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Alky e il giardino delle pietre
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E-book230 pagine3 ore

Alky e il giardino delle pietre

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Info su questo ebook

L'incontro tra un bambino difficile e una bambina astuta, nel luogo che nasconde un importante segreto, farà innescare per loro, un'avvincente e pericolosa corsa contro il tempo, in un’epoca del passato che li renderà inseparabili per rimanere vivi e provare con tutte le loro forze a cambiare il destino drammatico dell'intera umanità.
LinguaItaliano
Data di uscita23 ago 2019
ISBN9788831636872
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    Anteprima del libro

    Alky e il giardino delle pietre - Giancarlo Fiorelli

    >

    I

    LA FINE PER UN NUOVO INIZIO

    < Bentornati ragazzi! Bene bene piccoli miei, avanti siamo qui in salotto, coraggio raggiungeteci! Oh! Allora miei cari giovanotti come vi butta? >

    Così, in questo modo inusuale, pieno di euforia e fin troppo gentile, Giulio ci accolse appena rientrati a casa. Capimmo in quello stesso istante che qualcosa non tornava.

    < Bene papà! >

    Rispondemmo insieme preoccupati, contrapponendo il suono delle nostre voci che si facevano sempre più fioche e indecise.

    < Ah! Sono proprio contento Maria che i nostri figli se la passano bene e non hanno nessun problema, non trovi anche tu Maria? >

    < Certo! Come no, si si.. >

    Dopo la risposta di mia madre data a papà, capimmo che eravamo davvero nei guai.

    < Allora, non avete niente da raccontarmi di bello? Per esempio quello che avete fatto oggi a scuola! No Alky? >

    Si rivolse a me, con un sorriso teatrale.

    < Veramente oggi.. si, diciamo che.. non è stata proprio una delle migliori giornate papà! >

    Risposi a Giulio con difficoltà, guardandomi intorno impaurito, stavamo sudando freddo, eravamo all’angolo e stavamo incassando di brutto.

    < Allora, sicuro che non mi volete dire altro? >

    Ritornava alla carica Giulio che continuava a pressarci con un mucchio di domande.

    < No papà, grazie! Anzi, io direi che si sta facendo tardi e forse è meglio che ci andiamo a lavare! Non credi anche tu papino? "

    Così risposi, sperando di sparire il prima possibile da quell' imbarazzo che mi attanagliava il respiro.

    < Ottima idea! >

    Rispose prontamente Giulio aggiungendo;

    < Però prima, vogliamo che salutiate una persona che conoscete molto bene, sapete oggi era molto preoccupata per la vostra salute ed è voluta venire lei di persona per vedervi con i suoi stessi occhi! >

    Tutti e due paonazzi sul viso, non sapevamo più cosa dire o fare, Flavietto continuava a guardarmi con ansia, inerme dinanzi a tale scena.

    < Prego signora, venga, non facciamoli aspettare che si devono andare a fare la doccia! >

    In quel momento, mia madre chiuse gli occhi rassegnata e a braccia conserte, abbassò lo sguardo sul tavolino desolata, mentre Giulio incitava con grande convinzione il momento da lui tanto atteso . Ci girammo verso la nostra porta perché una persona si era appena alzata dalla sedia della cucina e con passo goffo ci stava raggiungendo in salotto. Appena riconosciuta, non volevamo credere ai nostri occhi ma purtroppo era proprio lei, si la signora Pavone, o meglio la perfida preside della scuola che sostituiva per un periodo, la nostra preside signorina Rosati per malattia. Ci crollò il mondo addosso, abbassammo tutti e due lo sguardo in segno di resa, rimanendo in assoluto silenzio, eravamo stati scoperti.

    < Buongiorno bugiardi e fannulloni! Il vostro spettacolo a quanto pare è giunto al termine! >

    Così ci salutò la nostra amica odiata.

    < Si, direi proprio di si! >

    Intervenne Giulio cambiando decisamente modo e tonalità alla sua voce.

    < Avanti, tu sali e senza dire nemmeno una parola! >

    Ordinò a Flavietto di salire di corsa nella sua camera, il quale obbedì subito, sparendo dal salone in meno di un secondo.

    < E tu Alky invece, dico proprio a te, ma perché ci hai fatto questo? Con te le abbiamo provate proprio tutte, lo sai, noi ti abbiamo dato tutto il nostro amore e la nostra fiducia perché tu potessi farci stare tranquilli almeno con Flavio e invece tu cosa fai? Ci racconti un mare di bugie, Maria è distrutta, non ci voleva credere, si ce ne hai fatte davvero tante, troppe direi! >

    Giulio parlava senza guardarmi, era un vulcano in punto di esplodere, poi, si girò nuovamente verso di me e aggiunse;

    < Questo anno, sai che Flavio ha pure gli esami? E tu non dovevi proteggerlo? Avresti dovuto darle il buon esempio e non lo hai fatto, anzi, lo stai rovinando. >

    Seguivo con occhi spalancati, il discorso di un padre profondamente ferito dal comportamento dei propri figli, soprattutto dal mio e non potevo fare altro che ascoltare e vergognarmi, mentre mia madre Maria si asciugava il viso dalle lacrime con le braccia, per cercare in tutti i modi di nascondere il suo dolore.

