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La Fanciulla del Deserto
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E-book388 pagine4 ore

La Fanciulla del Deserto

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Info su questo ebook

Giovane schiavo eunuco venduto per pochi soldi dai negrieri in un'oasi, Ahmir verrà cresciuto come donna e la sua bellezza gli varrà un posto d'onore tra le odalische più ambite del regno di Noghard, tanto da entrare nelle grazie di un facoltoso principe. Il suo sogno proibito, però, è quello di diventare un'Amazzone e cercare riscossa per il suo popolo oppresso. 
​​​​​​Un epico spin-off della saga dei Pirin che catapulta il lettore tra le cocenti dune della terra dei draghi, tra intrighi di corte, sopravvivenza in territori ostili, sciamane- simo, rivoluzioni, e pericolosi giochi tra diversi piani temporali.
LinguaItaliano
Data di uscita25 giu 2022
ISBN9791221360950
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    Anteprima del libro

    La Fanciulla del Deserto - Brocchi Sebastiano B.

    Note

    Questo romanzo è un’opera di fantasia. Ogni eventuale riferimento a nomi di persona, luoghi, avvenimenti, fatti storici, siano essi realmente esistiti o esistenti, è da considerarsi puramente casuale.

    Sebastiano B. Brocchi

    La Fanciulla del Deserto

    © Sebastiano B. Brocchi – 2022

    contact: sebastiano.b.brocchi@gmail.com

    I diritti di riproduzione e traduzione sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata, riprodotta o diffusa con qualsiasi mezzo senza autorizzazione scritta da parte dell’autore.

    Testi, impaginazione, immagine di copertina e illustrazioni sono opera dell’autore.

    Note biografiche

    Sebastiano B. Brocchi (Lugano, 18 marzo 1987) è un filosofo, scrittore, artista e creativo multimediale svizzero di Collina d’Oro. Le sue opere sono incentrate soprattutto sulla simbologia e la spiritualità. Avendo pubblicato il suo primo libro di saggistica a soli diciassette anni come autodidatta, è stato definito "un giovane dall’anima antica (Mutamenti), talento precocissimo e straordinario dell’esoterismo (Hera), la nuova promessa del le lettere ticinesi" (Extra). Negli anni successivi la sua produzione ha abbracciato i più diversi ambiti culturali spesso con progetti originali e in qualche misura pionieristici, spaziando dalla saggistica alla narrativa, dal mondo dei videogiochi alla cinematografia, dando sempre ampio respiro an che all’arte, il design e l’illustrazione.

    Come scrittore ha pubblicato la sua prima opera nel 2004: il breve trattato "Collina d’Oro - I Tesori dell’Arte, seguito da Collina d’Oro Segreta (2005), libro che ha suscitato scalpore nella cronaca ticinese per le sue rivelazioni esoteriche, e Riflessioni sulla Grande Opera (2006), considerato dagli specialisti un testo magistrale di alchimia. È del 2009 il saggio Favole Ermetiche", dedicato all’interpretazione esoterica delle fiabe tradizionali.

    La prima opera di narrativa è l’avvincente giallo esoterico "L’Oro di Polia", pubblicato nel 2011, che racconta della ricerca di un inestimabile tesoro del Rinascimento legato a Lucrezia Borgia.

    Nel 2012 vede la luce il primo volume della saga dei Pirin, intitolato "Le memorie di Helewen", un libro che, oltre a segnare l’esordio dell’autore nel genere fantasy, costituisce una piccola rivoluzione nel vasto panorama di questo tipo di letteratura, proponendo un connubio tra testo e immagini che porterà il lettore a scoprire via via un mondo immaginario studiato fin nei minimi particolari. Un continente, la terra di Gaimat, quattordici fiorenti civiltà (tra cui, appunto, i Pirin, popolo di semidei nati dall’unione di un uomo e una fata), una profusione di oggetti magici, luoghi incantati, in un originalissimo intreccio di storie fiabesche ispirate alla mitologia antica e al folklore medievale.

