantasia, la creatività e l’affettività.

    Il mondo riusciva persino a mal interpretare un abbraccio sincero, un bacio e una carezza.

    Partirono di notte, si dileguarono come ladri, in silenzio. Un ultimo sguardo a Lux, che dormiva sereno nella culla e che da lì a poco sarebbe rimasto solo.

    - 1 -

    LUX

    SU IXION WORLD NON C’ERANO MAI NUVOLE

    Immagina una remota galassia lontana, a milioni di anni luce dalla terra, costellata di miliardi e miliardi di stelle.

    Hai immaginato? Ora pensa a un pianeta piccolo piccolo, che rispetto a Giove potrebbe quasi somigliare a un chicco nell’universo; ok, il suo nome è Ixion World.

    Da qui inizia il nostro racconto…

    Ixion World era un mondo bizzarro, che volgeva la sua faccia sempre verso la sua stella, un po’ come si comporta la luna verso la terra. Sul pianeta c’era un‘atmosfera molto differente da quella terrestre: su Ixion, infatti, non c’erano mai nuvole; le escursioni termiche erano fortissime, i venti molto vari e impetuosi e faceva così caldo che tutta l’acqua presente era addirittura vaporizzata.

    In questa terra lontana, la notte non esisteva. All’inizio la luce prevaleva sul buio grazie alla presenza di tre soli che in momenti alterni si accendevano e si spegnevano consentendo così di mantenere costante la luce... Certo gli alieni si riposavano anche, ma solo per poche ore al giorno. Per comprendere il trascorrere del tempo, gli abitanti del pianeta si orientavano guardando l’alternanza tra i tre soli e la luce fioca della stella madre.

    Questo corpo celeste, era abitato da tantissimi piccoli alieni, la cui pelle era di colore verde e l’altezza non superava mai il metro (anche se a dirla tutta pochi raggiungevano questa statura).

    L’unico di loro completamente diverso era Lux.

    Questo piccolo alieno, si differenziava in modo molto evidente da tutti gli altri… Era nato con la pelle di colore blu, e questo particolare lo rendeva antipatico a tutti; a causa del colore della sua pelle lo consideravano bizzarro (nonostante lui cercasse sempre di indossare abiti tendenti al verde, per mimetizzarsi così con i suoi simili) e quindi non lo accettavano, prendendolo spesso in giro e gridandogli in coro: Ecco il coso tutto blu aaahhh, ciao coso blu!

    Lux all’iniziò reagì agli scherni accettandoli e provando a riderne, ma successivamente la situazione peggiorò sempre più, tanto da costringerlo all’isolamento. Non lo conoscevano nemmeno, eppure per un motivo puramente esteriore lo evitavano.

    Il giovane alieno scelse così come dimora una vecchia navicella spaziale, appartenuta alla sua famiglia dalla notte dei tempi, in cima al monte Stronex, la montagna più alta del pianeta.

    Per raggiungere Stronex bisognava avanzare in un bosco scuro, con alberi molto alti e fitti che facevano filtrare i tre soli solo in piccola parte rendendo l’atmosfera quasi spettrale. Il percorso era caratterizzato da numerosi sali e scendi, e da pochi punti di riferimento; una radura che pareva ripetersi continuamente, sempre uguale.

    All’inizio la solitudine per Lux fu quasi incolmabile: spesso non ritrovò la strada per la casa-navicella e si disse cosa ho combinato? ma gradualmente questa sistemazione permise al blu di evitare la sofferenza per il colore della sua pelle, ma lo mise di fronte all’immensità della solitudine determinata anche dall’improvvisa partenza di mamma e papà e dalla sua incapacità di continuare a vivere nel palazzo del governatore.

    Lux sognava di partire, di fuggire via da questo pianeta in cui nessuno lo capiva e considerava; per questo, la sera, con un telescopio molto potente, cercava un luogo che gli restituisse la speranza, il sogno di un cambiamento, uno spazio in cui ritrovare entusiasmo, energia e amici, dove poter sorridere ed essere se stesso superando l’isolamento forzato a cui era stato costretto.

    Un giorno Lux, scrutando l’immenso spazio siderale, notò un piccolo punto luminoso e vicino uno ancora più piccolo e azzurro che lo colpì al cuore, come se volesse comunicare con lui in una lingua sconosciuta. Questo astro azzurro lo ispirò come nessun avvenimento o situazione da un bel po’ di tempo.