    < Andrai a Oroval! Così abbiamo deciso io e tua madre.>

    < Dove papà? >

    Alzai di colpo lo sguardo incredulo, agitando la testa da una parte all’altra, cercando spiegazioni dalle altre persone presenti ma mia madre continuava nervosamente a fissare il tavolino con gli occhi imbottiti di lacrime e la signora Pavone mi fissava con disprezzo senza aggiungere nulla. In quel preciso momento mi sentì abbandonato e solo, perso nel mio totale sconforto.

    < Oroval figlio mio, vedrai sarà la giusta scelta, ne sono sicuro! Farà bene a tutti questa decisione, ma soprattutto a te! vedi, Oroval è un piccolo paesino bellissimo, si trova in un luogo di alta montagna, verso il nord, lontano da Roma, abitato da poche persone, ma con una grande storia alle loro spalle. >

    Seguivo attentamente papà senza perdermi neanche una parola.

    < Si dice di quel posto che è il più felice al mondo, dove le persone che comandano i caseggiati, sono sagge e bravissime. Sono aiutati molto da un gruppo di frati spirituali, dove vivono in una chiesetta sopra una collina, vicino il paese. Qui, in questo posto vengono portati da tutte le parti del mondo, bambini, ragazzi e anche persone più grandi che hanno bisogno di integrarsi con la società e attraverso il lavoro duro, la disciplina e la fede, si narra che chiunque ci vada, riesca a tornare più buono grazie al loro aiuto, a maturarsi e a migliorare. Si chiama Oroval perché la leggenda ci insegna che in questo luogo magnifico, batte sempre il sole anche quando in altri è brutto tempo ed è per questo che i campi di grano sono sempre dorati e abbagliano gli occhi delle persone come fossero d’oro!. >

    Rimasi impressionato dal suo racconto, quasi non potevo crederci.

    < Partirai tra meno di un ora! >

    Interruppe bruscamente il nostro discorso la signora Pavone.

    < Cosa ? >

    Subito dopo, sentimmo Flavietto precipitarsi velocissimo giù per scale, il quale, senza andare in stanza se ne era rimasto sul pianerottolo ad ascoltare tutto il discorso. Urlando disperato, agitava le braccia implorando papà di cambiare idea, ripetendole più volte che non era solo colpa sua e che molte volte Alky non voleva fare cose stupide ed invece era lui a spingerlo a sbagliare, quindi secondo lui doveva avere la stessa punizione.

    < Non preoccuparti Flavio che presto tornerà! >

    Balzò in piedi la mamma, cercando di calmarlo, era veramente dispiaciuto.

    < La mamma ha ragione! Flavietto non ti preoccupare, vedrai che torno presto e poi staremo tutto il tempo che vuoi insieme io e te, come sempre! >

    Dissi avvicinandomi a lui, abbracciandolo con tutta la mia forza; non nascondo che in quel momento, ero anche io toccato dalla faccenda e cercai in tutti i modi di trattenere le lacrime.

    < Se non supererai gli esami, vedrai che lo raggiungerai presto! >

    Era come al solito, la simpaticissima signora Pavone a tirarci su il morale con i suoi interventi velenosi.

    < Coraggio Flavio, vai a prendere lo zaino di Alky nella sua camera, veloce!>

    Si rivolse a lui Giulio tornando serio.

    < Devi ringraziare la signora Pavone Alky che ti darà la possibilità di conoscere questo posto meraviglioso e soprattutto che tu possa avere ľ occasione di cambiare veramente, prima di tutto e tutti per te, perché in fin dei conti te lo meriti figliolo, sei un bravo ragazzo quando non fai il mascalzone! >

    Giulio accennò ’ un piccolo sorriso per stendere i suoi nervi tesi come corde.

    < Oh Dio! Se non mi avesse detto la signora Pavone che c’era la disponibilità per farti partire subito, ci avrei ripensato! ma è giusto così.>

    < Si papà, vi prometto che mi farò perdonare, hai ragione. >

    Nemmeno il tempo di sedermi che subito suonò il campanello di casa, facendoci balzare tutti in piedi. Ci avvicinammo in gruppo al portone di casa. Aprì mia madre e ci trovammo davanti un uomo di mezza età, dall’aria garbata e affidabile. Aveva una divisa stranissima, completamente gialla e nera con un berretto siglato Oroval, era veramente buffo e appariscente.