    Il secondo volume della saga, "Hairam Regina, viene pubblicato nel 2016, mentre il capitolo conclusivo della trilogia, Le Gesta di Nhalbar", vede la luce nel 2017.

    Alla saga dei Pirin si ispira il videogioco "Eselmir e i cinque doni magici (2018), realizzato dallo stesso Brocchi in collaborazione con lo studio indipendente Stelex Soware. Il gioco ha ottenuto ottime recensioni internazionali, e c’è chi l’ha definito una delle avventure grafiche più belle e avvincenti mai create da una software house indipendente (Project nerd). Oltre a questo, l’espansione multimediale della saga si arricchisce a partire dal 2018 di nuove esperienze spin-off con la nascita delle avventure di Tasar (inizialmente su un app per cellulari e in seguito riadattate a romanzi). Nel 2020 è uscito Pirin Civilizations artbook, volume che raccoglie le opere di nove artisti compreso lo stesso Brocchi, mentre il 2021 ha visto nascere due nuovi romanzi spin-off: Il Libro dei Cieli d’Opale, che racconta in stile aulico la genesi del mondo della saga e i principali eventi della Prima Era, e Il Mercante di Verità", un giallo marinaresco dalle tinte gotiche ambientato nelle terre del nord.

    Altri titoli legati alla saga sono annunciati per i prossimi mesi e anni, tra i quali ricordiamo il fumetto "La Vita di An, i romanzi spin-off La Corte dei Fiocchi e Il Tempo dei Totem, il card game Border Realms, il gioco di ruolo The Rulers of Gaimat RPG - I Dominatori del Gaimat".

    Prefazione

    Le diverse esperienze venute a espandere, nel corso degli ultimi anni, il nucleo originario della saga dei Pirin - ossia la trilogia di romanzi che ne costituiscono il fondamento e la struttura portante - hanno evidenziato come questa saga cerchi di comunicare la sua storia, o meglio le sue storie, in una dimensione che trascenda i semplici concetti di intrattenimento e narrativa. In parte l’avventurarsi su sentieri multimediali, in parte il moltiplicarsi di racconti spin-off, mostrano un tipo di crescita che non somiglia a quella lineare della costruzione di una strada, ad esempio, bensì a quella più organica dello sviluppo di una foresta. Le varie direzioni intraprese somigliano, in un certo senso, ad alberi che mettano radici e formino chiome sempre più folte, con percorsi che arrivano via via a intrecciarsi, completarsi, nutrirsi di nuova linfa in un reticolo che ci appare, in qualche modo, vivente. Traccia di questo si avverte, tanto per dirne una, nell’oggettiva difficoltà di tracciare un’ipotetica sequenza di lettura delle diverse pubblicazioni che compongono questo vasto organismo letterario. Cosa è meglio leggere prima, cosa è meglio leggere dopo? Sarebbe preferibile iniziare dalla trilogia originale perché è con essa che la saga ha preso il via, oppure da "Il Libro dei Cieli d’Opale, perché di fatto descrive l’origine del mondo in cui la saga stessa si svolge? E a che punto del cammino si innestano, esattamente, gli altri spin-off come Tasar o Il Mercante di Verità? E tra questi e il videogioco Eselmir e i cinque doni magici? Quale andrebbe affrontato prima? Che dire, poi, di questa nuova avventura de La Fanciulla del Deserto"? Dove possiamo collocarla per non perderci? Non vi è una risposta giusta a queste domande, ma solo tante possibili risposte soggettive.

    Ecco, io ritengo che immaginare la saga dei Pirin come una strada dritta condurrebbe sicuramente a perdersi. Per questo ho preferito portare l’esempio della crescita di un bioma naturale: amo vedere i tre romanzi originari come dei semi da cui tutto il resto scaturisca e si propaghi, un po’ andando a scavare nel passato proprio come delle radici andrebbero a infiltrarsi nel sottosuolo; un po’ tessendo legami in superficie e facendo così scoprire nuovi risvolti inattesi di quelle vicende che, magari, credevamo già di conoscere; e, infine, protendendosi come nuovi rami anche verso sviluppi ulteriori. Quindi non esiste un modo corretto o un’unica sequenza da rispettare per addentrarsi lungo queste ramificazioni: ogni nuovo racconto andrebbe accolto come un’occasione in più per espandere gli orizzonti sul mondo descritto dalle vicende.

