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Nella: era tanto tempo fa
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E-book186 pagine2 ore

Nella: era tanto tempo fa

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Info su questo ebook

Un romanzo che racconta di quanto legarsi e comprendersi a vicenda, sia porre i bisogni dell’altro dinanzi ai propri. Un rapporto coinvolgente e appassionato quello tra i due protagonisti, Nella e Pino, che condensa segreti, cicatrici emotive, lacrime, e che richiede tutta la forza di un grande sentimento. Amare significa scegliersi, dare attenzioni, condividere e dedicarsi l’uno all’altro anche nelle piccole cose, e in questa storia, pagina dopo pagina, l’autore ci lascia vivere intensamente tutto questo. Perché a volte tutto sembra dovuto e scontato, ma parlare l’amore non è mai abbastanza, perché l’amore è quello raccontato da sempre e tanto altro. elaborazione grafica su immagine Silhouette of a Female on the road @ rajastills - deposithphoto.com

Giuseppe Secci, nato a Cagliari, ha vissuto e studiato in loco indirizzandosi verso il comando marittimo mercantile. Ha navigato e acquisito esperienza per diversi anni finché è diventato socio di una cooperativa che gestisce lavori di assistenza alle navi. In questa ha raggiunto l'età della pensione. Ora si dedica alla scrittura di poesie e narrativa. Ha già pubblicato con AmicoLibro una silloge poetica. Nella, era tanto tempo fa è il suo primo romanzo.
LinguaItaliano
Data di uscita12 apr 2022
ISBN9791221321180
Nella: era tanto tempo fa

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    Anteprima del libro

    Nella - Giuseppe Secci

    PREFAZIONE

    Un romanzo che racconta di quanto legarsi e comprendersi a vicenda, sia porre i bisogni dell’altro dinanzi ai propri. Un rapporto coinvolgente e appassionato quello tra i due protagonisti, Nella e Pino, che condensa segreti, cicatrici emotive, lacrime, e che richiede tutta la forza di un grande sentimento.

    Amare significa scegliersi, dare attenzioni, condividere e dedicarsi l’uno all’altro anche nelle piccole cose, e in questa storia, pagina dopo pagina, l’autore ci lascia vivere intensamente tutto questo.

    Perché a volte tutto sembra dovuto e scontato, ma parlare l’amore non è mai abbastanza, perché l’amore è quello raccontato da sempre e tanto altro.

    Carmen Salis

    CAPITOLO 1

    Dentro la mia mente i suoi gemiti erano urla disumane, chiedeva aiuto ma non riuscivo a trovare la sua mano. Qualcosa di molto pesante mi bloccava e il caldo diventava fastidioso; il sudore faceva da collante fra schiena e camicia e le braccia cominciavano a dare segni di assenza. I suoi gemiti urlavano il mio nome ma io non la trovavo. Dai vetri rotti entrava un vento caldo e le fiamme facevano orrenda mostra di sé.

    Nella, dove sei? Nella! poi solo ombre.

    Svegliati Pino, svegliati! Stai urlando nel sonno!

    È la voce di Antonio, il buon Antonio che, siringa in mano, si prepara a bucarmi una vena com’è solito fare la mattina. Ho avuto un incubo, ce l’ho spesso, poi mi sveglio e niente è cambiato intorno a me: la mia sedia a rotelle è sempre accanto al letto, le pareti, più bianche del latte, continuano a ricordarmi l’infelicità di trovarmi in un ospedale e privo dell’uso delle gambe.

    Coraggio Pino, devo farti la flebo, dopo starai meglio e sentirai più lievi anche i dolori alla schiena.

    È molto gentile Antonio, gentile e amorevole, un vero infermiere professionista, oltreché un buon amico. Mi segue e mi stimola continuamente, in tutti i sensi, non solo professionalmente, lo ha promesso a Nella, la sua unica sorella.

    Nella, cosa mi hai fatto? Cosa ci hai fatto? Ecco che ritorna alla mente quella maledetta sera, la curva, il volo, lo schianto, il fuoco dentro la mente e il cuore.