    < Dai Flavioo! Veloce ,scendi lo zaino! >

    Gridò ad alta voce Giulio, spazientito.

    < È qui che abita Alexander? >

    Chiese l’omino educatamente rivolgendosi alla famiglia .

    < Si, è mio figlio!>

    Rispose attenta Maria aggiungendo:

    < Ma perché non si accomoda un momento signore, tempo di prendere un thè o un caffè caldo! >

    Esclamò nervosamente Maria.

    < No grazie signora, abbiamo tanta strada da fare e siamo in forte ritardo! >

    Rispose l’autista con un piccolo sorriso.

    < Flavio! allora con questo maledetto zaino? >

    Si arrabbiò Giulio, perché le stava provando tutte per far perdere tempo, sperando in un miracoloso ripensamento.

    < Ecco! >

    A testa bassa ci raggiunse e me lo infilò alle spalle.

    < Prego signori, ci sono alcuni fogli da firmare! >

    Aggiunse l’autista.

    < Si certo, come no, prego. >

    Controllò il materiale e velocemente Giulio firmò tutti i fogli che poi firmò ancora Maria.

    < Allora non resta che salutarci Alky e non mi odiare troppo per la mia decisione! >

    < Affatto papà, semmai è il contrario, spero un giorno che possiate davvero perdonarmi ed essere orgogliosi di me! >

    Così risposi convinto a Giulio che dal viso alquanto provato, tentò di cambiare velocemente discorso, prima di commuoversi, spiegandomi che mi avevano messo solo poche cose per il viaggio, le indispensabili perché la signora Pavone li aveva rassicurati che al mio arrivo ad Oroval avrei trovato tutto il resto che mi sarebbe servito, aggiungendo inoltre che al centro del paese vi era un telefono comune, messo a disposizione per tutti, i signori fanno chiamare quando si ha voglia o bisogno senza alcun problema.

    < Preferisco che per un po’ sarai tu a cavartela da solo! >

    Aggiunse Giulio.

    < Non ti deluderò, stai tranquillo papà! >

    Lo strinsi sulla vita con tutta la mia forza.

    < Vai prima che strappo questi maledetti fogli! >

    Giulio mi invitò a lasciare la casa velocemente, visto che l’autista era già da un po’ che aspettava al posto di guida. Non servivano più parole in quel momento, parlavano i nostri occhi e il nostro cuore. Capì che uscire di colpo dalla casa in quel momento, era la cosa più giusta e utile per tutti da fare e convinto pienamente che dovevo pagare per come mi ero comportato. Appena uscito, rimasi incredulo davanti a tale bellezza e particolarità della nostra auto; si, era veramente bella e appariscente, quel modello a Roma era difficile trovarlo, molto antica, di colore marrone e verde con rifiniture in oro che ti accecavano gli occhi e sopra il cofano, una grande scritta Oroval sempre in oro. All’interno potei intravedere che c’erano altre entità ma niente di più. Davanti a quella visione, presi coraggio e mi incamminai verso l’auto e quando arrivai all’altezza dello sportello dietro l’autista, lui tac, automaticamente si aprì, facendomi capire esattamente quale era il mio posto assegnato. Senza pensarci, entrai all’interno dell’auto, anche se il mio primo pensiero andò subito verso la mia famiglia, infatti appena dentro, tirai di corsa giù il finestrino e con la mano li salutai tutti, rassicurandoli che andava tutto bene. Partimmo ad alta velocità con una certa urgenza, lasciando in pochi istanti la casa alle nostre spalle. Non mi restava altro che richiudere il vetro di quell' auto così brillante e unica.

    II

    UN VIAGGIO INDIMENTICABILE.

    Così, tra stupore e commozione, iniziò il mio viaggio verso Oroval. La nostra splendida automobile, tanto era fantastica all’esterno, quanto confortevole all’interno, non potevo di certo lamentarmi, a parte la giornata decisamente afosa. Notai subito che i sedili erano rivestiti da un tessuto marrone, molto comodi e ospitali , davano la sensazione di essere addirittura in un salottino elegante privato. Nel sedile posteriore con me, alla mia sinistra, sedeva un ragazzo in tenuta sportiva, carnagione scura, occhi neri, dall’aria sbarazzina, probabilmente con qualche anno in più di me, se ne stava lì buono a fissare il panorama esterno dal lato del suo finestrino senza dare alcuna confidenza. Davanti, invece, accanto all’autista ne sedeva un altro fisicamente più grosso di entrambi noi due, portava alla testa una bandana buffa che non mi permetteva di vedere altri suoi particolari.

