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Ali di angelo e graffi di demone
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Ali di angelo e graffi di demone
E-book151 pagine2 ore

Ali di angelo e graffi di demone

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Info su questo ebook

Un incontro occasionale nato dalla necessità di raccontarsi e di trovar quiete ai propri casini spinge due giovani a condividere un tratto di strada.

Sarà amore o guerra ad oltranza?

O forse sarà semplicemente la Vita che si svincola tra storie intrecciate ad affermare la sua esistenza più sublime?
LinguaItaliano
Data di uscita20 nov 2017
ISBN9788892695672
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    Anteprima del libro

    Ali di angelo e graffi di demone - Bruna Lanza

    633/1941.

    Emma, assorta nei suoi pensieri, camminava per raggiungere la stazione, aveva tempo per il suo treno.

    Pensava a come fosse cambiata quella sua cittadina negli ultimi anni, strade nuove e barriere architettoniche abolite, ma per lei era pur sempre una scocciatura, ammetteva però, che quel tratto in discesa e a piedi non poteva che farle bene.

    Il rombo di una moto che avanzava attirò la sua attenzione distogliendola dai suoi pensieri.

    A Emma erano sempre piaciute le moto,lo sfrecciare veloce incontro al vento e alla vita. Si fissò Emma a guardare quel motociclista tanto da voltarsi per seguirlo ancora con lo sguardo.

    Non era un giovane, forse aveva la sua stessa età, un aspetto curato e casual come di chi vive senza essere schiavo della vita stessa.

    Il motociclista si avvide dell’insistenza di Emma e, appena la strada glielo permise, sterzò per tornare indietro.

    Emma rimase per un po’ sconcertata, si voltò e continuò il suo tragitto. Il motociclista la superò di poco, fermò la moto e ne scese, si liberò del casco poggiandolo sul sellino, ne prese uno dal portaoggetti e, appena Emma gli fu a tiro, glielo diede dicendo:

    -Ciao! Andiamo? Sei pronta per una virata fantastica navigando nel vento?

    Dio, i pensieri di Emma parevano un frappé della specie peggiore.

    Emma lo fissava mentre si vedeva già proiettata sulla prua del Titanic … e quel motociclista? Sarebbe il suo Jack?

    Fu un attimo, solo un attimo ed Emma decise, sicura, prese il casco.

    Lui, compiaciuto, la guardò e glielo serrò al capo che già da un bel po’ abbracciava il bianco dell’età.

    Fulvio: -Mi chiamo Fulvio e tu?

    Emma: -Emma, andiamo? E, ogni tanto, assicurati che io ci sia ancora.

    I due risero di cuore, parevano due vecchi amici ritrovati.

    Cosa gli avesse preso a entrambi?

    Difficile dirlo, di certo cercavano un attimo di tregua alla propria vita, ai propri casini, alla propria esistenza.

    Mentre Fulvio le allacciava il casco, Emma lo scrutava, cercava di leggere in quella sua anima ribelle e fantasiosa, era sicura di ciò perche un uomo simile non avrebbe mai perso tempo con una donna incontrata per caso.

    Pensieri veloci quelli di Emma, ex casalinga costretta dalla vita a inventarsi un lavoro, proprio ora che il vigore diventava un ricordo antico. Emma, fisico standard per i suoi 55anni, né magra né obesa ma di sicuro con qualche kg in più della norma,viso che già accusava i segni del tempo, le rughe non erano molte ma quelle che c'erano raccontavano dei sacrifici passati, occhi scuri come la notte narrava dell'assurdità della sua anima,naso pronunciato che non le creava nessun problema estetico, labbra carnose di un rosso scuro quasi a ricordare il colore del suo incarnato.

    Di certo Emma sapeva di non essere né attraente né altro, sapeva solo che facendosi conoscere poteva creare interessi nell'antagonista del momento, eppure Fulvio si era fermato.

    Lo scrutava Emma, cercava nel suo sguardo conferme ai suoi pensieri e capi che lui era divertito da quella situazione cosi anomala, cosi assurda e imprevedibile.

    Fulvio salì sulla moto e aiutò Emma a sistemarsi:

    -Tieniti forte, mi raccomando.

    Emma: -Certo, non voglio mica cadere.

    La donna si mantenne stabilmente ma con scarso impegno.

    Fulvio per un tratto viaggiò senza scossoni, voleva saggiare la sua nuova amica, se era pratica di come si sta su una moto, se era abbastanza prudente da mantenersi con sicurezza senza strozzare il centauro. Fulvio si azzardò su una provinciale a scorrimento veloce, senza esagerare ma deciso.