    Avevo appena ritirato l’Alfa 75 dalla concessionaria ed ero andato a prendere la mia compagna nell’impresa dove lavorava. Ero felice, ancor più perché vedevo anche lei felice come una bambina: il suo sorriso faceva scomparire l’accattivante muso della macchina.

    Ѐ bellissima, color fumo di Londra come piace a me, ci avevano detto che non lo avrebbero trovato. Ti prego, fammela guidare fino a casa!

    Come potevo dirle di no, l’avevamo scelta insieme e poi sembrava una gattina pronta a fare le fusa. Le diedi le chiavi raccomandandole la massima prudenza. All’altezza della rotonda del viale che costeggia la spiaggia del Poetto mi chiese: Andiamo alla gelateria di Capitana? Oppure, andiamo a cenare al ristorante L’Ancora a Villasimius? Ci lavora Efisio, il mio amico cuoco, è bravissimo! Magari dopo potremmo fare un salto all’Altura, suona un bel gruppo e la serata è dedicata al revival! Una concessione che non avrei dovuto farle, sembrava non volesse staccarsi dal volante e il suo viso era una cascata di sorrisi e di moine: non riuscii a dirle di no. Anche se titubante in fondo pensavo che guidava bene, lei stessa possedeva una Mini Morris e spesso si recava negli alberghi dell’isola per lavoro. L’Alfa sembrava ben incollata all’asfalto e sebbene ruggisse bastava tenere sotto controllo il contagiri e far finta di rimproverarla. Potevamo goderci la serata con serenità.

    Il potente bialbero della 75 ronzava allegramente come un calabrone in amore, seppure dava la sensazione di voler ruggire a guisa di leone. Trainava la vettura nei tornanti della litoranea senza sforzo apparente, in quella notte di fine settembre dove tutto pareva irreale. Il cielo era terso, colmo di stelle, e anche la luna mandava benevoli raggi argentati a incorniciare gli affranti della costa lambiti dal mare, calmo com’è calma l’anima di chi nel niente trova tutto. A noi sembrava proprio di avere tutto guardando, dall’alto, la bellezza della natura sottostante!

    Nella era felice, il suo viso pieno di quel sorriso di beatitudine raccontava quanto fosse forte la sua voglia di vivere, e me la trasmetteva mentre, in compagnia della radio di bordo, cantava a squarciagola le canzoni che sembrava conoscere bene. Una in particolare, Non Amarmi di Aleandro Baldi, la cantammo insieme mentre pensavo: Come potrei non amarti, sei diventata una parte di me, una parte molto importante!

    Chiacchieravamo, ascoltando la musica, ridevamo delle battute che noi stessi facevamo per renderci spiritosi; ogni tanto la guardavo e gioivo della sua serenità, lei, una mano al volante e l’altra sul cambio accanto alla mia coscia che accarezzava quasi maliziosamente. Lei che non era bellissima ma mi aveva rapito i sensi e mi faceva desiderare tutti i tramonti e le albe che avrei voluto viverle accanto. LEI!

    SOLANAS, così diceva il cartello stradale appena passato, improvvisamente, da una curva, due luci abbaglianti ci vennero incontro. Pochi attimi per capire e agire, una breve variazione di rotta, una lunga frenata, il rumore dello specchietto sinistro andato in frantumi e del contatto metallico nello stesso lato... poi il salto oltre la scarpata fra urla e lamiere contorte. Un triste silenzio, dopo, nel buio della notte.

    Sono trascorsi quattro mesi dal risveglio dal coma ma l’incubo continua a perseguitarmi.

    Capitolo 2

    Il suo claudicare è lieve, quasi impercettibile, solo un occhio molto attento avrebbe potuto accorgersene. La gonnellina in jeans, a balze irregolari, ben evidenziano le gambe chiare e ben tornite che, sui tacchi alti, ondeggiano e attirano l’attenzione di chi la vede entrare.

    Nella, bella, sorridente e appariscente, oggi non aspettavo la sua visita, avrebbe dovuto avere impegni di lavoro ma probabilmente si è liberata per non mancare all’appuntamento col suo amore.