    < Piacere ragazzi, io sono alky! >

    Pensai fosse educato e interessante farmi conoscere dai miei compagni di viaggio, così decisi di presentarmi gridando ad alta voce il mio nome ma non ottenni alcuna risposta, entrambi in quel momento preferivano non parlare per starsene tra se e i loro pensieri. Feci altrettanto senza insistere, incollai gli occhi all’esterno del mio finestrino, perché stavo, così inaspettatamente lasciando la mia culla, si la mia Roma e avevo il dovere di salutarla promettendole un felice ritorno. Il tempo volava, continuavo a guardare fuori, mentre i pensieri e i sensi di colpa invadevano da soli la mia testa, bombardandola con domande tipo; Cosa sarebbe stato di me? Sarei veramente riuscito a cambiare? ma soprattutto, questa volta sarei riuscito veramente a farmi perdonare da Giulio e Maria?, mi domandavo anche cosa stessero facendo in quel preciso momento accennando anche tra me e me, piccole smorfie di piacere, se Flavio specialmente ancora piangeva, e tanto altro, si non riuscivo a darmi pace, ero veramente amareggiato per l’accaduto. Dopo poco mi affiorò un leggero mal di testa, così decisi saggiamente per un po’ di smetterla col pensare, la stanchezza cominciava a farsi sentire, mi rannicchiai in me, sempre rivolto verso il finestrino, iniziarono i primi sbadigli e da lì a poco mi addormentai. Caddi senza volerlo in un sonno pesantissimo, quando all’ improvviso mi risvegliai, senza sapere quanto tempo fosse trascorso. Ci eravamo fermati, la nostra auto era immobile. I fischi del vento assordanti, battevano con violenza sull’abitacolo aumentando ancora di più il fastidio nelle nostre orecchie. Continuavo senza fermarmi a strofinare energicamente le mani sulle mie braccia per provare a riscaldarmi, la temperatura era improvvisamente precipitata. Mi giravo intorno incredulo, senza sapere quanta strada avevamo percorso e in quale punto mi trovavo adesso, non si vedeva più niente ma subito mi accorsi di un particolare, forse il più rilevante: ero rimasto solo, si in auto non c’era più nessuno. I vetri erano completamente appannati dall’umidità e mi impedivano di vedere al di fuori, come se non bastasse il luogo non era illuminato. Mi feci coraggio, subito infilai la mano nel mio zainetto che conservavo con cura in mezzo alle mie gambe e da lì, tirai fuori la mia felpa porta fortuna, dovevo fare in fretta ad indossarla per non congelarmi. Così feci, diedi un calcio allo sportello e appoggiati i piedi a terra, notai che il terreno era di sassi e terriccio, mi sforzai per vedere qualche dettaglio in più ma era buio pesto. Piano piano, mettendo a fuoco, abbassando lo sguardo sulle mie gambe vidi che mi trovavo in uno spiazzale grande da dove si diramavano altre stradine più piccole in diverse direzioni.

    < Oh mio Dio! ma dove diavolo sono finito? >

    Esclamai preoccupato. Da lontano intanto si avvicinavano i fari di un veicolo che si trovava sulla nostra direzione che lentamente mi illuminò per alcuni istanti la visuale. Capì che intorno vi erano delle pareti grandi, gigantesche, si, ero circondato da montagne enormi rocciose, poco verdi, mai viste. Passavano diverse auto tutte a passo molto lento, visto le condizioni non rassicuranti delle strade e notai che, prendevano diverse direzioni tranne una, composta da una stradina in salita più piccolina, rimasta inesplorata, subito resa coperta da una curva sulla sinistra. Il vento non sembrava voler cedere, come se in un istante, fossimo passati dall’estate all’inverno, quelle folate di vento erano come pugnalate alle spalle, molto fastidiose, quando ad un tratto sentì dietro di me camminare velocemente verso la mia direzione, mi girai all’indietro ma non vedevo nulla, sentivo solo che qualcuno si stava avvicinando.

    < chi sieteee? >

    Gridai spaventato ma dopo pochi istanti mi accorsi fortunatamente che erano i miei compagni di viaggio, menomale che non mi avevano abbandonato. Nel mentre, ci raggiunse un’altra auto, aveva dei fari enormi che ci puntò addosso. Lentamente si avvicinò a noi e ci lampeggiò, subito il nostro autista ci invitò a risalire in auto e così facemmo velocemente tutti e tre. L’auto appena arrivata era un’altra auto Oroval identica alla nostra. L’autista a noi sconosciuto che guidava l’altra auto, aprì il finestrino, si salutò con il nostro amichevolmente anche se il nostro era visibilmente arrabbiato con lui per il ritardo portato. Portava dietro con sé, altre persone ma non si capiva ne chi fossero e quanti fossero.

    < Ragazzi, ma dove siamo finiti? >

    Chiesi preoccupato ai compagni di sventura.

    < Dovremmo essere quasi arrivati ad Oroval! >

    Questa volta mi rispose prontamente il ragazzo che mi era accanto, aggiungendo:

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