I racconti del giorno e della notte
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I racconti della notte fanno parte della fortunata collaborazione tra l’autrice e razione ILZ, ma sono anche un elogio alla follia, ai maestri dell’Horror made in Italy e a tutto ciò che fa tanta tanta paura.
Tante storie, tante anime, verrebbe da dire. La storia di tante storie.
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Anteprima del libro
I racconti del giorno e della notte - Anna Liguori
Carmen...
Prefazione
di Igor Zanchelli
" Ci siamo ammalati di malinconia, lasciando che il tempo ci portasse via la parte migliore,
quel sano bisogno di follia."
Renato Zero
Per il pendolare il tragitto da e per il lavoro è forse il momento più temuto della giornata. Nel tempo del viaggio, la mente viene letteralmente assaltata da mille pensieri; le tante domande che durante la giornata sono state involontariamente archiviate nel più recondito angolino del cervello si ripresentano pretendendo delle risposte. Ci si ritrova a riflettere sulle mille vicissitudini vissute personalmente o da altri, oppure si cercano soluzioni a problemi mai risolti o a pensare a ciò che è stato o che mai più sarà. Tuttavia, si vive in un tempo dove ognuno si sente prigioniero di una vita che sente non appartenergli, pensata e costruita dalle circostanze e pochissime volte desiderata e conquistata. L’uomo e sempre più spesso il risultato di eventi, anche se fortuiti, estranei piuttosto il frutto di una libera scelta. I volti delle persone sono sempre ammantati da un sottile e persistente velo di malinconia.
Altre volte invece ci si ritrova semplicemente a guardare gli esseri umani che si ha intorno. Le loro espressioni, spesso, rivelano quelli che sono i loro pensieri; ci si accorge che gli uomini sono dei piccoli microcosmi, chiusi, che difendono i loro spazi vitali gelosamente. In breve, ci si accorge di essere un’isola circondata da altre isole in un immenso arcipelago chiamato umanità. Quelle poche interazioni che avvengono accadono più per una sorta di necessità biologica piuttosto che per una esigenza metafisica chiamata famigliarmente anima. L’umanità è divenuta un vastissimo deserto di sentimenti. Quelle piccole oasi presenti vengono riservate a quegli affetti irrinunciabili, compagno/a, figli, parenti.
A tutti gli altri sono riservati solo briciole che, il più delle volte, servono a dare una piccola gratificazione alla nostra esistenza; la generosità fornisce l’illusione di essere vivi, di sentirsi vivi, obnubilando temporaneamente quel persistente senso di malinconia che ci attanaglia.
È la malinconia il filo conduttore della prima parte dei racconti che seguiranno; ma non è una malinconia fine a se stessa, è una piena presa di coscienza e una reazione ad essa. Inevitabilmente la mente si desta e ci si rende conto di quanto sentimenti come l’empatia, la sensibilità, la compassione stanno sempre più scomparendo permettendo che quel piccolo tratto di mare che ci separa dalle altre isole, vada sempre di più allargandosi, e con esso, la possibilità di costruire ponti e possibilità di incontri.
Questo l’autrice sembra volerci dire: " attenti che stiamo diventando dei morti viventi, aridi, putrefatti e se non ci daremo una mossa, arriveremo ad un punto che sarà solo il dolore a tenerci in vita arrivando a desiderare, anzi ad invocare, la morte pur di provare sollievo ". Il nostro tempo, come dice il diavolo al pescatore, non è infinito e non può essere sprecato, deve essere vissuto. I ricordi, per quanto dolorosi possano essere, non devono essere motivo di disperazione e blocco ma al contrario devono essere stimolo per un più celere avanzamento.
Il dolore si affronta, mitigando i suoi effetti, solo con la sua antitesi: la gioia; solo alleviando le sofferenze degli altri possiamo contrastare il nostro di dolore.
Sartre sosteneva: " È vero che non sei responsabile di quello che sei, ma sei responsabile di quello che fai di ciò che sei "; non è possibile sfuggire da questa responsabilità. Non serve fingersi pazzo, non serve diventare un eremita, non serve diventare cinici e senza cuore. Rifiutare questa responsabilità conduce ad un'unica meta: l’annichilimento.
