L’uovo del sergente
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Anteprima del libro
L’uovo del sergente - Antonella Cassanelli
Albatros
Nuove Voci
Ebook
© 2017 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l. | Roma
www.gruppoalbatrosilfilo.it
ISBN 978-88-567-8468-8
I edizione elettronica agosto 2017
Al mio caro papà
«La vita di una persona consiste
in un insieme di avvenimenti di cui l’ultimo
potrebbe anche cambiare il senso di tutto l’insieme.»
(Italo Calvino)
Prefazione
Accingendomi all’introduzione dell’ulteriore libro di Antonella Cassanelli, prendo le distanze dalla velleità di rivestire l’impropria carica del critico letterario, cosa che altri meglio di me saprebbero fare, tanto più se di nota professionalità, perché la giusta operazione di marketing a cui l’editoria spesso mira per una buona diffusione dell’opera è raggiungere i propri obiettivi attraverso una concomitanza di possibilità vincenti: un bravo scrittore, un buon libro, una premessa critica di spessore fatta da firme autorevoli. Con molte titubanze e proprio per non essere fuori posto, in questo Uovo del sergente
traccio solo alcune osservazioni sulla narrazione, che sa di memoria storico-affettiva attraverso sequenze immediatamente fruibili al lettore, ma la cui semplicità descrittiva non deve essere travisata. Lo stile adottato dalla scrittrice non ne sottovaluti l’essenza, la quale ponendosi come dovuto affettivo filiale
riesce ad eliminare una troppa ricercata grammatica, senza ledere, anzi facendo emergere identità e scopo prefissi al meglio: recupero della memoria e del tempo, di quell’aria del vivere quotidiano, sempre più oggi in via di essere perduto. Se talvolta lo scritto ci appare un poco atono, ciò può essere per consentirci di ben assimilarne lo svolgersi nelle più accurate spigolature. Corredato da numerose foto l’omaggio della scrittrice, a suo padre rimanda, alle di lui vicende più salienti nell’arco di un periodo che passando per il secondo conflitto bellico approda ai giorni più vicini a noi, sino a trovare, l’autrice, persino un po’ di posto alla fine del racconto, per venire, dopo una sorella maggiore, a nascere essa stessa, ponte fra passato e presente. Un padre baciato da un’infanzia felice, ostinato a prolungarla, legato alle abitudini e alle speranze della gente dell’anteguerra, che matura attraverso lo svolgersi di essa, a cui ruba scappatoie fortunose e pause per poter sognare un futuro migliore.
Michele nasce, vive, sopravvive e attua questo suo desiderio sotto l’egida di un ottimismo genuino, persino candido, a cui non sono risparmiate ore di dubbio e oscuri presagi, ma anche isole di felicità improvvise, talvolta effimere o ludiche, e situazioni intriganti di cui è ora protagonista diretto, ora attento osservatore e testimone, ora vittima predestinata al peggio che pure, all’ultimo istante sa per istinto, per vocazione o per fatalità, volgere a suo favore. È, questa dose di fortuna
, di buona stella, la componente maggiore del personaggio fautore di picaresche avventure ben descritte dalla scrittrice per comporre a modo il quadro complessivo, capitolo dopo capitolo. Assistiamo a tutta una geografia di natura logistica in cui la quasi interminabile vicenda disloca fatti, uomini e cose,… Amori di un giorno nati e dimenticati quello successivo. Amori a grana fine, il cui preludio all’altare non parrebbe scontato, comiche situazioni marinare, dove in anticipo sulla moda dei tempi fa salire il nudo alle vette dell’audience privata, e via leggendo. Altra peculiarità del libro, è la cronologia degli eventi storici e le fonti veridiche con cui, ancora, l’autrice inquadra e distribuisce con oculato equilibrio il materiale esaminato, sia che facciano da sfondo alla vicenda o salgano in primo piano, inficiando il racconto di un andante quasi musicale, facendogli acquistare il sapore di un film ove annoiarsi non è consentito, e lecito è passare alla prossima scena mozzafiato. Con la perizia attenta alla moda, agli sviluppi delle conquiste industriali, ai resoconti economici, ogni pagina acquista stile e spessore di cronaca diretta che dal presente vissuto riemerge all’attenzione nel futuro di oggi. Infine, l’imparzialità dell’autrice nel trattare l’argomento bellico-politico inestricabilmente legati alle responsabilità che l’essere umano si assume nei confronti della storia, al di là delle ideologie e le appartenenze di ciascuno. La scrittrice non lancia moniti aggressivi su queste componenti per acuire sfoghi personali, non muove accuse razziali campanilistiche. Cerca al contrario di capire i motivi in essere, dopo averne studiato i fattori causali, e farceli conoscere nella loro totale nudità, suggerimento essenziale per chi voglia scrivere di storia con obiettività…, nonostante possibili coinvolgimenti.