    Dopo un po’ convenne che la sua ospite poteva e sapeva viaggiare sulle moto e cosi si addentrarono sull'autostrada verso Sorrento.

    Emma si adeguò velocemente alla nuova situazione, piccoli movimenti statici per assicurare bene i suoi piedi sui pedali e, prima che la moto prendesse velocità, uno alla volta, stiracchiò le braccia, non voleva nel modo più assoluto creare problemi al suo assurdo cavaliere improvvisato.

    Piaceva a Emma viaggiare, conoscere posti nuovi e anche una sola piccola trasferta le offriva nuove conoscenze da scoprire.

    Fulvio, ormai sicuro della sua compagna, accelerò.

    Quel vento che sferzava i visi, quei movimenti sinuosi dei due corpi per assecondare la moto, quel sentirsi un tutt'uno con il mondo era quello che i due cercavano in quel mattino assolato.

    Pareva che il vento rubasse tutte le inutilità.

    La mente di Emma si rilassò, permise a quelle folate di detergere, anche solo per una breve tregua, quello che di marcio viveva in lei, degli amori impossibili, storie dove solo lei aveva portato nutrimento.

    Respirava di quel vento Emma come naufrago che guadagna uno scoglio. Il suo cuore rallentò il battito frenetico, lento il viso si rilassò e lei riuscì a catturare con il cuore la bellezza del panorama mozzafiato della costiera amalfitana.

    In quel momento Fulvio decelerò, ma di poco, appena lo spazio e il tempo di gestire la moto con una sola mano.

    L'altra gli servì per tranquillizzare Emma.

    L'uomo aveva intuito delle battaglie nel cuore della sua nuova amica. Le strinse la mano come per infonderle coraggio e lei, grata, ricambiò la stretta.

    Fulvio riprese la sua corsa, questa volta meno veloce dicendole di non pensare e di godersi il panorama che pace le avrebbe donato. Emma seguì il suo consiglio e si lasciò andare, aveva bisogno di tregua. Fulvio non continuò per Sorrento, decise che Vico Equense era più indicata come meta per acquietare i cuori.

    L'uomo si diresse verso un parcheggio di un locale con vista sulla baia. Emma scese dalla moto, dovette muovere qualche passo per ridare stabilita alle gambe, sganciò il casco e lo passò a Fulvio potendolo guardare finalmente in viso.

    Emma fu colpita da quella massa di capelli ribelli e abbastanza lunghi per un uomo e che gli incorniciavano il viso abbronzato. Quell'uomo era tutto una novità, i suoi occhi di un verde intenso donavano quiete e serenità.

    Quel verde contrastava con l’abbronzatura del viso, aveva qualcosa di orientale, risvegliava in Emma i mille racconti sui personaggi arabi della sua infanzia; le labbra sottili che dischiudendosi evidenziavano una dentatura perfetta, non bianchissima da post pubblicitario, ma, comunque, testimoniava l’accortezza dell’uomo per se stesso.

    Non convinta Emma lo scrutò ancora, la sua esperienza le diceva che qualcosa non era nell’ordine giusto.

    Corrucciò la fronte la donna, gesto che non passò inosservato tanto che si sentì dire:

    -Qualcosa non va?

    In quell’istante Emma comprese, parlando Fulvio aveva messo in funzione i muscoli della faccia. Aveva delle deliziose orecchie a sventola, ecco spiegato il mistero dei capelli portati più lunghi. Difetto non accentuato ma era evidente che dava fastidio all’uomo. Emma sorrise, poidisse:

    - Perdonami Fulvio, ammettilo dai, questa nostra fuga dalla realtà è anomala, mi domandavo per quale mistero tu ti fossi fermato, appari una persona molto consapevole di te stesso. Due cose mi hanno colpito. Il taglio dei capelli e la tua dentatura.

    Fulvio: -Frena, per un attimo frena, dobbiamo rispettare la calma di questo posto per fonderci con esso, dunque parlavi dei miei denti? Cosa hanno che non va?

    Emma: -Nulla, assolutamente nulla, sono sani, ben allineati e … e sono naturali.

    Fulvio: -Naturali?

    Emma: -Si, non sono sbiancati com’è usanza oggi, questo vuol dire che sei attento a te stesso, non sei schiavo di concetti inutili.

    Fulvio: - Ok e … per i miei capelli cosa hai scoperto?