    Mi vengono in mente, a questo proposito, certi videogiochi della mia adolescenza, in cui la schermata iniziale appariva quasi interamente nera e stava al giocatore, spostandosi nella direzione che preferiva, gettare luce su porzioni sempre nuove di territorio le quali, dopo essere state esplorate, restavano visibili a schermo come paesaggi sempre più ramificati e comprensibili, in qualche modo decifrabili, laddove inizialmente ci erano parsi oscuri e preclusi allo sguardo. Ecco, credo che questa immagine sia quanto mai eloquente per descrivere l’approccio di un lettore a questa saga: non un sentiero già determinato dall’autore, bensì un open world di trame e sottotrame che attendono soltanto l’arrivo di esploratori volenterosi per rivelarsi nella loro variegata e complessa ricchezza. Proprio come in quei vecchi videogiochi mettere in luce nuove porzioni del mondo giocabile significava anche poter accedere a nuovi tesori da recuperare, la speranza insita nel proliferare di racconti legati a questa saga è quella che il vasto insieme venuto a crearsi (e i germogli che ancora attendono di fiorire) possano in definitiva lasciare al lettore qualcosa di più profondo e diversificato. Non una singola vicenda che si snodi da un punto A a un punto B, bensì un mondo pieno di livelli, visibili e invisibili, concreti e metaforici, in grado di crescere, di generare rivoli secondari ognuno dei quali possa scorrere verso la propria foce senza tuttavia smettere di appartenere a un unico grande fiume.

    Anche gli stili narrativi e le atmosfere delle diverse storie, pur mantenendo un dna comune capace di comunicare uno spiccato senso di appartenenza, risultano in perenne mutamento; per adattarsi di volta in volta non soltanto al setting specifico in cui si sviluppano, ma anche ai diversi valori, al carico emotivo e le radici spirituali che portano con sé. È possibile, infatti, individuare ogni volta uno specifico fil rouge che guidi lo sviluppo delle trame, e notare come intorno a questo si plasmino diversi aspetti nient’affatto secondari quali l’ambientazione, la natura dei personaggi, il modo stesso di narrare le loro vicende.

    Nel corso degli anni (e delle varie pubblicazioni) scopriamo quindi come la saga dei Pirin possa essere molte cose, trasmettere sensazioni anche profondamente distanti le une dalle altre, pur mantenendo ben chiare le motivazioni del suo proporsi al pubblico. Passiamo da momenti volutamente fiabeschi e dalle tinte magiche, con intrecci alla Mille e una Notte (il mood che ha caratterizzato più di ogni altro il volume d’esordio, "Le Memorie di Helewen) a passaggi più intensi e sofferti dal punto di vista dell’analisi psicologica dei personaggi e del loro mondo emotivo, a momenti più criptici e solenni, vorrei dire esoterici, dai risvolti quasi mistici nel loro tentativo di avvicinarsi a quella dimensione del sacro" che da sempre accompagna il mio percorso umano e autoriale. Abbiamo poi sicuramente la poesia e il sentimento, ma anche l’epica, le guerre e la cavalleria, i diversi rimandi storici, abbiamo talvolta indagini che evocano quasi il genere giallo, ma anche tratti di storie che evocano esperienze ludiche, o quel modo di osservare il mondo tipico dell’infanzia, quando siamo ancora capaci di colorare la vita di visioni incantate e non temiamo d’incamminarci con fiducia e senso della meraviglia nei nostri sogni a occhi aperti.