Se non tratto di passaggi particolari del componimento, spesso espediente per invogliare la legittima sete di curiosità del lettore, è proprio perché egli stesso possa avere il piacere di entrare come attore partecipe fra i personaggi di queste pagine. Fruire personalmente dei loro stati d’animo, gustare al meglio delle loro vicende, che talvolta, possono ben passare per una macchina per scrivere e da padre a figlia, come in questo caso, in cui la tenerezza appare la panacea migliore per evocare e far rivivere i ricordi, e l’ottimismo l’arma migliore da contrapporre alla violenza di tutte le guerre, dentro e fuori di noi.
Silvano Moretti, critico d’arte.
I capitolo
Era l’anno 1924, e precisamente il 16 giugno.
In quel mese si verificarono molti avvenimenti di rilievo.
Il 10 giugno Giacomo Matteotti fu aggredito e rapito e, dopo la sua scomparsa, si iniziò a temere per la sua vita.
Giuseppe Enrici vinse il Giro d’Italia.
La FIFA chiarì la regola del fuori gioco nel calcio.
Gli indiani d’America divennero cittadini americani.
Il pilota Russel L. Maughan riuscì a volare da New York a San Francisco in 21 ore e 48 minuti.
In un paesino in provincia di Bari, a Bisceglie, nasceva mio padre Michele, soprannominato Nino, durante una piacevole serata d’inizio estate.
I miei nonni avevano deciso che il loro primo figlio, che poi fu l’unico, dovesse nascere nella terra di origine della famiglia a cui appartenevano.
Un mese prima della nascita, a soli ventidue anni, mia nonna affrontò un lungo ed interminabile viaggio, faticoso per le sue condizioni.
In quell’epoca, infatti, l’unico mezzo di locomozione disponibile era il treno.
L’automobile era un lusso per pochissimi.
Il tragitto durò un tempo quasi infinito: viaggio da Roma a Bari, e poi sessanta chilometri di lentissimo treno locale per raggiungere la meta.
Mia nonna, ad un mese dal parto, soddisfatta per come erano andate le cose, fece ritorno a Roma senza indugio, accompagnata da suo marito e con in braccio il figlio.
L’infanzia di papà trascorse relativamente tranquilla.
Visse a Roma fino all’età di quattro anni in una casa situata nell’antico quartiere di Trastevere.
Di questo periodo si ricorda benissimo quando cadde dalle scale. La madre aveva posizionato inavvertitamente il seggiolone all’inizio della rampa della scala che portava verso l’uscita di casa. Stava facendo le faccende domestiche e, pensando di poter controllare meglio suo figlio mentre puliva il pianerottolo, si accorse troppo tardi che il piccolo si stava agitando un po’ troppo sul sedile. Il suo movimento aveva pian piano spostato le zampe della seggiola fino a trovare il vuoto dello scalino.
Così, il seggiolone col suo ospite di bordo, ruzzolando, fece ben dieci gradini in discesa.
Mia nonna con grande spavento accorse prevedendo già il peggio per il figlio, ma per fortuna – come si dice – c’era Santa Pupa a proteggerlo, e mio padre uscì incolume da quella caduta benché col ricordo impresso nella memoria.
Dopo quattro anni vissuti a Trastevere i suoi genitori presero in affitto una casa situata sul Corso Umberto I. La proprietaria di tutto lo stabile, situato di fronte al Banco di Roma, era una marchesa che viveva grazie alla rendita degli