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Raccontando in una radura d'inverno
Raccontando in una radura d'inverno
Raccontando in una radura d'inverno
E-book75 pagine52 minuti

Raccontando in una radura d'inverno

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Info su questo ebook

Un percorso nell'immaginario toccando alcuni ricordi autobiografici e altri di pura invenzione. Questa nuova serie di racconti è una come una passeggiata nella radura di un bosco, assaporando il profumo malinconico della natura in pieno inverno. Otto racconti e un piccolo saggio filosofico con un unico legame tra loro: ricerca del proprio equilibrio interiore per ottenere la serenità pur attraversando le difficoltà della vita rappresentate dalla malinconia dell'inverno.
LinguaItaliano
Data di uscita3 nov 2017
ISBN9788827510674
Raccontando in una radura d'inverno

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    Anteprima del libro

    Raccontando in una radura d'inverno - Helios D'andrea

    capitolo

    1° capitolo

    Gabriele

    Gabriele

    Gabriele aveva diciannove anni quando l'ho conosciuto al Centro Emmaus.

    Frequentava il corso di legatoria sotto la guida di mio padre, con l'intento di poter

    imparare un mestiere e ottenere una certa autonomia economica. Gabriele era un

    ragazzo affetto dalla sindrome di Down ma a differenza degli altri che frequentavano i

    corsi di falegnameria o di confezione di cesti, aveva una certa facilità ad imparare il

    difficile mestiere del legatore. Con grande entusiasmo arrivava puntuale al Centro

    Emmaus, ogni mattina alle otto e mezza, accompagnato dal padre. Nonostante gli

    occhiali con le lenti spesse e la mole che non gli permetteva di correre a lungo, era

    sempre sorridente e accettava di buon grado ogni rimprovero e gli sberleffi degli altri

    ragazzi del gruppo, considerati dei disadattati, figli di operai con problemi economici

    rilevanti tali da non poter nemmeno affrontare un iter scolastico normale. Ho

    conosciuto Gabriele proprio nel momento che ho fatto visita al Centro per un motivo

    piuttosto banale. Mio padre doveva portare nella sua aula, alcune risme di carta e di

    cartoncino. Dopo averli caricati in macchina, mi chiese di accompagnarlo visto che ero

    in vacanza e le mie lezioni scolastiche al liceo erano terminate. All'inizio l' idea di

    andare in un centro di persone portatrici di handicap, mi dava fastidio anzi preferivo

    sicuramente fare qualcosa di meglio in quella mattina d'estate ma mio padre mi

    convinse dicendomi che attorno all'edificio del centro, c'era un bel giardino, con

    vialetti, aiuole e fontane. Alla fine mi decisi, dopotutto tra l' andata e il ritorno al

    massimo in un'oretta sarei tornato a casa per poi andare al mare. Dopo la salita in

    collina, mio padre guidò la vecchia cinquecento su una stradina brecciata che

    conduceva al complesso scolastico del Centro Emmaus. Appena scesi dalla

    macchina, un ragazzo sdentato e con gli occhiali si avvicinò a me e mi chiese come

    mi chiamavo. La mia impressione fu quasi di ribrezzo perché non avevo mai visto da

    vicino una persona affetta dalla sindrome di Down. Dopo avergli detto il mio nome, lui

    si presentò subito come Gabriele e volle abbracciarmi ma io mi tirai indietro perché

    trovavo questa manifestazione di affetto completamente fuori posto. A quel punto si

    avvicinò un ragazzo con la barba, del corso di falegnameria che cominciò ad

    insultarmi ripetutamente senza alcun motivo apparente. Gabriele mi difese dicendo:

    -Lascialo stare! E' il figlio del professore.

    -E allora? Chi se ne...

    A quel punto Gabriele istintivamente diede un pugno a Mauro, che cadde a terra con il

    naso sanguinante. Mi sembrava di stare all'inferno e pregai mio padre di riportarmi

    subito a casa. Dopo aver caricato le dieci risme che erano state sistemate sul

    portabagagli della nostra vecchia cinquecento, mio padre salutò la Direttrice che era

    accorsa per sedare la lite tra i due ragazzi e Gabriele mi disse a sorpresa:

    - Non ci fare caso amico, questo ragazzo che ti ha offeso non è molto normale. Scusa!

    Scusa! Quando ci rivediamo?

    - Va bene, non lo so, ora vado via ...farfugliai, tagliando il discorso.

    In realtà avevo una tale fretta di tornare a casa e un profondo desiderio di non mettere

    più piede nel Centro dove lavorava mio padre. Ero rimasto esterrefatto per

    l'accoglienza dimostrata ma in quel momento ero molto giovane e non avevo riflettuto

    che quelle dure parole erano state pronunciate da una persona con problemi

    caratteriali piuttosto pesanti e insoluti. Insomma ero duro e non volevo giustificare

    nessuno. Dopo quell'episodio mi dedicai alle mie sospirate vacanze estive e non ci

    pensai più. Giugno trascorse in modo frettoloso ma sereno e felice. Verso la metà di

    luglio mio padre ebbe l'incarico di accompagnare i migliori ragazzi del Centro Emmaus

    ad una meritata vacanza di una settimana in montagna. Potevano partecipare solo

    quei ragazzi che non manifestavano insofferenza verso gli altri anche perché

    trasformare un periodo di riposo in una rissa continua sarebbe diventato un bel

    problema, anche di responsabilità per tutti coloro che assistevano questi giovani,

    ossia gli stipendiati come mio padre e i numerosi volontari. Anche in questa occasione

    mio padre mi chiese di accompagnarlo ma solo per un giorno; infatti sarei dovuto

    ritornare a casa la sera stessa senza pernottare, accompagnato da un amico, il

    collaboratore scolastico della scuola. Prima di accettare, m'informai se quel ragazzo

    che mi aveva insultato, sarebbe venuto in montagna con gli altri. Mio padre lo

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