    Vi è poi un discorso per me non meno importante, che è quello dell’interattività della saga, esplorato negli anni in forme diverse ma sempre accomunate dalla volontà di avvicinarsi alla vita dei lettori, alle loro idee e alle loro scelte. Il videogioco "Eselmir è indubbiamente uno degli esempi che prima saltano agli occhi, poiché un’avventura punta&clicca può essere vista, in fondo, come un romanzo animato in cui al lettore sia data una parte di libero arbitrio e la possibilità di muoversi in direzioni più franche e fluide di quanto conceda la trama di un libro stampato. Tuttavia, il concetto d’interattività è stato ripreso anche in seguito, ad esempio con le avventure spin-off di Tasar. Nate inizialmente nel contesto di un’app per cellulari e orientate quindi all’esperienza ludica al di là del semplice storytelling, sono migrate in seguito sulla carta stampata diventando una serie di racconti, raccolti poi in un unico romanzo. Malgrado il passaggio di testimone, le storie di Tasar hanno saputo riproporre anche tra le pagine cartacee ciò che le distingueva, ossia la possibilità di svilupparsi su due trame diverse a seconda delle scelte morali" del lettore (un sentiero oscuro e un sentiero luminoso che avrebbero condotto il protagonista a vicende e conseguenze estremamente dissimili).

    In un’altra forma, la stessa idea di coinvolgimento del lettore è stata alla base dello sviluppo del più recente spin-off "Il Mercante di Verità". La storia prese avvio come romanzo interattivo a puntate, i cui episodi erano pubblicati a cadenza settimanale sul gruppo fb Scrittori & Lettori Fantasy. A ogni episodio era data ai membri del gruppo la possibilità di votare, tramite sondaggio, alcuni aspetti dell'avanzamento della trama (oltre a poter ideare e proporre alcuni dettagli del setting). Quest’ultima esperienza si è dimostrata non solo stimolante e ricca di interessanti condivisioni, ma ha anche determinato la volontà di riproporre un nuovo percorso narrativo episodico, sempre ospitato nel contesto socialmediatico di Scrittori & Lettori Fantasy. Si arriva così a "La Fanciulla del Deserto".

    Annunciata nel corso della primavera 2021, la nuova avventura spin-off debutta ufficialmente il 30 maggio con la pubblicazione del Prologo. La storia si presenta alla community con una forma d’interattività ancora una volta rivisitata: questa volta non più sondaggi genericamente proposti all’insieme del gruppo al termine di ogni puntata, bensì interrogazioni più mirate e circoscritte a una ristretta cerchia di lettori fissi. Per quanto, a un primo sguardo, la scelta potrebbe apparire meno democratica rispetto alla formula adottata per "Il Mercante di Verità", in realtà fu pensata per favorire la qualità rispetto alla quantità: pochi lettori fissi, desiderosi di seguire settimana dopo settimana l’avanzamento della trama, avrebbero espresso commenti e proposte sicuramente più pertinenti e motivati rispetto a tanti lettori occasionali, i quali si sarebbero trovati per forza di cose a operare scelte e influenzare il corso degli eventi senza avere un’idea sufficientemente esaustiva di cosa stesse effettivamente accadendo e attraverso quali strade i diversi personaggi fossero giunti a determinati bivi.

    L’altro aspetto per certi versi pionieristico dell’esperienza è stato la possibilità - offerta ai lettori fissi - di introdurre dei personaggi nella storia. Un personaggio a testa, che avrebbero quindi seguito individualmente nello sviluppo, potendo intervenire su varie caratteristiche sia in fase di formazione del personaggio stesso (popolo d’appartenenza, ruolo sociale, rapporto con la protagonista, dettagli dell’aspetto o dell’equipaggiamento), sia nell’orientare la direzione presa dal personaggio ad alcuni importanti svincoli narrativi.

    L’idea di introdurre e configurare un proprio personaggio in una storia fantasy è sicuramente qualcosa di abituale in altri media quali i videogiochi o i giochi di ruolo, ben più rara in un contesto letterario; e questa audace proposta ha potuto reggersi principalmente su due fattori. In primo luogo, l’opportunità di scambio e interazione offerta dai social media, i quali permettono di mettere in comunicazione autore e lettori non più soltanto a pubblicazione avvenuta, bensì anche nel periodo di formazione della storia. In secondo luogo, direi, la volontà di mettersi in gioco seriamente (per quanto possa sembrare un ossimoro), da ambo le parti: la mia, sicuramente, poiché scrivere e postare un romanzo episodico a cadenza settimanale per cinquantadue settimane consecutive non è certo un’impresa facile; ma credo anche da parte dei lettori, perché essere coinvolti in un’esperienza di questo tipo richiede una buona dose di passione per ciò che si legge e costanza nel volerne seguire la crescita.