    Emma: -Li porti lunghi per coprire le orecchie e credo che non ti diano tanti pensieri perché continui a essere tranquillo quando i capelli si spostano.

    Fulvio: -Sei sempre così diretta e sincera?

    Emma: -Certo che sì, diversamente non mi avresti neanche visto.

    Risero i due.

    Fulvio: -In effetti, quel tuo guardarmi fisso mi ha incuriosito, è un atteggiamento dei giovani.

    Emma: -Dei giovani? Cosa vuoi dire?

    Fulvio: -Le donne della nostra generazione sono, come dire, più riservate, tu, invece, mi hai guardato come se volessi scoprire tutti i miei misteri.

    Emma: -Mi piacciono le moto e tu viaggiavi con la spensieratezza dei 20’anni.

    Fulvio prendendole la mano: -Andiamo su, prendiamo qualcosa di fresco e chiacchieriamo un po’, sei un bel tipetto … grazie.

    Emma: -Sì,andiamo, ho la gola secca e grazie … perché?

    L’uomo non rispose subito, accelerando il passo la tirò su per la breve rampa ed entrarono nel locale.

    Un bar accogliente, sobrio e senza pretese di lusso, su un lato una serie di tavolini per chi decideva di consumare al riparo da occhi indiscreti, un bancone lungo dove facevano bella mostra i vassoi dell’happy hour del tardo pomeriggio.

    Fulvio si diresse verso un tavolino particolare, evidente che era un frequentatore abituale. Ordinò un pompelmo e una fetta di crostata, Emma prese un gelato ordinando, per un secondo momento, dell’acqua minerale con qualche goccia di limone.

    Unico modo, a suo dire, di placare la sete dopo il gelato.

    Emma: -Allora perché il grazie di prima?

    Fulvio: -Per avermi regalato una giornata rubata.

    Emma: bella definizione, una giornata rubata. Beh, allora, grazie anche a te per lo stesso motivo. Andavo a zonzo per spese, ora mi godo un panorama bellissimo scroccando anche un gelato.

    Fulvio: -Scroccare? Non credo! Poi ti costerà il doppio...

    A queste parole si oscurarono gli occhi di Emma, un velo di tristezza, come una saetta, le colpì il cuore.

    Fulvio, preoccupato, le strinse le manie: -Non temere, nulla di quel che hai pensato, non sono un mostro, sono solo un uomo che ha voglia di raccontarsi, lo farò con te che non mi conosci e che alla fine non potrai neanche giudicarmi perché non ci incontreremo più, ognuno per la sua strada, sei d’accordo?

    Emma: -Sì, certo che sì. Ognuno alleggerirà il cuore e nessuno ne soffrirà.

    L’uomo divorò la sua crostata, un sorso di pompelmo, poi guardò il cameriere e gli fece cenno con la testa. All’assenso del cameriere accese una sigaretta.

    Emma si gustava il suo gelato, lo aveva trovato del suo gusto preferito. Era un gusto non tanto in voga tra i giovani e così era difficile trovarlo.

    Fulvio la guardava divertito.

    Quella donna così strana, era avanti negli anni e mangiava il gelato con la stessa aria spensierata di una bimba.

    Alla fine la donna bevve la sua acqua e accese una sigaretta.

    Fulvio distolse lo sguardo da lei, i suoi occhi fissavano un punto lontano dell’orizzonte, pareva perso nei suoi ricordi, la voce non pareva più la sua e iniziò a raccontare:

    -Ero un bravo e pratico alpinista. Ogni estate mi regalavo un’arrampicata. Mia moglie veniva con me ma restava in paese con le amiche, non le piacevano le rocce, così lei chiamava le vette. L’ultima estate in albergo fu assunta una nuova cameriera.

    Era bella, molto bella, e tutti i clienti cercavano di avere le sue attenzioni fossero anche solo per un cambio di asciugamani.

    Sinceramente a me non interessava, ero innamorato di mia moglie e dello sport mio preferito.

    Il mio compagno di cordata ebbe una storia con lei, la voce si diffuse presto tra le genti di quel piccolo avamposto di umanità, naturalmente le voci non si limitarono a quattro chiacchiere futili, m’infilarono in una squallida storia a tre.

    Il mio amico organizzò una scalata anche con lei, la bellissima Donika.

    Mia moglie sentì in pericolo il nostro amore, la nostra storia, e decise di aggregarsi a quella maledetta cordata.

    Si fermò Fulvio nel suo racconto come se dovesse

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