    Non è mai mancata, non mi ha mai lasciato solo, mai, neanche un giorno, nonostante anche lei non sia uscita illesa dal tragico incidente. Antonio mi aveva raccontato tutto: traumi vari, frattura del femore sinistro e di alcune costole, stato di shock che, con la sua forte volontà, ha combattuto e sconfitto in un tempo relativamente breve.

    Devo guarire in fretta, diceva, devo pensare a Pino, lo devo aiutare a guarire, deve camminare nuovamente e, insieme, dobbiamo riprendere la passeggiata interrotta.

    Era certamente una donna di carattere, per certi aspetti non la conoscevo bene e, per qualche tempo, nei miei incubi e nelle mie incertezze del dopo coma, l’avevo anche mal giudicata e colpevolizzata oltre misura. Non aveva nessuna responsabilità nell’incidente che mi aveva reso paraplegico, e le indagini svolte dalle autorità lo dimostrarono pienamente: un giovane fatto di stupefacenti e senza patente, alla guida del fuoristrada della madre. Avrò letto la relazione tante di quelle volte che ormai la conosco a memoria. Non so che fine abbia fatto il giovane, anche lui ebbe serie conseguenze nell’incidente, so che l’assicurazione non pagò poiché guidava un’auto senza averne la legale autorizzazione, so anche che siamo in causa con la madre, quale proprietaria. Prima o poi avremo la giusta rivalsa, ora ben altri sono i problemi a cui pensare.

    Nella mi viene incontro, mi bacia e mi abbraccia: Come sta oggi il mio orsacchiotto ferito? La sua camicetta bianca a volant ben abbinata alla gonnellina fa risaltare il roseo colore della pelle, il bottoncino superiore è fuoriuscito dall’asola e lascia percepire un seno turgido e corposo: lo avevo dimenticato!

    Hai un legaccio fuori posto, te lo sistemo, e si inchina ai miei piedi. È ancora giovane e carina, piena di vita e di aspettative, come può amare un uomo disabile, senza futuro, proprietario solo di un mare di ricordi dove affogare i suoi pensieri? Come può? Sta mentendo? Lo dice solo per compassione? Per pietà verso un uomo che ha amato? Verso cui si sente in colpa? Così penso mentre guardo i suoi folti capelli che accarezzano le mie gambe e non ne sento il contatto. Mi sta allacciando la scarpa e mi dice che presto potrò farlo da solo. Non ci credo e una lacrima lascia i miei occhi per scivolare sopra i suoi riccioli. Lo percepisce, solleva il capo e mi guarda, non piange insieme a me, mi sorride e mi bacia. Sento un fremito di piacere lungo la schiena… ma non voglio dare troppa importanza al fatto, a volte nessuna gioia riesce a vincere la mia tristezza.

    "Coraggio giovanotto, questa è la tua poltrona da Re ferito, la tua ancella la guiderà per te e ti condurrà in giardino per mostrarti i boccioli delle rose nate da poco: sono bellissimi e del colore di quelle che mi portavi quando volevi farti perdonare qualche marachella. E quanto mi inteneriva il tuo modo di dirmi: Ciao principessa, le ho appena colte per te e mi abbracciavi! Quanto ti amavo allora e quanto continuo ad amarti adesso. Tanto! Il suo sorriso vale più di quello di Monna Lisa, Leonardo l’avrebbe invidiato. Mi faccio guidare lungo i viottoli che costeggiano le grandi aiuole, il giardino dell’ospedale è grandissimo, ben curato e, soprattutto, fiorito di magnifiche rose di diversi colori. Mi colpisce un roseto di un’incredibile color porpora vellutata, un profumo dolce e intenso che mi accompagna per tutta la passeggiata, o forse meglio dire la scarrozzata" su un trono a rotelle. Si fa ora di cena, saluto Nella sulla soglia della stanza dove mi ha riaccompagnato e, con un bacio, la ringrazio ascoltando la sua promessa di rivederci domani. Intanto arriva l’infermiera che mi condurrà in sala mensa.