    La sfida indubbiamente più grande per me come autore non è stata soltanto la corsa contro il tempo, ma anche e vorrei dire soprattutto quella della qualità: non siamo macchine, perciò capiteranno ovviamente settimane in cui ci sembri difficile o quasi impossibile trovare il tempo di scrivere e la necessaria dose di concentrazione per partorire idee valide, coerenti e intimamente motivate da ragioni che trascendano il banale esercizio di luoghi comuni della narrativa fantastica. Tuttavia, per tutta la durata delle cinquantadue settimane, è proprio ciò che ho imposto a me stesso come conditio sine qua non: scrivere non tanto per poter arrivare alla fine del capitolo e dire ecco, ho pubblicato un episodio in più, altrimenti sarebbe stato in qualche modo come tradire ciò che questa saga ha sempre rappresentato per me. Scrupolo, quest’ultimo, quantomai attuale in un panorama mediatico spesso dominato dall’espansione incontrollata di universi narrativi mainstream, in cui la proliferazione di spin-off risulta spesso giustificata più dalla prospettiva commerciale di sfruttare fino all’osso certi filoni di successo, anziché da un’autentica ispirazione creativa.

    In ogni episodio de "La Fanciulla del Deserto" ho cercato, invece, di attuare quella cura del dettaglio e quell’amore per la parola che mi ha sempre spronato, ritenendomi soddisfatto soltanto quando lo avessi ritenuto pronto a comunicare davvero e in modo importante ad altre persone, a condividere significativi stralci di emozioni, riflessioni, a delineare attraverso le descrizioni paesaggi palpitanti e immersivi, personaggi profondi e sfaccettati. A ogni nuovo episodio ho cercato di chiedermi: in che modo quanto ho scritto andrà effettivamente ad arricchire questa saga? In che modo si inserirà nel mosaico in senso più vasto, intrecciandosi alle trame preesistenti, svelandone aspetti sconosciuti o preludendo a possibili sviluppi futuri?

    Per quanto mi riguarda, ho sempre trovato le mie personali risposte a queste e diverse altre domande che sorgevano spontanee nella mia mente durante il percorso; perciò, almeno intimamente, posso ritenermi più che soddisfatto di aver dato la luce a questa storia e di averlo fatto con il valore aggiunto della condivisione. La speranza, ovviamente, è che anche voi lettori possiate ritrovare in queste pagine quel qualcosa in più che, settimana dopo settimana, mi ha sempre fatto dire: ecco, questo è ciò che volevo raccontare.

    Ahmir_x_libro.jpgAhmir

    Prologo

    Un sogno proibito

    Trecento gamàhi erano tre piccole monete di rame, un semplice contatto freddo sul palmo della mano, un tintinnio tra i lembi di una scarsella. Sul dritto era impressa la figura di un dromedario (da cui prendevano il nome); sul rovescio il simbolo del centinaio. Erano le unità più piccole tra le valute comunemente scambiate in quelle terre: con un paio di gamàhi si poteva chiedere una coppa di latte nel suq, con due o trecento ci si poteva forse permettere un vasetto di spezie in terracotta smaltata. Eppure, secondo quel mercante di schiavi venuto fin lì dalla città con la sua carovana, era appunto di trecento gamàhi il prezzo della vita di Ahmir. Tre piccole monete di rame, come una scodella pregiata colma di paprica.

    L’uomo rozzo e corpulento che vendeva i ragazzini in quell’oasi sperduta tra le dune, tuttavia, provò a opporsi all’offerta del mercante. Scorreva con insistenza le mani sul volto e sul corpo esile di Ahmir per mostrarne la grazia, gli stropicciava le guance con le dita ruvide: Guardate che bel ragazzino! Ora lo vedete così magro e sporco di sabbia, ma immaginatelo una volta lavato, truccato e rivestito con lino pregiato e gioielli!.

