Gli Alpini
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Cesare Battisti (Trento, 4 febbraio 1875 – Trento, 12 luglio 1916) è stato un patriota, giornalista, geografo, politico socialista e irredentista italiano.
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Anteprima del libro
Gli Alpini - Cesare Battisti
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Gli alpini
È la «Dante Alighieri» che mi ha invitato a parlare. Ed io ho risposto subito sì obbedendo al vivo desiderio di corrispondere ad un suo invito e spinto dal caldo senso di gratitudine che anima ogni irredento verso questa associazione: non pensando se avrei saputo parlare in modo degno e di essa istituzione e di questa gratitudine nostra.
Infiniti sono infatti i titoli di benemerenze della «Dante Alighieri» verso di noi. Nessuna associazione ci è stata così come questa fedelmente e costantemente amica nei lunghi oscuri anni della nostra soggezione, nessuna ha studiato allora con altrettanto amore la nostra intricata e disperata situazione. Essa è stata il vincolo fra noi e la nazione; col suo tramite noi avemmo comunanza di spirito con la più pura rappresentanza dell’arte e della cultura italica; essa è stata generosa del suo contributo per la fondazione di scuole italiane e per quella molteplice attività che ci salvò dalla rovina estrema.
E non è questo che costituisca il titolo maggiore alla nostra riconoscenza.
L’aver compiuta questa missione, con la più grande modestia che si possa immaginare, senza il compenso della sanzione pubblica, fingendo di non fare quando faceva moltissimo, di non dare quando offriva a piene mani, l’esser venuta ad aiutarci come il cavaliere della leggenda che presta il suo braccio e la spada e si allontana per rimanere ignoto, e non vuol parole di ringraziamento, è opera ben più grande e più nobile, che solo a noi irredenti è dato conoscere. Ed oggi che è lecito parlarne, perchè la redenzione di Trento e Trieste è moralmente conseguita e la conquista materiale è un fatto immancabile, sia concesso a me di invocar qui non la mia rappresentanza politica o parlamentare, ma di arrogarmi quella più ideale, la rappresentenza dei miei compagni d’arme irredenti per dire alla «Dante Alighieri» tutta la nostra riconoscenza.
E ancora, o signori, ho accettato di parlare perchè, scegliendo a soggetto della mia parola il soldato italiano, mi veniva concesso di associare il nome glorioso dell’istituzione, che accoglie le energie più vive dell’intellettualità, a quello dell’esercito, espressione e simbolo della forza e della volontà del popolo.
Dei nostri soldati al fronte, io non saprò dir nulla che già altri meglio di me non abbia detto e scritto e presentato nelle visioni fotografiche; ma mi resterà pur sempre da affermare una cosa, che mai sarà detta a sufficienza: la gratitudine degli irredenti verso i soldati d’Italia, non solo per le loro gesta gloriose, ma per la accoglienza fraterna serbata agli irredenti che accorsero tra le loro file.
Chi vive lontano dal campo può aver con diverso criterio apprezzato l’opera dei mille trentini e dei mille triestini che chiesero e conseguirono l’onore d’esser accolti nell’esercito; può con spirito di calcolo e di scetticismo aver istituito raffronti tra il sacrificio individuale e l’utile che dovrà ridondare alle terre irredente; ma da chi vive al campo, dalla grande massa anonima del popolo, io non ho sentito che parole di amore, di infinito amore.
Fin ch’io viva — tra i ricordi del campo, che sono e saranno i ricordi più belli della mia vita — non dimenticherò il paterno affetto con cui i