    La notte arriva impietosa, l’incubo si ripresenta col suo fare disfattista finché decido di non dormire più e crogiolarmi nei ricordi benevoli della trascorsa giornata. Nella sta riprendendo prepotentemente il suo posto nei miei pensieri, nel mio cuore, nella mia vita. Ma come si può chiamare vita quella di un pensante corpo relegato su una sedia a rotelle? Come si può credere di poter essere amati e dare amore quando il cuore e la mente vorrebbe correre oltre le gambe che non hai? Oppure è soltanto pietà?

    Per fortuna le palpebre si chiudono portandomi nell’abisso del sonno.

    Capitolo 3

    Il sole non è ancora nato quando mi sveglia la voce di Antonio: Giovanotto, guarda che non sei in albergo e qui la gente lavora anche per i fannulloni come te. Coraggio, colazione e riabilitazione, le prime due ore ce le hai impegnate!

    Buongiorno Antonio, il buonumore non ti manca, neanche il sarcasmo, ma va bene così, in fondo è meglio cominciare il lavoro con un po’ di brio. Aiutami a prepararmi, magari durante gli esercizi ti parlerò di alcune sensazioni che provo in alcuni momenti della giornata.

    La terapia riabilitativa è un po’ fastidiosa, alcuni esercizi non riesco quasi a farli senza la forzatura delle sapienti mani di Antonio; esperto nella tecnica della riabilitazione oltreché laureato in scienze infermieristiche. Cinquant’anni, alto, di aspetto piacevole, Antonio aveva intrapreso, da giovane, gli studi da seminarista perché, diceva, sentiva il richiamo dall’alto ed era intenzionato a diventare sacerdote, ma qualcosa di più attraente si è intromesso fra lui e la vocazione fino a farlo diventare padre di due bellissimi bimbi. Chiaramente con la complicità di Gloria, sua moglie. In seminario aveva studiato teologia e psicologia, materie che esercita mentalmente nella sua professione ospedaliera, che scelse dopo la rinuncia alla carriera ecclesiastica.

    Conobbi Antonio durante una battuta di pesca che organizzai a Sarroch, paese in provincia di Cagliari, dove lavoravo per una società di servizi marittimi, e instaurai con lui un rapporto molto amichevole che, col tempo, si trasformò in modo fraterno fino a farci sentire tali: quasi che ognuno di noi avesse bisogno di sentirsi nella propria famiglia, anche nelle scelte di vita personali. Fu durante una festa in famiglia che conobbi sua sorella Ornella, Nella per gli amici; non le ero molto simpatico inizialmente, non le piaceva l’imposta figura di attraente giovanotto che girava su una rombante Custom stile americano. Soprattutto perché il fratello parlava di me con una certa enfasi che, secondo lei, non avrei meritato se non dopo un’attenta valutazione.

    Un giovane Capitano con una dimostrata capacità nella conduzione dei mezzi marittimi in suo possesso, ottimo pescatore e buon intrattenitore che sa, oltretutto, dare sicurezza a bordo, anche durante le avverse condizioni atmosferiche e bla, bla, bla… da non scordare poi la sua vena poetica che sa ben esternare! Questa fu la maliziosa considerazione di Nella quando le porsi la mano nella presentazione. Abbozzai un sorriso e un invito verbale a constatare di persona la veridicità della cornice fatta del mio quadro. Sorrise e la serata trascorse in modo piacevole. Non passò molto tempo dal giorno e altre occasioni si presentarono per poterci incontrare e meglio conoscerci; il suo concetto di attenti al lupo scemò pian piano, e una sera riuscii a proporle di intervenire a una serata danzante a casa mia. Non apparve particolarmente entusiasta ma accettò l’invito.

    Ricordo, era un sabato sera di un caldo agosto appena all’inizio, festeggiavo una promozione in campo lavorativo, una nuova patente per il comando su navi di maggior tonnellaggio, ne ero felice per puro orgoglio personale sebbene questa

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