    Lo schiavista dell’oasi raccolse allora un panno, lo imbevve in un catino da cui bevevano le capre e lo usò per lavare sbrigativamente il viso e le membra del giovane, la pelle arsa dalla calura e screpolata per la siccità. L’acqua bastò a restituire un po’ di lustro al corpo di Ahmir, rivelando il bel color ebano del suo incarnato. Poi l’omone col turbante, invitando l’altro ad attendere qualche momento, andò a cercare qualcosa nella sua tenda sbilenca, riemergendone poi impugnando una parrucca di folti capelli neri e ricci, dalla foggia femminile. La sistemò alla bell’e meglio sul cranio rasato e lucido del ragazzino, conferendogli un aspetto molto meno anonimo. Gli indigeni di quelle terre desertiche portavano, quasi tutti, i capelli rasati. Nelle situazioni più affollate, come in quel mercato itinerante, era spesso difficile distinguere un ragazzino dall’altro, in assenza di mutilazioni o altri segni fisici particolari.

    Ora che era stato grossolanamente lavato e che indossava quella crespa parrucca, tuttavia, il volto di Ahmir appariva trasformato, come se un Genio avesse preso in prestito la bellezza di un’odalisca e l’avesse delicatamente spalmata su quel viso usurpato e vilipeso dalle tante privazioni. I luccichii del sole sulla pelle bagnata ridisegnavano l’avvenenza dei lineamenti e la rara leggiadria del portamento. Pareva ora una delicata ancella che una nobildonna avrebbe gradito al proprio seguito come dama di compagnia dopo averle dato un’istruzione, o che avrebbe suscitato le brame di un notabile di corte se non del sultano stesso.

    Come concubina potrebbe fruttarvi molto di più. Non posso vendervi l’eunuco per questa somma irrisoria. Mi rendo conto che mi abbiate già acquistato diversi altri schiavi, ma questo, potete vederlo voi stesso, vale di più. Guardate, non ha nemmeno le ustioni sulla pelle.

    Quando i negrieri parlavano di ustioni, in genere, si riferivano alle bruciature arrecate dai draghi quando gli accampamenti o i villaggi d’origine di questi ragazzini venivano messi a ferro e fuoco per essere razziati. Ahmir era stato fortunato, se così si può dire, a trovarsi distante dai roghi al momento della sua cattura.

    I due mercanti di schiavi stavano ancora contrattando il prezzo quando il venditore fu raggiunto dalla morte in modo tanto imprevisto quanto repentino: un sibilo nel vento, una freccia conficcata nel bel mezzo della fronte, dritta, una traiettoria precisa che si poteva quasi vedere, come un filo teso sul telaio di un tessitore di tappeti. L’impennaggio era di un cremisi tanto acceso da sembrare infuocato. Inequivocabile.

    Le Amazzoni!, fu il grido che si levò a più voci echeggiando nell’oasi ormai in preda allo scompiglio e al fuggi fuggi generale.

    Colto alla sprovvista, ma comunque abbastanza lucido per reagire con scaltrezza, il compratore strappò la freccia dal capo del morto e se la infilò sotto l’ascella, facendola avanzare alle proprie spalle per fingere di essere stato colpito a sua volta. Per non lasciarsi sfuggire l’affare, si avventò sul povero Ahmir tenendolo stretto e serrandogli una mano sulla bocca per impedirgli di urlare. Lo schiacciò per tenerlo fermo sotto il peso del proprio corpo, nascondendolo con l’ampio mantello. Rimasero così, immobili, uno avvinghiato violentemente all’altro, mentre le sabbie intorno a loro venivano travolte dal tambureggiare tumultuoso degli zoccoli dei cavalli e dall’agitazione del campo. Pur dalla scomoda posizione in cui si trovava e con gli occhi semichiusi per il polverone che si era levato, il giovane eunuco riuscì ugualmente a scorgere una delle donne guerriere venute dalle dune. La vide cavalcare fiera un poderoso stallone nero, avvolta in un mantello rosso come il sangue, ornata di straordinari gioielli tribali d’oro e corallo. La vide sguainare un’elegante sciabola d’argento dalla bionda elsa incastonata di rubini.