    Prese il binocolo e lo puntò in quella direzione rimanendo estasiato da quella distesa di colori tendenti al blu cobalto. Capì che quella era la sua meta, sentì che le cose sarebbero cambiate, credette in qualcosa, finalmente.

    La notte si coricò e dall’oblò della cameretta della sua navicella spaziale le stelle vennero a fargli compagnia, e quella lucina in lontananza lo fece addormentare con una nuova speranza nel cuore: tutto si può cambiare, basta crederci.

    - 2 -

    COLE

    LA PRUDENZA È LA VIRTÙ DEI FORTI

    Se ne stava acquattato in un angolino del bagno della scuola, tra gli odori dei detergenti e dell’ammonica misto al fetore acre dei bisogni, cercando di non muovere un muscolo, di non fare un minimo rumore, persino la saliva che mandava giù nel deglutire sembrava un temporale. Forse era riuscito a seminarli, per questa volta l’aveva fatta franca... Ma non doveva parlare troppo presto, non doveva dare nulla per scontato, loro erano molto più forti e furbi di quanto dessero a vedere.

    Tappandosi il naso per quella puzza e con le ossa indolenzite per la posizione innaturale in cui era costretto, rimase lì per un tempo indefinito, scandito dalla campanella della scuola; un tempo che a Cole sembrò infinito, fino a quando risuonò il trillo della fine giornata, e il ragazzino, avvertì il vociare dei compagni nel corridoio, le urla di liberazione all’uscita, le corse, le portiere delle macchine dei genitori sbattere e i bidelli iniziare a pulire le classi.

    Poi il silenzio… Finalmente.

    Per sicurezza lasciò passare ancora qualche minuto, poi quando tutto fu immerso nella più totale calma, Cole uscì dal nascondiglio con circospezione, recuperò il suo zaino con ET disegnato sopra e corse fuori dal bagno maleodorante in punta di piedi, senza fare rumore. Fortunatamente la suola di gomma delle sue Converse era supersilenziosa.

    Prima di uscire allo scoperto, però, si nascose in ogni angolo che trovava, quasi stesse giocando a nascondino, non si fidava ancora, la prudenza è la virtù dei forti pensò. I suoi compagni avrebbero potuto sbucare fuori da un momento all’ altro…

    Dopo aver percorso alcuni lunghi corridoi tutti uguali, svoltò a sinistra e raggiunse piano piano la porta di ingresso della scuola, azionò la maniglia molto lentamente e orientò lo sguardo al di fuori.

    Sembrava tutto tranquillo, e Cole fece un lungo sospiro di sollievo.

    Si avviò sul retro dell’edificio scolastico e raggiunse la rastrelliera portabiciclette per recuperare la sua fiammante, straveloce e super ammortizzata BMX verde fluo.

    Ma purtroppo le sorprese, come immaginava, non erano ancora finite, gli pareva che tutto fosse filato fin troppo liscio.

    Infatti... Sorpresa...

    Trovò la sua bicicletta con le ruote bucate.

    Avevano sempre loro l’ultima parola in tutto, ormai da troppo tempo.

    I compagni non lo avevano scovato e allora non avevano trovato di meglio da fare che prendersela con la sua bici, dovevano sempre averla vinta loro, e Cole si chiese se l’avrebbero mai lasciato in pace.

    Il ragazzino abbassò per l’ennesima volta la testa lasciando ricadere i suoi lunghi capelli biondi sui malinconici occhi chiari, così, mentre camminava verso casa trainando la sua bicicletta, nessuno poteva accorgersi che i suoi occhi azzurri si erano trasformati in un mare di lacrime amare.

    - 3 -

    LUX

    ALLA RICERCA DI UN PUNTINO DI LUCE

    La mattina seguente Lux si sveglio alle prima luci, pieno di energia, quasi rigenerato: quando si ha un obiettivo, un progetto, l’energia circola in modo diverso, come se tutto si Illuminasse. I progetti aiutano a sentirsi vivi.

    Dopo una colazione veloce, il desiderio tornò a impadronirsi di lui, e così cominciò a tracciare tempi e calcoli per l’imminente partenza. Ma aveva un dubbio: se la sua navicella spaziale che ora gli faceva da casa sarebbe stata pronta e abbastanza resistente per portarlo nello spazio siderale alla ricerca del nuovo mondo. Poi si decise: Al lavoro! sentenziò, e cominciò a mettere a punto la navicella. Non devo trascurare proprio nulla, controllare il motore e che tutti gli strumenti di bordo funzionino a dovere.