Questa serie di racconti può essere divisa in due grandi parti, nella prima si racconta dei piccoli e grandi mali che insidiano l’umanità nella sua frenetica vita, mettendo in risalto le conseguenze che ne derivano e mostrando al tempo stesso l’inutilità delle varie scorciatoie che di volta in volta si possono imboccare. Implicitamente vengono anche suggerite delle soluzioni lasciando al lettore la facoltà di poter cambiare il finale delle singole storie. Ogni storia è una lotta, una feroce lotta, che occorre combattere ed è imperativo vincere. Chiunque sia l’avversario, un angelo, un demone, un bullo o un cinico, va affrontato. La morte (e per logica conseguenza l’annichilimento), non deve essere la onnipresente compagna di viaggio a cui abbandonarsi con rassegnazione, ma al contrario deve essere la onnipresente compagna di viaggio a cui opporsi con fermezza.
La seconda parte invece delinea quello che si affronterà nel momento in cui si decide di lottare. Metaforici racconti ci spiegano i vari campi di battaglia e le varie strategie per poter affrontare al meglio i nemici. Questi tenteranno di ingannare, di sedurre, di terrorizzare, facendo leva anche sui più intimi e nascosti dubbi, ma saranno sempre sconfitti se si combatte.
" L'uomo è condannato a essere libero: condannato perché non si è creato da se stesso, e pur tuttavia libero, perché, una volta gettato nel mondo, è responsabile di tutto ciò che fa " sosteneva Jean-Paul Sartre e questo mette nelle mani dell’umanità la più grande arma di difesa mai inventata: la libertà. Perfino Dio onnipotente nulla può contro il libero arbitrio.
Continuando con la lettura si verrà travolti da una impressionante serie di sensazioni ed emozioni, spesso in contraddizione tra loro, che vi sballotteranno a destra e manca togliendovi spesso il respiro. Non mi resta che augurarvi una lenta discesa nell’abisso, perché è lì che andrete continuando la lettura; al tempo stesso non preoccupatevi perché tanto più sarà buio, tanto più facilmente riuscirete a vedere la flebile luce che indicherà la via d’uscita. Solo un’unica raccomandazione ho da farvi, non tentate di resistere alla malinconia, quando durante la lettura busserà alla vostra porta. Lasciatela entrare, lasciate che vi abbracci, vedrete che non ve ne pentirete.
Igor Zanchelli
Il Giorno
Il Vampiro in Metropolitana
Luogotenente Marcello Torunni, uomo tutto d’un pezzo. Sessant’anni scolpiti sul viso ma non sul fisico. Riusciva a sollevare 150 Kg con un braccio solo. Tutti erano terrorizzati dal suo fiero e autorevole sguardo. Ma nessuno si accorgeva mai di quanta malinconia gli si leggesse negli occhi, avvolti da un azzurro tenue, e nascosti da quelle sopracciglia folte e canute.
Seduto davanti al computer, ore 2:00 a.m. il ticchettio dell’orologio era una riservata compagnia, peccato che avessero solo orologi digitali in caserma.
Quarant’anni di servizio, gli ultimi 10 presso il Comando Compagnia Milano Duomo, dove, ultimamente, anche i peggiori delinquenti erano in crisi. Il tedio di una nottata passata a rivedere verbali, a scrutare le stelle, dipinte su di una vecchia riproduzione de Il Cielo Stellato di Van Gogh.
Un colpo di tacchi: «Comandi! Signor Luogotenente!». Torunni venne strappato via dal suo torpore, dal suono della voce dell’appuntato. «Preso chi, De Luca? Di chi stiamo parlando? Ma un corso per imparare a bussare no?».
«Il Vampiro, Cavaliere, l’abbiamo cattato ». «Appuntato», disse pizzicandosi la fronte con la punta delle dita, «per cortesia, la lingua italiana non la torturare