    La mano del mercante di schiavi lo stava quasi soffocando ma, prima di perdere i sensi, la mente di Ahmir fu percorsa da un’idea, o forse una visione. Un sogno proibito che accese il suo animo come una fenice nel suo nido rovente: fu soltanto un attimo o forse un’eternità, in cui l’eunuco pensò - ma sarebbe meglio dire sperò – di poter diventare anche lui, un giorno, come quella indomita e travolgente guerriera. Una fanciulla del deserto, una donna dei cavalli… un’Amazzone. S’immaginò a impugnare un arco con altrettanta destrezza, roteare una sciabola con quella rapidità, montare un destriero con simile padronanza e dignità.

    La visione sfumò dagli occhi di Ahmir insieme al placarsi del polverone arancio sollevato dal galoppare delle guerriere, le sue palpebre si chiusero. Quando l’oasi fu inghiottita dal silenzio e dal calare del crepuscolo, lo schiavista si sollevò con cautela. L’accampamento sembrava ormai fuori pericolo. Le Amazzoni lo avevano travolto uccidendo diversi negrieri e predoni, liberando gran parte degli schiavi per riportarli alle loro tribù.

    Il mercante raccolse allora un amuleto da sotto la veste e lo baciò ripetutamente, ringraziando in silenzio qualche Dio per averla scampata. Legò quindi Ahmir, lo caricò su un dromedario e montò in sella.

    Ahmir_abito_turchese_x_libro.jpg

    Episodio 1

    La sposa della notte

    Una navicella stretta e affusolata scivolava sul fiume luccicante sotto le stelle. La forma della prua evocava un ibis con il suo lungo becco a cuneo.

    Tre jhàràni erano grandi monete d’argento, scambiate da mani rivestite da guanti di seta che non ne percepivano il tocco freddo. Sul dritto era impressa l’immagine di una barca (a vela, jhàràn appunto), sul rovescio il simbolo dell’unità. Una di quelle monete bastava per acquistare un veliero. Alcuni anni erano passati – non molti in realtà – e il fiume li aveva portati con sé come foglie sul pelo dell’acqua, eppure una vita intera sembrava trascorsa per Ahmir. Ora il suo prezzo era appunto di tre jhàràni, scintillanti come lune piene. Ora era un bene di lusso.

    Quel denaro, sia ben chiaro, non sarebbe mai finito nelle tasche del giovane eunuco, bensì di uno dei diversi proprietari che se l’erano scambiato da quando aveva messo piede la prima volta nella vasta e opulenta Noghard – la città dei draghi – passato da una mano all’altra, da una bocca all’altra, come il beccuccio di un fragrante narghilè. No, quel denaro non l’avrebbe mai arricchito, poiché uno schiavo non possiede nulla di proprio, è soltanto di passaggio nelle vite degli altri, come una voluta d’incenso in un salone principesco. Un prezzo, tuttavia, quantunque mai incassato, racconta sempre una storia, e quei tre jhàràni d’argento raccontavano chi fosse diventato Ahmir in quei pochi anni trascorsi all’ombra dei palmeti e dei palazzi signorili nell’assolata capitale del regno. O meglio chi fosse diventata.

    Colei che scese dalla navicella, in quella notte stellata, era senza dubbio una fanciulla completamente diversa dal bambino macilento e impolverato dell’oasi. Definirla una concubina le avrebbe certamente fatto torto. Era la regina delle odalische! Il suo corpo asciutto e scuro da cicogna nera faceva quasi da albero maestro a una vela di gemme turchesi e gioielli d’avorio, gli stessi materiali che le coprivano il capo come una calotta di capelli artificiali scolpiti da un gioielliere. Le palpebre truccate per somigliare a iridate piume di pavone.

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