    In poche ore, mentre la luna iniziava ad illuminare tutt’intorno, lavorando senza sosta, l’alieno mise a punto la sua navicella. Il primo problema era stato brillantemente risolto.

    Stanco ma soddisfatto, si sedette in una zona della montagna che permetteva al suo sguardo di spaziare tutto intorno e si immerse nei suoi pensieri. Doveva abbandonare il pianeta sul quale aveva vissuto fino ad ora, e dove tutti lo consideravano un alieno tra gli alieni. Era forse colpa sua essere nato blu? Perché era capitata proprio a lui una tale sventura? Non poteva nascere verde come tutti? Così avrebbe potuto vivere tranquillamente in mezzo agli altri, condividere la propria vita senza essere preso in giro e allontanato.

    Lux non conosceva la parola spensieratezza, il suo cervello, fin da piccolo, aveva dovuto difendersi da solo, senza nessuno.

    Non aveva mai conosciuto mamma e papà, e l’unica cosa che aveva di loro era un prezioso cristallo trasparente, che custodiva come una reliquia e che gli era stato consegnato anni dopo dal comandante supremo del pianeta Ixion World, un cristallo che era presente da millenni sul pianeta e che possedeva poteri straordinari, passando di famiglia in famiglia.

    Lux aveva chiesto più volte cose ne fosse stato dei suoi genitori, ma appena poneva quella domanda tutti glissavano, lasciandolo solo con i suoi perché? e con un diamante caleidoscopico di cui non conosceva i poteri, ma che sapeva di dover custodire con attenzione.

    Per questo motivo lo teneva sempre al collo, nascosto da occhi indiscreti e camuffato in una collana; se avessero voluto rubarlo avrebbero dovuto ucciderlo. In fondo era l’unico ricordo di mamma e papà, l’unico legame con la sua famiglia.

    Quindi se ne stava lì, con gli occhi persi nel vuoto e il cuore in tumulto, diviso tra l’energia di una nuova possibilità e la malinconia di essere costretto a partire, a mollare la sua casa, a scappare come un ladro. Ma era venuto il momento, radunò le sue poche cose e si decise a partire alla ricerca di un puntino di luce, di qualcosa di nuovo, forse di un amico, forse di un mondo in cui essere più felice, chissà…

    ​- 4 -

    COLE

    OK LA GIUSTIFICHERÒ

    Varcò la soglia di casa mezzora dopo, lo stomaco brontolava per la fame e anche un po’ per la tensione nervosa. Cole viveva nella zona di New York chiamata Greenwich Village, più conosciuta da molti semplicemente come il Village, un distretto molto particolare, collocato nella parte più giovane e divertente, Downtown. Un’area fatta di belle abitazioni, localini curati, gente giovane e soprattutto da strade disordinate, tali da rompere quasi il rigido reticolato di New York.

    La casa di Cole era una dimora in stile Vittoriano, caratterizzata da un tetto a tegole di ardesia e una facciata a tre vetrate, con una forma semiesagonale… Certe volte a Cole sembrava di entrare in un castello, e di notte faceva anche un po’ paura.

    Dentro, la casa era tutta divisa in stanzone ampie in cui dominavano carte da parati, moquette, caminetti decorati dai toni scuri e lucidi, tendenti al rosso e al viola.

    Lo accolse la colf Adriana: Signorino Cole dove è finito, al cellulare non rispondeva, ero preoccupata e sua madre voleva essere informata del motivo del suo ritardo.

    Tutti i ragazzini normali avrebbero trovato a casa la madre e il padre pronti a fare il fatidico cazziatone, Cole, invece, trovava la domestica.

    La mamma di Cole, Irene, era presa dalla sua carriera di stilista e passava la vita in giro da un posto all’ altro, tra sfilate di moda, ricerca dei tessuti in loco e party esclusivi, spesso dimenticandosi di avere un figlio. Il suo modo di dimostrargli attenzione era quello di vestirlo con le sue produzioni e spesso Cole trovava già la mattina il look della giornata preparato dalla madre con pashmina abbinata al maglione e alle scarpe. E Cole non aveva diritto di replica. Il padre, invece, lo vedeva sì e no una volta al mese: viveva a Zurigo in Svizzera, ed era il direttore generale di una filiale di qualche banca elvetica.

    Mi scusi, Adriana, - rispose Cole - ho trovato la bicicletta con le gomme bucate e quindi ho dovuto farmela tutta a piedi, che palle...

    Signorino, sua madre non vuole che si esprima in questo modo.

    "Scusami,

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